• Non ci sono risultati.

b) Vergogna sociale

1 In Defense of Shame

1.2 I problemi di questa teoria

1.2.2 b) Vergogna sociale

Ho appena mostrato perché secondo me a) non è stato dimostrato adeguatamente, quindi ci si potrebbe chiedere quale motivazione mi spinga a dedicare spazio al secondo punto, il quale, essendo un’implicazione del precedente, dovrebbe essere considerato falso in partenza. Il motivo è che anche ritenendo valido a), credo ci siano buone ragioni per considerare l’argomentazione a favore di b) problematica.

Abbiamo visto come la definizione della vergogna presentata in In Defense

Of Shame poggi su una particolare teoria dell’identità, secondo la quale la nostra

individualità è costituita dai valori che possediamo e ai quali diamo importanza. La vergogna, come detto, nascerebbe per gli autori dal fallimento nell’esemplificazione di questi valori e dalla consapevolezza di essere completamente incapaci di personificarli. Anche in quegli episodi in cui l’altro è molto importante per far sorgere questa emozione, essa può comunque essere ricondotta all’attaccamento di un nostro valore, scongiurando così la minaccia dell’eteronomia. Dopo aver dato prova dell’esistenza di episodi di vergogna privata, DRT devono quindi dimostrare come anche in quei casi in cui ci vergogniamo in pubblico, la causa è pur sempre ascrivibile al mondo interiore del soggetto e al suo sistema di valori.

Prendiamo in considerazioni alcuni degli esempi proposti nel libro64:

• Milena, a schoolgirl, goes to her new school and is roundly mocked for her foreign appearance and accent. She is mortified, wishes she could disappear, tries to avoid the looks and jeers of her schoolmates, and goes home in despair, sure she could not possibly face them again.

• Luc, a young adult, is caught by his sister peeping through a keyhole at the beautiful au pair. Realizing the impossibility of conjuring

64 Cfr. Ivi, p. 22.

up a respectable explanation for the situation, he rushes out of the house, convinced he will never return.

• Huck pulls over in the countryside, grateful, given his urgent bodily need, for having found a secluded place. Unfortunately, he realizes too late, in medias res, that an entire family has selected the very same spot for their picnic. The few awful moments it takes him to hide whatever he can, gather himself together, and run back to his car are not something he can laugh off to this day.

I sostenitori dell’eteronomia (Tesi (2)) fanno leva prevalentemente sul fatto che noi possiamo provare vergogna anche non concordando col giudizio che è stato capace di generarla, risultando così sottomessi a standard che non ci appartengono e che ci sono stati imposti dall’esterno. DRT fanno però giustamente notare che non sempre il dissenso è sufficiente per innescare la vergogna: Milena ad esempio potrebbe trovare il giudizio dei compagni infondato e rispondere con ira nei loro confronti, indignarsi, oppure semplicemente ignorarli e reagire con totale indifferenza65. Prima abbiamo ricordato ad esempio come

Diogene di Sinope non provasse assolutamente vergogna nel mostrarsi nudo e nel fare cose scabrose in pubblico, pur sapendo di star andando contro il buon costume Ateniese ed essere mal visto dalla popolazione della polis. Da cosa dipende allora la vergogna? Intelligentemente gli autori ci mostrano come non sia importante l’accordo o il disaccordo riguardo al giudizio rivoltomi, ma il valore al quale questi giudizi fanno riferimento e di cui mi importa66.

65 «If Milena disagrees with her schoolmates’ attitude, if she sees nothing ridiculous or vulgar

about her manners or accent, or if she has no attachment at all to the underlying values of dignity and gracefulness, she might well be angered or disgusted by her schoolmates’ jeers rather than ashamed». Cfr. Ivi, p. 128.

