5. LE PRODUZIONI ZOOTENICHE
5.4. La zootecnia da latte e i suoi derivati
La crisi del Parmigiano Reggiano, unita alla situazione non molto più a-Fig. 5.4 - Prezzi medi mensili all'ingrosso di alcuni avicoli: gennaio 1999-dicembre 2004
0,50 0,70 0,90 1,10 1,30 1,50 1,70 1,90 2,10 2,30 2,50
gen-99 gen-00 gen-01 gen-02 gen-03 gen-04
Euro/kg
Polli biachi pesanti
Tacchini pesanti maschi Conigli leggeri fino 2,5 kg
Fonte: Nostre elaborazioni su dati della C.C.I.A.A. Forlì.
gevole del Grana Padano e all’anno difficile anche per il latte alimentare hanno caratterizzato in negativo l’anno trascorso per il comparto lattiero-caseario regionale. In questo quadro i due consorzi di tutela hanno attuato una serie di contromosse, ma per una volta a ruoli invertiti rispetto a quanto osservato negli anni recenti: mentre il Grana Padano ha operato soprattutto per migliorare l’immagine del suo formaggio, anche rendendo più rigide le condizioni poste ai produttori, il Parmigiano Reggiano ha puntato su una nuova presentazione del classico formaggio emiliano caratterizzata da minor stagionatura e prezzi più accessibili. Il differenziale di prezzo, segno di di-stintivo posizionamento sul mercato, si è quindi ridotto.
5.4.1. I consorzi dei grana fronteggiano la crisi dei prezzi
A fronte della pesante situazione di mercato che ha caratterizzato l’intero 2004 e che non mostra segni di inversione nemmeno nella prima fase del 2005 (cfr par. 5.4.2), i consorzi di tutela dei due formaggi grana stanno pas-sando alla controffensiva. Poiché l’autolimitazione produttiva operata in passato non è più possibile, essendo stata sanzionata dalle note sentenze dell’Autorità Antitrust nel 1997, gli interventi messi in atto vanno Fig. 5.5 - Prezzi medi mensili all'ingrosso di galline e uova: gennaio 1999-dicembre 2004
0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00 1,20 1,40
gen-99 gen-00 gen-01 gen-02 gen-03 gen-04
Euro/kg
Uova naturali 53-63 gr.
Galline allevate in batteria
Fonte: Nostre elaborazioni su dati della C.C.I.A.A. di Forlì.
dall’irrigidimento delle regole produttive e commerciali imposte agli asso-ciati, all’intensificazione dei controlli, all’accresciuta differenziazione dei prodotti offerti ai consumatori nell’ambito dei marchi tutelati.
Nel 2004 il Consorzio di tutela del Grana Padano si è focalizzato soprat-tutto sui mercati esteri per rafforzare la rete dei controlli anti-contraffazione:
l'attività di monitoraggio è stata affidata a una società olandese che negli ul-timi 6 mesi ha eseguito circa mille ispezioni sui punti di vendita in Belgio, Germania, Olanda e Austria, passando al setaccio 200 campioni il 20% dei quali sono risultati fuori standard.
I problemi hanno riguardato soprattutto il prodotto grattugiato, che è ov-viamente la modalità di presentazione del prodotto per la quale il rischio di contraffazione è maggiore. La percentuale di irregolarità sul Grana Padano cala drasticamente sul mercato nazionale, dove l’attività di controllo eserci-tata dal Consorzio stesso risulta più efficace.
Per realizzare questi controlli il consorzio di Desenzano si è dotato di strumenti nuovi: in primo luogo una definizione puntuale e codificata del quantitativo di latte necessario alla produzione di un chilo di Grana Padano, così da poter verificare la corrispondenza tra latte lavorato e formaggio pro-dotto. Si tratta di una misura da tempo sollecitata da parte della maggioranza dei produttori, utile non solo per combattere le frodi merceologiche ma an-che per porre rimedio a possibili infrazioni alla normativa fiscale e alla rego-lamentazione sulle quote.
Inoltre sono stati sviluppati un metodo basato sulla valutazione della composizione amminoacidica, che consente di garantire l'originalità del pro-dotto e distinguerlo dalle imitazioni, e una tecnica che impiega come marker gli isotopi, il che consente di determinare la zona di produzione della materia prima a partire dalla composizione dei foraggi.
