7. L’INDUSTRIA ALIMENTARE
7.2. La dinamica dei comparti
7.2.1. Il comparto ortofrutticolo, delle conserve vegetali e dei succhi di frutta
Il settore frutta ha chiuso un’annata caratterizzata da una congiuntura ne-gativa quanto mai sia accaduto prima, con situazioni di prezzi alla vendita valutabili pari al 50% della copertura dei costi di produzione. I livelli produt-tivi, molto più alti di quelli del 2003, sono però stati analoghi e talvolta infe-riori a quelli del 2002, ragione per la quale i crolli delle quotazioni non do-vrebbero essere imputati all’eccesso di offerta. La contrazione dei consumi sia in Italia che in Europa, soprattutto in Germania, rappresenta un forte e-lemento a sfavore, ma quello che chiaramente emerge è la estrema fragilità del comparto, la sua debolezza contrattuale e la sempre attuale necessità di sviluppare l’associazionismo.
Prosegue l’esperienza Apo Conerpo, Apofruit e Fruttadoro Orogel che diedero vita a “New Plant” un consorzio dotato di un budget di 120-130.000 euro la cui attività consiste nel monitorare tutto ciò che la ricerca propone nel campo dell’innovazione varietale in Italia e all’estero. Questo tipo di in-novazione, analizzate le necessità del consumatore, consente di segmentare il mercato, creando altri mercati non saturi dai quali vedere riconosciuto nuovo valore aggiunto.
Pizzoli, leader italiano nella commercializzazione delle patate e dei suoi trasformati, con oltre 37 milioni di euro di fatturato, finanzia un centro di ri-cerca specifico per la patata. Questa impresa opera iniziative che rappresen-tano un isolato esempio di collaborazione proficua tra produttori agricoli, Organizzazioni Professionali e trasformatori: un valido esempio di riuscita applicazione di Interprofessione.
Orogel chiude il 2004 con risultati in linea con quelli 2003, 7,4% di quota di mercato e 230 milioni di fatturato la rendono il terzo produttore di surge-lati dopo Nestlè e Unilever.
L’agenzia pubblica Sviluppo Italia entra come socio sovventore in Apo-fruit Italia con un milione di aumento di capitale sociale e un mutuo a tasso agevolato di 7,5 milioni di euro.
Il gruppo Conserve Italia fattura, nel 2004, 857 milioni di euro (+6% sul 2003), dei quali, oltre il 40% sviluppato sui mercati esteri, mediante
Conser-ve Mediterraneo, che controlla al 51%, acquisisce Cirio-De Rica portando la quota di mercato al 20% nelle conserve vegetali. Il piano industriale di rilan-cio prevede di recuperare livelli di fatturato analoghi a quelli di quattro anni orsono entro la fine dell’esercizio 2006 e, al 2008, di raggiungere i 200 mi-lioni di euro. Il progetto e il processo di acquisizione è stato possibile per la congruità dell’offerta, per le garanzie date dal piano industriale, per lo stretto legame che possiede il Gruppo con la componente agricola, per le intese si-glate con le organizzazioni dei produttori dell’area Confcooperative, e per l’apertura alle cooperative di Anca Lega. L’agenzia Sviluppo Italia è inter-venuta nell’operazione con un contributo pari a 30 milioni di euro.
7.2.2. Il comparto della macellazione e della lavorazione delle carni La filiera della “Corona di Parma”, che conta oltre 5.000 allevamenti, 140 macelli e 190 produttori di prosciutto, nel 2004 ha portato alla marchia-tura 9,378 milioni di cosce (+2,5%) realizzando un valore alla produzione superiore agli 830 milioni di euro, oltre 1,5 miliardi di euro al consumo. An-che se ancora rappresenta una quota sul totale assolutamente risibile, il seg-mento del pre-affettato ha realizzato un increseg-mento annuale di poco inferiore al 18% per un totale di 2,8 milioni di kg. La congiuntura, che ha consentito un’annata tonica a questo comparto, si caratterizza per il buon andamento delle richieste estere: il 18% del prodotto viene esportato nel Nord Europa, in Canada, Giappone e USA, anche il 20% del pre-affettato giunge sui me-desimi mercati.
