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I bovini e la carne bovina

Nel documento Volume Rapporto 2004 (.pdf 1.5mb) (pagine 109-117)

5. LE PRODUZIONI ZOOTENICHE

5.1. I bovini e la carne bovina

Nell’anno che a livello nazionale testimonia la ripresa produttiva del comparto bovino da carne dopo la crisi della Bse, l’Emilia-Romagna mostra unicamente uno smorzarsi della tendenza al regresso della produzione, per-dendo ulteriormente quote nel panorama nazionale. Tuttavia si osservano esperienze interessanti lungo la filiera, sia per una miglior valorizzazione dei capi di matrice nazionale che per un’armonizzazione dei flussi di arrivo dei ristalli, che potrebbero mettere le premesse per sviluppi interessanti negli anni a venire.

5.1.1. Quasi realizzata l’etichettatura trasparente

Nel corso del 2004 si è finalmente avviato ad applicazione anche in Italia il sistema di etichettatura e rintracciabilità delle carni bovine conformemente alla direttiva comunitaria 1760/2000. La normativa, fonte di contrasti note-voli tra mondo agricolo da un lato e industria di macellazione e trasforma-zione dall’altro, ha in primo luogo interessato il decreto legislativo del 29 gennaio 2004, n. 58 che ha fissato pesanti sanzioni in materia di identifica-zione, registrazione dei bovini e sull’etichettatura delle carni bovine (le mul-te variano da 250 euro a 62 mila euro oltre al ritiro delle “licenze”), trovando poi una generalizzazione con il decreto-legge n. 157 del 24 giugno, un prov-vedimento varato in tutta fretta dal Governo per mettere una pezza al pastic-cio sul latte fresco, nel quale alla fine sono andati a confluire una serie dispa-rata di disposizioni sul sostegno al settore agricolo e sulla regolamentazione della commercializzazione dei suoi prodotti.

Già il Consiglio dei ministri, in fase di stesura iniziale del testo del decre-to, aveva previsto di includervi le norme per la rintracciabilità e l’etichet-tatura obbligatoria dei derivati del pomodoro; in aula poi si era incluso un ar-ticolo che obbliga ad indicare l’origine delle olive sulle etichette dell’olio d’oliva; infine, poco prima dell’approvazione da parte del senato, si era ag-giunto l’art. 1-bis secondo il quale sull’etichetta dei prodotti alimentari va sempre indicata l’origine della materia prima. Se si tratta di un prodotto non trasformato, per luogo di origine o provenienza si intende il Paese di origine ed eventualmente la zona di produzione; viceversa, se il prodotto messo in commercio è un “trasformato”, il riferimento è alla zona di coltivazione e di allevamento della materia agricola prevalente. Le modalità applicative sono state rimandate a decreti del Mipaf, di concerto con il Ministero delle attività produttive, che avrebbero dovuto vedere la luce entro sei mesi.

Da quando se ne dibatte, sulla questione della tracciabilità si dividono da

un lato le organizzazioni agricole – affiancate in questo caso dal Ministero – convinte che si tratti di uno strumento essenziale per garantire il consumato-re e, evidentemente, difendeconsumato-re la produzione nazionale, e dall’altro lato l’industria alimentare che ritiene che questo strumento, sia pur utile, introdu-ca però dei vincoli che si traducono in costi supplementari e offra al consu-matore garanzie più ipotetiche che reali. Non fa eccezione il comparto delle carni bovine, dove si prevede di mettere obbligatoriamente in linea le infor-mazioni dell’anagrafe. Sulla questione l’Assocarni sta chiedendo che si fac-cia un passo indietro, in base alla tesi – per la verità parzialmente sostenuta dalla stessa Commissione europea in un suo rapporto dell’aprile 2004 – che l’applicazione del regolamento 1760/2000 sull’etichettatura e la rintracciabi-lità delle carni bovine stia provocato una rinazionalizzazione dei mercati, una eccessiva rigidità delle lavorazioni, e un conseguente incremento dei co-sti per una serie di ipotetiche garanzie aggiuntive in realtà non percepite dal consumatore. Secondo la stessa associazione, quindi, l’unico reale valore aggiunto del prodotto può arrivare al consumatore solo da chi investe nella marca e nel nome del produttore.

