• Non ci sono risultati.

I suini e la carne suina

Nel documento Volume Rapporto 2004 (.pdf 1.5mb) (pagine 117-122)

5. LE PRODUZIONI ZOOTENICHE

5.2. I suini e la carne suina

Se nel 2003 l’aumento dei prezzi delle cosce aveva portato ad un incre-mento del peso che la trasformazione a prosciutto rappresenta nell’ambito della suinoicoltura padana, ed emiliano-romagnola in particolare, un’opposta tendenza ha caratterizzato il 2004. Si conforta quindi la scelta di arrivare a definire la Dop “Gran suino italiano” per ottenere una migliore remunera-zione dall’integrità della carcassa.

5.2.1. Si rafforzano i meccanismi di filiera

Da un lato vi è l’esigenza di arrivare ad una migliore valorizzazione del tradizionale suino italiano, anche per i costi supplementari connessi con l’approvazione del decreto legislativo 53 del 20 febbraio 2004 con cui il Go-verno ha recepito le direttive 2001/93/Ce e 2001/88/Ce in materia di benes-sere dei suini negli allevamenti. Dall’altro la situazione di mercato tutt’altro che esaltante per il principale prodotto del comparto, dopo la confortevole situazione degli anni passati (cfr. par. 5.2.2) impone agli operatori dei diversi stadi della filiera di guadagnare efficienza anche mediante azioni di integra-zione verticale. Il risultato è un rafforzamento obbligato dei meccanismi di regolazione tra i diversi stadi che conduce ad una maggiore integrazione all’interno della catena dell’offerta in Emilia-Romagna e più in generale nel-la Pianura Padana.

In tal senso costituisce un avvenimento forse poco appariscente ma co-munque significativo la costituzione della prima associazione di prodotto tra suinicoltori lombardi, nella vicina provincia di Mantova. La neonata Opas, costituita come cooperativa a responsabilità limitata, ha debuttato nell’ulti-mo mese del 2004 avendo raggiunto il traguardo di 50 soci, il mininell’ulti-mo neces-sario per il riconoscimento, ma comunque potendo contare su un patrimonio di quasi 400 mila suini, per una produzione lorda vendibile superiore ai 90 milioni di euro.

Oltre alla commercializzazione dei suini, Opas sta portando avanti un progetto-qualità per migliorare le caratteristiche organolettiche della carne, in base alle esigenze dei consumatori e alle indicazioni fornite dai macellato-ri, finalizzato a far nascere un vero e proprio “suino mantovano”.

Certo meno restrittivo è il progetto, ormai vicino a diventare realtà, di ri-conoscimento della specificità del suino pesante italiano, con la denomina-zione “Gran suino padano”. Nel giugno del 2004 il disciplinare della futura Dop è stato presentato da parte di tutta la filiera riunita per l’occasione in un’Associazione temporanea d’impresa, di cui fanno parte Anas

(associa-zione allevatori suini), Unapros (unione delle associazioni di prodotto) e As-sica (associazione degli industriali del comparto).

Benché si tratti esattamente del tipo di suino impiegato per la produzione del Parma e del San Daniele, l’obiettivo della denominazione è quello di ar-rivare ad una migliore valorizzazione dei tagli diversi dalla coscia. Il disci-plinare prevede che la materia prima provenga esclusivamente dai suini nati, allevati, macellati, porzionati e confezionati nell'area delimitata dal territorio di 12 regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo e Molise).

Rigorosamente regolamentati sono anche il peso, che deve essere supe-riore ai 110 chili, e l’età al macello (tra nove e quindici mesi) oltre alle carat-teristiche di allevamento, i requisiti dei tipi genetici ammessi, il sistema di rintracciabilità dei suini e del prodotto finale che ne garantisce l'identifica-zione, fino alle modalità di alimentazione degli animali e alla composizione degli alimenti nelle diverse fasi di allevamento.

Nelle fasi più a valle si osservano significativi accorciamenti della filiera, mediante operazioni di integrazione verticale tra la fase della macellazione – la cui redditività è ridotta all’osso – e quella di trasformazione. La tendenza era in realtà nata già tra gli anni Sessanta e Settanta, ma poi successivamente abbandonata in nome di una sempre più elevata specializzazione dell'attività.

Tra i pionieri il macello Sassi di Colorno – 10 mila suini macellati alla set-timana – che nel 1976 aveva rilevato il primo prosciuttificio. In questi ultimi tre-quattro anni questa soluzione pare essere tornata di moda se non per cer-care nuove fonti di guadagno, almeno – a detta del titolare del gruppo Sassi – per “spalmare i costi di produzione”.