66 «In order to feel shame, Milena, Luc, and Huck must perceive their attitudes or traits as

threatening something they do value.[…] Since others’ judgments and attitudes form our reputation independently of whether we perceive them as justified, shame will be elicited independently of our actual agreement with these judgments and attitudes when we perceive them as threatening our standing in the eyes of others.». Cfr. Ivi, pp. 130-131. Se non c’è un valore a cui siamo attaccati alla base, l’accordo o disaccordo dei giudizi non ha alcuna importanza: se essere un bravo cuoco non è qualcosa di minimamente importante per me, il farmi notare da qualcuno di non essere capace non potrebbe mai farmi vergognare, a prescindere dall’accordo o no da parte mia col giudizio espresso. Questo vale per la vergogna come per le altre emozioni: se qualcuno mi prende in giro per il mio naso, ma a me non importa nulla del mio aspetto fisico né dell’opinione di chi mi sta giudicando, io non mi arrabbio. Se l’Italia vince i mondiali di calcio ma io non sono interessato allo sport, non provo gioia. Non posso

Affinché Milena possa provare vergogna essa deve ritenere importare l’opinione altrui, tenere particolarmente al valore della reputazione e desiderare di apparire in un certo modo ai compagni. In questo caso ciò che costituisce la

conditio sine qua non per far emergere l’emozione è il self-relevant value

dell’immagine pubblica. Questa teoria si oppone con gran forza alla tesi (2) poiché ci permette di riconsiderare quei casi in cui l’altro sembra esser la causa dell’emozione e così salvare la vergogna dall’accusa di eteronomia: sebbene si manifesti il più delle volte in pubblico, dal momento in cui ha a che fare con il fallimento dell’esemplificazione di un valore importante per il soggetto, essa rimarrebbe tuttavia una questione personale e privata in cui l’altro può al massimo ricoprire un ruolo semplicemente ancillare, aiutandoci ad adottare una nuova prospettiva67 su noi stessi.

Non importa dunque la valutazione dei compagni e il punto di vista di Milena rispetto ad essa, ciò che è importante è che la bambina deve percepire minacciato un valore per lei fondamentale e che vorrebbe a tutti i costi esemplificare; in questo caso quello della reputazione.

Allo stesso modo, il motivo per cui Huck prova vergogna è legato fondamentalmente all’aver disatteso il valore della riservatezza a cui egli è attaccato, così come il vergognarsi di Luc è connesso all’incapacità di soddisfare, anche solo in misura minima, il valore di apparire in un certo qual modo alla sorella.

È importante ricordare che gli autori parlano di due tipologie di casi in cui l’altro è in qualche modo rilevante per provare vergogna. Nella prima categoria rientrato tutti quegli episodi in cui lo spettatore ha l’unico ruolo di innescare l’emozione facendoci prendere consapevolezza di aver violato un nostro principio/standard/valore. Come abbiamo visto, nell’esempio dell’aspirante scrittore la presenza di John è da considerare meramente ancillare, poiché Sam non è preoccupato di cosa l’amico possa pensare di lui e delle sue doti, ma si

provare indignazione per il sistema politico corrotto se non nutro alcun interesse per il mio paese e per la situazione dei cittadini. Come mostrato nel punto a) porre l’accento esclusivamente sulla mancata esemplificazione dei valori non ci permette talvolta di tracciare adeguatamente i confini della vergogna, rendendo difficile distinguerla da un’emozione come la delusione di sé.

67 Prospettiva, come già visto, che non si baserebbe sul concetto di altro ma consisterebbe

vergogna perché realizza di aver fatto un disastro e aver disatteso un ideale privato. Ѐ vero che posso accorgermi di stare andando contro un mio valore immaginando ad esempio lo sguardo deluso di un mio genitore, ma dal momento in cui posso rendermi conto di non stare agendo secondo i miei principi anche senza l’aiuto di uno spettatore reale o immaginato, il ruolo dell’altro non può essere considerato imprescindibile68. Per comodità, potremmo chiamare episodi X tutte quelle situazioni di vergogna cui l’audience non è determinante.

