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Il Sessantotto: l’anno del parricidio

Capitolo 1. M ASCHILITÀ : STUDI ED EVOLUZIONE DI GENERE

2.1. Costruzione storica e culturale della paternità

2.1.4. Il Sessantotto: l’anno del parricidio

La genesi di un fenomeno tanto ampio e complesso come il dissolversi della figura del padre non può risalire ad una sola causa e a un unico evento storico, per questo motivo è stato importante ripercorrere quegli eventi epocali – dall’Illuminismo francese sino agli anni Cinquanta del Novecento – che hanno gettato le basi per le future contestazioni del ’68, l’anno del «parricidio sommario»28, in cui viene fortemente criticato lo strapotere genitoriale e proclamata «la morte della famiglia»29, così come era conosciuta fino a quel momento.

In questo anno lo psichiatra e psicanalista Gérard Mendel pubblica un famoso saggio dal titolo La rivolta contro il padre in cui spiega che le ribellioni giovanili «indicherebbero il desiderio inconscio di liberarsi da colui che un tempo permise di liberarsi dalla madre, ma il cui potere oggi è diventato a sua volta fondamentalmente oppressivo»30. Difatti, le contestazioni, che dal maggio francese raggiungono anche le università italiane, cercano di negare ogni forma di autorità e oppressione di cui il padre era il simbolo per antonomasia. Non solo, nelle scuole gli studenti si ribellano ai pregiudizi dei professori e a un sistema scolastico ormai obsoleto, nelle famiglie viene meno il conformismo dei ruoli genitoriali e tutto ciò che fino a quel momento era considerato come tradizione viene rigettato come logoro e stantio.

Un testo che in un certo senso anticipa gli avvenimenti di quel decennio fu il saggio del neurologo e psicologo tedesco Alexander Mitscherlich dal titolo Verso una società senza padri del 1963 – pubblicato in Italia solo nel 1970 – in cui l’autore verifica un certo ripiegamento della società verso una struttura più orizzontale, caratterizzata non più dal conflitto edipico tra padri e figli ma da una rivalità tra fratelli:

La società di massa, con le sue necessità di lavoro dipendente e la sua esclusione di ogni attività personalizzata e responsabile, crea un innumerevole esercito di fratelli rivali e invidiosi. Il conflitto principale tra di loro non è caratterizzato dalla rivalità edipica, che contende al padre i privilegi del potere e della libertà, ma dall’invidia fraterna verso il vicino, il concorrente che ha

28 FERRAROTTI 2012. 29 COOPER 1974 p. 11 30 MENDEL 1972, p. 19.

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avuto di più. […] Il fatto che la società stessa sia anche affascinata dall’idea di “carriera”, cioè dall’ascesa nella scala sociale, non ci sembra che dimostri il contrario. Si vuole “salire”, ma ciò significa che si vogliono in primo luogo ottenere dei privilegi, non assumere delle responsabilità31.

Quello che preoccupa lo psicologo è proprio il venir meno di un’autorità che possa detenere il potere, non tirannico e brutale, ma normativo e identitario. La famiglia, continua Mitscherlich, ha perso quella struttura che era garanzia di protezione e crescita per il bambino; la perdita dei genitori come figure con connotati ben precisi non comporta di certo esiti positivi.

Nessun’altra persona è in grado di sostituire degnamente queste due figure – a meno che un deformante destino sociale non le renda del tutto inadeguate alla loro funzione. Anche il rapporto con il padre appare insostituibile. Se il padre capisce il proprio ruolo e indica al figlio il suo, può porre in lui le premesse di un’apertura mentale suscettibile di più ampio sviluppo, e può insegnargli a sopportare gli insuccessi e le delusioni. Il padre può causare delle frustrazioni ma può restare, in un modo a lui solo possibile, amichevole e conciliante anche nelle sue esigenze32.

A circa sessant’anni dalla stesura di questo libro ne percepiamo ancora la grande attualità; infatti ancor prima dello psicanalista francese Jacques Lacan, Mitscherlich preannuncia gli effetti irreversibili che un padre «invisibile», «evaporato», «eclissato» ha sulla crescita dei figli.

Tra gli intellettuali italiani che più di tutti sì interessarono alle contestazioni giovanili e al rapporto con la figura paterna, tanto da farne oggetto dei propri testi letterari e teatrali, ritroviamo anzitutto Pier Paolo Pasolini. Egli non a caso si avvicina nel 1968 al mondo del teatro in qualità di teorico33, attingendo dal mondo greco una serie di topoi rielaborati all’interno dei propri drammi che hanno come perno il conflittuale rapporto padre-figlio. Sappiamo che lo stesso Pasolini non godette di un ottimo rapporto con il padre, essendo in contrasto con lui fin da subito, anche per ragioni politiche. Il contrasto con il padre si trasforma ben presto in un generale rifiuto di diventare padre, tanto che quando si trova a un confronto diretto coi giovani sessantottini, nonostante la sua età, afferma dì sentirsi loro figlio piuttosto che loro padre34. La complessità della figura paterna attraversa un po’ tutta la produzione letteraria e cinematografica di Pasolini; basti pensare all’Edipo Re (1967), a Teorema (1968) e a Porcile (1969) – realizzati non a caso negli anni delle contestazioni – e ancora di più nelle sei tragedie teatrali in cui è riproposto in chiave diversa la tragedia sofoclea per eccellenza. Affabulazione – come vedremo meglio nel capitolo successivo – è l’opera che più di tutti risente della contingenza storica in cui viene scritto e che mette in versi il confronto\scontro tra padri e figli che nel Sessantotto raggiunse il suo apice. Pasolini stesso dichiarò di voler esprimere attraverso questa opera «la propria folle, religiosa nostalgia di un padre vero, il bisogno di rimettere a lui le proprie

31MITSCHERLICH 1963, p. 330. 32 IVI., p. 345.

33 PRECHT 1986, p. 253. 34 MIRENZI 2015.

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angosce, mettendo in scena le propria ferita di figlio»35 ed evidenziando la colpevolezza paterna.

Il ’68 porta con sé tante novità, ma anche tanti effetti non del tutto positivi. Al padre-padrone, tradizionalmente inteso, si aggiunge la figura di un «padre liquido»36, talvolta mancante di responsabilità, altre volte troppo vicino ai figli, tanto da esserne spodestato. Si può parlare a questo proposito di una vera trasformazione del tessuto familiare, dove alla riconosciuta autorità paterna si contrappone l’arroganza e la superbia dei figli. Il contrasto tra genitori e figli è sempre più evidente per due generazioni ideologicamente agli antipodi, tanto da diventare la base per alcune serie televisive cult americane degli anni Ottanta: basti ricordare Casa Keaton, con un giovanissimo Micheal J. Fox, una celebre sitcom statunitense che pone in risalto il divario tra il mondo degli adulti, appartenenti alla cultura hippy con i loro ideali sessantottini ancora molto forti, e i giovani figli ormai immersi nella dilagante società consumistica di cui non riescono a fare a meno e che è la causa dell’ovvio contrasto generazionale.