Anche il gruppo Martelli di Dosolo (Mantova), nato nel 1957 come indu-stria di macellazione, si è avventurato nella fase a valle, acquisendo uno sta-bilimento a Sala Baganza nel 2002 ed un altro a Langhirano l’anno successi-vo, arrivando a stagionare in totale quasi 400 mila cosce. In questo caso l’approccio al mercato è più diversificato: oltre a mettere sul mercato pro-sciutti e prodotti già confezionati come salsicce, hamburger e vaschette di carne suina, pronta al consumo, il gruppo ha anche acquisito due stabilimen-ti per la produzione di prosciutstabilimen-ti cotstabilimen-ti.

Analoga strada è stata seguita da uno dei big della macellazione suina, ossia la cooperativa Italcarni di Carpi, che pur conservando i suoi legami strutturali con Unibon, di cui è socio industriale e fornitore, dal 1999 si è di-versificato a valle acquisendo il salumificio del Gruppo Impero Srl e ora sta pensando di spingersi ulteriormente nella commercializzazione.

Dal canto suo Unibon ha perfezionato nel 2004 la sua fusione con l’impresa altoatesina Senfter: i due partner, che già in precedenza avevano

conferito alla neonata Italia Salumi i marchi e le reti commerciali, nel mese di dicembre hanno unificato l’intero portafoglio delle attività aziendali. Italia Salumi realizza un fatturato prossimo a 400 milioni di euro, operando in quattro stabilimenti: oltre ai due siti “storici” di Unibon, ossia Modena e Reggio Emilia, vi sono infatti lo stabilimenti di Bolzano, dove le attività di Senfter hanno assorbito anche quella dell’acquisita Gasser, pure operante nel settore dello speck, e quello di Grosseto, appartenente ad Amiata Alimentari, da tempo entrata nell’universo Unibon.

5.2.2. La situazione del mercato

Nel 2004 la quantità di carne suina prodotta in Emilia-Romagna rimane ferma a 247 mila tonnellate, valore esattamente uguale a quello dell’anno precedente (tab. 5.3). Dopo l’aumento del 2002, sembra che la produzione si sia stabilizzata su un livello leggermente superiore a quello precedente alla crisi bovina, anche se a livello nazionale si osserva una dinamica positiva sia nel 2003 che nel 2004. E’ noto che le restrizioni ambientali da tempo impo-ste agli allevamenti regionali ne hanno limitato lo sviluppo e favorito lo spo-stato nelle regioni limitrofe: non a caso negli ultimi anni il tasso di crescita della produzione in Lombardia si colloca intorno al 3-4% annuo.

L’andamento del mercato nel corso dell’anno ha presentato momenti di vero sconforto e momenti di maggiore dinamismo che comunque hanno te-nuto sempre gli allevatori con il fiato sospeso; il vero fattore positivo, tutta-via è costituito dai prezzi favorevoli dei mangimi, per effetto dei buoni rac-colti di cereali, che hanno dato una boccata di ossigeno dal lato dei costi.

I prezzi medi annui dei suini da macello, sia leggeri che pesanti, sulla principale piazza emiliana sono rimasti prossimi a quelli dell’anno preceden-te, con un calo di 2 centesimi al kg si sono collocati rispettivamente a 1,15 e 1,24 euro/kg. La prima metà dell’anno si è caratterizzata per il forte eccesso di offerta che ha spinto verso il basso le quotazioni fino al raggiungimento del valore minimo dell’anno in maggio, meno di un euro al kg per gli anima-li tra i 115 e i 130 kg e 1,05 euro/kg per ganima-li animaanima-li più pesanti (fig. 5.3). La decisione di Bruxelles di reintrodurre seppur temporaneamente a inizio anno le misure di sostegno al mercato, ammasso privato e restituzioni all’export, hanno ridato momentaneamente fiducia agli allevatori ma, soprattutto sul nostro mercato, non ha avuto un effetto immediato: la domanda non ha mo-strato quella svolta in grado di far ripartire i listini, anche in presenza di un ridimensionamento dell’offerta a livello europeo. Alla sospensione delle re-stituzioni a fine marzo, in vista di una certa ripresa dei corsi a livello euro-peo, nel nostro Paese siamo ancora in fase di calo per effetto di una mancata

Tab. 5.3 - Il comparto suinicolo dell'Emilia-Romagna

2000 2001 2002 2003 2004 Var. % Var. % Var. % Var. % Var.% media 04/03 03/02 02/01 01/00 1994-2004 QUANTITA' VENDIBILE (peso vivo in .000 t)

Carni suine 244,0 246,8 249,3 247,0 247,0 0,0 -0,9 1,0 1,1 -1,3

Prezzi mensili 2004 Minimi Massimi PREZZI DEI SUINI DA MACELLO E DELLE CARNI SUINE £/kg

