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c Il problema della giuridicità degli standard e la ricerca di una definizione giuridica non

Capitolo I: Gli standard sotto un profilo sostanziale Profili ermeneutici, storici e giuridici della

I.4. c Il problema della giuridicità degli standard e la ricerca di una definizione giuridica non

Finora ci siamo posti il problema della natura degli standard tecnici e dei loro produttori, della loro qualificazione giuridica nonché della loro assimilabilità con le istituzioni. Si è giunti alla conclusione che gli standard tecnici, fatta eccezione per l’ipotesi delle norme tecniche di produzione prettamente pubblicistica, rifuggono tanto le definizioni proprie dell’universo giusprivatistico tanto quelle dell’universo giuspubblicistico, ma rappresentano un esempio lampante di quell’ibridazione del diritto che va connaturandosi nell’universo giuridico globale331 e uno tra i segnali più evidenti della perdita di rilevanza dei confini un tempo esistenti tra diritto privato e diritto pubblico332. Si è inoltre constatata la difficoltà di interpretare la materia in esame attraverso le lenti delle teorie della pluralità degli ordinamenti giuridici e degli ordinamenti giuridici sezionali, per quanto correttamente quelle teorie mettano in luce l’impossibilità di comprendere l’universo delle relazioni di standardizzazione attraverso un approccio meramente monistico del diritto333.

331 Di ciò si dirà meglio in seguito. Si veda infra, capitolo II.1.a-b.

332 Come già detto, molto numerose sono le pubblicazioni che trattano questo tema. Si rimanda, senza pretesa di

esaustività, agli scritti di S. CASSESE e, particolarmente a La crisi dello Stato, GLF editori Laterza, Bari, 2002, nonché alla monografia di G. NAPOLITANO, Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2003.

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La ricerca di una definizione per gli standard, resa tanto più complicata in quanto l’arena globale rifugge per sua natura codificazioni di tipo meramente legale, appare poi ancor più difficoltosa se messa in rapporto con il carattere presuntivamente “non giuridico” delle norme tecniche. Infatti riteniamo, differentemente da LAZZARA, che non si possa propriamente parlare di un ordinamento giuridico particolare con riferimento alla normativa tecnica334, ma al pari di LAZZARA riconosciamo che l’“ordinamento tecnico” in senso proprio esprima una sua alterità rispetto a quello generale.

Per comprendere questa prospettiva un contributo interessante può essere fornito dalle teorie dei sistemi figlie del funzionalismo evolutivo di DURKHEIM e della sua concezione della democrazia come funzione della comunicazione e non della rappresentazione335. Filtrate e riadattate attraverso gli studi di LUHMANN, infatti, le teorie dei sistemi giungono a conclusioni talora molto vicine a quelle di origine istituzionalista, giustificando l’esistenza di “sistemi” socio-giuridici come espressioni dell’esistenza di una “eterarchia” tra fonti e soggetti produttori di fonti, o, per dirla con SCHEPEL, di un “heterarchical process of coupling and linkage” che concepisce la cogenza delle norme in virtù della specialità e della capacità tecnica del produttore336. Da ciò deriva che l’“ordinamento tecnico” non si configura come un ordinamento, ma come un “sistema” di produzione normativa con vocazione regolatoria, dove gli operatori della normalizzazione definiscono sequenze di istruzioni per la produzione e l’erogazione di servizi337.

Tanto premesso, è indubbio che l’elemento della cogenza degli standard tecnici consensuali e il ruolo particolarmente accentuato del sapere tecnico rispetto a quello giuridico costituiscano, per l’appunto, il perno dell’analisi giuridica (ma anche

334 Si veda P. LAZZARA, op. cit., pp. 419-427.

335 Si veda H. SCHEPEL, The Constitution of Private Governance: Product al Standards in the Regulation of Integrating Markets, cit., pp. 33-35.

336 Si veda ibidem.

337 In questo senso, del resto, è possibile inquadrare diversi fenomeni regolatori tutti ricadenti sotto l’ampio spettro

del diritto globale. Si veda ad esempio B. CAROTTI, Il sistema di governo di internet, Giuffré, Milano, 2016, pp. 272-320.

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sociologica e politica) del fenomeno della normalizzazione-standardizzazzione. Si ravvedono, infatti, notevoli difficoltà nel definire la paternità delle decisioni, nel discernere chi sia specializzato, quale specializzazione occorra e infine su quali basi venga deciso che per produrre una certa tipologia di norme occorra una piuttosto che un’altra forma di specializzazione tecnica. Di questi problemi sarà opportuno occuparsi in relazione alla legittimazione e legalità degli standard tecnici, nel prossimo capitolo. Tuttavia, è opportuno averli ben presente allorquando sia necessario fornire una possibile definizione di standard sostanziato, partendo da una lettura non prettamente legalistica e tautologica del fenomeno in questione.