Contemporaneamente si è irrigidito il regolamento di produzione: il Con-sorzio ha infatti deliberato di togliere la possibilità di usare per la caseifica-zione partite di “latte in deroga”, cioè che non rispetta i parametri fissati dal Dpr 54/97 sul tenore di batteri e cellule somatiche. Al tempo stesso ha stabi-lito che i due terzi dei componenti della razione alimentare delle bovine da latte devono obbligatoriamente provenire dalla zona Dop.
Ma l’irrigidimento non riguarda solo le norme tecniche: ha fatto scalpore la decisione, presa dall’assemblea, di non consentire che siano eletti nel Consiglio di amministrazione del Consorzio soci che producano prodotti di imitazione, cioè formaggi tipo grana non Dop, o che li pubblicizzino, o che li commercializzino per una quota superiore al 30% del totale del fatturato.
Su tale proposta, particolarmente importante per i mercati d’esportazione, meno attenti rispetto al mercato nazionale quando si tratta di distinguere il
prodotto a denominazione dai similari, si è naturalmente assistito a posizioni differenziate tra le due anime del Consorzio, ossia quella rappresentata dalle cooperative e quella degli industriali privati; peraltro non pochi tra questi ul-timi hanno condiviso l’impostazione restrittiva, dato che la mozione è passa-ta con oltre il 70% dei voti, mentre il peso delle cooperative in assemblea supera di poco il 50%.
Il Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano, dal canto suo, oltre a proseguire nell’azione di controlli e promo-pubblicitaria che lo contraddi-stingue, ha ulteriormente sviluppato la segmentazione del mercato che aveva già intrapreso qualche anno fa con il marchio “Qualità Export” e proponen-do in questo caso un proproponen-dotto a prezzo più contenuto e minore stagionatura.
Per un Parmigiano Reggiano 12 mesi, termine minimo previsto dal discipli-nare, il consorzio ha coniato il marchio Parmigiano Reggiano Prima Stagio-natura, che contraddistingue, quindi, un formaggio giovane destinato al con-sumo da tavola. Il minor costo della stagionatura, stimabile tra un euro e un euro e mezzo per kg, consente a questa nuova tipologia di entrare sul merca-to ad un prezzo certamente interessante.
Tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004 sono state immesse sul mercato le prime partire di questa tipologia, riscontrando una buona accoglienza da par-te degli operatori commerciali e ponendo le premesse per una maggiore pe-netrazione sui mercati esteri, sui quali il Parmigiano Reggiano fatica a com-petere con il Grana Padano, soprattutto a causa del prezzo elevato. Il nuovo marchio, uguale al precedente ma con una banda verde che racchiude la dici-tura “Prima Stagionadici-tura”, è apposto su tutte le confezioni, anche sul prodot-to grattugiaprodot-to e su quello preconfezionaprodot-to, mentre una particolare rigatura della crosta serve a distinguerlo dal prodotto a maggiore stagionatura.
La difesa delle denominazioni dei formaggi grana a Dop ha avuto nel 2004 anche due importanti risvolti istituzionali, l’uno a carattere nazionale, l’altro europeo.
A livello nazionale, nel novembre 2004 ha finalmente visto la luce il de-creto legislativo con le sanzioni nazionali per chi viola le regole su etichetta-tura e commercializzazione dei prodotti alimentari a marchio UE, preceden-temente stoppato dal Quirinale per “eccesso di delega”.
La griglia di multe definita con il decreto legislativo distingue le sanzioni a carico delle aziende, le multe a carico degli organismi di controllo e quelle a carico di consorzi di tutela. Le violazioni vanno dall'indebito sfruttamento del marchio alle imitazioni vere e proprie, dalle multe per i mancati controlli in azienda a quelle a carico dei consorzi di tutela in caso di omessa vigilan-za. Gli importi potranno variare fra un minimo di 2 mila e un massimo di 62 mila euro, ma al di la delle penalizzazioni pecuniarie un principio molto
im-portante sta nella possibilità per i ai consorzi di tutela di ritirare il contrasse-gno ai produttori che non seguono il disciplinare di produzione o a coloro che non si adeguano al corretto utilizzo del marchio.
