• Non ci sono risultati.

c La presupposizione e il rinvio “aperto”

Capitolo II: I soggetti e gli strumenti della normalizzazione Tassonomia dei produttori di standard

II.3. c La presupposizione e il rinvio “aperto”

Come anticipato, una parte della dottrina, al fine di ovviare al problema del riconoscimento del carattere giuridico delle norme tecniche, ha preferito connotare in modo diverso il rinvio agli standard tecnici, facendo uso della figura della “presupposizione609” (o anche, come pure è stato detto, del “rinvio per

604 Si veda H. SCHEPEL, The Constitution of Private Governance: Product Standards in the Regulation of Integrating Markets, cit., pp. 63-70; E. CHITI, La Normalizzazione, cit., 4023-4026; N. GRECO, Crisi del diritto, produzione normativa e democrazia degli interessi. Esemplarità della normazione tecnica in campo ambientale

Greco, cit., p. 11. Si veda anche M. BIANCO – S. CHIRI, op. cit., pp. 98-100.

605 Sul punto si è già detto nelle precedenti sezioni. Per un rinvio organico, si veda supra, paragrafo II.1. 606 Si veda infra, paragrafo II.4.

607 In verità, ogni qualvolta si sia in presenza di un rinvio, è possibile il verificarsi di una traslazione della funzione

legislativa dal Parlamento all’Esecutivo (nel caso del rinvio a un regolamento), nonché ad altra forma di potere. Il punto è brillantemente trattato da M. J. MONTORO CHINER, Le norme tecniche ambientali e l’esperienza

dell’ordinamento spagnolo, cit., pp. 203-208.

608 Il punto è stato sviluppato da numerosi autori, come in parte già visto nel corso della trattazione. Per chiarezza,

si rinvia al già citato contributo di P. LAZZARA, op. cit., pp. 396-397, che ben sottolinea la difficile compenetrazione tra le esigenze di flessibilità proprie del progresso tecnico e quelle di “definitività” proprie invece dell’ordinamento giuridico.

150

presupposizione”610), istituto anch’esso polisenso e risalente, nelle sue svariate formule, almeno alla pandettistica611.

Secondo CODACCI-PISANELLI e BASSI, entrambi teorici magistrali dell’istituto in oggetto sebbene secondo letture molto diverse612, attraverso la presupposizione l’ordinamento giuridico attribuisce ad un comportamento, ad un fatto, ovvero ad un elemento di per se stesso oggetto di qualificazione da parte di altro ordinamento o sistema normativo, il ruolo di elemento costitutivo di una fattispecie a cui eventualmente è collegata – in caso di violazione – l’irrogazione di una sanzione613. Da ciò peraltro discende, come necessario corollario, che agli standard tecnici – come alle regole della morale piuttosto che ad altri parametri extragiuridici – spetterebbe soltanto un ruolo ausiliario rispetto all’attività dell’interprete, coadiuvato dunque nell’interpretazione delle norme dall’utilizzo di criteri dettati al di fuori dello ius positum614.

La tesi della presupposizione appare particolarmente funzionale in presenza dei cosiddetti rinvii “aperti” (o “dinamici”), ovverossia i rinvii a formule generali che abbisognano dell’intervento dell’interprete al fine di acquisire significato e cogenza. È questo il caso classico, e ricordato più volte dalla dottrina, del dovere del lavoratore di condurre e portare a compimento l’opera «a regola d’arte» così come prescritto

610 Ivi, p. 198.

611 Per una disamina dell’istituto nelle sue molteplici forme, si veda M. BESSONE - A. D’ANGELO, Enciclopedia

del Diritto, XXXV, Giuffré, Milano, 1986, s.v., “presupposizione”. Gli autori tracciano l’evoluzione dell’istituto, dalla sua teorizzazione per opera del WINDSCHEID al suo uso nell’esegesi delle formule contrattuali recenti. Generalmente, in ambito civilistico, con il termine «presupposizione» si fa riferimento a quell’insieme di elementi e circostanze che, nonostante siano determinanti per la conclusione del contratto, sono presupposte dalla o dalle parti senza che di esse vi sia traccia nella manifestazione negoziale. Cardine dell’istituto è comprensibilmente la volontà reale, così come naturale è il collegamento dell’istituto in questione con il diverso fenomeno della «sopravvenienza».