A nostro avviso, come anticipato, gli standard sostanziati e, fra essi, gli standard tecnici in particolar modo, sono innanzitutto documenti che si concretano in sequenze di istruzioni volte all’ottimizzazione dei processi produttivi e delle dinamiche di mercato e che hanno la loro origine in apparati corporativi. Nella misura, poi, in cui gli standard sostanziati (e, particolarmente, quelli tecnici) sono istruzioni prodotte su base privatistica e consensuale, e dunque costituiscono una specie del genus delle informazioni, essi sono tutelabili sotto il profilo della proprietà intellettuale e commerciabili anche con scopo di lucro338.

338 Questo approccio minimalista, votato alla comprensione degli standard come fenomeno rilevante nei limiti del

diritto della proprietà intellettuale, è condiviso dalla giurisprudenza americana, che sul punto ha sempre provato a inquadrare la standardizzazione nell’alveo dei possibili elementi di ostacolo alla concorrenza. Si veda in proposito A. BENEDETTI, Certezza pubblica e “certezze” private, poteri pubblici e certificazioni di mercato, cit., pp. 90- 91. Tra le numerose sentenze che affermano con chiarezza la natura di operatori di mercato, titolari dunque di responsabilità per ciò che concerne la disciplina antitrust, si veda la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, Allied Tube & Conduit Corp. v. Indian Head, Inc., 486 U.S. 492, 108 S. Ct. 1931, 100 L. Ed. 2d 497 (1988). La Corte Suprema degli Stati Uniti ha del resto mostrato particolare attenzione alla possibilità di abusi che il normalizzatore può compiere nella sua attività di produzione delle norme tecniche. Ad esempio, il normalizzatore, che è spesso emanazione di un determinato comparto industriale, potrebbe avere un conflitto di interessi e condizionare l’attività di normalizzazione medesima. Si veda sul punto la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, Am. Soc. of Mech. Engineers, Inc. v. Hydrolevel Corp., 456 U.S. 556, 102 S. Ct. 1935, 72 L. Ed. 2d 330 (1982). Appare ancora significativo che, di regola, gli standard tecnici (come gli ISO o gli ASTM) sono protetti dalla normativa sul copyright e sono acquistabili a titolo oneroso. Si veda, ex multis, D. A. WIRTH, op. cit., pp. 90- 92. Sebbene i normalizzatori possano decidere di rendere gli standard liberamente accessibili, nei fatti tale possibilità costituisce un’eccezione. Si veda il contributo di A. SPEDICATO, Garanti e organismi nazionali di

accreditamento per accreditare gli organismi per le certificazioni di conformità al GDPR si baseranno sulla ISO 17065:2012, pubblicato il 4 maggio 2018 sul portale Directio, e reperibile all’indirizzo

http://www.directio.it/multimedia/news/2018/05/04-organismi-nazionali-accreditamento-organismi-certificazioni- conformita-gdpr-iso-17065.aspx (ultima visita: 26 ottobre 2018). L’A. descrive l’impegno profuso dal Gruppo di lavoro “Articolo 29” affinché l’ISO renda gratuitamente disponibile la norma ISO 17065/2012 a tutti coloro che siano interessati a prenderne visione. Come ricorda SPEDICATO, la norma UNI CEI EN ISO/IEC:17065 detta i

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Inoltre, allorquando gli standard diventino strumento di regolazione – perché il legislatore demanda ai medesimi la regolazione di determinate materie, specialmente quando ciò avviene per il tramite di un “rinvio mobile339”, oppure perché ciò è consentito dall’ordinamento internazionale / globale – gli standard sembrerebbero atteggiarsi a fonti di obblighi o, con maggiore approssimazione, fonti improprie di diritto340. In altre parole, per dirla con MOSCARINI, essi diventerebbero assimilabili ad altri modelli di fonti dei privati, sebbene per la natura del loro contenuto (le norme tecniche, per l’appunto), essi debbano configurarsi come fonti di obbligazioni non giuridiche341.

