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Beyond (porn) Borders

4.2 Porno o non porno? Copioni sessuali e reazioni dell'audience

4.2.1 Beyond (porn) Borders

Tempo prima del mio viaggio in Canada per i Feminist Porn Award's 2015, avevo letto, in modo un po' distratto, un'articolo (o forse si trattava di una petizione) che raccontava di una coppia che, a causa dell'estradizione in Canada di una delle due partner, sarebbe stata costretta a rivedersi dopo ben sei mesi. Per qualche tempo non avevo più ripensato a quella vicenda fino, appunto, al mio viaggio in Canada. Durante la serata del 15 Aprile, il programma prevedeva alcune brevi proiezioni dei film candidati a ricevere i premi il giorno seguente, seguiti da un confronto con alcun* insiders. Ero all'inizio della mia ricerca e il fatto di assistere ad una proiezione pubblica di film porno mi incuriosiva molto, trattandosi di un evento non particolarmente comune. Di tutte quelle in programma, una proiezione mi ha però molto colpita: “Bound by Borders” (USA/Canada, 27 min, 2014), docu-film diretto e prodotto da Toby Hill Meyer (Handbasket Productions87). Il docu-film, che ho poi avuto modo di vedere per intero, racconta l'incontro della stessa Toby Hill Meyer con la sua compagna, Bryan Dagger, dopo sei mesi di lontananza forzata. Dagger era infatti stata espulsa dagli Stati Uniti per scadenza del visto ed era dovuta tornare in Canada. Tra una scena di sesso e l'altra, le due protagoniste si confrontano sulla loro relazione e sul significato per questa, delle leggi dei propri paesi e delle discriminazioni che subiscono. Durante la proiezione, durata pochi minuti, non ho potuto fare a meno di commuomervi. Più volte, durante delle conversazioni con collegh* e amic* ho raccontato questo episodio, pronunciando la frase “credo di essere l'unica persona ad aver pianto guardando un porno!”, suscitando ironia o stupore. La questione non era l'essersi commossa o meno guardando un film ma averlo fatto guardando un porno. Le mie aspettative riguardo la pornografia, come sarebbe dovuta apparire, che tipo di interazioni 87 Collettivo di media-attivist* che, tramite musica, zine, libri e film porno, si proprone di sensibilizzare e promuovere un immaginario inclusivo delle persone trans, queer, poliamorose, ponendo al centro delle narrazioni quei soggetti che di solito vengono esotizzati o “otherized” e occupandosi di temi come il sex work e il razzismo.

sessuali avrebbe dovuto mettere in scena e quali reazioni avrebbe potuto causare, non contemplavano né un tema così profondo (quale quello della migrazione, dei confini e del transessualismo), né una reazione di quel tipo. Il mio smarrimento per la commozione, detto altrimenti, sembrava derivare da una incoerenza del film rispetto allo script pornografico e che avrebbe dovuto invece causare eccitazione (copione tradizionalmente più attribuito al maschile), fastidio e/o imbarazzo (copione tradizionalmente più attribuito al femminile) o umorismo (copione attribuito al femminile al maschile ma con radici, scopi e conseguenze differenti). Eppure, come abbiamo visto, secondo molt* delle/degli interevistat*, sarebbe proprio la volontà di provocare anche “riflessione”, e non solo eccitazione, a definire una delle peculiarità del porno femminista:

“La grande differenza tra porno mainstream e femminista è l'idea e l'intenzione dietro il film. Cosa sto cercando di farti fare? Sto solo cercando di farti masturbare o sto cercando di farti pensare e masturbare? La grande differenza, dunque, non risiede nelle condizioni di lavoro, ma nella domanda se quello che sto cercando di comunicare con il film ha un'intenzione, un'ideologia femminista alle spalle. Il mainstream, prevalentemente, non ha altre intenzioni se non quella di eccitarti, di farti guardare, di farti acquistare (N., performer prevalentemente mainstream, donna cisgender, USA).

Questo aspetto sembrerebbe causare molta resistenza da parte di un pubblico più “tradizionale”, sia maschile che femminile, come indicato da alcun* intervistat*. In effetti, più volte durante la mia ricerca, ho sostenuto delle conversazioni, anche con persone che ammettevano di non essere dei/delle consumatori/trici di pornografia ma erano presenti ad incontri pubblici sul tema, che si chiedevano cosa volesse dire, quale fosse lo scopo e la reale possibilità di cercare e leggere nel testo pornografico degli elementi politici, anche solo nella trama. Come suggerisce il caso di Bound by Borders, invece, la pornografia femminista può decidere esplicitamente (e non solo tramite la scelta delle/dei performers e delle pratiche) di raccontare e mettere in scena, contesti sociali e culturali in cui gli atti sessuali avvengono e tali contesti possono essere attraversati dai più disparati conflitti e da molteplici istanze sociali.

