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Gli avicoli e le uova

Nel documento Volume Rapporto 2004 (.pdf 1.5mb) (pagine 122-127)

5. LE PRODUZIONI ZOOTENICHE

5.3. Gli avicoli e le uova

Il 2004 si è aperto, per il comparto avicolo, con un pesante contraccolpo delle vicende legate alla Sars in Estremo Oriente: se per quasi tutto il 2003 il consumatore italiano aveva ignorato queste vicende – scelta razionale, dato che il nostro Paese non importa da quelle aree – i risvolti tragici assunti con la diffusione dell’epidemia all’uomo, sia pur limitata a qualche decina di ca-si, ha mutato decisamente il panorama. Il seguito dell’annata ha mostrato andamenti più confortanti, con l’eccezione delle ovaiole riformate, ma senza destare grandi entusiasmi. In questo contesto si sono inserite alcune misure prese per valorizzare il prodotto italiano e certificarne l’autenticità.

5.3.1. Le iniziative per riconquistare la fiducia dei consumatori Paradossalmente (ma non troppo, in realtà) l’epidemia di influenza aviare più dannosa per il comparto nazionale è stata quella del 2004, svoltasi inte-ramente in zone lontanissime sia dai nostri allevamenti avicoli che dalle no-stre (limitate) fonti di approvvigionamento. Ciò che ha fatto la differenza, ovviamente, è stato il numero di morti provocati, quasi una quarantina nel corso dell’anno fra Vietnam, Tailandia e Cambogia, oltre al fondato sospetto che, in almeno due casi, sia avvenuta la trasmissione da uomo a uomo e

all’isolamento del virus in maiali, considerati come un potenziale ospite in-termedio per l’infezione sull’uomo.

Va infatti ricordato che, mentre le epidemie del 1999 e 2000 avevano pe-santemente colpito gli allevamenti italiani, ed ancora nel 2003 vi erano stati molti focolai e l’abbattimento di diversi milioni di capi in Olanda e Belgio, nel 2004 gli unici paesi interessati dall’epidemia sono stati alcuni paesi dell’Estremo Oriente (oltre ai tre citati sopra, la Malesia e la Cina, anche se in quest’ultima nazione le autorità hanno a lungo e irresponsabilmente nega-to il fenomeno), gli Stati Uniti (in realtà un focolaio isolanega-to nel Delaware, che ha però provocato la chiusura delle esportazioni statunitensi verso l’Europa, il Giappone e un gran numero di altri Paesi) e il Sudafrica, che ha pagato lo scotto con l’abbattimento di oltre 30 mila struzzi, un’importante voce attiva dei suoi scambi in particolare con l’Unione Europea.

Infatti, a differenza degli episodi passati che non avevano destato un grosso allarme presso l’opinione pubblica, questa volta la paura dovuta all’attacco diretto, anche se lontano, alla salute umana ha provocato anche da noi una riduzione dei consumi che si è tradotta in una netta depressione dei prezzi. Si è trattato, come detto, di una reazione irrazionale, anche se com-prensibile, dato che l'Italia è un Paese del tutto autosufficiente, producendo oltre 690 mila tonnellate di carne di pollo e 300 mila tonnellate di tacchino e addirittura esportando circa 110 mila tonnellate di carni avicole.

Il tentativo per rilanciare il comparto italiano dopo la crisi della Sars si è concretizzato in un sistema di garanzia per il pollo made in Italy messo a punto dal Ministero delle politiche agricole e forestali, che ha finanziato con 1,5 milioni di euro una campagna informativa decollata a metà maggio: un apposito bollo indicante soltanto le carni certificate e provenienti da alleva-menti italiani.

L’iniziativa ha avuto il plauso dell’Una, l’Unione Nazionale Avicoltura, secondo le cui valutazioni la I di Italia “presente sul marchio delle confezio-ni delle carconfezio-ni di pollame è una vera e propria garanzia della salubrità e della qualità del prodotto made in Italy dal momento che l'intera filiera avicola ri-spetta rigorosi ed elevati standard igienico-sanitari” e il processo produttivo

“è sottoposto a numerosi e costanti controlli da parte delle autorità pubbliche e delle stesse aziende”.

Per contro le organizzazioni professionali agricole, con in testa la Coldi-retti, hanno obiettato che per essere realmente efficace l’iniziativa avrebbe dovuto coniugarsi con un obbligo di etichettatura e rintracciabilità per il pol-lame analogo a quello in vigore per le carni bovine.

