I saperi e i discorsi che ruotano attorno alla pornografia cinematografica, tendono a trattarla come un prodotto in qualche modo eccezionale, sia che ci si riferisca all'industria che la produce, sia che ci si concentri sul “genere” cinematografico90 di per sé. L' industria culturale della pornografia audiovisiva (Biasin, 2013) è (anche) parte integrante dell' industria commerciale dei media (Sullivan & McKee, 2015), ovvero un segmento dell'industria dell'intrattenimento di massa e, dunque, entra di diritto in quelle che vengono definite industrie creative.
90 La definizione di “genere cinematografico” è tutt'altro che pacifica. Secondo Maria Cristina Caponi (http://tysm.org/allincrocio-dei-discorsi-sui-generi-cinematografici-tentativi-di-rilettura-delle-categorie- filmiche/) si tratta di
“una forma legittimata dalla sua stessa popolarità e costruita per essere accessibile a una cultura di massa, che ha internalizzato le sue convenzioni. Sotto una prospettiva semiotica, il genere lega il testo allo spettatore in un accordo di comunicazione preliminare, che consente al primo di utilizzare delle formule comunicative stabili e, all’altro, di impostare un proprio sistema di attese” (2013).
Nel ricordare i tre elementi che compongono il “criterio” per il riconoscimento di un genere identificati da Rick Altman (2004), semantico, sintattico e, aggiunto sucessivamente, pragmatico e dunque legato alla ricezione del pubblico, Caponi sottolinea la non staticità della definizione e, citando Malinowski e Levi Strauss, definisce i generi come versioni contemporanee del mito sociale.
Uno dei primi e pioneristici tentativi di “normalizzazione” dell'oggetto di studio pornografico dal punto di vista accademico, è quello di Linda Williams (1989), che nel suo “Hard Core:Power, Pleasure, and “the Frenzy of the Visible” applica alla pornografia proprio il criterio semantico-sintattico di R. Altman.
Considerata, in un certo senso, “fondatrice” della disciplina dei porn studies, Williams (2007), introduce il concetto di “body genres”, riferendosi al horror, al porno e al melodramma, che hanno in un comune il fatto di spettacolarizzare il corpo, femminile per lo più, rendendolo “eccedente” (o eccessivo) e provocando reazioni corporee nell* spettatore/trice, tramite le urla di paura nel horror, gli spasmi nel porno e i singhiozzi nel melodramma.
Quando parliamo di industrie creative stiamo utillizzando un termine piuttosto ampio e ancora in via di definizione e che assume connotati specifici a seconda che si utilizzino le varie definizioni “nazionali” e quelle operate invece dagli organismi internazionali.
A titolo meramente esemplificativo ma comunque utile per restringere il campo e capire dove si situi l'industria della pornografia audiovisiva, segue la definizione di industria creativa (assimilata a quella culturale) data dall'Unesco (2009)
“Le industrie che combinano la creazione, la produzione e la commercializzazione di contenuti creativi immateriali e culturali in natura [...] comprendono generalmente la stampa, la pubblicazione e la multimedialità, le produzioni audiovisive, fonografiche e cinematografiche, nonché l'artigianato e il design [...] Comprendono le industrie culturali e quelle [industrie] in cui il prodotto o il servizio contengono un elemento sostanziale di attività artistica o creativa e includono attività come l'architettura e la pubblicità”91 (trad. mia)
Nel situare la pornografia all'interno di questo settore, Mckee (2016: 108-109) ci offre da un lato, un approfondimento sulle industrie creative in generale e, dall'altro, sul settore specifico in cui incasellare la pornografia audiovisiva:
