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La benedizione nella storia e nella vita della Chiesa

Nel documento Dispensa 2016-17 (pagine 93-96)

PER INVOCARE LA SUA BENEDIZIONE

3. La benedizione nella storia e nella vita della Chiesa

Osservando la prassi liturgica della vita della chiesa, notiamo una progressiva evoluzione – tale da identificarsi in una vera e propria trasformazione – del significato e dell'uso della benedizione. Possiamo individuare due linee di sviluppo che talvolta si integrano e si intersecano: la preghiera di benedizione come lode, azione di grazie; e la benedizione come preghiera estesa progressivamente fino agli esseri inanimati.

3.1. Benedizione ascendente

Considerata nel suo movimento ascendente, la benedizione intesa come «azione o rendimento di grazie» nella tradizione liturgica scomparirà sempre più dalla coscienza e dalla pratica dei fedeli, per identificarsi pressoché esclusivamente con la preghiera eucaristica e trovare nel prefazio il momento più caratteristico non solo per esprimere tale atteggiamento di lode in genere, ma anche per dare di volta in volta la motivazione della stessa. Si tratta del contenuto tipico dell'embolismo prefaziale che ha lo scopo di dar ragione ogni volta del particolare rendimento di grazie che l'assemblea innalza al Padre per Cristo nello Spirito. Le antiche fonti liturgiche ci permettono di constatare tale ricchezza e varietà di espressione in parte ripresa dai libri liturgici odierni, specialmente dal Messale Romano.

All'inizio del cristianesimo, prima che si accentui l'evoluzione della benedizione da "lode a Dio" a "santificazione delle realtà create", abbiamo ancora qualche testimonianza di consuetudini conformi allo spirito e alla prassi della tradizione ebraica. Già Paolo nelle sue lettere fornisce una interessante documentazione quando apre il suo discorso con le varie comunità benedicendo (= rendendo grazie) Dio Padre per ciò che ha operato in Cristo Gesù, specialmente nella sua morte e risurrezione, e per ciò che opera in tutti coloro che accolgono la sua Parola. Ippolito nella Traditio apostolica testimonia ancora questa consuetudine quando raccomanda la preghiera di benedizione (= lode, ringraziamento) per le più svariate circostanze: per l'offerta dell'olio (n. 5), del formaggio e delle olive (n. 6); per l'oleum gratiarum actionis cui si accenna nella descrizione del battesimo (n. 21); per il latte e il miele (n. 21); per la luce (n. 25); per le primizie dei frutti e per i fiori (nn. 31-32); in conclusione: «per tutto ciò che si prende (come cibo), si renderanno grazie al Dio santo, prendendone a sua gloria» (n. 32).

3.2. Benedizione discendente

L'azione del fedele che si rivolge al Padre per esprimere il proprio rendimento di grazie costituisce la risposta all'intervento di Dio nella storia stessa e nella vita dell'uomo. Se l'uomo "risponde" è perché Dio si è mosso per primo. Ma questa azione di Dio è sollecitata e invocata dall’uomo perché questi sa che tutto dipende da lui.

In questo movimento, che possiamo chiamare discendente, Dio benedice l'uomo e le realtà create. In tale prospettiva la chiesa, investita dall'autorità di Cristo, benedice con riti particolari persone e cose, per mezzo dei suoi ministri. Se l'uomo dunque benedice qualcuno o qualcosa, lo fa in nome di Dio che solo può benedire, cioè inserire nel flusso della propria vita divina.

Questa prassi lungo i secoli ha avuto uno sviluppo enorme nella vita della chiesa, tanto da connotare il termine benedizione con il senso pressoché esclusivo di «azione compiuta da un uomo che la chiesa ha investito di un potere divino con lo scopo di invocare, mediante la preghiera, il favore divino sulle persone e sulle cose».

3.3. La testimonianza della tradizione

La prassi della chiesa nelle sue singole comunità locali si muove dall'esempio di Cristo che benedice persone e cose: i fanciulli, gli apostoli, i pani... Le fonti liturgiche offrono una gamma molto vasta di benedizioni che, soprattutto nel medioevo, hanno raggiunto il loro più grande sviluppo. «Verso l’VIII e il IX sec. – scrive il Molien – l’insieme della vita cristiana è impregnato di benedizioni il cui uso, iniziato nei monasteri, si è poi diffuso in tutte le classi della società». Grosso modo, possono essere così suddivise: benedizioni concernenti le persone (vescovo, presbitero, diacono, lettore, vergine, vedova, abate, abbadessa, penitente, catecumeno, infermo...); gli oggetti destinati al culto (basilica, altare, calice, patena, battistero, fonte, olio, cera, acqua, sale, croce, incenso...); e gli elementi per la vita

dell'uomo (semina, mèssi, pioggia, primizie, animali, casa, pozzo, vestito...).

Il Franz adotta una divisione diversa nell'opera che raccoglie le benedizioni della chiesa nel medioevo: 1. acqua benedetta; 2. sale e pane; 3. vino; 4. olio; frutti del campo, del giardino ed erbe (radicchio, ruta, erbe medicinali...); 5. benedizioni nel giorno dell’epifania (oro, incenso e mirra; pietre preziose); delle candele (2 febbraio); di s. Biagio (come pure in altri tempi); 6. benedizioni in quaresima e nel tempo pasquale (ceneri, palme, fuoco, cero pasquale, Agnus Dei in Roma, generi alimentari nel giorno di pasqua); 7. casa, fattoria, mestieri (case, fontane nuove o inquinate, recipienti, oggetti per i mestieri...); 8. benedizioni conventuali; 9. fenomeni della natura (pioggia e siccità; temporali e demoni; preghiera per il tempo...); 10. gli animali (aiuto e protezione; difesa...); 11. matrimonio, madre e bambino (matrimonio e fertilità; per la madre, prima, durante e dopo il parto; nella fanciullezza e gioventù; nella scuola...); 12. nei pericoli (viaggi, pellegrinaggi, battaglia, giudizio di Dio, ordalie...); 13. nelle malattie (febbre, occhi...); 14. per la possessione diabolica.

