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Uno sguardo alla psicoanalisi: il padre edipico e totemico in Freud

Capitolo 1. M ASCHILITÀ : STUDI ED EVOLUZIONE DI GENERE

2.2. Uno sguardo alla psicoanalisi: il padre edipico e totemico in Freud

È grazie a Sigmund Freud che nell’analisi della formazione dell’individuo viene data rilevanza alla relazione che si instaura fin dall’infanzia tra il bambino e il padre. Infatti, è all’interno dello studio medico di Freud che avviene la più radicale rivoluzione nella concezione della figura paterna.

Bisogna tuttavia considerare che questa psicoanalisi alleata del padre sparisce gradualmente dopo la morte del suo fondatore. Le teorie post-freudiane si concentrarono sempre di più sul legame tra madre e bambino e quindi alle primissime fasi di crescita. In particolare Melanie Klein ha ipotizzato che il Super-Io si formi già nel primo anno di vita, all’interno del rapporto tra madre e figlio, sottraendo così al padre quel ruolo di guida morale e sociale che gli è stato attribuito dalla psicoanalisi freudiana43.

Le notizie sui genitori di Freud sono scarse, e per lo più dovute al poco che lo stesso Freud ci dice. Eppure, una maggiore quantità di dati sulla sua famiglia ci avrebbe aiutato ancora di più a comprendere la sua personalità e le sue attitudini. In particolare, dati effettivi sulla vita del padre Jakob sono del tutto oscuri se si escludono alcune ricerche recenti condotte da R. Gicklhorn e J. Sajner che hanno permesso di fare chiarezza su alcuni aspetti della sua giovinezza44. Alcuni biografi sono d’accordo nel confermare che fosse la madre ad essere una figura energica e autoritaria e non il padre, di temperamento sostanzialmente più mite. Tuttavia, per quanto fosse legato più a sua madre, Freud era fermamente convinto che la famiglia avesse al vertice la figura paterna e fu quest’ultimo a diventare sua prerogativa di studio45. Secondo il suo pensiero, attraverso la guida del padre il bambino realizza il passaggio dall’essere un soggetto istintivo all’essere un soggetto sociale e, inoltre, la figura paterna consente al bambino di porre le basi per la «formazione essenziale dell’inconscio»46.

Sono molti gli episodi che Freud ci racconta riguardanti il rapporto con suo padre e che gli valsero le future elaborazioni teoriche. Uno dei racconti più significativi è l’episodio del cappello inserito nell’Interpretazione dei sogni, in cui la storia ci viene riferita dall’autore allo stesso modo in cui gli venne narrata dal padre. Secondo questo racconto un giorno il padre Jacob, mentre sta camminando tra le strade di Freiburg, ben vestito e con indosso un cappello, viene fermato da un uomo che dopo averlo apostrofato come «ebreo» [IS 197] lo colpisce facendogli cadere il cappello nel fango. Dopo aver ascoltato il racconto il piccolo Sigmund chiede al padre cosa avesse fatto nei confronti di quell’uomo e la risposta che gli viene data fu piuttosto deludente: Jakob

42 ZOJA 2000 pp. 286-287. 43 KLEIN 1953, pp. 57-61. 44 ELLENBERGER 1976, p. 489. 45QUILICI 2010, p. 445. 46 BRUNO 2012, p. 11.

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non fa altro che raccogliere umilmente il berretto da terra. Questa risposta, ovviamente, lascia il figlio indignato per quella che inizia a considerare viltà da parte del padre; ma un aneddoto di questo tipo serve a illustrare quale abisso ci fosse tra la nuova e la precedente generazione e può senza dubbio contribuire a spiegare come Freud cominci a pensare al concetto di complesso edipico47.