Grandi Salumifici Italiani, fusione tra Unibon e Senfter, acquisisce Gas-ser: la nuova aggregazione porterà ad un fatturato complessivo di circa 464 milioni. Quattro i marchi che definiscono la multi specialità industriale del gruppo: Casa Modena, Senfter, Unibon, e Cavazzuti. In quattro anni il Gruppo cresce del 13,4% contro l’1,1% che caratterizza il settore salumi che vale nel complesso 7,2 miliardi di euro e dove GSI rappresenta il 6,4%.
Sassi F.lli Spa, che possiede un macello da 10.000 suini la settimana a Colorno, aprirà il suo quarto stabilimento di stagionatura delle cosce, attività divenuta indispensabile per potere distribuire i costi di trasformazione in modo più efficiente, mentre Annoni di Busseto, per potere meglio valorizza-re le cosce che non entrano nel circuito Dop, partendo dal prosciuttificio, ha aperto un macello, anche il Gruppo Martelli (MN) ha aperto due stabilimenti di stagionatura a Sala Baganza per le stesse motivazioni. In sostanza l’integrazione tra queste due attività specializzate permette di aumentare l’efficienza del sistema.
Passando al comparto bovino possiamo notare che i consumi di questa
ti-pologia di carne sono cresciuti del 3% nel corso del 2004 raggiungendo i 3,4 miliardi di euro in valore e circa gli stessi volumi antecedenti la crisi BSE. In questa evoluzione Cremonini aggrega il 22,5% di quota di mercato guada-gnando 8,5 punti percentuali rispetto a quella precedentemente detenuta. A
“favore” del Gruppo ha agito l’accelerazione del fenomeno, dovuta all’epidemia BSE, per cui in dieci anni, secondo Databank, il settore della macellazione ha visto ridursi il numero dei macelli da 5.900 a 1.865 (-68%).
Il fatturato 2004 di Cremonini cresce dell’11,6% e sfiora i due miliardi di euro consentendogli continue acquisizioni: Ibis e F.lli Traversi le ultime. Il Gruppo sta preparando il lancio in borsa di Marr che vale 786 milioni la qua-le, a sua volta, ha acquisito, per 12 milioni di euro, Sogema leader nella di-stribuzione al foodservice nel Nord-ovest con un fatturato di 33 milioni.
7.2.3. Il comparto lattiero-caseario
Il comparto del Parmigiano Reggiano chiude l’annata con un aumento produttivo pari al 3% e una contrazione del giro d’affari all’origine stimata attorno al 7,4% mentre l’incremento del prezzo al dettaglio è pari al 13,4%.
Il prezzo medio all’origine in un anno è passato da 9,36 euro per chilo-grammo a 7,71 euro. In questo scenario si assiste all’uscita di soci e di “lat-te” lavorato dall’area cooperativa e alla crescita delle strutture di trasforma-zione private: la ragione di base è quella di poter meglio valorizzare il pro-prio latte rendendo più efficiente possibile la propria quota legandola al con-sumo finale.
Parmalat rappresenta il 17% del fatturato dell’industria alimentare e il 6% di quello dell’industria manifatturiera della Provincia, occupando il 7%
degli addetti del settore alimentare territoriale.
Granarolo accorpa Yomo, è il quarto gruppo alimentare nazionale, con-trolla il 31% del mercato del latte fresco, il 16,7% di quello Uht e il 43% di quello dello yogurt. L’operazione vede come capofila Yogolat che rileva Yomo, Merlo, Pettinicchio e Leo Marven System, e vede entrare Banca In-tesa con il 17,5% del capitale, per un controvalore di 50 milioni.