Oggi comunque lo studioso, come pure il pastore, può disporre di uno strumento che gli permette di accedere alla più grande raccolta di benedizioni appartenenti alle numerose tradizioni delle chiese di Occidente. Si tratta del Corpus

Benedictionum Pontificalium, in cui l'autore – il Moeller – recensisce complessivamente

2093 benedizioni secondo l'ordine alfabetico del loro incipit, offrendo anche un utilissimo indice di lettura secondo il Calendarium liturgicum. Le benedizioni sono qui

presentate secondo il calendario precedente la riforma liturgica del Vat. II; ma l'A. molto opportunamente offre la concordanza anche con l'attuale calendario. Questo l'ordine dei capitoli: 1. Proprium de Tempore; 2. Commune benedictionum per annum; 3. Proprium de Sanctis; 4. Commune Sanctorum; 5. Commune defunctorum et Benedictionum votivarum, Ritualis et Pontificalis. Sempre in questo contesto è doveroso ricordare l'opera più recente e accessibile di E. Lodi che nell'Enchiridion euchologicum recensisce circa 80 benedizioni.

Ci è sembrato utile fare questa digressione che può anche dare impressione di ricercatezza storica. Ma la conoscenza della tradizione, al di là della sua intrinseca ricchezza, costituisce una guida sicura oltre che una miniera cui l'operatore pastorale deve saper attingere con acribia e intelligenza. Uno sguardo sempre attento alla tradizione considerata nella sua globalità permette di sviluppare utili suggerimenti anche per le varie e così diversificate situazioni pastorali del mondo contemporaneo. D'altra parte, l'ultimo segmento di questa tradizione è costituito da ciò che troviamo negli attuali libri liturgici. Oltre al Benedizionale – così era chiamato il libro con i testi delle benedizioni fin verso la riforma liturgica attuata da s. Pio V – e ad altri libri, il Messale Romano di Paolo VI offre un'ampia gamma di benedizioni per la conclusione dell'eucaristia, secondo i momenti più significativi dell’anno liturgico e in particolari occasioni liturgico-sacramentali della vita del fedele. Il valore liturgico e pastorale di queste benedizioni è indiscusso: esse permettono di solennizzare le celebrazioni e di variare la formula ordinaria della benedizione finale mediante testi che brillano per concisione e ricchezza dottrinale e sintetizzano bene lo spirito della festa e il senso del mistero celebrato.

3.4. Verso una ridefinizione?

Alcuni Padri ci offrono definizioni di benedizione che sintetizzano bene la realtà inerente a questo gesto. Due esempi significativi. Basilio Magno, nella lettera 199 ad Anfiloco, scrive che «...benedictio enim sanctificationis communicatio est...» (PG 32, 723D). Ambrogio di Milano, nel c. II dell'opera De benedictionibus patriarcharum, presentando la benedizione di Ruben più come una «profezia» che non come vera e propria «benedizione», afferma: «Prophetia enim annuntiatio futurorum est, benedictio autem sanctificationis et gratiarum votiva collatio» (PL 14, 676A). Il testo definisce esattamente l’oggetto: la santificazione mediante il dono della grazia; e il mezzo: la preghiera della chiesa (votiva).

Ci troviamo dunque di fronte ad un rito (= preghiere + gesto/i) istituito dalla chiesa e compiuto in suo nome da uno dei suoi ministri per santificare persone o cose: perché le persone possano godere dei frutti della redenzione e le cose diventino strumento di grazia per tutti. «La benedizione, in senso liturgico – scrive il Righetti –, è il rito compiuto da un ministro sacro con cui si invoca Dio, perché conferisca il suo favore su qualche persona o cosa, la quale perciò acquista una specie di carattere sacro permanente, ovvero si chiede un beneficio materiale o spirituale... Nel primo caso abbiamo le cosiddette Benedizioni costitutive... la cui efficacia è sempre assicurata dalla preghiera della chiesa; nell’altro caso abbiamo le

Benedizioni invocative... il cui effetto dipende dal fervore del recipiente e dalla volontà

di Dio». Le prime infatti – dette anche consacrative – danno alla persona o all'oggetto un carattere sacro che le toglie da un uso puramente comune (la consacrazione delle vergini, la benedizione dei vasi sacri o di una chiesa [Dedicazione delle chiese] ecc.); le seconde invece non cambiano la natura o la finalità di un oggetto (il pane benedetto è mangiato; la persona benedetta continua a vivere la propria vita...), ma domandano solo un particolare bene spirituale o temporale. Comunque l'effetto temporale o spirituale che deriva dalla benedizione dipende dalle disposizioni del soggetto e dalla preghiera della chiesa («ex sua impetratione»: cf. can. 1144 del CIC del 1917), la quale avvolge la vita dell'uomo come in un'atmosfera di soprannaturale per ricondurla sempre più nel mistero di Cristo, ricordando l'affermazione di Paolo: «...tutto è vostro: ... il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1Cor 3,21-23).

Il quadro di sintesi per una definizione di benedizione è quello che troviamo in apertura del "Decreto" con cui la Congregazione per il Culto divino ha approvato il 31 maggio 1984 il Benedizionale. In esso le benedizioni sono presentate «come azioni liturgiche [che] portano i fedeli a lodare Dio e li dispongono a conseguire l'effetto precipuo dei sacramenti e a santificare le varie circostanze della vita».

Nel documento Dispensa 2016-17 (pagine 93-96)

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