612 ZEI ricorda come F. BASSI prenda spunto proprio dai testi di G. CODACCI-PISANELLI in materia di invalidità

delle sanzioni per ricostruire la figura della “presupposizione rafforzata”, ovverossia la presupposizione che è supportata da specifiche sanzioni nel proprio ordinamento. Si veda A. ZEI, Tecnica e diritto tra pubblico e privato, cit., p. 201.

613 Ivi, p. 203.

614 ZEI sostiene dunque che la presupposizione ingloberebbe il concetto stesso di “clausola generale”, il corrispettivo

italiano per la parola standard adoperata dalla letteratura inglese e francese, e che dovrebbe ricomprendersi nella prima delle tre interpretazioni – catalogazioni di cui si è detto nel primo capitolo, ovverossia quella degli standard di carattere ermeneutico, afferenti al cosiddetto filone tradizionale. Si veda supra, capitolo I.1.

151

dall’art. 2224 del nostro Codice Civile615 e dalla legislazione successiva che ne ha tratto la base logica, come ad esempio la legge 1º marzo 1968 n. 186, che stabilisce all’art. 1: «Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte.»616.

Il caso della legge n. 186, peraltro, non è isolato e fa parte del più ampio spettro di norme giuridiche che presuppongono un’individuazione autonoma da parte dell’interprete617, che tuttavia, come nel caso della stesse legge 186 all’art. 2, può e viene sovente semplificata dal riconoscimento di presunzioni in favore di norme tecniche provenienti da enti di normazione riconosciuti, come – nel caso italiano già esaminato – UNI e CEI618.

Per inciso, è opportuno ricordare che la tecnica legislativa qui esaminata, con l’apposito rinvio allo stato dell’arte appena menzionato, è stata impiegata con frequenza dal nostro legislatore619, ma ha avuto seguito anche in altri ordinamenti europei620. Nonostante i suoi pregi e le sue innegabili somiglianze con il “Nuovo Approccio” europeo, essa, come posto in evidenza dalla dottrina più avveduta e dalla

615 «Se il prestatore d'opera non procede all'esecuzione dell'opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d'arte, il committente può fissare un congruo termine, entro il quale il prestatore d'opera deve conformarsi a tali condizioni. Trascorso inutilmente il termine fissato, il committente può recedere dal contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni.»

616 Si veda l’art. 1 della legge 1º marzo 1968 n. 186.

617 Ulteriori esempi di tale tecnica normativa, sono: la legge 6 Dicembre 1971 n. 1083 (Norme per la sicurezza

dell’impiego del gas combustibile); la legge 18 ottobre 1977 n. 791 (Attuazione della direttiva del consiglio delle Comunità europee (n. 73/23/CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione.); legge 5 marzo 1990, n. 46 (Norme per la sicurezza degli Impianti); decreto ministeriale 22 gennaio 2008 n. 37 (Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-

quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in

materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici)". Una raccolta di alcuni di questi testi normativi è presente alla pagina https://www.certifico.com/news/22-news-generali/1956-regola-dell-arte-i- riferimenti-normativi (ultima visita: 3.2.2018).

618 La legge 1º marzo 1968 n. 186, all’art. 2 recita infatti: «I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) si considerano costruiti a regola d’arte».

619 Si veda A. ZEI, Tecnica e diritto tra pubblico e privato, cit., pp. 186-188.

620 Ne è un esempio l’ordinamento tedesco. Va tuttavia chiarito che, nella Repubblica Federale Tedesca, le numerose

formule esistenti per il rinvio aperto (“rinvio allo stato dell’arte”, “rinvio alle regole tecniche generalmente riconosciute…”) non sono da ritenersi equipollenti. Si veda A. ZEI, Il recepimento delle norme tecniche private

nell’ordinamento giuridico tedesco, cit., pp. 236-246. L’A. sottolinea, ad esempio, come il rinvio allo “stato della

scienza della tecnica” corrisponda a un livello più rigoroso rispetto allo “stato della tecnica” e, ancor più, rispetto al rinvio alle “regole generalmente riconosciute della tecnica”.

152

Commissione Europea, attribuisce all’interprete un potere normativo considerevole, in quanto, in ultima analisi, risulta impossibile determinare aprioristicamente quale standard tecnico verrà considerato maggiormente idoneo a soddisfare a rappresentare lo “stato dell’arte” per il settore in esame621.

