1. Fonti sovranazionali
Nella disamina delle componenti di quello che si è definito sistema del diritto di difendersi indagando, un posto di assoluto rilievo va riconosciuto alle indicazioni desumibili dalle Carte internazionali ratificate dall’Italia, indiscutibili fonti esterne di principi fondamentali deputati a orientare le scelte del legislatore nazionale anche nel delicato settore del processo penale. Più precisamente, compete a quelle norme il compito di fissare una griglia di valori in grado di trattenere le garanzie minime proprie del processo penale giusto, una sorta di setaccio attraverso il quale filtrare la normativa nostrana per vagliare se, al termine del passaggio, residua il rispetto di quei canoni, eletti come irrinunciabili a livello pattizio, che fissano la soglia di equità al di sotto della quale la legislazione interna non è abilitata a scendere20, rimanendo senz’altro libera di assestarsi a – sempre auspicabili – livelli superiori21.
Un catalogo perfettibile22, dunque, che appronta una sequenza essenziale di diritti fruibili da ogni persona accusata di un reato e che si rinviene, in termini pressoché identici, nella lettera tanto dell’art. 6 comma 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (adottata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con l. 4 agosto 1955, n. 848 ed entrata in vigore per l’Italia il 26 ottobre 1955) quanto dell’art. 14 comma 3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (adottato a New York il 16 dicembre 1966, aperto alla firma il 19 dicembre 1966, reso esecutivo con l. 25 ottobre 1977 ed entrato in vigore per l’Italia il 15 dicembre 1978) quanto, da ultimo, negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000), enunciazioni generali la cui portata semantica ha trovato progressiva definizione grazie alle interpretazioni maturate in seno alla Corte europea dei diritti dell’uomo23.
20 In questo senso, GIOSTRA, Valori ideali e prospettive metodologiche del contraddittorio in sede penale, in
Pol. dir., 1986, p. 33.
21 Cfr. VASSALLI, Il diritto alla prova nel processo penale, cit., p. 17: “Come quasi sempre, una convenzione
internazionale umanitaria, anche se destinata solo a paesi di elevata civiltà, contiene principi minimi; ma può essere invece di occasione a meditazioni e di sprone a più avanzate riforme nell’ambito dei diritti nazionali”.
22 Assai eloquentemente sul punto, lo stesso art. 14 comma 3 del Patto internazionale sui diritti civili e politici riconosce all’individuo accusato di un reato il diritto «come minimo» alle garanzie ivi elencate.
23 Per uno sguardo d’insieme sugli apporti forniti dalla normativa e dalla giurisprudenza sovranazionale allo studio e alla riflessione processuale penale, cfr. CHIAVARIO, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel
sistema delle fonti normative in materia penale, Milano, 1969; PISANI, Convenzione europea dei diritti
Le citate disposizioni esprimono, in concatenazione logico-temporale, alcuni specifici aspetti in cui si articola il generale diritto di difesa dell’accusato, coniugandolo – per quanto rileva in questa sede – da subito con l’esigenza di informazione tempestiva ed efficace circa la natura e i motivi dell’accusa, successivamente con la possibilità di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la difesa, infine con il potere di far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico. Trattasi delle scansioni evolutive in cui può gradualmente dipanarsi la strategia difensiva, che presuppone come premessa logica la comprensione dell’ipotesi accusatoria (diritto di difendersi conoscendo), concepisce come naturale sviluppo strategico il compimento di attività dirette alla ricerca di elementi utili alla discolpa (diritto di difendersi investigando) e focalizza il momento cruciale della difesa nell’esercizio del diritto alla prova (diritto di difendersi provando) inteso come diritto all’ammissione, all’assunzione e alla valutazione delle prove offerte al giudice senza soffrire arbitrarie limitazioni nei mezzi o nell’oggetto24. Tra questi momenti, quindi, il potere di indagine difensiva si situa in medias res, come stadio successivo alla notizia della pendenza di un procedimento nell’ambito del quale difendersi e prodromico all’esercizio del diritto alla prova, rispetto al quale funge da strumento orientativo-preparatorio. Un diritto alla prova che, nonostante il riferimento espresso alla sola testimonianza contenuto nella norma pattizia, secondo l’insegnamento offerto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo va esteso a ogni tipo di prova25, come aspetto particolare ed esemplificativo della più lata nozione di giusto processo26.
