5.3 Caratteristiche, peculiarità e punti di sovrapposizione tra sex work e pornografia
5.3.6 Autenticità e lavoro
Se da un lato l'audience “consuma”, offre supporto, propone contenuti, nel caso del feminist e del queer porn soprattutto, avanza costantemente una richiesta di autenticità come condizione sine qua non del feminist/queer porn stesso e che va a toccare diversi punti che meritano attenzione: la distinzione tra lavoro e non lavoro, le ricadute in termini economici, l'eventuale controllo sui contenuti e percezione sull'industry tra gli altri.
Prima di approfondire questi punti, vale la pena anticipare che il richiamo costante alla 110 Notare l'uso del termine rispetto a “black”.
ricerca e “messa in scena” dell'autenticità non è un concetto caro solo all'udience. Molte pornografe e performance femministe vi fanno continuo riferimento e ne rivendicano l'importanza come tratto distintivo del proprio lavoro111:
“...Direi che il pubblico è certamente alla ricerca di autenticità e penso che un sacco di uomini siano assolutamente alla ricerca di un orgasmo femminile autentico, ma ci sono anche quelli disposti a lasciarsi ingannare...” (O., regista femporn, donna cisgender, Canada)
Madison Young dedica alla questione un suo intervento nella sezione Forum della rivista Porn Studies ( 2014:186-188), di cui presento un estratto:
“...Come performer, l'atto semplice ma rivoluzionario di esprimere il piacere (e l'orgasmo) in un modo che è autentico per l'individuo e che guida il partner sullo schermo attraverso la comunicazione verbale ad un tipo di tocco che è piacevole per l'individuo, rompe la tendenza a perpetuare un concetto malsano che è meglio fingere piacere piuttosto che articolare e cercare un piacere autentico e una connessione con il proprio partner.
[...] All'interno del movimento pornografico femminista ci siamo aggrappat* al termine "autentico" come un consistente ingrediente etico che rende il porno femminista, beh, femminista [...] Come regista di porno femminista, trovo che il mio compito sia quello di creare uno spazio sicuro per fare in modo che si verifichino un collegamento sessuale e un piacere autentici.. Documento il piacere autentico per cui ho facilitato lo spazio. Essenzialmente, sono una documentarista.
[...] C'è tanta vergogna del corpo e vergogna sessuale inerente la nostra cultura, che documentare un'esplorazione autentica e una celebrazione del sé sessuale, implica la creazione di un ambiente sicuro che celebri un senso di sé e di individualità”.
Sono però necessarie delle riflessioni, come anticipato, che affrontino la questione dal punto di vista del lavoro e della professione negli spazi di accavallamento tra le due industrie fino ad ora prese in considerazione.
Il concetto di autenticità stride, in effetti, con la divisione operata dalle sex worker tra lavoro e vita personale e tra sesso e sessualità ( e la sua messa in scena e rappresentazione in un subsettore, quale quello del cinema, all'interno dell'industria culturale) e in questo possiamo tracciare un'altra sfumatura propria della sovrapposizione tra le due industrie. 111 A questo proposito è particolarmente interessante la problematizzazione della questione operata da Giovanna Maina sullo stesso numero (2014: 182-185), e a cui rimando per un'interessante lettura della questione, riguardo ai fini politici nell'uso del termine (l'opposizione tra il sesso della pornografia (finto) e quello dell'intimità personale (reale) tipico delle crociate antipornigrafia), a dove si situi il “reale” e al rapporto tra autenticità e realismo nella rappresentazione.
Per le sex-workers ad essere venduto è un servizio sessuale e non la propria sessualità (Tabet, 2004) e perfino la questione del piacere e del godimento della lavoratrice rientra in un quadro lavorativo ben delimitato ed è basato su sottili giochi di potere e valutazioni costi-benefici inaccessibili alla conoscenza del cliente stesso.
Secondo Noah D. Zatz (1997) è proprio la de-eroticizzazione/defeticizzazione degli atti sessuali genitali che la sex-worker impara sul lavoro, separando la propria vita sessuale dal lavoro. Per Zatz la “prostituzione” non riguarda solo il sesso senza riproduzione ma il sesso senza la sessualità.