Proprio tale problematica permette di concludere questo paragrafo sulla legalità degli standard. Ove infatti il richiamo a norme che si situano fuori dall’ordinamento sia stabilito da disposizione di legge, da regolamento o altra fonte dell’ordinamento, come detto, non si ravvedono problemi in termini di legalità, a patto che le norme cui si fa rinvio siano identificabili622. Si può parlare in proposito di una naturale dinamica di raccordo tra ordinamenti, o anche, come visto, di un normale fenomeno di presupposizione di elementi esterni all’ordinamento giuridico623. Laddove il rinvio sia

621 La pericolosità dei rinvii dinamici è stata più volte stigmatizzata dalla dottrina, specialmente in Germania. Ad

esempio, KLINDT arriva a definire incostituzionali tutte le forme di rinvio dinamico in quanto contenenti un’implicita autorizzazione alla produzione di diritto al di là delle garanzie costituzionali. Si veda sul punto T. KLINDT, Die Zulässigkeit dynamischer Verweisungen auf EG-Recht aus verfassungs-und europarechtlicher Sicht, Deutsches Verwaltungsblatt (DVBl), 15, 1998, richiamato da M. J. MONTORO CHINER, Le norme tecniche

ambientali e l’esperienza dell’ordinamento spagnolo, cit., p. 206. Ciononostante, proprio in Germania si ravvede

un uso abbastanza cospicuo di una tipologia di rinvio dinamico atipica, detta “di concretizzazione”, dove la norma rinviante crea semplicemente una presunzione di legittimità della norma richiamata. La stessa, pur non diventando cogente, acquisisce il ruolo di parametro minimo di riferimento. Si veda A. ZEI, Il recepimento delle norme tecniche

private nell’ordinamento giuridico tedesco, cit., pp. 247-251. Per quanto concerne specificamente l’Unione

Europea, bisogna ricordare che la Guida per le imprese in materia di normalizzazione (Methods of referencing

standards in legislation with an emphasis on European legislation), disponibile all’indirizzo

https://ec.europa.eu/growth/single-market/european-standards/vademecum_en (ultima visita: 28 ottobre 2018), parlando degli svantaggi degli standard corrispondenti allo “stato dell’arte”, asserisce: «A further method of making

use of standards to support legislation but not to quote them directly is the so-called reference to the ‘state of the art’ or ‘acknowledged rules of technology’ within legislation. State of the art in this case means that if a manufacturer meets the latest standards which, however, are in no way specified, the law presumes that this manufacturer complies with the relevant provisions. The state of the art model is somewhat similar to the New Approach. Community legislation does not have such a type of reference whereas Member States' legislation does. The mere reference to the state of the art is problematic. The only advantage to this solution is that it is not necessary to adjust legislation in case of a revision of the relevant standard. The disadvantages prevail. The legislator leaves complementary legislative work to nonlegitimised organisations without having any possibility of control. A manufacturer has no certainty which standard exactly corresponds to the state of the art. »

622 Attraverso il rinvio, peraltro, le norme tecniche acquisiscono la vincolatività di cui sono originariamente prive.

Si veda M. J. MONTORO CHINER, Le norme tecniche ambientali e l’esperienza dell’ordinamento spagnolo, cit., p. 212-213.

623 In verità, come anche è stato fatto dalla dottrina, si potrebbe persino risolvere il problema sulla base delle norme

di rinvio del diritto internazionale privato. Volendo ampliare gli strumenti ermeneutici, si potrebbe analizzare la disciplina american del «renvoi» nel cosiddetto «conflict of laws». Di fatti, la giurisprudenza americana distingue tra diverse forme di rinvio e pone precisi limiti all’oggetto che può essere richiamato da una norma. Si vedano le opere di P. HAY, tra i massimi esperti della disciplina in oggetto. Ex multis, si veda P. HAY, Law of the United

States, cit., pp. 115-141. Ciò, tuttavia, senza venir meno all’approccio fortemente favorevole all’autonomia

negoziale che vige nel diritto americano, di cui la possibilità di esprimere l’opzione per una o più leggi regolatrici del medesimo contratto è diretta emanazione. Si veda in proposito P.J.BORCHERS,P.HAY,S.C.SYMEONIDES,

153

aperto, tuttavia, si pongono maggiori problemi, che tuttavia riguardano non solo la legalità bensì anche la legittimità del richiamo agli standard, come si è visto nelle pagine appena precedenti e come messo in rilievo anche in ambito europeo624.

In che termini dunque uno standard partorito in ambito privato, eventualmente per esigenze e fini esclusivamente privatistici, può risultare legittimato a disciplinare una determinata materia, eventualmente afferente a interessi pubblici? Alla presente domanda cercheremo di rispondere nel prossimo paragrafo.

II.4: Problemi di legalità e legittimazione degli standard: strade

Outline

Documenti correlati