In effetti sin dai primi mesi del 2004 il Mipaf ha messo a punto un decre-to ministeriale per un sistema di etichettatura, ma a carattere volontario.

Se-condo il decreto i prodotti che intendono avvalersi dell'etichettatura devono aderire al disciplinare del Mipaf indicando il Paese di nascita dei pulcini, il tipo di allevamento e l'alimentazione, luogo e data di macellazione dei polli.

Dal canto loro le carni di pollame provenienti dai Paesi terzi devono indicare in etichetta il Paese di allevamento, di ingrasso e di macellazione, e tutte le informazioni relative al produttore. Si tratta di una misura a tutela del con-sumatore e per rilanciare la domanda, ma anche di un utile strumento per le esportazioni, specie nel caso in cui si dovessero rivedere focolai infettivi come alla fine degli anni ’90 e ne conseguisse un blocco delle nostre espor-tazioni.

In aprile era invece partita la rintracciabilità obbligatoria delle uova, con una serie di informazioni obbligatoriamente riportate tanto sulla confezione che sui singoli gusci. Oltre alla data di scadenza sulle uova va riportato un codice alfanumerico: il primo numero sul guscio si riferisce al tipo di alle-vamento (0 per biologico, 1 all'aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie). La seconda cifra è quella dello Stato, poi ci sono tre cifre relative al codice Istat del Co-mune, la sigla della provincia e infine il codice distintivo del produttore.

Mentre queste vicende non hanno intaccato la solidità di fondo del com-parto avicolo nazionale (sono caso mai altri i timori che si profilano all’oriz-zonte, in particolare l’appuntamento del 2012 quando la normativa comuni-taria metterà al bando, salvo revisioni nel frattempo apportate, l’allevamento delle ovaiole in gabbia, da cui derivano l’80% delle uova italiane) è entrato in piena crisi il comparto dell’allevamento dello struzzo, che aveva cono-sciuto un repentino successo all’epoca della Bse, successo rivelatosi però ef-fimero.

Infatti degli oltre 1400 allevamenti attivi nel 1999 ne sono rimasti meno di 600, ma le realtà veramente significative non arrivano a una decina (il re-sto è costituito da piccoli o medio-piccoli allevamenti familiari). Tra queste la più importante è la Cooperativa Struzzo Emilia-Romagna di Casalfiuma-nese di Bologna, che riunisce oggi 30 soci allevatori e provvede alla macel-lazione dei capi e, successivamente, presso i propri stabilimenti, all'etichetta-tura, confezionamento e commercializzazione del prodotto.

5.3.2. La situazione del mercato

Se nel 2003 la contenuta riduzione della quantità vendibile di avicunicoli dell’Emilia-Romagna aveva contribuito a riequilibrare domanda e offerta e garantire prezzi nel complesso soddisfacenti, in modo assai diverso va inter-pretata l’ulteriore riduzione che si osserva nel 2004, quando il peso dei capi macellati perde un ulteriore 2% e si riporta al livello del 2000 (tab. 5.4): la

debolezza osservata nei prezzi tradisce infatti l’origine di questa contrazione, provocata da una debolezza della domanda che costituisce la già citata rea-zione del nostro mercato alle preoccupanti notizie derivanti dall’Estremo O-riente.

Infatti la variazione su base annua dei prezzi è negativa per tutti i prodotti del comparto, con la sola eccezione dei conigli comprensibilmente non toc-cati dai timori legati alla Sars. Mentre le ovaiole provenienti dagli alleva-menti in batteria crollano a livelli inusitati, le perdite vanno dal 7% dei polli allevati a terra al 16% dei tacchini e la riduzione è ancora maggiore per le uova.

Come tipicamente accade per prodotti che presentano un’altissima volati-lità di prezzo da mese a mese e anche da settimana a settimana, per interpre-tare correttamente la variazione annuale si deve scendere nei dettagli dell’evoluzione nel corso dell’anno. In generale per i più significativi pro-dotti del comparto emerge nel 2004 una stagionalità assai meno evidente che non negli anni precedenti, dopo che il 2003 aveva invece mostrato il feno-meno opposto (fig. 5.4). I polli bianchi allevati a terra iniziano l’anno ad un prezzo di 81 centesimi per kg, il 9% in meno rispetto all’apertura del 2003, ma soprattutto quasi il 40% in meno rispetto a settembre. Dopo l’estate, in-fatti, alla riduzione stagionale si è sommata la riduzione della domanda do-vuta all’influenza aviare con il risultato di innescare una discesa in picchiata che prosegue ulteriormente in febbraio e porta il prezzo al livello minimo dal dicembre 2001. L’ondata di panico, fondata più su elementi emotivi che su reali rischi per i nostri consumatori, pare rientrare con marzo e fino a giugno il mercato rimane tonico, con uno scarto in questo mese di 14 centesimi ri-spetto allo stesso momento dell’anno precedente. Da luglio, però, la pressio-ne dell’offerta stimolata dai segnali positivi dei mesi precedenti si fa sentire su una domanda comunque ancora non consolidata ed inizia un graduale ri-piegamento delle quotazioni, da 1,10 euro/kg a giugno ai 91 centesimi di di-cembre.

