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L’autorità minacciata: il Settecento

Capitolo 1. M ASCHILITÀ : STUDI ED EVOLUZIONE DI GENERE

2.1. Costruzione storica e culturale della paternità

2.1.1. L’autorità minacciata: il Settecento

La domanda da cui si potrebbe partire consisterebbe nel chiedersi cosa accade realmente nel rapporto tra padri e figli e quale sia il ruolo sociale e culturale legato ad esso. Talvolta si può ammirare il proprio padre, sentirsi da lui protetti, oppure lo si può temere e perfino disprezzare. Ma ancor più di questa ambivalenza strutturale, si deve tener conto di un altro tipo di rapporto: dal padre si può imparare e in lui si può trovare una figura di guida per la realtà sociale, oppure se ne può avvertire personalmente la mancanza.

Nel corso dell’XI e XII secolo la famiglia continua ad avere dimensioni piuttosto estese, simili al modello della famiglia romana. Solo a partire dal XII secolo la famiglia assume una fisionomia molto più simile a quella moderna, ma il pater familias continua tuttavia a detenere lo stesso ruolo e la stessa severità; ad esempio, è lui a scegliere il futuro matrimoniale dei suoi figli o eventualmente un loro divorzio. Anche col passaggio dal Medioevo al Rinascimento la situazione rimane generalmente invariata, per quanto il potere decisionale sulla vita matrimoniale dei figli viene progressivamente ridimensionato. Per quanto riguarda il XVI secolo, bisogna tener presente di un primo cambio di rotta nella gestione familiare. Innanzitutto Lutero, con la sua riforma, secolarizza il matrimonio e la famiglia, facendoli rientrare nell’ordine delle cose terrene; di conseguenza anche la figura paterna si statalizza e smette di essere il riflesso del Padre divino che le conferiva enormi responsabilità. Non a caso è proprio con Lutero che comincia quel processo di trasferimento delle responsabilità dell’educazione dal padre alla madre o educatrice12. Inoltre, sempre nel Cinquecento vi è una prima attenzione per l’infanzia a cui segue la pubblicazione di una serie di trattati di pedagogia: ad esempio, nel 1530 viene pubblicato a Parigi il De civilitate morum puerilium di Erasmo da Rotterdam, in cui il filosofo sottolinea l’importanza del ruolo genitoriale nella formazione dell’individuo. Anche durante il Seicento non ci sono cambiamenti rilevanti dal punto di vista dell’istituzione familiare; tuttavia, in questo secolo il filosofo inglese John Locke scrisse i Pensieri sull’educazione (1693) che non solo interessarono molti genitori del tempo, ma stabilirono dei principi fondamentali sull’educazione dei bambini che influenzarono profondamente il successivo “secolo dei lumi” e alcuni pensatori futuri come Rousseau. Il testo era costituito da una serie di lettere in risposta a un gentiluomo che gli aveva chiesto dei consigli sull’educazione del proprio figlio, in cui Locke prende una netta posizione in contrasto con le punizioni corporali.

Ma è a partire dal XVIII che il padre vede minata la sua potestas e il suo ruolo all’interno della famiglia cambia e si adegua alle nuove prospettive sociali. Il

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Settecento, secolo delle rivoluzioni, getta le basi per un cambiamento decisamente più radicale per il rapporto padre-figlio, che ancor prima di indebolire l’autorità paterna, mette in crisi per la prima volta quel legame a cui la società greco-romana attribuiva una grande importanza. In questo secolo l’infanzia comincia a essere oggetto di attenzione e – sull’eredità di Locke e Comenio – vengono elaborate moderne e meno umilianti teorie educative che portano i nomi di Rousseau, Pestolazzi e Pietro Verri, mentre in campo medico la pediatria conosce importanti iniziative. Forse uno dei primi rilevanti segni di cambiamento è l’abolizione del diritto di primogenitura che fin dal Basso Medioevo e durante tutto il Rinascimento ha avuto importanti conseguenze per le decisioni in campo sociale e affettivo; d’ora in poi – seppur con differenze dovute all’estrazione sociale e all’appartenenza geografica – anche il figlio minore poteva godere di maggiori benefici economici. Altra novità di questo secolo era la possibilità di un figlio di sottrarsi alla volontà del padre, opponendovi la propria.

Caso particolare è quello della Francia. Nel corso del Medioevo vi era l’abitudine di affidare i bambini dell’età di sette anni ad altre famiglie, in modo tale da poter essere seguito da un maestro-artigiano da cui apprendere i particolari del suo mestiere. Questa situazione rimane immutata sino al XV secolo, quando le scuole si sostituirono all’apprendistato come mezzo educativo dei ragazzi. Nel XVIII sec. la trasformazione si fece ancora più radicale, poiché i figli non erano più visti solo come un mero contributo economico per la sussistenza familiare, bensì come figli da amare, crescere, accudire13.