Un altro esempio legato alla figura paterna, sempre raccolto nell’Interpretazione dei sogni, è l’episodio in cui il piccolo Freud orina nella camera dei genitori, ottenendo per questo un forte rimprovero da parte del padre che lo accusa di non poter mai fare nulla di buono nella sua vita [IS 214]. Freud stesso ci spiega che quest’accusa deve aver ferito molto il suo orgoglio, tant’è che allusioni a questo avvenimento appaiono spesso nella sua dimensione onirica e ogni volta nel sogno egli si affretta ad elencare i suoi successi, quasi come se volesse far ricredere il padre. Questo e altri episodi, secondo Erich Fromm, hanno fatto nascere nel padre della psicanalisi «una ribellione contro suo padre e […] contro l’autorità paterna»48. Ma è proprio la morte del padre, avvenuta nell’ottobre 1896 che portarono Freud a realizzare una lunga analisi su sé stesso, sui sogni, e sull’ingerenza paterna:

Per una qualsiasi delle oscure vie nascoste dietro la coscienza ufficiale, la morte del vecchio mi ha colpito profondamente. Lo stimavo molto e l’avevo capito fino in fondo; con la sua caratteristica mescolanza di profonda saggezza e di fantastica spensieratezza, ha voluto dir molto nella mia vita. Quando è morto, era da gran tempo un sopravvissuto, ma nell’intimo tutto il passato si è risvegliato in tale occasione.

Ora mi sento come sradicato [LOP 121]

Tra le teorie freudiane più significative riguardo la figura paterna, bisogna sicuramente partire dal «complesso di Edipo», che affonda le sue radici nel celebre mito sofocleo: Edipo Re, dopo aver ucciso il padre Laio, sposa la madre Giocasta, generando con lei dei figli. Una prima elaborazione edipica viene formulata da Freud proprio nell’ Interpretazione dei sogni. Nell’opera il medico spiega come sia possibile che sognare da bambini la morte dei propri genitori possa esprimere un vero desiderio che questi muoiano, ed è proprio in queste pagine che il padre inizia a rivestire una funzione prevalentemente «simbolica»49:

Grosso modo è come se si facesse valere precocemente, una predilezione sessuale, come se il bambino vedesse nel padre, la bambina nella madre, il rivale in amore, dalla cui eliminazione può derivare loro solo un vantaggio. [IS 249]

Più avanti ancora Freud dice:

Secondo le mie ormai numerose esperienze, i genitori hanno la parte principale nella vita psichica infantile di tutti i futuri psiconevrotici: amore per l’uno, odio per l’altro dei genitori, fanno parte di quella riserva inalienabile di impulsi psichici che si forma in quel periodo ed è così significativa per la semiologia della futura nevrosi. [IS 253]

47 ELLENBERGER 1976, p. 487. 48 FROMM 1972, p. 69. 49 BRUNO 2012, p. 21.

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La figura del padre ricopre la maggior parte degli studi e degli interessi freudiani. Ad esempio, già in una lettera a Fliess del 15 ottobre del 1897, Freud abbozza una prima interpretazione della tragedia di Amleto, in cui interviene per la prima volta il nome di Edipo. Mentre nel dramma sofocleo «la fantasia di desiderio del figlio viene svelata e realizzata come in un sogno, in Shakespeare il desiderio di Amleto resta rimosso e si coglie solo attraverso i suoi effetti d’inibizione»50.

Nella prima decina di anni del 900 la figura paterna ricopre un ruolo centrale anche nella clinica psicanalitica di Freud. A questo proposito possiamo citare alcuni casi esemplari come il piccolo Hans (1908), L’uomo dei topi (1909) e Il presidente Schreber (1911), in cui è già evidente l’ingerenza di un complesso edipico irrisolto.

A questi casi possiamo aggiungere il saggio Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci (1910), in cui Freud, partendo dalla biografia del genio fiorentino, amplia altri aspetti del rapporto padre-figlio. Egli fa intendere come l’assenza del padre durante l’infanzia sia stata determinante per lo sviluppo psichico del bambino, tanto da far emergere in lui la passione particolare, la brama di sapere che lo ha reso uno dei più grandi geni del suo tempo, e non solo. Inoltre, questa assenza paterna avrebbe avuto conseguenze sulla scelta dell’oggetto d’amore. Dal momento in cui l’infanzia di Leonardo è stata segnata da un legame erotico molto forte con la madre, questo ha contribuito a renderlo omosessuale. Qui Freud insiste sul fatto che sia la presenza di una forte personalità paterna ad assicurare la scelta di un oggetto d’amore femminile, mentre nel caso di Leonardo s’impose la scelta omosessuale e l’identificazione col padre perdette ogni rilevanza per la sua vita sessuale51. Freud spiega anche che il rapporto di Leonardo con le sue opere fu fortemente dipendente da quello che il padre ebbe con lui:

Chi crea artisticamente prova, di certo, un sentimento paterno rispetto alla propria opera. Per le creazioni pittoriche di Leonardo l’identificazione col padre ebbe una conseguenza fatale. Una volta create, egli non si occupava più delle sue opere, come suo padre non si era occupato di lui. Le tardive cure del padre non riuscirono affatto a modificare questa coazione, poiché essa derivava dalle impressioni dei primi anni di infanzia e il rimosso rimasto inconscio non si lascia correggere da esperienze posteriori. [RLV p. 261]

Infine, un’altra conseguenza dell’aver dovuto fare a meno di un padre durante l’infanzia è che Leonardo, nel resto della sua vita, non ha potuto rinunciare a quell’autorità che il padre incarna, aprendosi altre possibilità52.

L’espressione “complesso edipico” appare per la prima volta nel 1910, nel primo dei Contributi alla psicologia della vita amorosa53 e qualche anno più tardi, precisamente nella Psicologia del ginnasiale (1914), Freud torna sull’argomento in modo più chiaro ed esemplificativo:

Ma fra le imagines che si sono formate in un’infanzia di cui di solito si è perduto il ricordo, nessuna è più importante, per il giovane o per l’uomo adulto, di quella del proprio padre. Una

50 LANG 1980. 51 BRUNO 2012,p. 26. 52 IVI, p.27.

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necessità organica ha introdotto in questo rapporto col padre un’ambivalenza emotiva di cui possiamo ravvisare la manifestazione più impressionante nel mito greco del re Edipo. Il bambino deve amare e ammirare suo padre, che vede come la più forte, la migliore e la più saggia delle creature; in fin dei conti Dio stesso non è altro che un’esaltazione di questa immagine paterna, così come essa si presenta nella vita psichica infantile. Ma tosto si fa innanzi l’altro aspetto di questa relazione affettiva. Nel padre si vede anche l’essere che nel suo strapotere disturba la nostra vita pulsionale, egli diventa il modello che non vogliamo più solo imitare, ma anche togliere di mezzo, per poter prendere il suo posto. Ora l’impulso affettuoso e quello ostile verso il padre continuano a sussistere l’uno accanto all’altro, spesso per tutta la vita, senza che l’uno possa eliminare l’altro. In questa coincidenza degli opposti risiede il carattere di quella che chiamiamo un’ambivalenza emotiva.

Nel corso della fanciullezza ci si appresta a un mutamento in questo rapporto col padre, la cui importanza non sarà mai sottolineata abbastanza. Il fanciullo comincia a uscire dalla stanza dei bambini, ad affacciarsi al mondo reale; a questo punto scopre delle cose che scalzano la sua originaria ammirazione per il padre e determinano il suo distacco da questo suo primo ideale. Egli scopre che suo padre non è l’essere più potente, più saggio e più ricco della terra, comincia a diventare scontento di lui, impara a criticarlo e a valutare la sua posizione sociale; poi, di solito, fa pagare cara al padre la delusione che egli gli ha procurato: tutto ciò che nella nuova generazione appare denso di promesse, ma anche tutto ciò che essa ha di urtante è determinato da questo distacco dal padre. [PG 479-480]

I due punti che risultano fondamentali in questo passo sono quello relativo alla fede in Dio e quello riguardo il distacco dal padre. Per quanto riguarda il primo punto bisogna ricordare che Freud è convinto che il rapporto che si ha con il padre terreno è un punto di partenza per quello che si potrebbe avere con il padre celeste, ed è proprio nell’opera Totem e tabù (1913) che egli collega la nostalgia per il padre con «la radice di ogni formazione religiosa» [TT 200]. Il secondo punto, invece, è quello della delusione e del distacco dalla figura paterna che nel contesto storico – come abbiamo accennato – ha il suo apice nelle contestazioni del Sessantotto.