Naturalmente non tutte le sex worker tracciano una netta distinzione tra le due sfere ma la lontananza rispetto alla centralità e all'accento posto sull'autenticità è lampante. Sempre Zatz (1997:299), attingendo a Delacoste e Alexander, riporta le seguenti testimonianze “...I decided to combine business and pleasure. I was able to come a lot at work and therefore take better care of my mother and daughter at home. (Mistress Lilith Lash in Delacoste and Alexander 1987, 51)” e ancora “...I found it very liberating to be a prostitute, and the men must have found it liberating too, for they were much better lovers than my husbands. They seemed to feel free with me and I with them. (Phyllis Luman Metal in Delacoste and Alexander 1987, 119)”.
Porre l'accento sull'autenticità del piacere femminile (delle performers), crea uno spazio differente di elaborazione delle pratiche lavorative rispetto al sex work classico e offre spunti di riflessione interessanti riguardo al desiderio e piacere femminile, rendendolo protagonista ma, allo stesso tempo, potrebbe da un lato spostare l'attenzione rispetto alle istanze avanzate dalle stesse riguardo ai propri diritti e a questioni economiche e, dall'altro, prestare il fianco a tutta una serie di critiche riguardo la pornografia che hanno senso proprio perchè si rifiutano di vedere il porno come inserito in un quadro industriale creativo, come un prodotto dell'industria del cinema con uno scopo ben preciso e basato sull'idea di “performance”.
Il rischio è dunque quello di rimuovere le performers e la performance stessa da un campo lavorativo, mancando di riconoscerne la professionalità.
“...for the woman/prostitute, the power consists of her ability to set the terms of her sexuality, and to demand substantial payment for her time and skills" (Alexander 1987b, 189 citato in Zarz, 1997). Il fatto di provare piacere “autentico”, per quanto auspicabile e interessante nella formazione del discorso sulla sessualità, può porre in secondo piano proprio il fatto che ad essere offerto è il proprio tempo e le proprie
capacità, riducendo notevolmente la possibilità di vedere riconosciuto, e “monetizzato”, questo aspetto.
Siouxsie Q, performer femminista, in un suo articolo comparso sul “SF WEEKLY” scrive:
”...Autenticità: è una delle parole preferite del porno femminista e spunta spesso su siti della Bay Area come The Feminist Porn Network e The Crash Pad Series. I Feminist Porn Awards decretano che per poter vincere, un film, deve" Rappresentare piacere genuino, agency e desiderio per tutt* gli/le artist*". Ma sto cominciando a chiedermi se "autentico" sia solo un altro genere di pornografia, come" MILF "o" casting couch ", che mette i/le performers in una scatola per essere commercializzati.
A volte ritengo che la versione annacquata del porno commercializzato per le donne non lasci spazio a tutti i/le performers per essere veramente autentic*. Questo non significa che io credo che ogni scena che giro debba rispecchiare i miei desideri sessuali autentici. Essere un/una artista significa collaborare e far parte della visione di un'altra persona. La mia sessualità non è sempre adatta alle scene per cui vengo scritturata. Mi piacciono i tabù: cheerleaders, bang- bangs, swapping cum. Mi piace essere picchiata con oggetti e costretta a grugnire come un maiale. Ma sono orgogliosa di dire che sono anche una femminista.
Il fatto è questo: sono una professionista. Performare nel porno è un lavoro e certamente non ho bisogno che ogni scena sia l'evento più caldo della mia vita per offrire una performance coinvolgente che può essere interpretata come "autentica". Quando sono pagata bene e rispettata per il mio lavoro, faccio sempre un buon lavoro.
"L'accento sull'autenticità del porno femminista può essere problematico", ha scritto recentemente la performer e attivista Arabelle Raphael. "Elimina il fatto che la performance sia lavoro e non solo" divertimento ". Le persone che lavorano per la pornografia femminista sono lavoratrici del sesso, ci guadagnamo da vivere girando scene hot ... è il nostro mestiere e sono orgogliosa di questo ". Insieme a Raphael, temo che il concetto di "autenticità" sia entrato nel movimento pornografico femminista in un pericoloso gioco “di politica di rispettabilità”. Vorrei che venissero maggiormente enfatizzate le pratiche di lavoro equo e non se ho un orgasmo "reale" ... "”112
La posizione espressa da Siouxsie Q è quella dominante anche nelle interviste raccolte durante la ricerca.