Prendiamo ad esempio il corto “Occupied” (2013), diretto da Shine-Louise Houston, della Pink&White, e premiato con un XBIZ Award nel 2014. Il film inizia con una delle due protagoniste, Maggy Mayhem, che, attraverso il suo racconto, ci introduce alla storia. Ha un occhio pesto e dice: “L'accampamento era cominciato in modo pacifico...poi tutto è

andato a farsi fottere”. Il suo aspetto, la sua dichiarazione e l'intensità della musica che la accompagna, situano subito l'azione in un contesto di scontri e tafferugli nel corso di una mobilitazione, lasciando presumere che il segno sul suo viso, possa essere il risultato di una carica violenta da parte delle forze dell'ordine. Il titolo “Occupied”, infatti, richiama immediatamente le immagini e i resoconti delle mobilitazioni che hanno attraversato gli Stati Uniti, per poi diffondersi a livello internazionale, a partire da settembre 2011, e che ponevano sotto attacco, tra le altre cose, il capitalismo finanziario e le disuguaglianze economiche e sociali. Le contestazioni, nate in seno a un movimento pacifico, hanno subito una forte repressione da parte della polizia e, in particolare, la città di Oakland, nella baia di San Francisco (sede della Pink&White), è stata teatro di violenti scontri e messa a ferro e fuoco.88

Col proseguire del film, vediamo Mayhem colpire una poliziotta, la co-protagonista Kathryn Dupri, intenta ad immobilizzare un* contestator*. Comincia dunque un inseguimento, che si conclude dentro una casa che sembra abbandonata. Immobilizzata da Dupri che è alle sue spalle, Mayhem tenta di convincerla ad unirsi alla protesta, sottolineando che entrambe verranno “fottute” e denunciando le isituzioni finanziarie che impoveriscono le persone. La dichiarazione e la denuncia politica, il posizionamento, è dunque esplicito e comunicato all'audience attraverso le parole di una delle due protagoniste. In seguito la poliziotta fa riferimento all'occupazione del proprio sedere, la manifestante si volta e le due protagoniste iniziano a baciarsi. Il film prosegue con un breve primo piano di Mayhem, situata nuovamente nel presente, per poi mostrare le due protegoniste nude e impegnate in un'interazione sessuale. Dopo circa un minuto di sesso orale e penetrazione con le mani, Mayhem pratica sesso orale al manganello della poliziotta, che verrà poi utilizzato per penetrarla. E particolarmente interessante il fatto che uno strumento che, simbolicamente, rappresenta l'abuso della forza e la violenza dell'istituzione nei confronti dei/delle dissidenti, utilizzato per “ferire” e per provocare dolore, venga in questo caso trasformato in strumento di piacere e di “collegamento” tra due corpi e due soggetti che, teoricamente, dovrebbero entrare in contatto tra loro in virtù della loro opposizione, durante gli scontri e con una forte assimmetria di potere. Per circa 10 min (su 15, 04 totali), le due protagoniste verranno mostrate durante diversi atti sessuali, concentrate nel provocarsi piacere, anche attraverso la richiesta esplicita del 88 E possibile visionare alcune immagini sul sito di Repubblica

http://www.repubblica.it/esteri/2011/11/04/foto/occupy_oakland_la_citt_dopo_gli_scontri-24408192/1/#1 ultima visita 06/10/2017.