Nel XVIII sec. la Francia, che fungerà da modello per gli altri Paesi grazie al fervore di idee liberali, subisce per prima il mutamento dei rapporti interpersonali all’interno della famiglia, portando filosofi come Montesquieu a valutare gli effetti più drammatici della perdita dell’autorità paterna. A Parigi, infatti, a partire dal 1789 avvengono una serie di forti trasformazioni all’interno dell’organismo familiare; in particolare, una legge rende possibile ottenere il divorzio tanto facilmente quanto contrarre il matrimonio, un’altra legge vieta ai padri di punire i propri figli con violenza, le donne si inserirono maggiormente nella vita intellettuale e, di conseguenza, il rapporto tra padre e figlio diventa per la prima volta oggetto di discussione dal momento in cui tutte queste novità riguardo l’assenza del padre e la perdita della sua autorità sono strettamente correlare alla perdita di unità dello Stato14.

Non è un caso, infatti, che per i due grandi maestri dell’Illuminismo francese, Voltaire e Rousseau, è decisivo il rapporto col padre. Il primo combatte con tutte le sue forze il padre cercando di disconoscerlo e quasi due secoli prima di Freud e come prima opera mette in scena il suo Edipo (1714) che gli assicura un successo straordinario.

La biografia di Rousseau è invece sostanzialmente capovolta, ma ruota comunque intorno all’idea di padre. Su di lui dobbiamo porre attenzione per l’importante apporto che dà alla pedagogia e per la rilevanza che assume la paternità all’interno dei suoi scritti, frutto di una lunga riflessione sulle idee proposte da Locke circa un secolo prima. Dedito agli studi e alla volontà di rifondare una nuova idea di educazione, il filosofo si occupa troppo poco dei suoi cinque figli, che vengono infatti abbandonati presso un

13LYNN 1980, pp. 87-88. 14 IVI, p. 89.

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ospizio per trovatelli, giustificandosene con argomentazioni inconsistenti15. Forse è proprio il fatto di aver avuto un padre troppo buono a far nascere dentro di lui l’inadeguatezza di essere a sua volta padre16. Rousseau stesso nelle Confessioni racconta di come dopo cena lui e suo padre si mettessero a leggere i romanzi che la madre, morta di parto pochi giorni dopo aver dato alla luce il figlio, aveva lasciato in casa. Il suo trattato educativo più famoso, l’Émile (1762), partendo da principi basilari secondo cui l’uomo nasce buono e verrebbe poi corrotto dalle istituzioni sociali, elabora una serie di teorie che riguardano l’intero arco di vita dell’uomo. Nel suo saggio Rousseau proclama il diritto del bambino alla felicità, obiettivo raggiunto, secondo il filosofo, soltanto consentendo al bambino di crescere secondo natura e senza l’imposizione di regole morali. Il saggio, dedicato a Madame de Chenonceaux, che Rousseau aveva frequentato nel 1747, stabilisce la rilevanza del ruolo materno nell’educazione dei figli e nel proseguimento della loro felicità, in contrasto col pragmatismo dei padri, sostenuti da una serie di leggi eticamente povere. Questo trattato mette definitivamente in crisi l’eredità ormai secolare del patriarcato romano. Se infatti il padre greco, per quanto forte nella società e nel mito, è assente nell’educazione del figlio, che viene quindi affidata a un precettore esterno, il padre romano detiene con orgoglio il ruolo di educatore del figlio.

Sempre all’interno della cornice settecentesca vengono pubblicate due commedie con lo stesso titolo, Il padre di famiglia, l’una di Denis Diderot, l’altra di Carlo Goldoni. Nel primo caso, il ricordo del genitore influenza profondamente il pensiero e l’opera di Diderot. Infatti, per impedirgli il matrimonio con Antoniette Champion, nel 1743 il padre lo fa rinchiudere in un monastero da cui Diderot evade per andare a sposarsi clandestinamente a Parigi. La critica alla patria potestà viene ben espressa dallo scrittore nella sua commedia. La biografia di Carlo Goldoni, invece, appare sostanzialmente priva di quei conflitti edipici che costellano la vita degli altri intellettuali del tempo. Tuttavia anche le sue commedie sviluppano spesso storie incentrate sul conflitto tra padre di famiglia e i figli riguardo le scelte matrimoniali. Va comunque tenuto presente che in tutta la tradizione teatrale, a partire dal tempo dei greci, il ruolo del padre come oppositore dell’amore dei figli diventa un topos molto comune.

Il contratto matrimoniale era sicuramente un importante motivo di scontro tra padri e figli che comporta risvolti del tutto singolari. Ad esempio, un’intuizione tipica del tardo antico regime è l’istituzione del cicisbeato aristocratico, particolarmente diffuso in Italia a dimostrazione dell’insofferenza verso il regime matrimoniale dominato dai padri. Il cicisbeo svolge più il ruolo di accompagnatore che quello di un vero e proprio amante, ma questa funzione è tutt’altro che esclusa, poiché garantisce un qualche sollievo da legami matrimoniali non voluti ma imposti con costrizione dai padri17. Prima ancora che l’Ottocento riproponesse l’antica potestà, essa suscita non poche polemiche da parte degli illuministi. Il primo che si muove in questa direzione è Cesare Beccaria che nel capitolo 26 dei Delitti e delle pene (1764) propone un inaspettato

15 CAVINA 2007 p. 175. 16 ZOJA 2000 p. 181.

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excursus sulla patria potestà con la volontà di far recuperare all’istituzione familiare le proprie originarie caratteristiche naturali, tralasciando quelle valenze politiche di cui si era rivestita durante il Medioevo.