Il complesso edipico si manifesta tra i tre e i cinque anni, sia nel maschio che nella femmina – per quest’ultima fu Jung a coniare più tardi l’espressione «complesso di Elettra», dal nome della figlia di Agamennone che, assieme a Oreste, vendica il padre uccidendo la madre – e consiste in vere e proprie pulsioni erotiche nei confronti del genitore di sesso opposto. Il padre, pertanto, ha un ruolo fondamentale all’interno di questo complesso, ovvero consentire al bambino di spostare le proprie pulsioni verso un soggetto non proibito. Ben presto, infatti, il bambino apprende che il tentativo di togliere di mezzo il padre odiato verrebbe da quest’ultimo punito attraverso la castrazione. Ed è per questa angoscia di castrazione che il bambino rinuncia al desiderio per la madre e all’odio verso il rivale. Questa risoluzione del complesso edipico comporta un’identificazione e introiezione della figura paterna, attraverso cui il bambino sviluppa l’istanza del Super-io che rappresenterebbe la sua coscienza morale, contrapposta all’Io. In questo modo la relazione tra padre e figlio viene spostata su un diverso palcoscenico come la relazione che si crea tra Io e Super-Io54.

In Io e l’Es (1923) viene anche precisato che lo strapotere di questo Super-Io dipende da quanto sia stato forte il complesso edipico e il processo di rimozione delle pulsioni avute nei confronti della madre; più complesso e difficile è stato per il bambino

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più severo sarà «il Super-Io nell’esercitare il suo dominio sull’Io sotto forma di coscienza morale, o forse di inconscio senso di colpa» [IE 497].

Le sue teorie sulla famiglia – e in particolare sul rapporto col padre – gli servono per spiegare cosa ci fosse alla base della nevrosi. Dopo aver constatato l’importanza della famiglia per un’equilibrata vita psichica del bambino, Freud in Introduzione alla psicoanalisi (1915-1917) spiega perché ai nevrotici non riesce il compito di staccarsi dai propri genitori:

A questo punto si svolgono, dunque, processi emotivi intensissimi in direzione del complesso edipico o in reazione ad esso, i quali però, essendo le loro premesse diventate intollerabili, devono in gran parte rimanere lontani dalla coscienza. A partire da questo momento, l’individuo umano deve dedicarsi al grande compito di svincolarsi dai genitori e solo dopo la soluzione di questo compito può cessare di essere un bambino e diventare un membro della comunità sociale. Per il figlio, il compito consiste nello staccare i suoi desideri libidici dalla madre onde impiegarli nella scelta di un oggetto d’amore estraneo e reale, e nel conciliarsi con il padre se è rimasto in antagonismo con lui o nel liberarsi della sua oppressione se, reagendo alla ribellione infantile, è incorso in un rapporto di soggezione nei suoi confronti. […] Ai nevrotici, però, questo distacco non riesce affatto: il figlio rimane per tutta la vita piegato sotto l’autorità del padre e non è in grado di trasferire la sua libido su un oggetto sessuale estraneo. […] In questo senso il complesso edipico è ritenuto, a ragione, il nucleo della nevrosi. [IP 305]

Infatti alla fase edipica deve seguire la fase di latenza, nella quale sembrano risolversi le dinamiche relative al triangolo familiare. In essa il complesso di Edipo subisce una serie di trasformazioni dirette a orientare la pulsione sessuale (o libido) verso obiettivi non proibiti, quindi esterni al nucleo familiare. E solo se si compie questo passaggio, il complesso edipico può considerarsi risolto.

Se finora abbiamo parlato ampliamente del complesso edipico, bisogna però considerare che esso non rappresenta per Freud l’ultima e l’unica parola rispetto alla questione da lui stesso aperta sul padre. Nel corso dei suoi studi, Freud propone un altro mito, quello di Totem e tabù, in cui appare il padre dell’orda e del godimento. Innanzitutto in quest’opera Freud sviluppa la tesi – come già accennato – secondo cui nel complesso edipico si troverebbero le radici dei sentimenti religiosi determinati dell’autorità che il padre rappresenta per il bambino. Ma ancora più significativo in Totem e tabù è che in esso Freud descrive un padre strutturalmente diverso da quello edipico, ovvero un padre «primitivo e inquietante»: l’Urvater55.

