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b Standard e normalizzazione nel Medioevo e nell’Età Moderna

Capitolo I: Gli standard sotto un profilo sostanziale Profili ermeneutici, storici e giuridici della

I.3. b Standard e normalizzazione nel Medioevo e nell’Età Moderna

Prima dell’avvento della produzione in serie, la standardizzazione ha conservato caratteri sostanzialmente costanti. Sulla base dei canoni sviluppati dal mondo antico, l’uomo medioevale prima e quello rinascimentale poi – pur partendo da visioni del mondo diverse – inventarono nuovi strumenti per gli impieghi più disparati, da quello agricolo a quello militare165.

Per ciò che però più attiene alla presente ricerca, ossia la produzione di norme tecniche, la loro diffusione e il loro potere regolatorio-normativo, bisogna sottolineare tre elementi assolutamente preponderanti tanto del Medioevo quanto dell’Età Moderna: la nascita delle corporazioni e del ceto mercantile; il modello sostanzialmente permeabile della cultura giuridica medioevale e poi moderna;

163 Per entrambi i riferimenti, si vedano manuali di storia dell’arte: C.G. ARGAN, Storia dell’arte italiana, dall’Antichità a Duccio, Vol. I, Sansoni, Milano, 2002; P. ADORNO. L’arte italiana, Vol. I. A, 3a edizione,

D’Anna, Firenze, 1994. Si consideri che Vitruvio interpretava le discipline ingegneristiche come un dominio dell’attività dell’architetto. Si veda sul punto F. KLEMM, op. cit., p.80.

164 Si è scelto di trattare in modo unitario questi periodi in quanto, prescindendo dalla percezione che l’epoca

moderna ebbe del periodo ad essa antecedente, è possibile riscontrare innumerevoli contiguità tra le due fasi storiche, soprattutto sotto il profilo scientifico. Il problema è trattato in numerosi studi di natura storica, particolarmente dallo storico olandese J. HUIZINGA, come in Herfsttij der Middeleeuwen [trad. It.: L’autunno del

Medioevo, BUR, Milano, 1998] oppure in Das Problem der Renaissance, in J. HUIZINGA, Wege der Kulturgeschichte, München, 1930 [trad. It.: Il problema del Rinascimento, Donzelli Editore, Roma, 2015.].

Incidentalmente, il problema è affrontato anche da KLEMM, op. cit., p.100.

165 Basti pensare a quanto dirompente sia stata la scoperta della polvere da sparo, già in uso nel Basso Medioevo,

nonché lo sviluppo di strumentazioni per la navigazione, come la bussola di Flavio Gioia. Per una panoramica approfondita, si veda ancora F. KLEMM, op. cit., pp. 48-154. Si veda anche D. R. HILL, A History of Engineering in Classical and Medieval Times, cit.

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l’adozione – in modo particolare verso la fine dell’età moderna – del metodo scientifico su larga scala.

Quanto al primo fenomeno, è indubbio che la caduta dell’Impero Romano d’Occidente fu a suo modo origine (ma anche risultato) di una profonda dispersione del potere centrale. Dissoluzione che sotto un profilo normativo portò alla coesistenza di una pluralità di ordinamenti giuridici tra sé paralleli, con commistioni molto forti tra diritto romano e diritto barbarico166 e che sembra in molti modi consimile alla realtà giuridica globale contemporanea, caratterizzata da numerosi “colliding regimes167”.

In tale ambito ebbe inizio quella tendenza – già in nuce durante i secoli cristiani dell’Impero romano – alla creazione di agglomerati cittadini, nonché di corporazioni (più o meno lasche) di persone dedite a un’arte specifica168. Invero, non si trattava di una novità, dal momento che conosciamo delle corporazioni in ogni epoca della storia umana, e particolarmente in seguito alla sedentarizzazione delle società. Ciò malgrado, forse anche per effetto di una certa legislazione imperiale in tal senso, è chiaramente riscontrabile un notevole aumento di importanza del fenomeno durante i secoli dell’alto e soprattutto del basso Medioevo e financo durante l’Età Moderna169.

