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5.3 Caratteristiche, peculiarità e punti di sovrapposizione tra sex work e pornografia

5.3.7 Salute e controllo

Pensare la pornografia al di fuori dell'interrelazione tra questi due frame rischia di far perdere di vista alcune dinamiche legate sia al mondo del lavoro che della costruzione di significati per i soggetti coinvolti.

Quando il fuoco si sposta su produzioni che si autodefiniscono etiche o appartenenti al fem porn e queer porn il quadro si complica ulteriormente di elementi provenienti da un terzo frame: quello dell'attivismo.

All'interno di questa cornice si muovono quindi interessi economici, aspirazioni, desideri, istanze e rivendicazioni assolutamente non lineari ma, al contario, estremamente frammentarie.

Ciò potrebbe essere dovuto alla struttura stessa dei due universi lavorativi entro cui ci siamo collocati. Sia il mondo delle industrie culturali che quello dell'industria del sesso sono caraterizzati da un forte grado di disomogeneità che si scontra con la lettura statica, uniformante e totalizzante che ne viene data all'esterno. Le caratteristiche dei due settori, trovano nella pornografia una sintesi “discontinua” e mutevole e si confrontano con pratiche e profili specifici. Non si può quindi adottare una lettura rigida del segmento in esame ma accettare la parzialità della conoscenza che possiamo ottenere studiandolo. Ciò che emerge in modo netto dalle narrazioni e riflessioni delle/degli insiders è infatti una profonda insoddisfazione rispetto alle rappresentazioni che vengono date del loro lavoro e che divengono la base per quello che viene percepito come l'ostacolo maggiore a un pieno soddisfacimento dei propri desideri e delle proprie aspirazioni, sia professionali che personali: lo stigma.

altri corpi e sguardi a prendere parte, o almeno ad essere consapevoli, dell'esistenza e diffusione di alcune pratiche, non utima quella di pagare per un servizio sessuale. A suo modo, rompe col binarismo tra ciò che si può mostrare e fare in pubblico e ciò che, storicamente, è appartenuto ad una dimensione intima e privata.

Se per Sophie Day (2007) la pratica del sex work in generale si fonda su una rottura tra la dimensione pubblica e quella privata, tuttavia “il gioco” si basa su strutture e apparati che conservano nella pratica una certa divisione spazio-temporale e di significati. Al contrario, per la sua distribuzione, fruibilità e accessibilità, la performance pornografica introduce un elemento di “disturbo”, una visibilità dell'atto socialmente “inaccettabile”, una zona grigia in cui autenticità, lavoro e performance assumono diversi significati e in cui, come nel sex work in generale, il confine tra la semplice transazione economica e la realizzazione di un desiderio privato (Zatz, 295) è difficilmente tracciabile.

E proprio la visibilità del continuum sessuale (Tabet, 2004) offerta dalla pornografia a situarla al centro di un acceso dibattito che tocca la figura della performer/sex-worker, le modalità di produzione, i messaggi veicolati dai suoi contenuti e la loro recezione da parte del pubblico.

Nina Lopez-Jones del “English Collective of Prostitutes” citata in Zatz (2007: 291), che riprende la testimonianza da Delacoste e Alexander (1987), dichiara:

"The sex industry is not the only industry which is male-dominated and degrades women, but it is the industry where the workers are illegal and can least defend publicly our right to our jobs. We argued that for some women to get paid for what all women are expected to do for free is a source of power for all women to refuse any free sex".

Questo tipo di dichiarazione, per quanto incisiva e forte, tradisce in un certo senso una lettura “negata” della sessualità femminile, che sembrerebbe essere considerata, nella sua dimensione extra-lavorativa, quasi una scelta obbligata, più che desiderata e agita, e più atta a garantire soddisfacimento al partner maschile che a sé stesse.

Il tema della sessualità, di una sua riappropriazione e della sovversione di norme, pratiche e valori dominanti è, in effetti, centrale in tutte le interviste da me raccolte e dialoga col tema del lavoro, della politica e perfino dell'arte, nonché con quello del controllo.

Ad esempio, al centro di un accesissimo dibattito che ha visto impegnati/e incessantemente per mesi molti/e insiders, troviamo la c.d. Prop 60; interessante non solo per i suoi contenuti ma per la mobilitazione e le pratiche di protesta e azione che sono emerse su più fronti: da quello dei/delle performers, passando per varie associazioni di sex-workers a

quello dei siti xxx stessi e perchè, riflette un certo tipo di intervento basato sulla non consultazione dei soggetti coinvolti, tipico di molte politiche riguardo la sex industry in generale e la pornografia nello specifico.