consenso a procedere in modo più deciso. I corpi e le espressioni del viso, seguono l'andamento dell'azione, si irrigidiscono, ansimano, sorridono. Sono abbastanza rare le inquadrature dei soli genitali e in alcuni momenti la posizione delle gambe, ad esempio, ne impedisce la vista, Col termine del rapporto sessuale, la “realtà” esterna irrompe attraverso le parole di Dupri che, riprendendo possesso del suo ruolo di poliziotta, spiega che i/le collegh* non hanno sue notizie da troppo tempo. Chiede allora a Mayhem di fidarsi di lei e di permetterle di colpirla al viso per non destare sospetti; ecco dunque che la supposizione iniziale riguardo l'occhio della porotagonista appare meno chiara e determinata. Se è vero che è stata una poliziotta a causare l'ematoma è il contesto dell'azione, il rapporto tra i due soggetti e il consenso esplicito a farsi colpire a fare la differenza. Forse, la riflessione sollevata dalla performer I. sul concetto di violenza, potrebbe trovare spazio nell'interpretazione di questo gesto. Quando tutto suggerisce un ritorno ai propri ruoli, precedenti il rapporto sessuale, e osserviamo Maryhem nel presente, il film offre invece un finale diverso: bussano alla porta, si tratta di Dupri, non più poliziotta ma manifestante. Le due, con un cartello che dice “we are 99%”, si allontanano mano nella mano, mentre vengono osservate da due donne, ecosessuali come scritto nei loro cartelli, che si dirigono verso la manifestazione e dichiarano “è così bello vedere le persone giovani partecipare”. Le due donne non sono due donne qualsiasi; si tratta infatti di Annie Sprinkle, tra le pioniere del post porno e del porno femminista, e della sua compagna, Elizabeth Stephens. La dichiarazione di Sprinkle, in virtù del suo ruolo nel movimento, potrebbe allora riguardare, non solo la questione del movimento occupy interno alla narrazione del film ma più in generale, quella della relazione tra capitalismo e patriarcato, tra femminismo e pornografia, tra sessualità e politica.

Occupied, in soli 15 minuti, riesce a situare la sessualità in un contesto più ampio, non più fuori dalla realtà, e lo fa scegliendo di raccontare la storia di un movimento politico e di protesta, che ha toccato la comunità della Baia di San Francisco, inserendo in modo esplicito e dichiarato degli elementi di denuncia nei confronti di tutto un sistema finanziario ed economico. Non solo, la sua operazione acquisce ancora più significato se si pensa che la protagonista, Maggy Mayhem, ha davvero partecipato al movimento. Occupied dunque intreccia e integra nella narrazione, biografie individuali e collettive, restituendo alla sessualità la sua dimensione sociale e culturale.

La pornografia, suggerisce Gagnon (1990), si presta per interpretare le condotte sessuali dal punto di vista degli scenari culturali; come abbiamo già indicato, il suo potere

anticipatorio è così profondo che il fatto stesso di etichettare qualcosa come pornografico, potrebbe causare una risposta psicosessuale pari a quella causata dalla fruizione del prodotto stesso (Simon&Gagnon, 1973). Il funzionamento degli scenari culturali legati alla pornografia, potrebbero essere alla base, per esempio, delle dichiarazioni di L. (donna cisgender, attivista femminista e lesbica, Italia), durante la presentazione del numero di Leggendaria dedicato alla pornografia. L., dapprima, sottolinea la difficoltà a percepire come plausibili ed eccittanti le scene di sesso lesbico nel mainstream, “hanno anche le unghie lunghe”, dichiara scherzosamente. Non conosce molti prodotti etichettati come feminist o queer porn, e quelli che ha visto non sembrerebbero comunque causarle troppa eccitazione, cosa che invece avviene con la pornografia gay e con quella mainstream (non in riferimento alle scene di sesso tra donne). Il caso di L. fornisce l'occasione per riflettere sia sulla forza degli scenari culturali, sia sulla costruzione sociale e l'incorporazione di pratiche e significati quali l'eccitazione. Da un lato, vi è una rottura rispetto alla mappa di orientamento offerta dal mainstream nel momento in cui mette in scena il sesso tra donne in modo non plausibile o che non permette l'identificazione, elemento che, come ipotizzato da Simon e Gagnon (1973), dovrebbe diminuire il potere dei copioni stessi. Dall'altro, i passaggi, le “istruzioni” e gli elementi della pornografia mainstream eterosessuale che sostengono l'eccitazione, sembrerebbero “fare presa” su L. nonostante si tratti di una donna lesbica. L. infatti, potrebbe aver interiorizzato gli orientamenti, “le precondizioni narrative per la messa in scena di un ruolo” (Simon & Gagnon in Rinaldi, 2017:86), quello relativo all'eccitazione consumando materiale pornografico eterosessuale mainstream. Allo stesso tempo, starebbe però modificando un altro copione, quello relativo all'eccitazione della donna lesbica. In che modo questo può avvenire? Per poter avere un senso a livello collettivo, su grande scala, i copioni culturali devono necessariamente prevedere aggiustamenti, modifiche, a seconda della situazione e del contesto. Sono, in altre parole, situati, contestuali, aperti all'imprevisto e alla variazione; tali variazioni, momenti in cui l'attor* sociale diventa autor*, avvengono con i copioni interpersonali. A seconda del contesto, sarà possibile un grado differente di modifica e (in)congruenza rispetto alle aspettative del singolo e il medesimo soggetto può occupare diversi ruoli, o diverse gradazioni dello stesso, a livello dei copioni intrapsichici. “Da qui nasce la fantasia: riorganizzazione cognitiva e simbolica della realtà finalizzata a renderla più fertile per la realizzazione dei desideri, spesso molteplici e incoerenti, dell’individuo” (Simon e Gagnon, op. cit., p. 86). Il caso di L., sembrerebbe coerente con questo disegno; in un