Nulla si dice, tuttavia, circa le modalità secondo cui può esplicarsi il diritto all’investigazione così riconosciuto, di modo che risulta rimesso all’interprete individuare gli indici che possono far propendere per un esercizio vincolato, ovvero libero, del difendersi indagando.
la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Giur. it., 1987, IV, c. 391 e ss.; UBERTIS, Diritto alla prova
nel processo penale e Corte europea dei diritti dell’uomo, in Riv. dir. proc., 1994, p. 489 e ss.; VASSALLI, Il
diritto alla prova nel processo penale, cit., p. 3 e ss. Più recentemente, con particolare riferimento alla Carta
di Nizza, cfr. CHIAVARIO, Giustizia penale, carta dei diritti e Corte europea dei diritti umani, in Riv. dir. proc., 2002, p. 21 e ss.; MASTROIANNI, Il contributo della Carta europea alla tutela dei diritti fondamentali
nell’ordinamento comunitario, in Cass. pen., 2002, p. 1873 e ss.; RAIMONDI, La Carta di Nizza del 7 dicembre
2000 nel quadro della protezione dei diritti fondamentali in Europa, ivi, p. 1885 e ss.
24 Cfr. VASSALLI, Il diritto alla prova nel processo penale, cit., p. 12. Per la triade logico-temporale in cui si scompone il diritto di difesa nella previsione convenzionale, cfr. BUZZELLI, Giusto processo, in Dig. pen., agg. II, Torino, 2004, p. 352 e ss.
25 C. Dir. Uomo, 6 maggio 1985, Bonish, p. 11, § 29, in Riv. dir. internaz., 1987, p. 156.
26 In questi termini, cfr. UBERTIS, Diritto alla prova nel processo penale, cit., p. 489. Nel medesimo senso, cfr. BUZZELLI, Giusto processo, cit., p. 354.
A tale proposito, deve innanzitutto precisarsi il contenuto precettivo di quella, tra le norme pattizie, che con maggiore evidenza si collega al potere di indagine del difensore. L’art. 6 comma 3 lett. b della Convenzione, difatti, enuncia due importanti specificazioni del generale diritto di difesa, arricchendolo di una componente cronologica – il tempo – e di un’implicazione modale – le facilitazioni – connubio inscindibile per elaborare utilmente la strategia difensiva. L’attività di ricerca, dunque, deve inserirsi in un sistema che riconosca verosimili margini d’azione attraverso un allestimento di termini processuali ragionevoli, la cui durata dovrà necessariamente modularsi con apprezzabile ampiezza per non tradursi in un riconoscimento meramente apparente al potere di attivarsi in favore dell’assistito27. La prontezza temporale dell’investigazione, peraltro, produrrà risultati tanto più utili quanto più saranno garantite condizioni che agevolano la conduzione della ricerca. Tra queste, deve annoverarsi la prioritaria garanzia per l’accusato di potere comunicare con il proprio difensore, soggetto maggiormente qualificato a individuare tempestivamente eventuali sentieri di indagine da percorrere28. Inoltre, nell’ambito delle facilitazioni che la norma convenzionale non esplicita, potrebbe altresì ricomprendersi la sollecita conoscenza degli atti processuali29, presupposto di una consapevole iniziativa investigativa, che ne richiede il previo deposito e la possibilità di accedervi e di estrarne copia.
Difettando, nella norma convenzionale esaminata, ulteriori indicazioni circa la natura, più o meno vincolata, del potere di indagine difensiva, appare utile richiamare in questa sede quanto anticipato in premessa circa il fondamento dogmatico del libero esercizio del difendersi indagando, ravvisato nell’accoglimento del metodo dialettico di formazione della prova. La riserva sul punto, dunque, va sciolta verificando se il sistema internazionale pattizio presupponga una prescrizione di metodo dell’accertamento penale che, nel garantire l’impermeabilità della decisione finale rispetto agli elementi probatori unilateralmente confezionati dalle parti, assicuri l’agilità di movimento al difensore inquirente proprio in quanto non sia anche difensore istruttore. Occorre, in questo contesto, analizzare il contenuto precettivo di quella, tra le disposizioni della Convenzione, che può presentare il collegamento più significativo con il principio del contraddittorio nella formazione della prova, fermo restando che appunto di mero collegamento può disquisirsi,
27 Cfr. CORDERO, Procedura penale, Milano, 2001, p. 1269 e ss.; UBERTIS, Principi di procedura penale
europea. Le regole del giusto processo, Milano, 2000, p. 45 e ss.
28 Il diritto al colloquio con un legale di fiducia, espressamente menzionato soltanto dall’art. 14 comma 3 lett.
b del Patto intern. dir. civ. pol., ha trovato limpido riconoscimento nelle pronunce della Corte di Strasburgo.