Il “California Safer Sex in the Adult Film Industry Act”, noto come Prop 60, è stata una proposta su cui la California si è espressa, negativamente, l'8 novembre 2016. Avanzata da Michael Weinstein, CEO della AIDS Healthcare Foundation (Organizzazione non profit che, tra le varie attività, possiede una catena di farmacie). Al centro della proposta vi era l'obbligo dell'utilizzo del preservativo sui set e il ruolo dello spettatore, che sarebbe divenuto titolato a citare in giudizio la produzione e i/le performers che non rispettassero l'obbligo suddetto (o nel caso il preservativo non fosse “visibile”), ottenendo la diffusione al pubblico di dati sensibili relativi ai nomi reali e agli indirizzi di residenza dei/delle performers.

L'opposizione alla proposta è arrivata da parte dei lavoratori e delle lavoratrici dell'industry, da parte di organizzazioni che si occupano di salute e prevenzione con un focus sul sex work (come il St. James Infirmary di San Francisco), dal partito democratico e da quello repubblicano e da 15 quotidiani che hanno preso posizione pubblicamente. Le critiche riportate dai/dalle intervistat* partivano dalla non consultazione dei soggetti target della proposta, all'infantilizzazione degli stessi che avrebbero visto terzi, prendere delle decisioni sui propri corpi e le proprie scelte, alla violazione della privacy con rischi conseguenti per i/le performers fino ad arrivare agli interessi economici che avrebbero potuto mettere in ginocchio o far spostare altrove una delle industrie più floride della contea di Los Angeles.

L'argomento delle malattie sessualmente trasmissibili nell'industria pornografica viene riproposto ciclicamente, ignorando più o meno deliberatamente, il complesso (seppur impreciso) sistema di autotutela creato all'interno dell'industry stessa.

Premesso che la/il performer ha un certo grado di libertà di scelta sull'uso o meno del preservativo (in alcune produzioni è già “obbligatorio”, in altre che lavorano quasi esclusivamente, ad esempio, con parter di vita di vecchia data viene considerato superfluo e via dicendo), l'attenzione per la salute del proprio corpo, letto dalle performers come strumento di lavoro da curare e preservare il più possibile, è, almeno nelle interviste, cosa scontata e condivisa.

“... Il sistema di testing è grande, quindi quello che mi uccide veramente, primo Michael Weinstein sta usando il mio corpo per esperimenti, vuole i preservativi obbligatori, non è mai stato così, fatto, non è mai stato testato, non è mai stato provato, quindi 11 anni, undici anni non un caso di HIV è stato contratto su un set pornografico in California (era il 2015 nda). Nel porno mainstream, porno eterosessuale, non è obbligatorio, ma è un accordo di comunità. Ti mostro il mio test, mi mostri il tuo, è tutto buono, possiamo lavorare, se non hai il tuo test non lavorerò con te. "Perché non hai il test?" […] chiede il produttore, "Non hai controllato il test?" Quindi, facciamo parte di un database, quindi vado a fare il test, ottengo il mio risultato ed esprimo il mio consenso ad essere inserita nel database "sì, puoi dare i miei risultati al database" e il database dice sì o no. Non dice, perché no. Forse il mio test è scaduto, o forse sono malat*. Ma non lo dice ... sono verde o rossa. E così il produttore, N verde, buono. N rossa, uh. Quindi funziona molto bene, non abbiamo, abbiamo incidenze molto basse di malattie trasmesse sessualmente e nessuna trasmissione di HIV nella pornografia mainstream per undici anni. Lo sai, chiunque lavori con attori/trici professionist* chiederà il test. Chiunque può andare in clinica e ... i civili ... possono entrare e dire "voglio questo" e non pagano soldi, vengono testati, partono, la clinica è aperta a tutti. Quindi, mio marito e io abbiamo, a volte, relazioni sessuali con persone che non sono artist* porno, anche loro vengono testati, perché lavoro in una comunità, quindi non ho intenzione di fare sesso con qualcuno non testato e mettere me e la mia comunità a rischio”

Dalle sue parole, emerge non solo un meccanismo abbastanza consolidato e finalizzato alla salute dell'individuo, quanto una cura e attenzione costante verso tutta la comunità professionale. In questo la differenza con il sex work classico è lampante. Mentre per le sex-worker la “barriera” rappresentata dal preservativo ha la duplice valenza di protezione e di distanziamento rispetto al cliente (potenzialmente sconosciuto), le/i performers prestano la loro opera in un contesto teoricamente protetto e di conoscenza, in cui partner nella performance e il/la “cliente” non sono figure sovrapponibili.