Qui però delle due l’una: o si accetta che gli standard sostanziati (ad esempio, quelli tecnici) siano fonti improprie di diritto – e allora bisognerà ripensare alle norme tecniche e qualificarle come norme giuridiche, ipotesi, come visto, scartata dalla dottrina largamente maggioritaria342 –, oppure bisogna riconoscere che gli standard tecnici, pur non configurabili come fonti di diritto in quanto aventi ad oggetto norme tecniche (e non giuridiche), siano fonti di obblighi non giuridici rilevanti per gli ordinamenti statali, regionali e, particolarmente, per l’ordinamento globale. In modo più completo, gli standard possono definirsi fonti di obblighi non giuridici, la cui efficacia giuridica eventuale è tale in ragione di un’attribuzione o imposizione che

requisiti (standard) che un organismo di certificazione è tenuto a rispettare per soddisfare l’onere della prova di aver adottato un comportamento imparziale in vista del rilascio di certificazioni a vari fini. Il noto Regolamento UE 679/2016 (GDPR), agli artt. 42 e 43, autorizza le autorità deputate alla protezione dei dati ad adottare meccanismi certificatori che consentirebbero ai titolari e responsabili del trattamento dei dati di provare il rispetto della normativa sulla privacy a mezzo certificazione.

339 Si veda infra, paragrafo II.3.b.

340 Si tratta di un profilo particolarmente spinoso proprio in relazione ai normalizzatori di tipo globale, in virtù del

fatto che sovente gli stessi costituiscono il perno di un’attività di normalizzazione su scala globale che rischia di essere fortemente autoreferenziale. Si veda sul punto A. BENEDETTI, Certezza pubblica e “certezze” private,

poteri pubblici e certificazioni di mercato, cit., pp. 94-95.

341 Si veda A. MOSCARINI, op. cit., pp. 1895 ss.; Si veda B. KINGSBURY-L. CASINI, Global Administrative Law Dimensions of International Organizations Law, New York University Public Law and Legal Theory Working

Papers, New York, 2010, n. 1-1-2010. Si veda anche supra, capitolo I.2.b.

342 Si veda ancora supra, capitolo I.2.b. MOSCARINI ha notato quanto tuttavia tale tendenza sia in fase di

ritrattazione da parte della dottrina più avveduta. Si veda A. MOSCARINI, op. cit. pp. 1895 ss. Sul punto tuttavia non sembra esistere una posizione univoca.

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avviene su base autoritativa (imposta dall’ordinamento giuridico-statale) o per il tramite di altri fattori, che meritano apposita analisi nella sede più appropriata343.

I termini della questione qui brevemente riassunta si intrecciano con quelli della giuridicità in senso classico o moderno, in base alle premesse giusnaturalistiche o giuspositivistiche, ai quali si è brevemente accennato nelle prime pagine di questo lavoro. Questione che è di carattere filosofico e che quindi trascende l’ambito di interesse di questo lavoro, ma che costituisce pur sempre un termine di confronto importante344. Del resto, discernere tra ciò che è giuridico e ciò che non lo è resta un problema necessariamente giuridico, seppure non propriamente afferente alla dogmatica del diritto in senso stretto345.

Oltretutto, non avendo riconosciuto l’esistenza di un vero e proprio ordinamento tecnico come ordinamento giuridico sezionale per le ragioni viste in precedenza346, si ricorderà che abbiamo tuttavia riconosciuto la bontà della premessa metodologica di quelle teorie: il rifiuto del monismo giuridico come una prospettiva idonea a comprendere la normalizzazione sotto un profilo normativo.

La ragione è ora di facile intuizione. In primo luogo, se si esclude il caso in cui il rispetto delle norme tecniche è imposto dal legislatore, gli standard in generale (e quelli tecnici in particolare) possono definirsi di per sé come “fonti di obblighi non giuridici347”. Con ciò, appare evidente come stiamo riconoscendo da un lato l’esistenza

343 Di ciò si dirà specificamente nel capitolo III.

344 Laddove si considerino la giuridicità e il diritto come emanazioni di un fatto (sia esso la norma o la storia), che

è misura e giudice di altri fatti (la realtà), bisognerà inquadrare la norma tecnica nell’alveo delle norme giuridiche. Ciò sarà possibile nella misura in cui vi sia una disposizione che ciò disciplini (ipotesi normativistica), oppure ammettendo che è la realtà giuridica in quanto evolutasi in un certo modo che lo impone (ipotesi istituzionalistica). Laddove si consideri la giuridicità come un concetto giudice del fatto, un predicato della norma (ipotesi giusnaturalistica classica), bisognerà comprendere se la norma tecnica in quanto tale risponda ai requisiti della giuridicità o meno. Se, in altre parole, essa costituisca “ius quia iustum”. Per un approfondimento di questi temi, si veda in termini generali F. OLGIATI, op. cit.