"... Le industrie creative differiscono da altri settori industriali, avendo" alti livelli di "intensità creativa" - ovvero la percentuale di forza lavoro nelle occupazioni creative ».(DCMS 2014, 4). Esse collocano * "creativ*" (un termine più inclusivo di "artist*", compres* quell* che creano intrattenimento e coloro che creano l'arte) al centro di quello che fanno. Mentre esistono fattori condivisi in queste industrie, esse sono anche generalmente raggruppate in sottosettori: pubblicità e marketing; architettura; artigianato; design; Film, televisione, radio e fotografia; Servizi informatici, software e computer; editoria; Musei, biblioteche e gallerie; E la performance musicale e le arti visive (DCMS 2014). In questo articolo allineo la pornografia, in particolare, con il sottosettore del cinema, della televisione, della radio e della fotografia, anche se potrebbe anche essere collegato ad altri - come il design o le arti visive - in modi che potrebbero far emergere aspetti diversi dell'industria [... ] Ci sono molte importanti somiglianze tra la pornografia e la pellicola, la televisione, la radio e la fotografia - e la comprensione della pornografia come parte di questo sottosettore può illuminare con efficacia aspetti delle sue pratiche di lavoro ... " (trad. mia)
La pornografia, basata nei contenuti sull'ipervisibilizzazione di soggetti e pratiche, è in realtà un settore che mostra davvero poco di sé, soprattutto a livello organizzativo- finanziario. Tuttavia possiamo utilizzare le quattro categorie (sovrapponibili e non rigide) identificate da E. Biasin (2013, 30-34) per provare a tracciare, seppur in modo non 91 http://portal.unesco.org/culture/es/files/30297/11942616973cultural_stat_EN.pdf/cultural_stat_EN.pdf.
esaustivo, alcune caratteristiche “organizzative”:
1) MEDIA BRAND CONGLOMERATES: Al livello più alto-Acquisiscono, gestiscono, controllano e valorizzano imprese afferenti all'adult entertainment (produzione, distribuzione ma anche piattaforme digitali per la fruizione dei prodotti).
2) PRODUCTION BRAND COMPANIES: L'equivalente degli studios mainstream, si affidano ai conglomerates per la distribuzione.
3) ONE DIRECTOR BRAND COMPANIES: Case di produzione che ruotano attorno all'operato di un solo regista, si affidano alle distribution-production brand companies per la distribuzione
4) DISTRIBUTION-PRODUCTION BRAND COMPANIES: si occupano della distribuzione ed erogazione del prodotto. In alcuni casi permettono ai registi di mantenere i diritti di proprietà appoggiandosi ad un distributore che otterrà una percentuale sulle vendite.
I numeri del porno, le stime di fatturato e di incidenza sulle economie locali e globali rischiano di essere di volta in volta enfatizzati o sminuiti e i dati a disposizione sono estremamente parziali, frammentari e non possono essere utilizzati in un' ottica comparativa, dal momento che si riferiscono a settori differenti o periodi differenti e mai in un' ottica continuativa e sistemica.92
Ibisworld.com, nel suo ultimo report (2016)93, riporta alcuni dati, per il quinquennio 2011- 2016, in riferimento agli attori del settore che distribuiscono contenuti pornografici agli abbonati via internet. “...Si tratta di siti che generano entrate attraverso annunci pubblicitari e abbonamenti. L'industria non include la distribuzione offline della pornografia. E importante notare che mentre molti operatori del settore sono aziende verticalmente integrate che si occupano di riprese di video pornografici, la maggioranza dei giocatori del settore gestisce semplicemente siti web per adulti e non crea contenuti originali...” (trad. mia). Solo per questo segmento di mercato, riporta entrate per 3 miliardi di dollari, con 9.682 attività/aziende e 20.284 dipendenti e una crescita annua del volume degli affari dell' 1,5%.
Il report sottolinea inoltre l'assenza di una quota di mercato dominante e segnala due 92 Vale la pena segnalare che, nel presente contributo, in modo necessariamente parziale, per disponibilità di dati e vastità e disomogeneità del settore, predominanza sul mercato a livello globale e aderenza all' interesse di ricerca, il contesto di riferimento è quello c.d. “occidentale” e, in particolare, nordamericano.