Malgrado questa posizione contraria di una componente di assoluta im-portanza della filiera, la realizzazione della rintracciabilità ha compiuto un altro passo avanti sostanziale tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, con l’accordo della Conferenza Stato-Regioni sulle linee guida per i controlli sulla etichettatura delle carni bovine in base al regolamento comunitario 1760/2000, dopo una discussione approfondita sull’obbligo – in alternativa ad una semplice facoltà – di inserire on line da parte di Regioni e Province i dati, disponibili presso la pubblica amministrazione, relativi al bovino o ai bovini da cui la carne proviene; si tratta in pratica della messa in linea obbli-gatoria dei dati dell’anagrafe bovina, al fine di favorire l’accesso ai mercati, migliorare l’informazione sull’origine della carne bovina e consentire al consumatore di interpretare le informazioni apposte in etichetta.

Nel corposo provvedimento vengono delineate le aree di vigilanza alle quali si dovranno uniformare le autorità di controllo, richiamando nel detta-glio le numerose prescrizioni alle quali devono attenersi tutti gli operatori della filiera, dall’allevatore al punto vendita, definendo quindi un autentico manuale della rintracciabilità con indicazioni su criteri e modalità a cui de-vono attenersi le procedure interne di ciascun operatore e che definisce le modalità di controllo da realizzare.

Nell’approvazione del decreto-legge 157 del 24 giugno 2004 ha trovato spazio anche una nuova e più precisa classificazione dei vitelli. Infatti un emendamento afferma che “... ai fini della classificazione merceologica si intende per vitello un animale appartenente alla specie bovina, macellato

prima dell’ottavo mese di vita, la cui carcassa non superi il peso di 185 chi-logrammi”. Si tratta di un primo significativo passo in avanti verso un’armonizzazione delle classificazioni nel mercato europeo, che in pratica si concentra soprattutto in tre Paesi, ossia Italia, Francia e Paesi Bassi. In particolare è specialmente insidiosa per la filiera nazionale la difformità con la classificazione olandese: nel nostro Paese arrivano infatti dall’Olanda tagli di carne di vitello, destinati prevalentemente a ristorazione e catering, da ca-pi che vanno ben oltre i 6-7 mesi alla macellazione che caratterizzano la car-ne di vitello cui il nostro consumatore è abituato, con evidentemente ridu-zione dei costi. D’altra parte è assai difficile controllare l’età di macellaridu-zione di un vitello, anche perché, come sottolinea l’Assocarni, si tratta di una di-chiarazione non obbligatoria.

Nella direzione di un’armonizzazione sulla materia va un’intesa raggiun-ta tra le organizzazioni interprofessionali di Francia, Iraggiun-talia, Belgio e Germa-nia che prevede l’utilizzo della denominazione “vitello” unicamente per i bovini di età non superiore agli otto mesi, ma è significativo che tra i paesi firmatari manchino proprio i Paesi Bassi.

Un interessante tentativo per dare alla rintracciabilità delle carni bovine un carattere di reale garanzia per i consumatori e superare le incertezze della sola documentazione cartacea viene dalla decisione di Proincarne, l’orga-nizzazione dei produttori di carne emiliano-romagnola avente sedi operative a Reggio Emilia e Faenza che raggruppa oltre 1.300 allevatori, di far ricorso all’analisi del Dna. Proincarne detiene la concessione regionale per la ge-stione del marchio Qc (Qualità controllata) per le carni delle razze bovine Romagnola e Limousine e, dal 2001, si occupa anche della commercializza-zione di capi di razza Romagnola prodotti con il marchio Igp in Emilia-Romagna.