contesto sociale come quello della comunità LGBTQ, che da sempre si misura e interroga sulla complessità, per L., a livello intrapsichico, potrebbe essere più semplice sentirsi “autorizzata” a contemplare un grado, anche profondo, di variazioni rispetto allo scenario culturale e ai copioni legati all'orientamento sessuale (omosessuale in questo caso), mobilitando dei comportamenti sessuali che potrebbero apparire incoerenti. Allo stesso tempo però, la sua esperienza, potrebbe anche segnalare la pervasività di un certo tipo di scenario culturale (relativo alla pornografia eterosessuale) che, incorporato, sosterrebbe la formazione di copioni intrapsichici che permettono l'eccitazione. In altre parole, il fatto che, ipoteticamente, L. abbia fruito più spesso di alcuni prodotti pornografici (eterosessuali o gay) e non di altri, potrebbe aver reso disponibile una mappa di significati per interpretare e riconoscere come eccitanti determinate sequenze di azioni interpretate da determinat* attori/attrici. Tanto più che, secondo Simon e Gagnon, il desiderio “trova la sua origine e il suo prototipo nell'esperienza della soddisfazione (ivi, 87)”, provata tramite i “significati sociali dei simboli”, e non riguarderebbe prettamente qualcuno o qualcosa ma quello che, tramite questo qualcuno o qualcosa, ci aspettiamo di provare (ibid.).

Questo passaggio appare particolarmente adatto a descrivere quella che dovrebbe essere (parte del) l'esperienza di fruizione di pornografia, che dovrebbe, appunto, causare eccitazione (ossia l'interpretazione come tale di segnali corporei) e che, nel momento in cui non realizzi questo obiettivo, può disorientare il pubblico.

L'immaginario più diffuso riguardo la pornografia è talmente radicato e codificato che qualsiasi scostamento può, in qulche modo, creare fastidio o portare a non riconoscere il prodotto che si ha di fronte come pornografico. E interessante notare che questo tipo di lettura non riguarda solo le singole “componenti” della messa in scena pornografica (ad esempio, parcellizzazione dei corpi, penetrazione, orgasmo), quanto la sequenza in cui tali componenti si manifestano, come si pongono in relazione tra loro, in un rapporto di causa effetto (ad esempio, l'eiaculazione deve seguire la penetrazione) e se il risultato complessivo venga percepito come coerente rispetto alla propria idea di pornografia. Per meglio comprendere questo aspetto, mi servirò di un esempio, la prova aperta di “Camera Oscura”, performance facente parte del progetto Pornopoetica, di Barbara Stimoli e Titta Raccagni. Così le autrici e performers descrivono il loro progetto:

“Il progetto Pornopoetica è una ricerca che s’insinua tra eros e pornografia attraverso la performance, il video, la fotografia, l’installazione. L’intento non è quello di lavorare sull’eccitazione ma è quello di aprire e creare nuove visioni e nuovi possibili immaginari.

Se la pornografia procede per categorie, Pornopoetica introduce l’”indefinito” come principio estetico e come via per de-costruire il confine corpo. Pornopoetica interroga la performatività del sesso e la sua rappresentazione: gioca con i corpi in scena e rimette in scena l’osceno, innescando un cortocircuito nella fruizione della pornografia. Pornopoetica esplora l’oscillazione del desiderio, la sua forza politica che spezza ogni pretesa di normalità.