In particolare, cfr. C. Dir. Uomo, 8.2.1996, Murray, in Dir. pen. proc., 1996, p. 565.
posto che non esiste a livello sovranazionale alcuna esplicita presa di posizione sul punto. Il riferimento non può che condurre all’art. 6 comma 3 lett. d della Convenzione (riprodotto in termini pressoché identici dall’art. 14 comma 3 lett. e del Patto Internazionale), laddove si prevede il diritto dell’accusato a «esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione o l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico».
Ora, la garanzia richiamata si scinde, in concreto, in una duplicità di istanze portatrici di autonome prescrizioni semantiche. Difatti, la parificazione delle condizioni per l’ammissione e l’acquisizione delle prove, a carico e a discarico, introduce il principio di eguaglianza tra accusa e difesa sul terreno probatorio30, riverberandosi sul potere giudiziale di scegliere se dare ingresso alle prove, nel senso che, una volta raccolta una prova a carico su un determinato punto di decisione, non è consentito al giudice di escludere una prova a discarico sul punto medesimo. Prescrizione che, indubbiamente, trova la massima espressione nel riconoscimento del diritto alla prova contraria. D’altro canto, maggiore rilievo ai fini che interessano merita il tenore del primo periodo della norma in parola, laddove predica il diritto dell’accusato al confronto diretto con le fonti d’accusa. Ed invero, è proprio negli interstizi di tale disposizione che può leggersi la più ampia tutela riconosciuta al metodo dialogico, quale garanzia a che la decisione finale non sia fondata sull’impiego indiscriminato di quanto unilateralmente raccolto dall’inquirente accusatore e non sottoposto al vaglio dialettico del contraddittorio31. Sulle implicazioni di metodo derivanti da tale regola, tuttavia, è necessario approfondire l’attenzione, stante la matrice esegetica da cui origina questo accoglimento del contraddittorio, vocabolo che nelle Carte internazionali non trova né espressa menzione, né tanto meno ulteriore esplicazione32.
Preziosi lumi provengono, sul punto, dalla nutrita giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo33. Nell’accordare preferenza all’acquisizione della prova in pubblica udienza e in contraddittorio, difatti, i giudici di Strasburgo ammettono comunque l’utilizzo
30 In questi termini, cfr. VASSALLI, Il diritto alla prova nel processo penale, cit., p. 18.
31 Cfr. VASSALLI, Il diritto alla prova nel processo penale, cit., p. 17: “Non è ammissibile che i testimoni a
carico rimangano nell’ombra, confinati in un atto istruttorio o peggio in un rapporto. Se l’imputato o la sua difesa vuole che vengano al dibattimento (…) ha il diritto di ottenerlo”. Nello stesso senso, cfr. BUZZELLI,
Giusto processo, cit., p. 354.
32 Cfr. FERRUA, Processo penale, contraddittorio e indagini difensive, in Studi sul processo penale, vol. III, Torino, 1997, p. 94: “Occorre intendersi sul significato del contraddittorio, valore che in sé tutti o quasi
riconoscono come essenziale, ma i cui contenuti non sono univocamente individuati”.
33 Per una dettagliata ricostruzione delle pronunce dei giudici di Strasburgo in materia, cfr. UBERTIS, Diritto
alla prova nel processo penale, cit., p. 499 e ss.; ID., Giusto processo e contraddittorio in ambito penale, in
probatorio delle dichiarazioni raccolte nelle fasi anteriori al dibattimento, a condizione che l’accusato benefici della possibilità adeguata e sufficiente di confrontarsi con il dichiarante a carico, al momento della deposizione o più tardi34. D’altra parte, neppure il rispetto di tale requisito rappresenta una condicio sine qua non per il transito di elementi dichiarativi dalle indagini al materiale decisorio, potendosi riconoscere come legittima la migrazione allorché la pronuncia finale non sia fondata unicamente su quelle affermazioni, in ordine alle quali non si è potuto esplicare un effettivo confronto tra accusato e accusatore35. Le conseguenze di simili approdi si manifestano senz’altro nel rifiuto di un mero contraddittorio debole, non essendo affatto sufficiente, per il rispetto dei parametri convenzionali, un semplice confronto argomentativo delle parti sulla prova già formata unilateralmente da una di esse nelle fasi anteriori al dibattimento. Tuttavia, la Corte europea nemmeno si spinge a pretendere l’esplicazione di un autentico contraddittorio
forte, che implichi la contestuale presenza diretta delle parti innanzi al giudice
dibattimentale per la formazione dialettica della prova, non reputando essenziale la partecipazione dialogica al momento genetico del dato conoscitivo. La scelta convenzionale, dunque, si posiziona nel mezzo, giudicando necessaria – e sufficiente – per l’utilizzo decisorio dell’elemento unilaterale determinante, l’attuazione di un contraddittorio intermedio, attraverso un vaglio dialettico almeno differito sulla fonte di prova36.