Tra le corporazioni più solide e significative per i fenomeni qui oggetto di studio, non può trascurarsi quella dei mercanti. Essi infatti, oltre a determinare lo sviluppo di un vero e proprio ius specialis – definito, con una formula di grande successo, lex mercatoria170 –, dettavano sovente i parametri ai quali il mondo artigiano doveva attenersi per la produzione dei beni che essi avrebbero in seguito posto sul mercato,

166 Si veda generalmente sul punto, P. VIDARI, op. cit., pp. 1-58.

167 Si veda G. DELLA CANANEA, The Genesis and structure of General Principle of Global Public Law, cit., pp.

89-90.

168 Si tratta di una tendenza alquanto naturale in tempi caratterizzati dalla disgregazione del potere centrale. Si veda

A. MOSCARINI, op. cit. pp. 1895 ss.

169 Si pensi al noto editto di Diocleziano, che impose l’obbligatoria ereditarietà del mestiere di servo della gleba,

con ciò sclerotizzando profondamente alcune fasce della popolazione dell’impero, frustrate nel desiderio di ascesa sociale.

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esercitando talora forme più o meno accentuate di controllo anche tecnico della merce richiesta171.

Un secondo elemento degno di nota nell’analisi della normalizzazione soprattutto medievale è la grande permeabilità del sapere, soprattutto durante il basso Medioevo. Ciò è testimoniato oltre che dalle numerose opere filosofiche172, dall’interazione che dovette esistere tra gli studi ingegneristici e tecnici cristiani, quelli islamici e financo quelli cinesi (questi ultimi resi noti grazie alla Via della Seta e ai viaggi di numerosi esploratori tra cui il celebre Marco Polo). In relazione al prolifico scambio esistente tra mondo cristiano e islamico, sono degne di nota le opere che consentirono al primo di arricchirsi dei precetti tecnici indiani e iranici, nonché della tecnica promanante dalla Grecia antica173. Le opere di Benû Mûsà e Al-Jazari, ad esempio, hanno consegnato all’Occidente un quadro chiaro degli scritti in materia tecnica dei greci Filone ed Erone, razionalizzando e personalizzando tale sistema con contributi originali174. Non meno interessanti furono le opere islamiche – in particolare, di origine persiana – che diffusero la conoscenza in materia di utilizzo dell’energia eolica175 nonché in materia di irrigazione176. E del resto, non si potrebbe eludere che l’utilizzo dei numeri arabi ha costituito forse uno degli standard di maggior successo di tutti i tempi.

Quanto al metodo sperimentale, esso si diffuse e propagò durante tutto il Basso Medioevo. Possediamo, a riprova di ciò, opere assai complesse che illustrano peraltro con esemplificazioni grafiche la creazione e l’utilizzo di macchinari di vario genere.

171 Si veda A. BENEDETTI, Certezza pubblica e “certezze” private, poteri pubblici e certificazioni di mercato, cit.,

pp. 89-90.

172 Si pensi, a titolo esemplificativo, alla dialettica esistente nell’ambito della riscoperta medievale di Aristotele, tra

la filosofia di origine musulmana (Avicenna, Averroè) e quella di origine cristiana (con particolare attenzione a San Tommaso d’Aquino).

173 Si veda F. KLEMM, op. cit., pp. 66-71. L’autore riprende un’analisi assai strutturata delle opere teoriche

islamiche effettuata da E. WIEDEMANN e F. HAUSER, Über Trinkgefäße und Tafelaufsätze nach al-Ǧazarî und

den Benû Mûsà, Der Islam, 9, 1918, 3-4, pp. 270-271. 174 Ibidem.

175 Ibidem. Si fa soprattutto riferimento al fatto che il mulino a vento giunse in Europa dall’Iran attraverso gli scritti

arabi di al-Masʿūdī , Al-Qazwini e Al-Dimashqui.

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L’esempio più noto è forse quello di Villard de Honnecourt177, ma non meno efficaci furono gli scritti di Pierre de Maricourt178 e del suo discepolo Roger Bacon179, da molti ritenuto il padre della scienza sperimentale180.