S., regista e produttrice di queerporn, donna cisgender statunitense, nel corso dell'intervista si addentra in una profonda riflessione che sintetizza i punti da me sollevati e che, nonostante la lunghezza, vorrei presentare quasi integralmente:
“... E una cosa negativa! E come se fosse ... Ok, ci sono tre punti diversi ... [...] Uno dei principali argomenti è la violenza nel porno, secondo il quale tutto il 112 http://archives.sfweekly.com/sanfrancisco/authentically-yours-feminist-porn-gets-political/Content? oid=2949245.
porno è violento. Penso che parte della performance che la gente definisce violenta, è un tipo di scopata veramente aggressiva, in cui senti sbattere e tutto quel genere di cose. E così uhm penso che se si sta parlando di un linguaggio del cinema, del linguaggio filmico del piacere e dell'eccitazione nel porno, abbiamo questi identificatori, scopate veramente veloci e dure, schiaffi ecc. Sai, sento come come se fossero significanti di "questo è davvero un buon sesso", così “animalesco”. E quando cominciamo ad avere diversi spettatori/trici, specialmente se si hanno degli spettatori a cui non è stata insegnato il linguaggio del porno, quando lo vedono, la loro interpretazione di questo linguaggio è "oh questo è violento". Ecco la cosa davvero interessante, però. Se stai sostenendo che questo è vero e autentico, allora stai affermando che la violenza da loro percepita è reale. Sai, allora tu arrivi a dei problemi,, come con il BDSM e simili [...] è qua che diviene sfocato, perché la gente vuole sapere che il sesso che sta accadendo è reale, è questo l'elemento pruriginos. E questa è la cosa vera. Non vuoi che l'illusione sia rotta. Quindi è difficile perché da un lato la gente vuole sapere che il sesso è reale. Allo stesso tempo, è difficile perché, come ho detto, potresti iniziare a usare questo genere di argomenti per dichiarare il porno come violento o simili; perché non stai prestando attenzione all'illusione in esso, nel lavoro e nel suo funzionamento. E performance ma è uno stile di performance con un particolare linguaggio filmico...Molta gente non capisce bene che il porno è performance, Quindi quando lo guardano escalamano "questo è vero". Così, quando si comincia ad aggiungere un linguaggio cinematografico più sofisticato che crea più intimità forse più di quanto c'era in origine, allora le persone dicono "Oh mio Dio, questo è così intimo, e questo è così reale e questo è così autentico" e io penso "ti rendi conto che questo è completamente, ci sono stati momenti in cui ho completamente creato uno sguardo qui e uno sguardo lì, quindi i/le due stanno avendo un momento che NON c'era sono [...] non solo i/le perfomers performano, la fotocamera performa, l'edit è una performance - per cui sei stato per tre volte rimosso da quello che è accaduto. Come regista, sviluppo la scena; è vero, ho lasciato che facessero quello che volevano, e ho ottenuto diversi tipi di espressioni facciali, ho messo le telecamere in luoghi diversi, ottenuto angoli diversi... E la gente risponde, le persone rispondono con cose come "oh era così reale" e, in un certo senso, sì, era molto reale, il/la performer aveva davvero un orgasmo e tutto ciò avveniva veramente. Ma al tempo stesso è pornografia, è un'illusione. Voglio dire che l'unico momento reale che stai vivendo è quello mentre siedi davanti a un computer e lo guardi - quello è un momento reale [...]”
La percezione di assistere a qualcosa di reale è comunque elemento imprescindibile anche nelle produzioni pornografiche mainstream (si pensi alle caratteristiche del gonzo) ma l'accento posto sulla rappresentazione di una sessualità, di un piacere e di un desiderio femminili autentici, in un'ottica politica, sono centrali e problematici quasi esclusivamente per quanto riguarda il porno femminista. Tuttavia, il tipo di autenticità che emerge dalle testimonianze, sembra più vicino a quello di “autenticità vincolata” di Elizabeth Bernstein (2009), secondo la quale, le professioniste del lavoro sessuale, offrono e creano un'
interazione sessuale che, nei suoi diversi aspetti, è una mobilitazione delle proprie capacità di gestione del proprio lavoro, e dunque costruita.
Nel caso delle perfomances pornografiche, questo concetto può apparire troppo rigido ma può comunque offrire spunti di riflessione alla luce delle considerazioni fatte fino ad ora e può andare a delineare un contenitore in cui inscriverle che tenga conto sia della componente individuale e soggettiva del “qui ed ora” percepita dalle performers durante le riprese, sia di quegli strumenti di lavoro e di quelle capacità richieste e prodotte all'interno della professione di per sé.