Ne deriva un quadro sovranazionale che non impone l’accoglimento del principio del contraddittorio forte per la formazione della prova, essendo compatibile con le prescrizioni convenzionali pure un sistema permeabile alle contaminazioni tra fase preliminare e processo, purché dotato di opportuni filtri di epurazione in ingresso tali da consentire, previo il controllo posticipato sulla fonte, l’utilizzo dibattimentale dell’atto unilaterale. Il che, evidentemente, equivale a riconoscere all’inquirente un potere di formazione unilaterale della prova, posto che le risultanze delle indagini compiute possono entrare nella loro fisicità a fare parte del materiale decisorio finale. Ed invero, le norme pattizie non vietano, una volta compulsata la fonte in contraddittorio, che il giudice ponga a fondamento della pronuncia conclusiva proprio la dichiarazione rilasciata nelle fasi
34 Per la prima enunciazione del principio, v. C. Dir. Uomo, 20 novembre 1989, Kostvski, in Riv. int. dir.
uomo, 1990, p. 112. Più recentemente, v. C. Dir. Uomo, 20 dicembre 2001, P.S., in Cass. pen., 2002, p. 3249.
35 C. Dir. Uomo, 26 aprile 1991, Asch, in Riv. int. dir. uomo, 1991, p. 804.
36 Cfr. UBERTIS, Giusto processo e contraddittorio, cit., p. 2102. Nello stesso senso, cfr. BUZZELLI, Giusto
anteriori, essendo sufficiente che la stessa sia stata indirettamente lambita dal contraddittorio attraverso l’esame incrociato di chi l’aveva rilasciata.
Volendo sciogliere la riserva prospettata in partenza, dunque, deve riconoscersi che dalle fonti sovranazionali non è possibile trarre il fondamento di legittimazione del libero esercizio del diritto di difendersi indagando, dal momento che le risultanze dell’indagine di parte sono reputate idonee a costituire – pur nel rispetto di un contradditorio intermedio – fonte del convincimento giudiziale, necessitando così di una regolamentazione formale, quanto ai modi e alla documentazione dell’azione, tale da garantirne la genuinità in vista della loro eventuale, ma pur sempre potenziale, utilizzazione probatoria.
2. Fonti costituzionali
Se le prescrizioni di matrice convenzionale rappresentano la soglia minima dei valori al cui rispetto i Paesi aderenti sono vincolati, non per questo è sottratto al legislatore nazionale un potere di reformatio in melius del giusto modello processuale pattizio, ove iniettare ulteriori dosi di garanzie che irrobustiscano l’ossatura dell’impianto accusatorio e lo avvicinino al prototipo ideale cui esso si ispira. Verificare se, in terra nostrana, sia stata praticata una simile operazione con specifico riferimento alla previsione del contraddittorio in sede penale e, conseguentemente, alle implicazioni derivanti in materia di indagini difensive, richiede l’imprescindibile raffronto con la Costituzione, fonte primaria e parametro di legittimità delle leggi, anche processuali, che con essa si pongano in contrasto.
A tale proposito, peraltro, non può sfuggire che, per oltre un cinquantennio, la Carta costituzionale è riuscita a perpetuare, immutato, l’identico sfondo di principio sul quale si è limpidamente stagliata la successione da un processo penale prevalentemente inquisitorio, insensibile alla dialettica nella formazione della prova, ad un altro tendenzialmente accusatorio, che quel metodo dava per presupposto. Difficile sostenere, in tale contesto, che il principio del contraddittorio già godesse di effettiva copertura costituzionale37, salvo ammettere che, fino al varo del nuovo codice di rito, fosse affetto da illegittimità l’intero assetto processuale penale. Ed invero, unico appiglio per tentare una simile ricostruzione risiedeva nel richiamo al secondo comma dell’art. 24 Cost. e al diritto di difesa ivi
37 Ritiene “opinabili” i tentativi di rintracciare il fondamento del principio del contraddittorio nel secondo comma dell’art. 24 Cost. GIOSTRA, Contraddittorio (principio del). II) Diritto processuale penale, in Enc.
giur. Treccani, vol. VIII, Roma, 2001, p. 5 e ss. Contrario all’identificazione tra la regola del contraddittorio
e il diritto di difesa anche UBERTIS, Dibattimento (principi del) nel diritto processuale penale, in Dig. pen., vol. III, Torino, 1989, p. 458.
proclamato inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, baluardo che – complice una giurisprudenza costituzionale favorevole alla tesi38 – veniva autorevolmente presidiato da quanti, esaltando la stretta correlazione tra quel principio e quel diritto, pretendevano come già costituzionalizzato il contraddittorio in sede penale39.