Siti, blogs, mailing lists hanno dato eco alle critiche avanzate alla Prop 60 dai vari soggetti coinvolti; ad emergere ad un primo sguardo, è stata una comunità capace di grande coesione in momenti di crisi, capace di utilizzare tutte le reti di contatti disponibili per raggiungere più elettori possibili e di utilizzare modalità peculiari di protesta. Oltre infatti alla divulgazione di contenuti e analisi sulla Prop 60 e alle marce di protesta sul Sunset Boulevard (che sono culminate proprio sotto la sede della AIDS Healthcare Foundation), parte dell'industry (Kink.com, Evil Angel, Vivid) ha deciso di oscurare/bloccare i propri siti per gli/le utenti californiani/e il 17 ottobre in segno di protesta e non aveva escluso di rendere l'operazione permanente nel caso la proposta fosse stata approvata.113

113 http://www.dailydot.com/irl/porn-protest-prop-60-condoms/ http://www.vocativ.com/368167/porn-sites-dark-protest/.

Poste le basi per situare l'industria pornografica audiovisiva e per comprendere, seppur parzialmente, entro quale frame muoversi, nel prossimo capitolo affronterò più specificatamente la questione della sessualità, del rapporto tra femminismo(i) e pornografia(e) e del porno femminista e queer, cercando di riproporre i temi ricorrenti emersi nelle interviste alle/ai performes e ad alcuni/e studiosi/e.

Capitolo 6

Dietro e davanti la macchina da presa: il lavoro nelle industrie

pornografiche

Scorrendo rapidamente la “home” di uno dei social network più popolari, Facebook, si moltiplicano i post di siti e blog che titolano: “Berlin's Alternative Porn Actors Reveal All”114, “How much porn stars really get paid”115, “Rise and Grind: A Look at the Side Hustles of Porn Stars”116 sono solo alcuni esempi degli articoli offerti al grande pubblico117. Un dato come questo, apparentemente banale, potrebbe invece indicare almeno due questioni, distinte ma, al contempo, collegate: da un lato la pornografia emerge come argomento interessante per un pubblico più vasto rispetto alle/agli appassionat* del genere, sembrerebbe essersi, in qualche modo, “mainstreamizzata”, “l'o-sceno è definitivamente in scena”, si legge nell'editoriale del numero 122/2017 di Leggendaria dedicato alla pornografia. Dall'altra, l'uso di termini quale “rivelazione”, restituiscono un'immagine e una lettura misteriosa e sconosciuta dell'industria pornografica, una curiosità che, nonostante i numerosi articoli dedicati, parrebbe non trovare soddisfacimento; soprattutto in riferimento alle questioni strettamente lavorative. Quella stessa industria, basata proprio sull' accesso continuo e profondo dello sguardo, e sulla riscrittura continua di ciò che può essere mostrato e reso visibile, darebbe l'impressione di sposare una certa politica di chiusura per quanto riguarda i vari “dietro le quinte”.

Come anticipato nel capitolo 4, perfino i dati di tipo finanziario non sono facilmente ottenibili e la questione appare ancora più delicata per quanto riguarda le pratiche lavorative dei/delle performers, sia che si parli di pornografia mainstream che di pornografia femminista e queer.

114

http://hereyoua.re/berlin/berlins-alternative-actors-reveal-all-part-1/ ultima visita 12/12/2017. 115 http://www.independent.co.uk/life-style/love-sex/porn-stars-income-how-much-get-paid-for-what-adult- film-actor-agent-derek-hay-pornography-a7569746.html ultima visita 12/12/2017.

116 https://broadly.vice.com/en_us/article/rise-and-grind-a-look-at-the-side-hustles-of-porn-stars ultima visita 12/12/2017.

117 Alcuni di questi titoli vengono “postati” da riviste o realtà comunque interessate al settore ma, allo stesso tempo, altri contenuti vengono diffusi da testate e gruppi che si occupano in generale di approfondimenti e notizie.