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I sacramenti, vertice dell'esperienza misterica cristiana

Nel documento Dispensa 2016-17 (pagine 172-175)

«CALICE DELLA BENEDIZIONE»

3. I sacramenti, vertice dell'esperienza misterica cristiana

Sulla linea dinamica della primordiale esperienza celebrativa realizzatasi nella solenne liturgia dell'alleanza (cf Es 19-20 e 24) si modula la dinamica sacramentale del tempo della Chiesa. Parola e sacramento sono i due momenti di un interloquire divino-umano, di un rapporto dialogico che si muove sempre dal: «Se vorrete ascoltare la mia voce...» (Es 19,5), attraversa una verifica: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!» (Es 19,8), e si conclude in un segno di alleanza che suggella i due movimenti dell’alleanza: da parte di Dio e da parte del fedele (cf Es 24,7-8).

Il sacramento diventa pertanto l’occasione di una fede ritualizzata, che a sua volta

ritualizza sia i momenti essenziali della vita (Battesimo, Confermazione, Ordine,

Matrimonio) sia le rinnovate scelte di una esistenza in Cristo (Eucaristia, Penitenza, Unzione).

L'incontro liberante e beatifico tra il Dio della vita e la vita del fedele nel sacramento trova la sua relizzazione piena quando questo è la sintesi di un «prima - durante - dopo» celebrativo. Se il durante è il luogo in cui il linguaggio rituale manifesta, con la forza che gli è propria, la capacità simbolica dell'evento salvifico, il prima costituirà la garanzia della veridicità del linguaggio simbolico, e il dopo non sarà che un ulteriore inveramento di quanto vissuto già prima nella verità, dopo essere stato filtrato attraverso l'evento divino nel sacramento stesso.

Vista in questa ottica, l'esperienza religiosa tipica del vissuto cristiano viene ad essere identificata con una pluralità di forme che vanno da quelle più ordinarie di rapporto con Dio (a partire dalla preghiera...) a quelle più personali e totalizzanti quali i sacramenti. Si può allora affermare che il vertice della beatificante esperienza religiosa cristiana

si attua nei sacramenti della fede e principalmente nell'Eucaristia? La risposta è già nella vita

cultuale del Signore Gesù. Quando egli ha comandato: «Fate questo in memoria di me» (1 Cor 11,24.25) non ha lasciato una prescrizione rituale relativa al come si doveva ritualizzare la sua Pasqua, ma un'indicazione di vita: una scelta di “beatitudine” tutta orientata alla volontà del Padre, scelta che nel sacramento di quell'Ultima Cena – come in ogni Eucaristia – ha trovato e continua a trovare il segno beato di inveramento pieno attraverso la celebrazione dei santi misteri.

È a partire da questo orizzonte che si è facilitati nella comprensione dell’organismo sacramentale come culmen et fons della beatitudine del cristiano, e si possono pertanto accostare i vari sacramenti come “luoghi” e fondamento di un percorso che ha sempre Dio come origine e come traguardo ultimo.

Nella stessa prospettiva possono essere accostati – in subordine – anche i sacramentali, cioè quei «segni sacri, per mezzo dei quali, ad imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti, e vengono santificate le varie circostanze della vita» (SC 60). È in questa prospettiva, costituita dalla preghiera liturgica che «il Signore ci insegna continuamente a pregare nel modo giusto» (Spe salvi, n. 34).

3.1. Immersi per risorgere beati «alla vita immortale» (Battesimo)

L'inizio dell'esperienza beatificante cristiana ha la sua origine e fondamento nella rigenerazione battesimale. Battezzato nel nome della Trinità Ss.ma, attraverso il «lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito» (Tt 3,5) il fedele, inserito come membro vivo nel popolo sacerdotale, inizia il suo cammino di configurazione a Cristo; una configurazione che raggiungerà, di mistero in mistero, il suo compimento nell'essere «concittadini dei santi nel convito eterno», e quindi beati in pienezza.

«Il dono nuziale del Battesimo, prima Pasqua dei credenti, porta della... salvezza» segna l'«inizio della vita in Cristo, fonte dell'umanità nuova»: un inizio che è apertura e insieme garanzia di quella «pienezza del corpo di Cristo» il cui conseguimento può essere garantito, sorretto e accompagnato solo da un'esperienza costante del mistero celebrato.

3.2. «Consacrati con l'unzione dello Spirito» (Confermazione)

Nella Confermazione il mistero della Pasqua diventa attualizzazione dell'opera dello Spirito che trasforma il fedele «in tempio della... gloria» di Dio. È questo che permette di portare a pienezza la realtà battesimale, di perfezionare nel cristiano «la somiglianza a Cristo» e di garantire la «piena conoscenza di tutta la verità».

«Il sigillo dell'unzione crismale (!)» è l'espressione di quell'esperienza misterica che apre ad una vita di testimonianza del Signore risorto, ad un'offerta di sé come risposta totale al Dio dell'alleanza, ad una «santità della vita» che rispecchi «il carisma profetico del... popolo» di Dio.