Il modello scientifico fu perfezionato durante il corso dell’Età Moderna (si pensi, a titolo di esempio, alle opere di Galilei, Leibniz, Newton, le cui opere hanno modificato in modo radicale l’approccio alle scienze). Espunti i tratti cabalistici del primo Umanesimo, il sapere scientifico, infatti, iniziò a concentrarsi in modo quasi esclusivo sulla quantificazione, dando così un peso sempre maggiore all’esigenza di standardizzare. Peraltro, criteri di produzione standardizzati avevano già impregnato anche la coscienza artigiana. Di fatto, già prima dell’invenzione della stampa di Gutenberg, gli stationarii – i librari dell’epoca – avevano progettato dei rudimentali modelli di libro, i cosiddetti codices, conformi a specifici modelli, con la scrittura su due colonne che sarebbe divenuta la norma anche con l’avvento della stampa meccanizzata181. Per ciò che invece concerne la disciplina militare, valga ricordare le indicazioni di J. de Vallière e J. de Gribeauval, maestri artiglieri che elaborarono dei canoni sulla produzione dei cannoni rivelatisi poi essenziali in numerosi contesti bellici e, a quanto sembrerebbe, anche durante le campagne napoleoniche182.

L’avvento progressivo degli stati nazionali non sembra aver inficiato la grande predisposizione della società cinque-seicentesca a dividersi in corporazioni, anche secondo le arti e i mestieri. Un fenomeno che sotto il profilo storico viene talora associato allo sviluppo degli interessi di corpo e al costituirsi delle lobby183. Infatti,

177 Numerose illustrazioni si trovano nel “Livre de portraiture”. Si veda F. KLEMM, op. cit., pp. 79-86. 178 Si veda ibidem. Pierre de Maricourt è molto noto per la sua Epistola de magnete.

179 Si veda ibidem.

180 Come noto, R. BACON sosteneva che senza la matematica e la capacità di quantificare e misurare, fosse

impossibile giungere alla conoscenza delle cose del mondo. Si veda in proposito R. BACON, Opus majus, J. H. Bridges, Oxford, 1897, I, pp. 105-170.

181 UNI, op. cit., pp. 23. 182 Ivi, p. 24.

183 Le prospettive di lettura del fenomeno politico e giuridico della nascita delle comunità sono molteplici. Tutta

l’analisi dell’istituzionalismo potrebbe a vario titolo essere ricondotta nell’alveo degli studi critici dinnanzi alle innumerevoli aporie del giuspositivismo normativista puro nell’affrontare una realtà politica e giuridica in forte mutamento. Si veda sul punto, con la maestria che gli è propria e non senza una vena di obiettivo pessimismo, S. ROMANO, Lo Stato moderno e la sua crisi, Giuffré, Milano, 1969, pp. 15-26. Quanto al fenomeno delle corporazioni come lobby, catalizzatori e avvocati di interessi, si veda in termini generali P. L. PETRILLO,

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proprio in ragione della diversa dialettica intercorrente tra interessi di corpo e potere costituito, si tende a distinguere nettamente il periodo che precede da quello che sussegue la Rivoluzione Francese, a sua volta convenzionalmente assunta a principio dell’Età Contemporanea. Nella specie, ad un ordine sociale dominato dalle consociationes, con molteplici livelli di interazione e con mandati rigidamente vincolanti184, viene a sostituirsi, nell’intenzione della nuova classe dirigente, un sistema monolitico, dove l’interazione individuo – Stato non è filtrata attraverso aggregati sociali poliformi, ma avviene esclusivamente attraverso logiche univoche, con anzi limiti ben serrati alla rappresentazione degli interessi di corpo185.