L’altra categoria, che chiameremo Y, comprende tutti quelle situazioni in cui l’altro è fondamentale per farci provare vergogna poiché il soggetto disattende un proprio valore sociale, connesso cioè alla sua immagine pubblica e a come appare agli altri.

Entrambe le tipologie di vergogna non minacciano l’autonomia dell’individuo: l’unica differenza è che nei casi X a venir violato è un valore privato, nei casi Y un valore sociale.

Alcuni studiosi69 hanno fatto notare che esistono degli episodi di vergogna che non paiono rientrare in nessuno dei due modelli esplicativi: possiamo provare vergogna infatti nell’esporre pubblicamente qualcosa che in privato non ci disturba affatto. Potrei assolutamente trovare normale e divertente parlare col mio gatto mentre sono a casa da solo, eppure vergognarmi profondamente nel caso venissi sorpreso da qualcuno mentre lo faccio. Così come potrei essere una persona estremamente romantica e dolce ma provare vergogna nel caso un mio genitore dovesse leggere le lettere d’amore che mando alla mia fidanzata. Se non penso ci sia nulla di inappropriato nel relazionarmi in quel modo con il mio animale domestico e addirittura credo sia un pregio essere passionali con la propria amata, perché mi vergogno se qualcuno viene a scoprire queste cose sul mio conto?

68 Abbiamo però visto che a) e l’esistenza di casi completamente privati di vergogna non è stata

dimostrata adeguatamente, per cui per poter spiegare i casi di questo tipo è necessaria una spiegazione alternativa.

69 Che l’altro possa giocare un ruolo più che meramente ancillare è messo in luce ad esempio in

questo caso presentato da Zahavi: «When writing your latest article, you make extensive use of passages found in an essay by a little-known and recently deceased scholar. After your article has been published, you participate in a public meeting where you are suddenly accused of plagiarism. You emphatically deny it, but the accuser, your departmental nemesis, produces incontrovertible proof.» cfr. Dan Zahavi, Self and Other, cit., p. 221.

La teoria di DRT sembrerebbe quindi incapace di dar conto di tutte quelle situazioni in cui, seppure il valore che innesca l’emozione non sia sociale, l’altro appare ricoprire un ruolo molto più che ancillare. Come potrebbero difendersi gli autori di In Defense of Shame?

Essi potrebbero sempre dire che se l’altro è determinante per far sorgere la vergogna, evidentemente è perché abbiamo fallito nell’esemplificare un valore sociale che, anche a nostra insaputa e almeno in quella data circostanza, era per noi più importante di tutto il resto. Così, se un compositore scrive una stupida melodia, ma non se ne vergogna sin quando un suo collega non ne viene a conoscenza, il fallimento non riguarda il valore privato dell’abilità musicale, che potrebbe essere tranquillamente tollerato, ma il valore sociale della reputazione. In questo modo essi trasformerebbero un caso X, in cui il ruolo dell’altro è puramente ancillare poiché il valore in gioco è privato, in un caso Y70 in cui l’altro è fondamentale poiché il fallimento riguarda un valore sociale. Essi renderebbero la loro posizione apparentemente inattaccabile: riconducendo tutti i casi in cui l’altro è fondamentale a situazioni in cui il soggetto non riesce ad esemplificare un proprio valore sociale, l’obiezione finirebbe, infatti, per essere totalmente neutralizzata e considerata semplicemente il frutto di un fraintendimento e dell’incapacità d’identificare il valore che realmente innesca l’emozione.

In questa sezione mostrerò perché, a mio parere, non possiamo accettare una risposta di questo tipo. Secondo il mio punto di vista, se da un lato sembra corroborare la tesi presentata in In Defense of Shame, dall’altra nasconde degli elementi che finiscono per renderla problematica e non esaustiva.

Per cominciare vorrei far notare come tutti i valori chiamati dagli autori sociali possono in realtà essere ricondotti ad un solo.