3.3. Beati gli invitati al «convito nuziale» (Eucaristia)

Il culmine dell'esperienza misterica cristiana si compie nella partecipazione alla Pasqua annuale, settimanale, quotidiana. Una sintesi eloquente di quanto si realizza

attraverso la celebrazione dell'Eucaristia è espressa in un embolismo prefaziale: «In questo grande mistero tu [Padre] nutri e santifichi i tuoi fedeli, perché una sola fede illumini e una sola carità riunisca l'umanità diffusa su tutta la terra. E noi ci accostiamo a questo sacro convito, perché l'effusione del tuo Spirito ci trasformi a immagine della tua gloria»: è il traguardo della suprema beatitudine!

Si intravede in questa prospettiva eucaristica quanto Paolo cerca di esprimere a proposito della comunione sempre più perfetta con il mistero di Cristo quando accenna al cristiano «con-sofferente» (Rm 8,19), «con-crocifisso» (Rm 6,6), «con- morto» (Rm 6,8), «con-sepolto» (Rm 6,4), «syn-phytos» (Rm 6,5), «syn-koinonós» (Rm 11,17), «con-risuscitato» (Ef 2,6), «con-vivificato» (Ef 2,5), «con-vivente» (Rm 6,8), «con-glorificato» (Rm 8,17), «co-erede» (Rm 8,17), «con-sedente» (Ef 2,6), «con- cittadino» (Ef 2,9), «con-regnante» (2 Tm 2,12): sono come altrettante tessere che strutturano il grande mosaico della vita beata.

3.4. Riconciliati «nella morte e risurrezione» per vivere beati (Penitenza)

L'esperienza di una vita penitente e riconciliata è garantita dall'incontro con Cristo morto e risorto, nel segno sacramentale della conversione. La liberazione «dalle seduzioni del male» e l'esperienza della «gioia della... misericordia» sono le condizioni per essere trasformati in sacrificio gradito al Padre, dopo aver ricomposto «nell'unità ciò che la colpa ha disgregato».

Occasioni «di riconciliazione e di pace» offerte dal sacramento permettono di ritrovare «la via del ritorno» al Padre e insieme costituiscono l'occasione per un'ulteriore apertura «all'azione dello Spirito Santo» in modo da vivere «in Cristo la vita nuova».

3.5. Uniti nella beatitudine di «una comunione senza fine» (Matrimonio)

Il mistero dell'alleanza nuziale nel sacramento del Matrimonio diventa quotidiano «simbolo dell'unione di Cristo con la Chiesa». «Esprimere nella vita il sacramento che celebrano nella fede» per gli sposi diventa un progetto di azione dalle più ampie articolazioni. In definitiva, però, tutto si concentra e trova senso in quella dimensione cultica e comunionale dell'esistenza in Cristo che fa dei coniugi i sacerdoti-celebranti della loro totale comunione di vita, che raggiungerà la sua pienezza solo in Dio.

Ogni attività, pertanto, e ogni espressione di comunione trova nei più diversi linguaggi dell'essere e dell'agire cristiano quasi la "forma rituale" della risposta al Dio dell'Alleanza. La visione “mistica” della vita matrimoniale assurge così a realtà attualizzante in una particolare scelta di fede che ha inizio nel Battesimo e continuamente si ristabilisce e si sostiene nei sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia.

3.6. Scelti come «dispensatori dei santi misteri» per la beatitudine dei fedeli (Ordine) Il prolungamento visibile del ministero di Cristo Pastore che genera e unifica la vita del popolo di Dio, è segnato dal sacramento dell'Ordine. La donazione completa alla comunità ecclesiale sulla linea degli apostoli che «hanno fondato la Chiesa come... santuario» di Dio «a gloria e lode perenne del [suo] nome» fa della vita del vescovo una conformazione speciale al mistero di Cristo Pastore. Ed è nell'esplicitazione di questo mandato che il vescovo realizza la mistica del servizio alla comunità a lui affidata e all'intera Chiesa di Cristo.

La continuazione dell'«opera santificatrice di Cristo» è affidata al ministero presbiterale. Attraverso questo servizio «il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto, perché congiunto al sacrificio di Cristo»; ma la stessa realizzazione di tale servizio diventa per il presbitero locus del proprio sacrificio spirituale. La vita in Cristo che continuamente cresce nella celebrazione dei santi misteri acquisisce ogni giorno più i connotati di un'autentica vita mistica, in quanto espressione e prolungamento del mistero che celebrano.

3.7. Unti per essere «partecipi della vittoria pasquale» (Unzione)

Celebrare il sacramento dell'Unzione come vittoria sui limiti della malattia nella configurazione al Cristo sofferente che giunge alla gloria mediante la via della Croce costituisce il traguardo di una vita “beata”. La trasformazione progressiva e costante della realtà battesimale verso una sempre più piena conformazione a Cristo trova nella celebrazione dei santi misteri non un appuntamento qualunque, ma la garanzia certa e ineludibile di una "trasfigurazione" totale – superati i limiti dell'umana natura – della personalità cristiana nella Persona divina del Cristo nel suo mistero pasquale.

Unire le proprie «sofferenze alla Pasqua del Cristo crocifisso e risorto» è toccare il culmine di una vita beata la cui “logica” è comprensibile solo in Dio. Ed è in questa ottica che tutti i termini di Paolo che iniziano con syn- diventano inveramento e condizione di inserimento pieno nel Mystérion.

4. Per una vita mistica, prefigurazione della suprema e definitiva beatitudine

Nel documento Dispensa 2016-17 (pagine 172-175)

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