345 In questo senso depone una lettura improntata al giuspositivismo, che resta il modello per l’inquadramento delle

categorie giuridiche largamente prevalente. Si veda sul punto S. CASSESE, The present State of Italian

Administrative Law, in “New Trends in Italian Public Law”, a cura di S. CASSESE e L. TORCHIA, Esperia

Publications Ltd., Londra, 2012, pp. 25-26.

346 Si veda supra, paragrafo I.4.b.

347 Nel senso, per l’appunto, che essi prescrivono determinate condotte, ma che tale prescrizione non ha natura

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di forme di cogenza che trascendono il diritto – elemento di per sé sufficientemente provato anche prescindendo dal fenomeno della normalizzazione – dall’altro la possibilità, specialmente nell’arena globale, che obblighi non giuridici siano capaci di modificare posizioni giuridiche348.

In secondo luogo, come meglio si dirà349, se è vero che gli standard tecnici sono inseriti nello spazio giuridico globale e, anzi, lo plasmano, di questo essi devono necessariamente mutuare il substrato giuridico, inteso normalmente come un livello giuridico ulteriore (ma integrato) rispetto ai diritti nazionali350, la cui comunità socio- giuridico-istituzionale integra tutti i parametri di un ordinamento giuridico, in quanto è caratterizzata da una moltitudine di soggetti (innanzitutto una pluralità di Stati), da un’organizzazione (in larga parte interpretata e strutturate nelle organizzazioni internazionali) e normazione distinta (convenzionale, pattizia, regolamentare, globale)351.

A chiosa di questa riflessione, bisogna trarre la conseguenza che gli standard sostanziati e, a maggior ragione, gli standard tecnici, possono definirsi, con le dovute eccezioni352, non solo come “istruzioni operative per la produzione e la fornitura di servizi”, bensì anche come “fonti di obblighi non giuridici” frequentemente prodotte da privati, cogenti nella misura in cui gli ordinamenti nazionali e quello globale ciò consentono o impongono. Tale definizione, del resto, ne sancisce la vicinanza agli indicatori globali e al fenomeno dell’“amministrazione attraverso indicatori” tipica dei processi regolatori su scala globale353.

348 Ciò determina necessariamente una riflessione sulla possibilità di un’eterarchia, come si è detto supra. A questa

conclusione giunge anche R. HOWSE, A New Device for Creating International Legal Normativity: the WTO

Technical Barriers to Trade Agreement and "International Standards", cit., pp. 383-384. 349 Sul punto, si veda infra, capitolo II.1.a.

350 Sul punto, su tutti, si vedano gli scritti di S. CASSESE. Si veda inoltre G. SHAFFER, How the WTO Shapes Regulatory Governance, Regulation & Governance, vol. 9, n. 1, 2015; UC Irvine School of Law Research Paper n.

2014-53, liberamente reperibile all’indirizzo SSRN: https://ssrn.com/abstract=2507576 (ultima visita: 28 ottobre 2018), pp. 10-14.

351 Si veda S. CASSESE, Lo spazio giuridico globale, cit., pp. 323-339

352 Su tale tema bisognerà necessariamente tornare nei prossimi capitoli. In particolare si veda infra paragrafo III.1. 353 Si veda sul punto G. DIMITROPOULOS, op. cit., pp. 7-10. In merito agli indicatori, si veda L. CASINI, Potere globale. Regole e decisioni oltre gli Stati, cit., pp. 80-86.

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In virtù della esplorata commistione tra elementi propri del diritto pubblico e di quello privato, inoltre, la normalizzazione / standardizzazione si qualifica, dunque, come un fenomeno di diritto né pubblico né privato, ma ibrido354, i termini della cui cogenza355 dovranno essere affrontati nelle pagine che seguono.

354 Sul tema, si veda in generale G. NAPOLITANO, Pubblico e privato nel diritto amministrativo, cit. Si vedano

anche S. CASSESE, Tendenze e problemi del diritto amministrativo, Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2004, pp. 904-912; L. CASINI, Potere globale. Regole e decisioni oltre gli Stati, cit., pp. 125-128.

355 È opportuno ricordare che la stessa proprietà della “cogenza” presenta uno spettro di qualificazioni amplissimo,

e non è avulsa da ambiguità terminologiche. Basti pensare che per cogenza alcuni autori intendono, normalmente, l’“effettività giuridica”, che non costituisce necessariamente un sinonimo della medesima. Si veda D. BEVILACQUA, Il free trade e l’agorà, cit., pp. 27-28.

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Capitolo II: I soggetti e gli strumenti della normalizzazione.

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