Nel quadro del sistema obbligatorio di etichettatura istituito con il rego-lamento comunitario n. 1760/2000, che prevede l’evidenziazione “del nesso fra l’identificazione della carcassa, del quarto e dei tagli di carne”, l’organizzazione emiliano-romagnola ha infatti deciso di affiancare l’analisi del Dna ai sistemi di rintracciabilità tradizionali, affinché ciascuno degli o-peratori della filiera, fino al consumatore finale, possa accertare con sicurez-za l’origine della carne. Infatti il sistema, che è stato realizsicurez-zato appoggiando-si al Laboratorio di genetica e servizi istituito a Cremona dall’Associazione italiana allevatori, è in grado di ricostruire con certezza la provenienza della carne del singolo animale, verificando così l’attendibilità della documenta-zione cartacea che accompagna i vari passaggi della filiera, dall’allevamento alla tavola: prelevando un campione di carne da un banco di vendita o in qualsiasi segmento della filiera, è infatti possibile sottoporlo all’analisi del

Dna, abbinandolo con il campione di materiale biologico prelevato dal tessu-to dell’orecchio dell’animale alla nascita e archiviatessu-to con il riferimentessu-to al numero della marca auricolare, stabilendo quindi se la carne deriva dallo stesso individuo dal quale proviene il campione presente nell’archivio.

Se queste iniziative vanno nella direzione di consolidare la filiera bovina da carne regionale e nazionale, vi è anche chi, in base alla considerazione che quasi metà della carne bovina consumata in Italia proviene dall’im-portazione, sta lavorando per costruire una filiera transnazionale. E’ il caso dell’accordo presentato a settembre tra Unipeg – il gruppo che riunisce la cooperativa Unicarni di Reggio Emilia e il macello di Pegognaga con la par-tecipazione di Progeo – e la cooperativa francese Sicarev, un gruppo che raccoglie dai propri soci 200 mila bovini l’anno; l’iniziativa ha cominciato a concretizzarsi, sebbene ancora in modo sperimentale, dagli ultimi mesi del 2004.

La necessità di rafforzare la filiera che porta alla macellazione di capi o-riginati dalla Francia, i famosi broutard di 300-450 kg, deriva da un lato dall’esigenza di realizzare una politica commerciale più attiva nei confronti dei consumatori, stretti dalla riduzione del proprio potere d’acquisto, e dall’altro dalla minaccia rappresentata dalla crescita delle importazioni di carni bovine congelate dal Sud America, in particolare dal Brasile. Queste importazioni sono destinate verosimilmente a svilupparsi ulteriormente, a seguito delle trattative in corso tra UE e Paesi del Mercosur per l’esenzione dai dazi all’importazione. Altro elemento di incertezza deriva dalla riforma di medio termine della PAC, in particolare dal disaccoppiamento totale che nel nostro Paese ha preso il via a partire dal primo gennaio 2005.

Le finalità dell’accordo italo-francese, che dovrebbe arrivare a coprire 120-130 mila capi da ristallo, sono di gestire meglio la stagionalità degli ap-provvigionamenti (attualmente c’è un buco di produzione tra maggio e ago-sto) oltre al peso e alla qualità dei ristalli, e di tenere sotto controllo i prezzi dei vitelli, attraverso listini trasparenti e stabili, su base mensile o trimestra-le. In una fase successiva è inoltre previsto di arrivare a sviluppare politiche comuni di certificazione.

5.1.2. La situazione del mercato

Nel 2004 la produzione regionale di carne bovina ha confermato l’andamento degli anni precedenti, presentando una contrazione ulteriormen-te affievolita rispetto all’anno precedenulteriormen-te. Con 92,2 mila tonnellaulteriormen-te è stato toccato il nuovo minimo degli ultimi decenni, lo 0,6% inferiore a quello del 2003; ma la frenata del tasso di riduzione, che negli ultimi dieci anni ha

se-gnato la media del 4,7%, lascia presupporre che si sia raggiunto il livello in-torno al quale si potrebbe stabilizzare la produzione dell’Emilia-Romagna (tab. 5.2). Tuttavia, a livello nazionale, il comparto ha registrato una netta inversione di tendenza segnando un recupero intorno al 3% dopo la forte contrazione dello scorso anno e riportando in segno positivo anche la varia-zione del fatturato.

Per il comparto nel suo complesso nel corso del 2004 la situazione mer-cantile è rimasta sostanzialmente invariata malgrado i listini medi sulla piaz-za di Modena abbiano presentato evoluzioni non uniformi per le diverse ti-pologie di animali e relative carni: guadagnano i vitelli e retrocedono i vitel-loni, mentre recuperano i prezzi delle vacche. In altri termini si ripete la si-tuazione già evidenziata nel 2003 ed il protrarsi del tentativo di ritorno alla normalità dopo lo sbandamento provocato dalla Bse.