tendenze: la minaccia ai ricavi da parte della pirateria online e l'aumento della domanda grazie all'accesso da dispositivi mobili. Stando a quanto riportato su marketwatch.com (articolo basato sulle analisi di Ibisworld.com), la realtà virtuale sarà un settore di investimento necessario per l'industria pornografica per incrementare il tasso di crescita dei ricavi che, dal 2010 al 2015, è stato, secondo il sito, dello 0.3% annuo.94
Ad emergere, dalle interviste effettuate agli/alle insiders95 nel corso della mia ricerca, è il quadro di un'industria estremamente frammentata, basata più su piccole realtà semi- indipendenti che sulle grandi majors e che cerca di reinventarsi in un clima di forte crisi del settore:
“...Il grande denaro che si suppone in questo settore, è tutto un mito [...] l'industria sta affogando, [...] è come un 747 che ha perso tutti i suoi motori, sai che è in “un'immersione nasale”, perché [ ...] beh sì, i ragazzi...se possono farlo gratuitamente, perché dovrebbero pagare qualcuno $ 20 per un DVD? Per quale motivo?” (U., regista prevalentemente femporn, uomo cisgender, USA)
“...E un “miglio e mezzo pollice” profondo, lo sai? Quindi non è questa grande industria, l'industria monolitica, ma si tratta di piccole aziende, um, Internet ... ora ci sono [...] poche, pochissime società che fanno grandi film […] Marx sarebbe così orgoglioso perché ora la produzione principale è nelle mani del lavoratore: abbiamo internet e fotocamera […], abbiamo amici, possiamo fare un film!” (N., performer prevalentemente mainstream, donna cisgender, USA)
Per quanto riguarda i contenuti, Zecca (2013, 9-35) suggerisce che, attualmente, vi sia una polarizzazione tra due “modelli di discorso dominanti che organizzano e “governano” l'odierna pornografia audiovisiva americana, e in particolare la produzione eterosessuale mainstream” (2013:9): il gonzo e il feature.96
Per meglio comprendere le caratteristiche di questi due “poli”, utilizzerò l'analisi di Chauntelle Ann Tibbals, apparsa nel 2014 sulla rivista Porn Studies97.
Il gonzo è caratterizzato dalla presenza di una “talking camera”, dove la persona che filma ha anche un ruolo attivo nella scena, una sceneggiatura appena accennata, la rottura del 94 http://www.marketwatch.com/story/how-the-future-of-virtual-reality-depends-on-porn-2015-07-15 95 Sebbene il fuoco della ricerca riguardasse il porno femminista, dal punto di vista degli/delle insiders, la distinzione potrebbe apparire forzata dal momento che è molto comune che i/le performers partecipino a progetti sia mainstream che di porno femminista. Con le dovute cautele, è quindi possibile estendere anche al mainstream alcune considerazioni emerse durante le interviste, salvo specificazioni esplicite.
96 Per un approfondimento completo e dettagliato delle caratteristiche dei due modelli discorsivi, si rimanda a F. Zecca, “Porn in transition. Per una storia della pornografia americana”, in E. Biasin, G. Maina e F. Zecca (a cura di), “Il porno espanso. Dal cinema ai nuovi media”, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2011.
97 Tibbals, Chauntelle Anne. "Gonzo, trannys, and teens–current trends in US adult content production,
quarto muro tra spettatore e performers e costi di produzione bassissimi. Secondo Zecca (2011), il gonzo dedica fino al 90% della superficie testuale a rapporti sessuali estremamente performativi (il feature vi dedica il 60% circa, con performance molto diverse da quelle del gonzo), con un montaggio praticamente assente.
Posto fortemente sotto accusa proprio per le performance mostrate, spesso considerate eccessive o addirittura disgustose98, è interessante ricordare come sia possibile identificare dei momenti di gonzo in qualsiasi contenuto per adulti, anche nelle produzioni c.d. etiche. Il feature, al contrario, offre delle rappresentazioni del sesso inserite in una narrazione/sceneggiatura più o meno sviluppata, una netta tendenza a lavorare su parodie di programmi, film, cartoni e fumetti mainstream, si discosta dallo stile “documentaristico” del gonzo e ha costi maggiori.
Ad emergere è il profilo di un settore industriale con delle caratteristiche precise ma mutevoli, che variano sensibilmente da produzione a produzione e a seconda del contesto99, disomogeneo e con un impatto economico difficilmente definibile.