Inoltre il decreto ha disciplinato l’uso delle denominazioni per indicare ingredienti di preparazioni alimentari, prevedendo che quando il prodotto Dop è impiegato come “componente esclusivo della categoria merceologica di appartenenza”, può essere indicato in etichetta a condizione che l'azienda alimentare abbia ottenuto l'autorizzazione dal Consorzio di tutela della de-nominazione protetta.
Sul piano europeo si è registrato, nel luglio 2004, il deferimento della Germania alla Corte di giustizia UE da parte della Commissione europea, a causa della mancata applicazione della legislazione europea sulla protezione delle denominazioni d'origine nella vicenda del “Parmesan”.
La denuncia della Commissione arriva dopo due avvertimenti rivolti alla Germania, il 16 ottobre 2003 con una lettera di messa in mora, poi il 7 aprile 2004 con l'invio di un parere motivato. In entrambi i documenti la DG Agri-coltura sottolineava che l'uso della denominazione parmigiano reggiano, re-gistrata a livello europeo dal 1996, è per legge riservato esclusivamente ai produttori all'interno di una circoscritta area geografica in Italia, che produ-cono il formaggio in base a vincoli specifici. Veniva inoltre contestata l’argomentazione fatta propria dal governo tedesco che il termine “Parme-san” è da considerare una denominazione generica, e non è riconducibile al Parmigiano Reggiano, in quanto già la Corte di Giustizia, con una sentenza del 25 giugno 2002, ha stabilito esattamente il contrario.
5.4.2. La situazione del mercato
Se a livello complessivo il 2004 ha visto delle variazioni della produzio-ne di Grana Padano e di Parmigiano Reggiano abbastanza parallele, con un +1,9% per il formaggio di sinistra Po e un +2,6% per il Parmigiano, nel solo contesto emiliano-romagnolo emergono invece tendenze contrastanti, poiché la produzione del Padano è cresciuta soprattutto nelle province leader di Mantova, Brescia e Cremona, mostrando invece un certo regresso a Piacen-za (tab. 5.5).
L’aumento produttivo del Parmigiano Reggiano, avvenuto contemporanea-mente ad una riduzione della quantità di latte che in regione si destina al consumo diretto, ha spostato ulteriormente la ripartizione tra le due tipologie d’uso: a trasformazione di latte, che assorbiva nel 2003 quasi il 90% della disponibilità regionale, arriva infatti a toccare il 91% nel 2004.
Tab. 5.5 - La zootecnia da latte dell'Emilia-Romagna
2000 2001 2002 2003 2004 Var. % Var. % Var. % Var. % Var.% media 04/03 03/02 02/01 01/00 1994-2004 QUANTITA' VENDIBILE (.000 t)
Produzione di latte vaccino 1.791,7 1.787,0 1.800,0 1.840,5 1.825,0 -0,8 2,3 0,7 -0,3 0,4 Destinazione:
Consumo alimentare 221,1 196,6 198,0 189,6 164,3 -13,4 -4,3 0,7 -11,1 -3,3 Trasformazione industriale 1.570,6 1.590,4 1.602,0 1.650,9 1.660,8 0,6 3,1 0,7 1,3 0,9 PRODUZIONE DEI PRINCIPALI FORMAGGI (.000 t)
Parmigiano Reggiano 96,2 96,7 99,7 101,8 104,4 2,6 2,2 3,1 0,5 2,5
Grana Padano 14,4 16,2 17,5 17,8 17,5 -1,9 1,6 7,8 12,9 4,7
Prezzi mensili 2004
Minimi Massimi
PREZZI DEI PRINCIPALI PRODOTTI LATTIERO-CASEARI €/kg
Parmigiano Reggiano 7,83 9,05 9,00 10,16 9,78 -3,7 12,9 -0,5 15,6 1,3 9,28 (ago.) 10,80 (gen.) Grana Padano 6,12 6,39 5,93 6,33 6,00 -5,1 6,7 -7,2 4,4 -2,4 5,93 (lug.-dic.) 6,18 (gen.) Burro 2,33 2,12 1,78 1,82 1,60 -11,9 2,2 -15,9 -9,2 -5,0 1,55 (set.-dic.) 1,78 (gen.)