Tra gli animali da macello, similmente al 2003, le performance migliori spettano ai prezzi delle vacche da carne che recuperano in media il 12,4%, dopo il 16% dell’anno precedente, superando ampiamente la soglia dell’euro al kg. Le quotazioni di questi animali erano scese drammaticamente per ef-fetto della crisi da BSE e nell’immediato hanno faticato a recuperare mentre sono ripartite a due anni di distanza (fig. 5.1); la diminuzione della disponi-bilità di questi animali, in conseguenza della necessità per gli allevatori di ridurre la quota di rimonta rispetto ai livelli record degli ultimi due anni, ha permesso la ripresa dei prezzi che è proceduta a ritmo costante: nel 2004 troviamo i valori minimi ad inizio anno mentre il valore massimo di 1,15 eu-ro/kg viene raggiunto in autunno. I prezzi attuali sono comunque ancora lon-tani da quelli precedenti al 2001, il tasso medio di variazione degli ultimi dieci anni è infatti ancora negativo e pari al -5,6%.

La quotazione media annua dei vitelli da macello continua nella fase a-scendente superando nel 2004 i valori appena precedenti alla crisi da Bse, raggiungendo i 3,56 euro/kg; il tasso medio di variazione degli ultimi dieci anni è quindi positivo e pari allo 0,8%. L’evoluzione durante l’ultimo anno è stata comunque piuttosto stabile, mentre la vera fase di ripresa si era regi-strata nella seconda metà del 2003; le oscillazioni osservate, sono state so-prattutto legate alla stagionalità della domanda che appare debole in estate e più vivace in autunno.

I prezzi dei tagli derivati seguono l’andamento positivo del bestiame vivo ma con minore intensità: il listino delle selle cresce solo dell’1,1% a livello annuo, non riuscendo così a recuperare ancora le forti perdite messe a segno nel 2002, esso rimane ancorato intorno ai 7 euro/kg mentre nel 2000 segnava 62 centesimi in più. Nel corso dell’anno raggiunge il livello minimo a mar-zo, dopo una fase discendente iniziata a settembre dell’anno prima, mentre

Tab. 5.2 - Il comparto bovino da carne in Emilia-Romagna

2000 2001 2002 2003 2004 Var. % Var. % Var. % Var. % Var.% media

04/03 03/02 02/01 01/00 1994-2004

QUANTITA' VENDIBILE (.000 t)

Carni bovine 98,0 96,0 94,2 92,8 92,2 -0,6 -1,5 -1,9 -2,0 -4,7

Prezzi mensili 2004

Minimi Massimi

PREZZI DEI BOVINI DA MACELLO E DELLE CARNI BOVINE €/kg

Vitelli 3,52 3,49 3,21 3,40 3,56 4,7 5,8 -7,8 -0,8 0,8 3,47 (mar.-ago.) 3,76 (set.)

Vitelloni maschi - Limousine 2,16 1,96 2,29 2,26 2,23 -1,4 -1,0 16,8 -9,3 0,0 2,14 (nov.-dic.) 2,31 (feb.) Vitelloni maschi - Charolaise e

incroci 1° qualità 1,99 1,79 2,08 2,07 1,96 -5,3 -0,6 16,0 -9,8 -0,7 1,86 (nov.) 2,04 (apr.) Vacche razza nazionale 1,26 0,80 0,84 0,97 1,10 12,4 15,7 5,2 -36,6 -7,0 1,05 (gen.-apr.) 1,15 (set.-ott.) Selle di vitello 1° qualità 7,63 7,53 6,50 6,93 7,01 1,1 6,7 -13,7 -1,3 1,3 6,82 (mar.) 7,35 (set.) Quarti post. Vitellone 1° qualità 4,79 4,67 5,14 5,23 4,98 -4,9 1,9 10,0 -2,5 -0,6 4,82 (gen.-feb.) 5,15 (lug.-set.) Mezzene di Vitellone 1° qualità 3,71 3,35 3,62 3,56 3,28 -7,8 -1,8 8,2 -9,6 -1,8 3,17 (set.-ott.) 3,40 (feb.-apr.)