In ultimo, un aspetto che merita un’attenzione specifica in rapporto ai fenomeni di normalizzazione è la nascita, lo sviluppo e la teorizzazione del diritto industriale in epoca medioevale, soprattutto nel contesto dell’Italia dei Comuni, e delle nascenti economie di mercato inglese e francese poi186. Di fatto, con lo Statuto dei brevetti, la Repubblica di Venezia si poneva all’avanguardia nella tutela delle opere dell’ingegno, aprendo la strada ad uno sviluppo sempre più capillare della difesa dell’inventiva industriale e tecnologica da parte delle realtà statuali dell’epoca187.

Democrazie sotto pressione. Parlamenti e lobbies nel diritto pubblico comparato, Giuffrè, Milano, 2010. Invece,

per un’analisi dettagliata della dottrina tedesca, particolarmente attenta al tema della politicità delle corporazioni, si veda P. RIDOLA, Democrazia pluralistica e libertà associative, Giuffré, Milano, 1988, pp. 9 e ss. In particolare, RIDOLA esamina gli esiti dell’analisi di O. VON GIERKE e J. HABERMAS sul punto, offrendo elementi di comprensione dell’elaborazione teorica dei diritti di libertà di associazione come giunta fino a questo momento.

184 Si veda P. RIDOLA, Diritto Comparato e Diritto Costituzionale Europeo, cit., pp. 5-8. Per un’analisi dettagliata

del costituzionalismo medievale e moderno, si veda C.H. McILWAIN, Constitutionalism ancient and modern, Cornell University Press, Ithaca New York, 1947, pp. 93-120. La pubblicazione è oggi reperibile anche all’indirizzo http://www.constitution.org/cmt/mcilw/mcilw.htm (ultima visita: 6 settembre 2018).

185 Celebre la riflessione dell’abate francese E. J. SIEYES in “Qu’est-ce que la Tiers état?” (1789) [trad. It.: Che cosa è il Terzo Stato?, Editori riuniti, Roma, 1972, p.118], il quale affermò radicalmente l’esigenza che i semplici

cittadini non si riunissero in corporazioni. Sul punto si veda anche G. COLAVITTI, Interessi organizzati e

rappresentanza nelle democrazie pluraliste, in “Percorsi Costituzionali” – Lobby come Democrazia, 3/2012,

CEDAM, pp. 30-43. Con riferimento alla standardizzazione, è peraltro riscontrabile, da parte della dottrina, la convinzione che la realtà corporativa volta all’unificazione del sapere tecnico – di natura chiaramente privatistica – sarebbe in ogni caso antecedente all’intervento statale in materia. Si veda, a riguardo, P. LAZZARA, op. cit., p. 409. Tuttavia, come discusso in relazione alla normalizzazione nell’Epoca Antica, esistono esempi come quello romano e quello egizio che rammentano la possibilità di un intervento mirato – e preliminare – dell’autorità istituzionale nell’ambito della normazione tecnica. Si veda supra, paragrafo I.3.a. di questo lavoro.

186 Si veda F. KLEMM, op. cit., pp. 160-162. Per un quadro completo della disciplina del diritto industriale, dei

marchi e dei brevetti, si suggeriscono gli scritti di G. GHIDINI.

187 Non si può trascurare la già radicata consapevolezza dei Dogi in merito alla connessione esistente tra la tutela

delle opere dell’ingegno da un lato, e la prosperità economica della Repubblica dall’altro. Lo Statuto dei brevetti del 1474 infatti recitava: «Abbiamo fra noi uomini di grande ingegno, atti ad inventare e scoprire dispositivi

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Come si avrà modo di vedere in seguito188, la possibile assimilazione degli standard tecnici alle opere dell’ingegno – assimilazione che ha ben ragion d’essere essendo i primi, sostanzialmente, prodotti dell’inventiva industriale e tecnologica, come tali meritevoli di tutela – e la altrettanto possibile configurabilità degli standard tecnici come fonti (sebbene improprie) del diritto189, solleva delicati quesiti in termini di legittimità e legalità dei medesimi, potenzialmente sottratti a qualsiasi genere di controllo di tipo democratico e, allo stesso tempo, capaci di incidere e plasmare l’ordinamento giuridico, eventualmente innovandolo.

I.3.c. Standard e normalizzazione nell’Età Contemporanea. La nascita degli

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