Fonte: Assessorato all'Agricoltura della Regione Emilia-Romagna e C.C.I.A.A. di Reggio Emilia e di Cremona.
All’interno del bacino di produzione del formaggio più tipicamente emi-liano, si nota una crescente concentrazione nella provincia leader, ossia a Parma (tab. 5.6); nel contempo la riduzione del numero di caseifici attivi, contrattosi di 13 unità, porta la produzione media per caseificio dalle 5.500 forme del 2003 alle 5.800 del 2004.
La combinazione di una riduzione della quantità destinata a latte alimen-tare, che è sintomo della debolezza dei prezzi in questo comparto, e dell’aumento della produzione dei due grana (la riduzione del Grana Padano a Piacenza viene infatti vanificata dall’aumento dell’intero comprensorio), che a sua volta esercita un effetto depressivo sui prezzi, non può che essere la premessa per una scarsa soddisfazione dei produttori. Il prezzo del Grana Padano perde infatti oltre cinque punti percentuali, mentre poco meglio fa il Parmigiano Reggiano, con una riduzione non lontana dai quattro punti. Il li-stino del burro ha un andamento che, valutato alla luce degli anni recenti, si può definire di profonda crisi strutturale.
Come al solito, l’andamento mese per mese consente una migliore lettura delle variazioni di prezzo: ne emerge che la più contenuta riduzione dei listi-ni del Parmigiano Reggiano non è indice di un più soddisfacente decorso dell’annata, ma solo di un miglior punto di partenza (in quanto tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004 si era manifestata un’effimera ripresa), mentre il Grana Padano, come al solito più pronto a reagire alla situazione di mercato, aveva già iniziato la discesa di prezzo sul finire del 2003 (fig. 5.6). Infatti, in un anno che per entrambi i prodotti vede quasi solo variazioni mensili con segno negativo, la riduzione tra dicembre 2003 e dicembre 2004 è del 14%
per il Parmigiano Reggiano e “solo” dell’8,5% per il Grana Padano. In e-strema sintesi sta tutta qui l’evoluzione nel corso dell’anno; alla tipica ridu-Tab. 5.6 - Numero di forme di formaggio grana prodotte e numero di caseifici in Emilia-Romagna
zione tra dicembre e luglio, pari al 3,4% per il Padano e che per il Parmigia-no arriva all’11% per effetto delle quotazioni sostenute di fine anParmigia-no, Parmigia-non ha fatto seguito la tipica ripresa autunnale, ma invece un’ulteriore, graduale perdita di valore mercantile.
Il divario tra i due formaggi, che negli anni recenti era cresciuto fino a toccare i 4,6 €/kg a dicembre 2003, si è così ridotto a 3,4 €/kg un anno più tardi, e mostra di assottigliarsi ulteriormente all’inizio del 2005, rimettendo in causa la differenza di posizionamento che i due formaggi andavano assu-mendo sul mercato.
Il burro ci ha ormai abituati a performance catastrofiche, per cui il dato di un regresso, in media annuale, prossimo al 12% tra 2003 e 2004 non fa me-raviglia e conferma il carattere straordinario del segno positivo osservato l’anno precedente. Ormai lo scarto rispetto alla fine del 2000 ha assunto di-mensioni impressionanti, toccando il -36%. L’anno 2004 si è dispiegato in un alternarsi tra fasi di riduzione del prezzo, nei primi tre mesi e poi tra lu-glio e settembre, e fasi di stazionarietà, senza mai mostrare un segno positi-vo.
Fig. 5.6 - Prezzi medi mensili all’ingrosso dei principali prodotti lattiero-caseari:
gennaio 1999-dicembre 2004
4,00 5,00 6,00 7,00 8,00 9,00 10,00 11,00
gen-99 gen-00 gen-01 gen-02 gen-03 gen-04
Euro/kg
1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 7,00 8,00
Euro/kg
Parmigiano Reggiano
Burro
Grana Padano
Euro/kg
Fonte: Nostre elaborazioni su dati della C.C.I.A.A. di Reggio Emilia e Cremona.