7.2.4. Il comparto della pasta e dei prodotti da forno
Il comparto della pasta, nel corso del 2004, si caratterizza per un incre-mento produttivo dell’1,8%, che compensa totalmente la contrazione dell’anno precedente. Le vendite estere crescono del 2,5%: situazione che viene assecondata e sostenuta addirittura dalla realizzazione di nuovi pastifici
la cui produzione è quasi esclusivamente destinata ai mercati internazionali.
Una produzione che supera i 2,67 milioni di tonnellate, 153 stabilimenti indu-striali, 135 dei quali specializzati nella produzione di pasta secca; oltre il 40%
della produzione è destinato ai mercati esteri: il 20% del valore viene assorbi-to dalla Germania, il 14% dalla Francia, il 12% dal Regno Uniassorbi-to, l’11% dagli USA e il 6% dal Giappone; il 62% dall’Unione Europea nel suo insieme.
Tra luci e ombre ambientali i risultati dell’attività 2004 del Gruppo Baril-la rispondono al mercato, e non solo, con concretezza: un fatturato di 4,7 mi-liardi, un incremento annuo del 6,8%, una notevole riduzione dell’indebita-mento – peraltro cresciuto in seguito alla decisione di concludere comunque l’operazione Kamps nonostante l’inaspettata necessità di fare fronte ad un investimento molto più consistente del previsto –, e un consapevole intensi-ficarsi degli investimenti industriali, ad esempio 500 milioni di euro nella realizzazione del piano industriale di Marcianise. Leader mondiale della pa-sta, leader europeo nel mercato del pane, impegnata verso il mercato Russo.
Il Gruppo sta espandendosi nel mondo e diversificando le attività: una di queste rappresenta una grande intuizione: diffondere l’utilizzo dei grandi prodotti nazionali attraverso i ristoranti di alto e medio alto livello sparsi per il mondo, investendo nel breve sulla parte commerciale ma – e qui sta la for-za dell’intuizione –, nel medio lungo termine sui contenuti culturali che ac-compagnano questi stessi prodotti quando valorizzati dalla Cucina Italiana.
L‘operazione potrebbe portare il nome Barilla a divenire sinonimo di “ga-stronomia italiana”: il progetto è stato chiamato “Academia Barilla”.
Il gruppo di Parma non perde l’occasione di essere presente ovunque il panorama internazionale mostri potenzialità di sviluppo e distinzione, con la sua presenza nell’area, potremmo dire “di Food Valley in Food Valley”: in Bretagna (Pays de la Loire e Poitou-Charentes) si sta sviluppando il polo at-lantico per il settore nautico e per quello alimentare: polo definito di compe-titività atlantica, ovvero un territorio capace di creare “ecosistema di cresci-ta”, fertile all’avvio di nuove iniziative industriali con oltre 200 Centri di ri-cerca e formazione nel settore. In quest’area che rappresenta la prima regio-ne agricola e agro-alimentare europea, sono presenti tutte le grandi imprese Bonduelle, Bongrain, Danone, Heinz, Nestlé e Unilever.
7.2.5. Il comparto del vino
Il mercato mondiale del vino supera i 100 miliardi di dollari, 30 miliardi di bottiglie consumate e le previsioni dicono che nei prossimi quattro anni i consumi cresceranno del 5% fino a superare i 237 milioni di ettolitri (31,6 miliardi di bottiglie). In questo scenario le esportazioni nazionali, in quattro
anni, sono scese del 37,6% passando da 17,4 a 10,8 milioni di ettolitri: la causa va ricercata nella contrazione dei consumi verificatasi in Francia e Germania, importatori per noi molto significativi. Nel 2004 si è verificato un recupero superiore all’8%, pari a circa la metà del terreno perduto nel 2003:
questa crescita ha consentito all’Italia di rimanere leader negli USA davanti agli australiani.