DRT considerano sociali tutti quei valori che hanno a che fare, direttamente o indirettamente, con l’apparire agli altri ed all’essere esposti al loro giudizio. Il loro contenuto può essere cognitivo, religioso, estetico, morale e così

70 Si ricordi questo esempio: «Suppose it is summer and Sam cannot stand the insufferable heat

in his office. He decides to lock his door, removes his shirt and trousers, and falls asleep. Some time later, he is woken up. He opens his eyes to realise he is face to face with the secretary of the department who stares at him in disbelief. Sam is deeply ashamed.», Cfr. J. A. Deonna e F. Teroni,

Is Shame a Social Emotion, cit., p. 12. Gli autori spiegano il caso in questione sostenendo che Sam

via, e a differenza di quelli privati71 sono condivisi dai membri di una collettività. Non devono per forza essere abbracciati da tutti coloro che fanno parte della società in cui si vive o della nazione di cui si fa parte, ma possono riferirsi anche ad ambiti limitati come quello familiare, professionale, politico, culturale etc. A differenza dei valori privati, che per gli autori possono essere soddisfatti indipendentemente dal contesto in cui ci troviamo (si ricordi l’ideale della scrittura per Sam, valore disprezzato dalla società in cui è nato), i valori sociali sono resi operativi dalla disapprovazione e il biasimo della comunità nei confronti di chi li viola o non li riconosce. Al di là del fatto che uno possa effettivamente ritenere appropriato e giusto comportarsi in maniera educata, la mancata conformità al valore espone al rifiuto e alla critica di tutti coloro che invece lo ritengono giusto e opportuno. Il desiderio di essere accettati e ben visti dagli altri allora, ovvero quello che gli autori chiamano valore della reputazione, non può essere trattato come gli altri valori sociali, ma pare piuttosto quello a cui questi fanno necessariamente riferimento.

Negli esempi sopra citati, DRT ci dicono che i protagonisti falliscono nell’esemplificare i valori rispettivamente della reputazione, della costumatezza, della riservatezza. Ma i casi di Huck e Luc non sembrano poi così diversi da quelli di Milena. Huck, si è detto, si vergogna per esser venuto meno al valore della riservatezza, il quale consiste nel non mostrare determinate parti del proprio corpo e non espletare bisogni fisiologici in pubblico. Ma questo valore ha senso solo in una società in cui la trasgressione di questi precetti comporta una valutazione sociale negativa. Se ci chiediamo allora perché dovrei voler esemplificare un valore del genere, l’importanza dell’altro e di cosa possa pensare di me appare imprescindibile. Il valore della reputazione è sullo sfondo anche nel caso di Luc: DRT non ci dicono che egli prova vergogna perché realizza di star facendo qualcosa di sbagliato, ma perché si rende conto improvvisamente di essere visto. L’esempio è impostato in moda tale da far capire al lettore che il ruolo giocato dallo spettatore non è in alcun modo ancillare, ma determinante: Luc non scappa perché si rende conto di star commettendo un atto scabroso, ma perché l’azione

71 Differenza che studierò nel dettaglio nel prossimo capitolo quando affronterò la questione dei

valori e della loro natura intrinsecamente relazionale. Qui il mio intento è far notare come il problema sia individuabile anche mantenendo valida questa distinzione.

comporterebbe una valutazione negativa da parte della sorella nei suoi confronti. Se non gli fosse importato del suo giudizio e di esser visto in tale situazione, probabilmente non si sarebbe mai vergognato.

È vero dunque che se mi vergogno nel mostrare il mio lato romantico ai miei genitori, o se non voglio esser visto mentre parlo in maniera ridicola al mio gatto, è perché probabilmente possiedo il valore della riservatezza e della discrezione, ma se ci chiediamo cosa ci spinge ad abbracciarli, la paura per cosa gli altri possano pensare di noi è sempre dietro l’angolo.