Fonte: Assessorato all'Agricoltura della Regione Emilia-Romagna e C.C.I.A.A. di Modena.

al cambio di stagione presenta un certo recupero stimolato dalla tradizionale ripresa della domanda di questo periodo (fig. 5.2); il valore massimo rag-giunto in settembre tuttavia rimane contenuto a 7,35 euro/kg, livello inferio-re a quello di un anno prima e si contrae successivamente fino a scendeinferio-re sotto i 7 euro/kg a fine anno. L’evoluzione complessiva degli ultimi dieci anni è positiva con un tasso medio di crescita pari all’1,3%.

In flessione i listini medi dei vitelloni da macello che sulla principale piazza emiliana registrano riduzioni dell’1,4 e del 5,3% rispettivamente per le razze Limousine e Charolaise; tali arretramenti comunque permettono alle re-lative quotazioni annuali di rimanere nel primo caso sopra e nel secondo mol-to vicino ai livelli pre-crisi da Bse. Nel 2004 i listini parmol-tono leggermente in salita, trainati da una discreta domanda industriale, ma dopo Pasqua si inne-sca una fase decrescente che caratterizzerà i mesi successivi fino a fine anno.

In un primo tempo la spinta verso il basso viene data dal difficile collocamen-to dei tagli anteriori la cui tendenza stagionale mostra una domanda fiacca nell’approssimarsi dell’estate mentre in seguito, sebbene non si rilevino gros-si afflusgros-si di bestiame sui mercati, il mantenergros-si della domanda finale su basgros-si livelli è causa di un’ulteriore limatura dei listini. Le quotazioni delle mezzene di vitellone seguono l’andamento dei relativi animali da macello, con una fa-Fig. 5.1 - Prezzi medi mensili all’ingrosso dei bovini da macello: gennaio 1999-dicembre 2004

0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50

gen-99 gen-00 gen-01 gen-02 gen-03 gen-04

Euro/kg

Vacche razza nazionale Vitelloni maschi: Limousine

Vitelloni maschi: Charolaise Vitelli

Fonte: Nostre elaborazioni su dati della C.C.I.A.A. di Modena.

se decrescente innescatasi dopo i primi mesi dell’anno che a livello medio porta le quotazioni del 2004 sotto quelle del 2003 del 7,8%. Questo taglio raggiunge tra ottobre e settembre il valore minimo, pari a 3,17 euro/kg, molto vicino ai livelli critici del 2001. Negli ultimi dieci anni il trend è stato negati-vo con un tasso di decremento medio dell’1,8%. L’andamento dei prezzi del-le mezzene sul nostro mercato si mostra molto più vicino all’andamento regi-strato a livello continentale, mentre per quanto riguarda gli animali da macel-lo sussiste un maggior isolamento rispetto alle piazze europee che testimonia una preferenza maggiore all’origine nazionale rispetto al prodotto importato.

Sebbene la quotazione media dei quarti posteriori presenti un regresso ri-spetto al 2003 di circa il 5%, la situazione generale per questo prodotto ap-pare meno drammatica che per le mezzene: il valore medio risulta ancora superiore a quello del 2000, anche se la tendenza su dieci anni è negativa.

Nel 2004 i listini sono partiti dai valori minimi di gennaio, seguendo una fa-se positiva andando verso la stagione calda, perché favoriti dai consumi in aumento; dopo il valore massimo di 5,15 euro/kg dei mesi estivi, le quota-zioni retrocedono in corrispondenza delle mutate condiquota-zioni dal lato della domanda, che in autunno torna ad apprezzare anche i quarti anteriori, igno-rati nella precedente fase stagionale.

Fig. 5.2 - Prezzi medi mensili all’ingrosso di alcune categorie merceologiche di carne bovina: gennaio 1999-dicembre 2004

3,00 4,00 5,00 6,00 7,00 8,00 9,00

gen-99 gen-00 gen-01 gen-02 gen-03 gen-04

Euro/kg Vitellone: quarti posteriori 1° qualità

Vitellone: mezzene 1° qualità Vitello: selle 1°

qualità

Fonte: Nostre elaborazioni su dati della C.C.I.A.A. di Modena.

Nel documento Volume Rapporto 2004 (.pdf 1.5mb) (pagine 109-117)