Il 2004 ha visto diminuire l’entità degli investimenti tecnici nel settore vinicolo, -27% rispetto all’anno precedente, 171 milioni contro i 235 del 2003, il medesimo livello di cinque anni prima. Questo è il primo episodio di contrazione dopo 10 anni di costante crescita; anche il fatturato di settore, che ci aveva abituato, sino a due anni fa, a tassi di crescita annui prossimi al-le due cifre ha realizzato un +5% nel 2003 e si è presentato stazionario nel 2004. La concorrenza internazionale e il ribasso dei prezzi del venduto, im-posto dal canale horeca, hanno compresso lo sviluppo. Le vendite nazionali hanno avuto una flessione in valore pari al 1,4%, mentre l’esportato è cre-sciuto del 2,2%. I consumi delle famiglie sono aumentati in quantità, nel corso del 2004, dello 0,8%, il grado di penetrazione supera il 75% e per il 42% si tratta di vini a denominazione.
Questo comparto, più di altri, si trova costretto a difendere le proprie pro-duzioni a denominazione da fenomeni di contraffazione che partono dalla concorrenza sleale per giungere fino alla truffa. Si rendono necessari quindi provvedimenti forti in difesa dell’identità e di controllo: a tal proposito il di-battito è incentrato sulla scelta degli organismi che applicheranno i piani di controllo a livello regionale, si parla di “erga omnes”, principio che fece tan-to scalpore quando si paventò la sua applicazione a comparti come quello caseario.
L’istituzione delle strade del vino, 112 itinerari vitivinicoli codificati in sei anni, ha interessato 4 milioni di turisti e generato un fatturato, nel 2004, pari a 2,5 miliardi: si stima che per un sesto siano destinati alle cantine, un quinto alla ristorazione, un terzo al pernottamento, ed un altro terzo all’acquisto di prodotti tipici locali. La regione Emilia-Romagna vede un gran numero di Comuni impegnati nell’ambito delle strade del vino.
Cresce, nel corso del 2004, la produzione dei Lambruschi di Modena ed in questa congiuntura favorevole, all’interno di Confcooperative, si realizza la fusione tra Cantina Sociale di Formigine e cantina “La Pedemontana” di Sassuolo: 550 soci, 90.000 hl tra Lambrusco e Trebbiano, per un fatturato complessivo di 5,7 milioni. Per la campagna 2006-‘07 sarà operativo uno stabilimento iper-tecnologico che ha richiesto investimenti per 14,3 milioni.
Caviro, che produce oltre 155 milioni di litri di vino di cui 100 milioni con i marchi Tavernello, Castellino e Poggese, nelle due ultime campagne
ha investito più di 2 milioni di euro in sviluppo tecnologico; nel corso del 2004 ha realizzato un accordo di partnership con il consorzio francese Val d’Orbieu-Languedocienne al fine di potere affrontare con una maggiore effi-cacia gli emergenti colossi del vino statunitensi ed australiani.
Le Cantine Riunite chiudono il 2004 con una crescita superiore al 6% e fatturano 86,7 milioni di euro.
Cevico ha intrapreso la via del confezionamento di vino in brick, per ora limitato a 4 milioni di litri in una fascia di prezzo intermedia, posizionandosi poco al di sopra di quella di Caviro; il programma, a breve, è quello di im-mettere sul mercato, con questa formula, 12 milioni di litri.
Da F.lli Rinaldi a Rinaldi Wine: conproprietaria con Cantina La Vis di Casarini Sforza Spumanti; La Rinaldi ha fatturato, nel 2004, 22 milioni in-crementando del 5% rispetto al risultato ottenuto nel 2003.