Quando gli autori ci parlano dei valori sociali, come quelli dell’estetica, della modestia, dell’intelligenza, e in generale di tutti quelli che hanno a che fare con l’apparire agli altri, ci chiedono di pensarli accanto a quello della reputazione, come se si situassero sullo stesso piano concettuale. Io credo, invece, che questo sia un errore e che i primi siano indissolubilmente legati al secondo, tanto da non poterli pensare separatamente come valori distinti. Alessandra Fussi, nel commentare la teoria di Aristotele a proposito della vergogna, fa giustamente notare questo aspetto trascurato da DRT:

«… la vergogna funziona per tutti come una risposta affettiva che non può non tenere in considerazione, oltre al valore chiamato in causa, anche l’effetto che un nostro fallimento rispetto a quel valore può produrre sulle persone la cui opinione è rilevante per noi. Dunque, nell’ottica aristotelica i mali per cui si può provare vergogna sono in linea di principio innumerevoli, ma la cattiva reputazione non è uno dei mali di cui ci si vergogna, bensì la prospettiva in cui tali mali ci si presentano. i fallimenti e le mancanze in cui siamo coinvolti ci si mostrano attraverso il filtro della relazione ad altri, e ciò provoca un tipo particolare di dolore, diverso da quello che sentiremmo se considerassimo quei mali alla luce di altri fattori.».72

Volendo lasciare immutata la terminologia utilizzata dagli autori e considerare l’interesse per il giudizio altrui un valore a sé stante, è possibile chiarire il problema utilizzando la distinzione tra valori funzionali e valori finali73. In tutti e tre i casi i soggetti sono interessati all’opinione dello spettatore, e il

72 Cfr. Alessandra Fussi, Per una teoria della vergogna, cit., p. 99.

73 Su questa distinzione si veda Milton Rokeach, The Nature of Human Values, Free Press, New

valore della riservatezza (Huck) e quello della costumatezza (Luc) non sono altro che modi in cui si articola la sfera di cui fa parte la reputazione. Con questo non voglio dire che essi non possano essere abbracciati e soddisfatti perché ritenuti nobili e giusti in sé; voglio semplicemente sottolineare che a prescindere da ciò sappiamo che riceviamo approvazione se ci conformiamo ad essi e disapprovazione se non lo facciamo. La nostra opinione riguardo l’oggetto del valore è irrilevante: sia che li consideriamo validi in sé, sia che non crediamo nel loro oggetto, essi rimangono i criteri in base ai quali la società valuta la nostra persona.

Ma poiché l’accettazione e il rifiuto dipendono dal rispetto di standard e valori che orientano la nostra condotta, l’esemplificazione di quello che DRT chiamano valore della reputazione è possibile solo attraverso la soddisfazione di un altro valore che ne costituisce il mezzo. Huck si vergogna perché sa che apparire nudo in pubblico è un atto scabroso per la società in cui vive e Luc scappa perché sa che per la sorella ha commesso un’azione inaccettabile. La mancata personificazione del valore della riservatezza e della costumatezza comporta inevitabilmente il fallimento riguardo anche quello della reputazione, suggerendoci che è impossibile pensarlo isolatamente.

L’esempio di Milena presenta infatti una lacuna esplicativa e il resoconto degli autori appare incompleto. Se Milena ha il valore della reputazione, è chiaro che desidererà essere accettata e vista in un certo qual modo dai compagni, ma non potrà mai provare vergogna se la loro opinione intacca qualcosa che per lei non è assolutamente rilevante. Per quanto una persona possa essere interessata alla sua immagine pubblica, generalmente lo è sempre e solo riguardo a determinati aspetti della sua identità. Io potrei desiderare di apparire elegante e affascinante, ma non preoccuparmi di cosa la gente pensa della mia rettitudine morale; potrei voler essere stimato dai colleghi e dagli amici per le mie doti intellettuali, ma non interessarmi minimamente alla loro opinione per quanto concerne tutto il resto. È vero dunque che se possediamo il valore della reputazione siamo particolarmente attenti a cosa gli altri pensano sul nostro conto, ma lo siamo sempre in relazione a quelli che per noi sono determinati aspetti della nostra personalità.