Analogamente a quanto sovente si osserva, il mercato dei tacchini si muove con un certo ritardo rispetto a quello dei polli, prodotto più sensibile anche per il più breve ciclo di allevamento. Così per questi animali la fase discendente si protrae sino ad aprile 2004, quando in sei mesi, da ottobre 2003 risulta una perdita complessiva superiore al 40%. Tra giugno e luglio la quotazione si riporta al livello di gennaio per mostrare poi ulteriori cedi-menti verso la fine dell’anno. Più in linea con il normale andamento stagio-nale appare il mercato dei conigli, che se presenta nei primi cinque mesi una contrazione più modesta rispetto a quello che era accaduto nel 2002 e nel 2003, successivamente intraprende una crescita pure piuttosto contenuta. La

Tab. 5.4 - Il comparto avicolo dell'Emilia-Romagna

2000 2001 2002 2003 2004 Var. % Var. % Var. % Var. % Var.% media 04/03 03/02 02/01 01/00 1994-2004 QUANTITA' VENDIBILE (peso vivo .000 t)

Pollame e conigli 245,0 254,0 254,0 250,0 245,0 -2,0 -1,6 0,0 3,7 -2,1 Uova (mio pezzi) 2.370 2.415 2.463,0 2.560,5 2.432,5 -5,0 4,0 2,0 1,9 0,8

Prezzi mensili 2004 Minimi Massimi PREZZI DEI PRODOTTI AVICOLI €/kg

Polli bianchi allevati a terra, pesati 1,02 0,92 0,82 1,02 0,94 -7,4 23,9 -10,8 -9,7 0,2 0,65 (feb.) 1,11 (giu.) Galline allevate in batteria, medie 0,37 0,30 0,28 0,24 0,16 -33,9 -13,6 -6,6 -18,4 -7,4 0,01 (giu.) 0,32 (ott.) Conigli fino a kg 2,5 1,63 1,82 1,41 1,67 1,71 2,0 18,4 -22,4 11,8 1,52 (feb.) 1,98 (dic.) Tacchini pesanti, maschi 1,42 1,14 0,93 1,26 1,05 -16,3 35,3 -18,5 -19,6 -1,0 0,87 (apr.) 1,14 (ott.) Uova fresche, gr. 53-63 cat. M 0,93 0,77 0,79 0,93 0,75 -19,4 18,1 2,3 -17,0 -0,7 0,58 (ago.) 0,97 (gen.-feb.)

Fonte: Assessorato all'Agricoltura della Regione Emilia-Romagna e C.C.I.A.A. di Forlì.

quotazione di chiusura dell’anno è del 3% inferiore a dodici mesi prima.

Come è logico attendersi in un momento di grave disaffezione della do-manda, le minori soddisfazioni vengono dai capi più poveri e quindi consi-derati meno affidabili, ossia le galline a fine carriera. Anch’esse mostrano il tipico andamento stagionale con riduzioni di prezzo nei primi sei mesi e suc-cessiva ripresa, ma la fase negativa porta il listino al livello assolutamente simbolico di un centesimo per kg, a testimoniare che in pratica nei tre mesi centrali dell’anno la domanda è del tutto inesistente (fig. 5.5). Con riguardo alle uova, benché il livello minimo toccato ad agosto sia particolarmente modesto, riportando alla memoria quanto osservato cinque anni prima nel terribile 1999, successivamente con l’arrivo della stagione più fresca il prez-zo reagisce bene e guadagna il 57% in quattro mesi, riportandosi in linea con le tendenze degli ultimi anni. Il confronto con il 2003 è in questo caso falsa-to dalla crescita eccezionale e del tutfalsa-to episodica che si era osservata nel se-condo semestre dell’anno, esattamente tra giugno e novembre.

Nel documento Volume Rapporto 2004 (.pdf 1.5mb) (pagine 122-127)