7.2.6. Turistico-della ristorazione-culturale
Tra i settori fondamentali dell’attività economica della regione vi è quello del turismo: 120 chilometri di costa, circa 5.000 realtà tra pensioni e alber-ghi, ossia la maggiore industria dell’accoglienza d’Europa, ai quali assom-mare circa 14.000 bar e 10.000 ristoranti, questi ultimi distribuiti sull’intero territorio regionale. Nel 2004, le strade del vino presenti in regione erano 13, per 3.000 km complessivi: un sistema complesso ed integrato che riunisce attorno alla “via”, tracciata dalla caretteristica cartellonistica stradale, 1.200 soci tra ristoratori, bed&breakfast, cantine, aziende agricole e produttori. E-sistono inoltre, sempre in regione, 38 città del vino, aderenti ad una associa-zione nazionale nata a Siena nel 1987 tra città che siano storicamente, cultu-ralmente e per tradizione legate al vino.
E’ altrettanto vero che nel corso del 2004 si è assistito ad un calo di oltre cinque milioni di turisti stranieri, soprattutto europei: tedeschi, austriaci e francesi e che i risultati economici suggeriscono che, nonostante questa ridu-zione numerica consistente, l’incasso specifico è stato superiore del 5% a quello realizzato nel 2003: significa che gli aumenti di prezzo hanno com-pensato, ma anche alterato il rapporto prezzo/qualità già spesso non partico-larmente idoneo delle nostre strutture di accoglienza spingendo, ad esempio, tre milioni di tedeschi a mutare rotta riversandosi sulle spiagge spagnole.
La miriade di alberghi rende l’Italia prima in Europa per numero di stan-ze, ma l’indice di riempimento medio annuo non arriva al 40%: anche in questo settore si scopre che il limite è dato dalle dimensioni degli operatori.
L’agriturismo ha ugualmente risentito dell’andamento negativo che ha caratterizzato il turismo: le 12.600 aziende agrituristiche, delle quali 7.800
dotate di ristorante, hanno generato, nel 2003, 780 milioni di euro con 11 milioni di pernottamenti e, per il 2004, si stima una riduzione pari al 3,5%.
Cremonini, pariteticamente con Compass, ha acquisito jv Moto, società che opera nella ristorazione autostradale nelle aree di servizio della quale, mediante l’accordo commerciale, verranno esposte le insegne di Crai che di-viene così la prima catena della distribuzione alimentare inserita nella risto-razione autostradale. Ancora il Gruppo, ha acquisito, per 6 milioni di euro, la romagnola Sfera, azienda del foodservice che opera in riviera. Il fatturato del Gruppo realizzato nella ristorazione, nel 2003, ha superato i 235 milioni dei quali 133 derivati dalle attività svolte a bordo treno.
Fini, l’impresa modenese che opera nel settore della ristorazione auto-stradale ritorna nel possesso completo dell’attività condivisa in joint venture paritetica con Agip (Eni).
7.2.7. Conclusioni
L’indagine Unioncamere sull’andamento dell’industria indica che oltre l’80% delle imprese medie (da 50 a 499 dipendenti) opera sul mercato glo-bale dove realizza poco meno del 50% del proprio fatturato e utilizza gli im-pianti al 78,1%: 5 i punti percentuali sopra la media e circa 10 quelli sopra le due classi dimensionali inferiori; è l’unica classe con la produzione in cresci-ta (+1,8%). Appare doverosa una riflessione su quali siano i fattori strategici fondamentali perché l’industria nazionale possa quantomeno sopravvivere alle evoluzioni ambientali imposte dalla globalizzazione. Sul fronte della funzionalità e sostenibilità del sistema, il punto di partenza è da considerarsi la massa critica, ovvero, la dimensione imprenditoriale minima necessaria per affrontare la competizione dei mercati internazionali.
Si assiste, in questa logica, all’accorpamento di aziende medio grandi e alla creazione di gruppi di dimensioni variabili tra i 300 milioni ed il miliar-do di fatturato, ma occorrerebbe trovare un collante che consenta fenomeni analoghi tra le, molto più numerose, aziende di piccola dimensione. Queste costituiscono il tessuto economico nazionale e sono portatrici di indubbie virtù – che sono contemporaneamente limite ai margini di miglioramento verso tipologie produttive economicamente efficienti –: una per tutte la ric-chezza di orientamenti produttivi specializzati e a elevato valore aggiunto.