Suini grassi - da oltre 115 a 130 kg. 1,16 1,46 1,16 1,17 1,15 -1,9 1,1 -20,3 25,4 1,2 0,96 (mag.) 1,36 (set.) Suini grassi - da oltre 156 a 176 kg. 1,25 1,53 1,25 1,26 1,24 -1,4 1,0 -18,6 22,3 1,3 1,05 (mag.) 1,45 (set.) Lombo intero taglio Modena 3,44 4,33 3,38 3,32 3,37 1,7 -1,8 -22,1 25,9 3,3 2,88 (feb.) 3,93 (ago.) Cosce per produzioni tipiche (12-14,8 kg) 3,67 4,15 4,08 4,55 4,04 -11,3 11,5 -1,7 13,1 2,0 3,60 (dic.) 4,43 (gen.) Prosciutto stagionato: "Modena" da kg 7-8,5 7,75 8,60 8,78 7,50 7,50 0,0 -14,5 2,0 11,0 0,5 7,50 (gen.-dic.) Prosciutto stagionato: "Parma" da kg 9-10,5 9,87 10,92 11,16 9,00 9,00 0,0 -19,3 2,2 10,7 0,6 9,00 (gen.-dic.) Prosciutto cotto senza polifosfati 11,05 12,11 12,35 10,10 10,10 0,0 -18,2 2,0 9,5 1,0 10,10 (gen.-dic.)

Fonte: Assessorato all'Agricoltura della Regione Emilia-Romagna e C.C.I.A.A. di Modena.

richiesta da parte dell’industria di trasformazione e di squilibri tra offerta e capacità di assorbimento da parte dell’industria.

In giugno, rinvigoriti dalle aspettative di una ripresa dei consumi, i prezzi hanno finalmente invertito la loro rotta, cominciando a marciare a ritmi so-stenuti e guadagnando in un solo mese una media del 27%. L’aumento, che accomuna le piazze italiane ai principali mercati europei, continua per alcu-ne settimaalcu-ne, mostrando segni di stanchezza già all’inizio di luglio, anche per le diverse valutazioni in sede di fissazione prezzi da parte degli allevatori da un lato e degli industriali dall’altro. In effetti dopo la metà di luglio le quotazioni mostrano alcuni cedimenti, da interpretare come un assestamento tecnico. Tra la seconda metà di agosto e la prima metà di settembre l’incontro tra una domanda vivace ed un’offerta di capi scarsa porta un’ulte-riore fiammata delle quotazioni, che toccano i livelli massimi con 1,36 euro al kg per i capi leggeri e 1,45 per quelli più pesanti. A questo punto inizia la discesa stagionale dei prezzi, comunque più graduale di quanto era avvenuto nel 2003 e l’anno si chiude su livelli assai vicini a quelli di giugno, circa 1,20 ed 1,30 euro per kg per le due categorie, ovvero un 10-11% in più ri-spetto alla chiusura dell’anno precedente.

Tuttavia nel 2004 la nota maggiormente negativa è costituita dalle quota-zioni delle cosce destinate alle produquota-zioni tipiche, che dopo aver sfiorato i 5 Fig. 5.3 - Prezzi medi mensili all'ingrosso dei suini da macello e di alcuni tagli freschi: gennaio 1999-dicembre 2004

0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50 5,00

gen-99 gen-00 gen-01 gen-02 gen-03 gen-04

Euro/kg

Suini da macello: 156-176 kg

Suini da macello: 115-130 kg Prosciutto per crudo DOP 12/15 kg

Lombo intero taglio Modena

Fonte: Nostre elaborazioni su dati della C.C.I.A.A. di Modena.

euro/kg nel settembre 2003 avevano già iniziato una china discendente e perduto quasi 40 centesimi nell’ultimo scorcio d’anno. Nel primo semestre del 2004 il mercato delle cosce marcia di pari passo con quello dei suini vivi, ma significativamente risulta che la ripresa di giugno è ben più modesta, non superando il 3%. Dopo qualche ritocco al rialzo in luglio ed agosto, il segna-le più esplicito si ha a settembre, con un andamento in decisa controtendenza rispetto al mercato del vivo: la quotazione perde infatti quasi un punto per-centuale e la tendenza si accentua ulteriormente fino a fine anno, tanto che a quel punto la variazione sui dodici mesi marca un pesantissimo -21%.

Si può dire che in un anno così critico per il prodotto più tipico, ciò che ha salvato il mercato dei suini da macello sono stati gli altri tagli, avvaloran-do quindi i tentativi di diversificare la valorizzazione delle carcasse. Il lombo intero taglio Modena, che quotava a dicembre 2003 circa 3,4 €/kg, con uno scarto superiore al 25% rispetto al prezzo delle cosce, tocca il suo massimo ad agosto a quota 3,93 e successivamente fino a fine anno perde meno dell’8%, tanto che a dicembre, per la prima volta in tre anni, ha una quota-zione superiore a quella della coscia da prosciutto crudo.

Nel documento Volume Rapporto 2004 (.pdf 1.5mb) (pagine 117-122)