Secondo Freud la psicanalisi permette di ricostruire due stadi originari dell’organizzazione umana. La prima è quella dell’Urvater, ovvero del padre dell’orda

«prepotente, geloso, che tiene solo per sé tutte le femmine e scaccia i figli via via che

crescono» [TT 193]. Per completare questa teoria, Freud ci parla del clan dei fratelli che rappresenterebbe il secondo stadio dell’organizzazione sociale: essi si riuniscono, abbattono il padre e pongono fine all’orda paterna:

Un certo giorno i fratelli scacciati si riunirono, abbatterono il padre e lo divorarono, ponendo così fine all’orda paterna. Uniti, essi osarono compiere ciò che sarebbe stato

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impossibile all’individuo singolo (forse un progresso nella civiltà, il maneggio di un’arma nuova, aveva conferito loro un senso di superiorità). Che essi abbiano anche divorato il padre ucciso, è cosa ovvia trattandosi di selvaggi cannibali. Il progenitore violento era stato senza dubbio il modello invidiato e temuto da ciascun da ciascun membro della schiera dei fratelli. A questo punto essi realizzarono, divorandolo, l’identificazione con il padre, ognuno si appropriò di una parte della sua forza. Il pasto totemico, forse la prima festa dell’umanità, sarebbe la ripetizione e la commemorazione di questa memoranda azione criminosa, che segnò l’inizio di tante cose: le organizzazioni sociali, le restrizioni morali e la religione. [TT193-194]

Si può ben vedere, dunque, come i due divieti che emergono da questo episodio dell’orda – divieto di uccidere il totem e divieto di sposare la moglie appartenente allo stesso totem (esogamia) – coincidono quanto a contenuto sia con i due delitti di Edipo che uccide suo padre e prende in moglie la madre, sia con i due desideri primordiali del bambino.

Ma quello che il padre da vivo aveva impedito con le sue azioni, ora i figli, divorando e interiorizzando il padre, se lo proibiscono autonomamente, strutturando in questo modo le due leggi fondamentali del totemismo. Si stabilisce in questo modo un patto tra i figli e il padre morto: il padre garantisce la sua protezione ai figli e i figli si impegnano a non commettere su di lui quell’atto che pose fine alla vita dell’Urvater. Freud in questo modo, parlando di «organizzazioni sociali», fa risalire l’origine della civiltà al parricidio primordiale compiuto dalla violenza dei figli.

Zoja, invece, nel suo saggio, capovolge la tesi di Totem e tabù ritenendo che sia stata proprio l’invenzione della paternità a consentire all’uomo di superare lo stato animale. Di conseguenza, i primi uomini si sono accordati non per uccidere il patriarca che monopolizzava le donne, ma per mettere fine alla violenza56:

Un giorno i protouomini si accordarono, non, come aveva supposto Freud, per aggredire il patriarca che monopolizzava le femmine ma, al contrario, per smettere di aggredirsi: per spartirsi le femmine secondo una regola. Le ricostruzioni dell’antropologia dicono proprio questo: le regole più elementari delle società più semplici e più antiche hanno a che fare con la spartizione delle donne57.

Col padre edipico e il padre totemico abbiamo visto come Freud insiste soprattutto sulla funzione inibitoria e castrante del padre, il cui obiettivo si esaurisce esclusivamente nel delegittimare il desiderio del figlio. Ora vedremo come il modello edipico sia stato profondamente rivisitato nel tempo. In particolare, lo psicanalista francese Jacques Lacan spingendosi oltre le teorie freudiane cerca di ristabilire un legame tra Legge e desiderio. È proprio in questo senso che si sviluppa la lettura lacaniana realizzata da Massimo Recalcati, il quale più volte ribadisce che il padre non ha solo una funzione proibitoria, ma soprattutto il compito di garantire la libera espressione dell’identità del figlio58.

56 VITELLO 2013, p.46. 57 ZOJA 2000, p. 39. 58 VITELLO 2014.

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