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IL SISTEMA ITALIANO A TRE PILASTRI

1. Il modello di assistenza sanitaria in Italia

1.2. L’avvento della Costituzione

− a livello centrale vi era il Ministero dell’Interno supportato dalla Direzione generale della sanità e dal Consiglio superiore di sanità che avevano la responsabilità generale della tutela della salute pubblica nonché funzioni di controllo degli organi periferici provinciali e comunali;

− il Prefetto che, a livello provinciale, operava di concerto con il medico provinciale in via integrativa all’attività dei Comuni;

− da ultimo, a livello comunale, vi era il Sindaco che era la figura autoritaria di riferimento per il territorio comunale.

Al sistema sopra delineato andava ad aggiungersi la rete degli ospedali costituiti sotto forma di Istituti pubblici di assistenza e beneficienza.

1.2. L’avvento della Costituzione

Lo sviluppo ed il miglioramento degli istituti sanitari si affinano e perfezionano con il progredire della civiltà e della consapevolezza dei diritti, insieme al progresso delle scienze mediche e degli strumenti giuridici58

.                                                                                                                

55 D. L. 12 luglio 1945, n. 417

56 S.LIUZZI, Salute e sanità nell’Italia repubblicana, Donzelli Editore, 2004, p. 115.

57 S.PODESVA,op. cit.

58 A.MESSEA, Legislazione sanitaria, in Enciclopedia italiana Treccani, XXX, 1933, pagg. 716 ss.; G. MACIOCCO, Del diritto alla salute: dall’ottocento al duemila nella prospettiva politica, in Ragiusan, 2004, pag. 11 ss.

Ecco perché tappa oltremodo significativa del modello italiano è certamente rappresentata dall’avvento della carta costituzionale.

Le vicende costituzionali (sociali e politiche) del diritto alla salute debbono essere correttamente contestualizzate, nel senso che non può esserne compreso il senso più profondo se il dato storico viene trascurato.

La Costituzione italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, delinea un nuovo assetto istituzionale bastato sul riconoscimento delle libertà individuali e dei diritti sociali abbracciando la teoria del welfare state diffusasi in quegli anni nel panorama europeo. La salute diviene così un diritto primario del cittadino e lo Stato ha l’onere di tutelarlo. La salute viene quindi inclusa nel novero dei diritti sociali, precisamente, all’articolo 32 della Costituzione.

Il diritto alla salute, inteso quale “stato di benessere fisico, mentale e sociale e non

semplice assenza di malattia59

” è definito fondamentale poiché presupposto necessario del godimento di tutti gli altri diritti costituzionali. Inoltre, esso esprime la pretesa che soggetti terzi non interferiscano negativamente con il suo godimento ed a non subire lesioni dell’integrità psicofisica60

. Esso è un diritto assoluto.

L’assolutezza del diritto è sancita dal secondo comma dell’articolo 32 laddove si dispone che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se

non per disposizione di Legge”. Vi sono però due precisazioni: (i) in primis, solo la

Legge può obbligare l’individuo ad un determinato trattamento sanitario, ed in virtù di ciò, mediante una riserva assoluta di Legge, l’amministrazione pubblica è operativamente vincolata ovvero sono impediti i trattamenti sanitari che non trovino, a monte, un’espressa disposizione legislativa che li consenta e solo a seguito di un adeguato bilanciamento degli interessi coinvolti; (ii) in secondo luogo, è posto da parte del legislatore il divieto di violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana, e ciò

                                                                                                               

59 Secondo quanto stabilito nel 1946 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità

60 D. VINCENZI AMATO, Commento all’art. 32, in G. BRANCA, A. PIZZORUSSO, Commentario della

comporta che un’eventuale Legge ordinaria che prevedesse interventi sanitari che violino i limiti in tal senso imposti sarebbe viziata da incostituzionalità.

Volendo sinteticamente esaminare la portata innovativa dell’articolo in esame si può osservare come esso si concretizzi in due libertà tradizionalmente divise in negativa (libertà da) e positiva (libertà di).

Sotto il primo profilo viene in rilievo la nozione di trattamento sanitario obbligatorio che è imposto dalla Legge (es. vaccinazioni obbligatorie) e si distingue dal trattamento coattivo (es. i trattamenti per i malati di mente) soggetto a riserva di Legge assoluta nonché a riserva di giurisdizione. Il confine tra trattamenti sanitari obbligatori e trattamenti sanitari coattivi61

segna anche il diverso ambito di operatività dell’art. 32 - relativo, appunto ai trattamenti sanitari obbligatori - e l’art. 13 Cost. relativo alla tutela della libertà fisica della persona. I trattamenti coattivi rientrano, infatti, nell’ambito delle limitazioni alla libertà fisica della persona e debbono perciò sottostare alle più esigenti garanzie previste da tale disposizione costituzionale62

.

Diverso, invece, è il caso degli interventi sanitari necessitati, cioè di quei trattamenti sanitari al quale il malato deve necessariamente sottoporsi, in assenza di alternative terapeutiche, per arrestare o rallentare il decorso di una malattia, o per alleviarne le conseguenze dannose e dolorose. La non assimilabilità dei trattamenti sanitari obbligatori ai trattamenti necessitati deriva dal fatto che l’obbligatorietà dei primi dipende da una imposizione del legislatore, mentre la necessità dei secondi deriva dalla natura della patologia e dallo stadio di conoscenza della scienza medica.

Quanto al secondo aspetto, esso inerisce alla possibilità per il paziente di curarsi e di avere a disposizione le migliori cure disponibili. Il concetto è strettamente connesso al                                                                                                                

61 Il tema è stato oggetto di alcune pronunce da parte della Corte Costituzionale, la quale ha posto i requisiti per simili trattamenti e si è così pronunciata: “la Legge impositiva di un trattamento sanitario

non è incompatibile con l’art. 32 Cost. se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale” (Corte Cost. n. 307/1990, Corte Cost. n. 107/2012).

62 M.CARTABIA, La giurisprudenza costituzionale relativa all’art. 32, secondo comma, della Costituzione

rapporto esistente tra sanità pubblica ed operatori privati. Soffermandoci per il momento sulla sanità pubblica, essa è oggi rappresentata dal Servizio Sanitario Nazionale il quale trova nell’universalità e nell’equità, sanciti a livello costituzionale, due dei suoi principi fondanti, mai rimessi in discussione dai successivi interventi di riforma. Se, da un lato però, l’universalità può ritenersi raggiunta - almeno in termini di eguali diritti dei cittadini nell’accesso ai servizi sanitari essenziali - nel nostro Paese risulta tuttora aperto il tema dell’equità: a fronte dell’evoluzione favorevole dello stato di salute della popolazione nei decenni, i progressi ottenuti non hanno interessato nella stessa misura tutti i cittadini, creando, per alcune dimensioni più che per altre, diseguaglianze tra individui, gruppi sociali, territori.