A ben vedere, l’identificazione tra i due valori non poteva reggere, né allora né ora, proprio perché differenti sono lo istanze che animano l’uno e l’altro. Il diritto di difesa muove da prerogative marcatamente soggettive, volte a tutelare l’interesse individuale del suo titolare affinché questi ottenga l’epilogo processuale a lui più favorevole. Il rispetto dei diritti della difesa, difatti, si misura anche sull’entità dei diritti riconosciuta all’accusa, di modo che uno sbilanciamento in favore della seconda richiede, in questa prospettiva, un immediato avanzamento anche in capo alla prima, secondo una logica schiettamente compensativa. Il contraddittorio, di contro, identifica un metodo prima ancora che un principio40 e si connota quale statuto epistemologico della giurisdizione41 finalizzata a ottenere la decisione più giusta dal punto di vista oggettivo. Indubbiamente, assicurare il rispetto del contraddittorio garantisce al massimo livello pure il diritto di difesa, sotto il profilo della partecipazione dell’accusato alla formazione dialettica della prova e del riconoscimento di un prodromico potere di cercare gli elementi di favore svincolato da restrizioni di forma ed efficacia. Non è veritiera, tuttavia, l’affermazione inversa, poiché il perseguire alla cieca le ragioni soggettive della difesa può comportare un volontario abbandono proprio del contraddittorio e, con esso, la rinuncia implicita ad un agile potere difensivo di azione in fase di preparazione. Che attraverso la tutela del diritto di difesa possa garantirsi altresì il rispetto del contraddittorio è, quindi, convinzione doppiamente fallace: allorché si giunga a favorire il primo, riconoscendo anche alla difesa il potere di formazione unilaterale della prova, non soltanto si entra fatalmente in collisione con il metodo dialettico, ma altresì ci si pone in mediato contrasto con le prerogative della difesa stessa, poiché proprio l’erosione del metodo – imponendo serrati vincoli al potere di indagine – è causa indiretta di pregiudizio per quel diritto che si intendeva avvantaggiare.
38 Sul punto, v. ex plurimis C. cost. 1965, n. 41, in Riv. it. dir. proc. pen., 1965, p. 1089: “il diritto di difesa si
configura come possibilità effettiva dell’assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga rimosso ogni ostacolo a far valere le istanze e le ragioni delle stesse”. Per un’ampia panoramica sulla giurisprudenza costituzionale in materia, cfr.
CONSO, Considerazioni in tema di contraddittorio nel processo penale italiano, in Riv. it. dir. proc. pen., 1966, p. 414.
39 In questo senso, cfr. CAVALLARI, Contraddittorio (principio del). b) Diritto processuale penale, in Enc. dir., vol. IX, Milano, 1961, p. 730; CONSO, Considerazioni in tema di contraddittorio, cit., p. 414.
40 Così BUZZELLI, Giusto processo, cit., p. 355.
Anzi, è la presa di coscienza di tale circolo vizioso che induce a ritenere prioritaria la salvaguardia del valore oggettivo insito nell’accertamento dialogico, essendo questo, in ultima analisi, l’unico metodo per ottenere la decisione più giusta con le maggiori probabilità che essa, in quanto preceduta da un’attività difensiva effettiva ed efficace, sia anche la più favorevole.
Tale è la via seguita, magari inconsapevolmente, dallo stesso legislatore costituzionale attraverso l’interpolazione nell’art. 111 Cost. dei nuovi connotati del processo giusto42 e, segnatamente, del principio del contraddittorio nella formazione della prova quale paradigma caratteristico del processo penale. Il panorama costituzionale, dunque, oggi è cambiato, avendo trovato riconoscimento expressis verbis quel principio e il suo autonomo ambito di rilevanza obiettiva quale metodo di accertamento, sì da consentirne in origine l’affrancamento dalla garanzia individuale del diritto di difesa. Il