Poiché il sistema è sottoposto a forti pressioni, la situazione deve essere vissuta come un’opportunità unica che persegua: il contenimento dei costi, l’attivazione di processi di riorganizzazione, il riordino delle attività azienda-li, la razionalizzazione delle fasi di trasporto e commerciaazienda-li, l’aumento dei volumi di vendita, l’attivazione di efficaci dinamiche di
internazionalizza-zione, di efficienza e semplificazione di processi e procedure e, ultimo ma nient’affatto ultimo, l’incentivazione degli investimenti in innovazione.
Questi obiettivi possono realizzarsi in differenti modi, anche non con-venzionali, non perdendo mai di vista il fatto che per alcuni di essi le eco-nomie di scala sono fondamentali: strutture logistiche, di commercializza-zione, di divulgazione dell’informacommercializza-zione, di ricerca scientifica, di applica-zione delle innovazioni, di formaapplica-zione e di ottimizzaapplica-zione del lavoro.
Non è possibile affermare che le linee guida fino ad ora proposte potran-no rappresentare la definitiva strategia vincente nei confronti dell’evoluzione degli assetti dell’ambiente competitivo globale, ma certamente possiamo af-fermare che sia l’unico modo che abbiamo a disposizione per potere affron-tare questo futuro sperando di preservare i livelli di benessere che conoscia-mo e a cui siaconoscia-mo “affezionati”.
La nostra posizione nel panorama internazionale non può e non deve es-sere affrontata cedendo a “facili” soluzioni istintive, miopi e di breve perio-do, che partono dalla presunzione di potere decidere quando la globalizza-zione ci riguardi oppure no: ove sia vantaggioso, disponibilità e apertura, quando invece ritenuto rischioso chiusura e protezionismo.
In sintesi l’attuale necessità è quella di trovare la formula che consenta, con estrema celerità, il superamento del limite dimensionale mantenendo la consapevolezza della propria identità imprenditoriale. La risposta potremmo trovarla all’interno di un concetto che la cooperazione poteva e potrebbe in qualche modo rappresentare – per anni ha solo virtualmente collaborato mantenendo polverizzata la struttura della trasformazione, mentre in taluni comparti dell’alimentare avrebbe potuto divenire il mezzo più rapido di ag-gregazione di offerte, anche di nicchia, di produzioni che mantengono la lo-ro personalità distintiva se pure veicolate da una super struttura commercia-le –; concetto anche, che possiamo trovare insito in ciò che rappresentano i Consorzi di tutela, se immaginati non solamente per i loro fondamentali compiti istituzionali, ma affiancati, anche in questo caso, da una super strut-tura commerciale. Si potrebbe parlare di “integrazione territoriale”: medesi-ma appartenenza culturale, complementarietà delle produzioni, localizzazio-ne delle attività, solidarietà, visiolocalizzazio-ne complessiva del territorio, razionalizza-zione e ricerca di efficienza, in modo che tutto porti alla semplificarazionalizza-zione del processo di scoperta delle soluzioni, al superamento della massa critica, ad un marketing efficace, a maggiore collaborazione e riconoscibilità.
La possibile realizzazione di tutto questo – chiamiamolo Consorzio terri-toriale –, necessita di una presa di coscienza forte da parte di tutti gli attori del tessuto socio-economico, della partecipazione delle Istituzioni e di Orga-nizzazioni Professionali – sganciate dallo storico bagaglio di pregiudizi
ideo-logici che spesso trasformano la funzionalità in ridondanza e inefficienza –,
ideo-logici che spesso trasformano la funzionalità in ridondanza e inefficienza –,