Mobile, instabile, metamorfico e nomade; indeterminato, indeterminabile, non catalogabile”89

Camera Oscura è dunque la performance più recente, ancora in progress, su cui stanno lavorando le due artiste. Il 04/09/2017, il Lachesilab di Milano, ospita una prova aperta della performance, offrendo alle due artiste, la possibilità di interagire con il pubblico. La performance prevede che, dietro un telo che rende la vista “appannata”, due corpi nudi e con solo un passamontagna rosso, senza una chiara connotazione di genere, si incontrino e diano vita ad un'interazione sessuale. Inizialmente quello che si offre alla vista, sono parti del corpo in movimento, unica parte illuminata e visibile, non sempre facili da distinguere. E il tipo di movimento più che l'aspetto, per esempio, a far capire che si tratta di un braccio. Lentamente, si comincia a capire che nell'azione sono contemplate due diverse entità, due corpi dai confini sfumati, spesso senza una forma distinguibile. A seconda del movimento e della luce, parti di questi corpi si allungano, si ingrossano, sembrerebbero strizzare l'occhio ai cambiamenti, agli spasmi che il corpo vive e sperimenta durante un'incontro sessuale ma la percezione non è chiara, direttamente collegabile, mancando i punti di riferimento per interpretare l'azione. Sono corpi senza genere e senza età e raramente si manifestano nella loro completezza. L'ordine delle azioni sessuali viene costantemente rimescolato, i due corpi si toccano, si muovono insieme, diventano tutt'uno, per poi allontanarsi e offrire solo parti di essi, ma si mostrano anche nel fare esplicitamente sesso, questa volta in modo molto più chiaro, nella riconoscibile posizione “doggy style”. Un momento diventa particolarmente interessante e, come vedremo, disturbante per il pubblico: viene offerto un “primo piano” dei glutei di una delle due performers, ma in modo quasi decontestualizzato, che spezza il flusso dell'azione. In questo, è evidente il richiamo a una certa parcellizzazione del corpo ad opera della pornografia, quasi a sottolineare come il mostrare una parte, in qualche modo si discosti da una narrazione che non solo coinvolga la persona nella interezza corporea ma, soprattutto, nell'incontro con 89 https://www.facebook.com/events/1493641050682893/?acontext=%7B%22ref%22%3A%2222%22%2C %22feed_story_type%22%3A%2222%22%2C%22action_history%22%3A%22null%22%7D&pnref=story ultima visita 29/09/2017.

l'altr*, il/la partner della performance. Una voce fuori campo maschile parla, sussurra ma è praticamente impossibile capire quello che dice. In questo continuo oscillare tra la presenza di due corpi distinti, di un corpo unico o di parti di uno di essi, la visibilità degli atti sessuali, viene spesso offuscata dalla mancanza di luci; le performers, in un certo senso, negano spazio allo sguardo del pubblico. Nell'interazione, questi corpi, si dotano di protesi, una sorta di becco, anch'esso rosso, che spunta dal passamontagna. Il riferimento a passamontagna e protesi, sembrerebbe collegato a quegli elementi della post pornografia che abbiamo avuto modo di approfondire. A un certo punto, cambia totalmente l'audio in sottofondo, dalla voce maschile si passa a un brano che sembra voler dare un ritmo più incalzante all'azione che, però, mantiene un andamento lento, graduale, senza impennate. Da questo momento in poi, i corpi delle performers cominciano a coprirsi di rosso, non più solo il passamontagna ma anche le gambe, le braccia e, nel movimento, unendosi, non vediamo più parti del corpo o due diversi soggetti, ma un'unica grande massa rossa. I due corpi, nell'interazione, non solo si sono contaminati ma, nel loro qui ed ora, hanno dato vita a qualcosa di nuovo e distinto, di irripetibile e inaspettato. Dunque, pur attingendo a dei repertori di pratiche ben riconoscibili, a uno scenario culturale radicato e diffuso, le due performers modificano i copioni, quasi a confermare quanto detto riguardo la pornografia femminista: nella riscrittura della pornografia, ad essere importante non è tanto il cosa venga mostrato ma il come lo si faccia. La destabilizzazione però ritorna, nel sottoporre nuovamente allo spettatore, prima della conclusione, parti dei corpi che avevano dato vita a quel qualcosa. Le azioni dunque, spezzano l'ordine che ci si potrebbe aspettare, portando lo spettatore e la spettatrice fuori dalla sua zona di comfort.

Come ha recepito il pubblico questa performance? A cosa ha assistito? Era sesso quello che vedeva? Era pornografia?

Il momento della restituzione del pubblico, in buon parte, si è focalizzato sugli aspetti più tecnici della performance, sulla resa scenica e sulla necessità di lavorare su alcuni aspetti strettamente materiali (il pubblico era composto in larga misura da artist* teatrali). Ben pochi interventi hanno invece cercato il confronto sul tema della sessualità o della