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Il Direttorio e i suoi contenut

Nel documento Dispensa 2016-17 (pagine 182-186)

CATECHESI E CULTURA

3. Il Direttorio e i suoi contenut

Con l’inizio del terzo millennio si è concretizzato il momento – sicuramente, e per molti aspetti, atteso – di fare il punto sulla pietà popolare considerata in sé e nei suoi rapporti con la liturgia. Tale “momento” è scandito da un punto di riferimento costituito dal Direttorio su pietà popolare e liturgia, edito nel 2002 dalla Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti.

Di fronte a questo documento – come sempre capita di fronte a quelli di una certa importanza – l’educatore attento alla pluralità di conseguenze ivi coinvolte, è provocato ad una riflessione che non può esaurirsi in poche pagine (come le presenti) ma che, al contrario, richiede la messa in opera di una progettazione formativa con ritmi piuttosto ampi ed elastici.

14 Cf Direttorio ai nn. 24-27 per quanto concerne l’inizio dal sec. IV in poi; e nn. 36 e 43 per

quanto concerne lo sviluppo nei secoli XVI-XVIII; in particolare tutto il cap. I per una visione più globale.

15 Cf in particolare quanto il Direttorio afferma al n. 59, a proposito dell’importanza della formazione. 16 Si tratta del contenuto racchiuso nei nn. 91 e 92, che conclude il cap. III dedicato ai Principi

3.1. L’iter della preparazione

Con la data del Decreto di approvazione e promulgazione del Direttorio – 17 dicembre 2001 – è stato reso di pubblico dominio il frutto di una riflessione che era iniziata nel mese di novembre del 1989. Il Gruppo di studio (Coetus), costituito appunto in quel mese, si era riunito per la prima volta il 16 dicembre 1989, con l’obiettivo di studiare i vari aspetti della pietà popolare nei suoi rapporti con la liturgia, per proporre formulazioni concrete in vista dell’azione pastorale. Fin dall’inizio, pertanto, risultava chiara la prospettiva in cui si poneva la linea dei lavori: ottemperare al dettato di Sacrosanctum Concilium 1317 per venire incontro alle

numerose attese provenienti, in particolare, dall’ambito pastorale, oltre che chiarire una buona volta la confusione tra pietà e religiosità popolare.

La elaborazione del testo è stata lunga. I documenti di archivio potrebbero raccontare con una dovizia di particolari il cammino che è stato compiuto durante le riunioni mensili del Coetus fino all’ottobre del 1993, quando il Direttorio si presentava ormai in una stesura pressoché definitiva. Le riunioni del Coetus durante il 1994 poterono realizzare quei ritocchi e completamenti richiesti quando la visione d’insieme di una realtà si fa più concreta e oggettiva.18 Il Coetus si riunì per l’ultimo

incontro nel novembre del 1995 (a sei anni esatti di distanza dalla sua istituzione!), formulando – tra l’altro – l’auspicio che la pubblicazione del testo – distribuito nella successione di ben 278 paragrafi – potesse realizzarsi in tempi brevi, soprattutto per venire incontro alle numerose attese delle Chiese locali.

Ritocchi, revisioni, aggiunte e passaggi successivi fecero sì che il documento fosse finalmente sottoposto al giudizio dei Padri della Plenaria della Congregazione nel settembre del 2001. Il testo pubblicato è il frutto di tutto questo percorso.

Bisogna riconoscere che il testo definitivo ha rispettato l’originalità di quanto era stato frutto di ricerca attenta, e soprattutto di una visione teologico-liturgica sempre all’insegna di un servizio effettivo alla Chiesa, alla sua liturgia, alle attese dei fedeli, al rispetto dei loro valori culturali. Preziosa, al riguardo, emerge la lezione della storia e i criteri teologici da cui scaturiscono le indicazioni racchiuse nella parte propositiva e dispositiva del documento stesso; preziosa, soprattutto, la lezione che scaturisce dall’aver proposto l’anno liturgico come il locus princeps in cui ricollocare il cammino di educazione alla pietà popolare: il locus che permette di fare

17 Il testo conciliare che sta alla base di tutto lo sviluppo realizzato da Direttorio si esprime in questi

termini: «I pii esercizi del popolo cristiano, purché siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa, sono vivamente raccomandati, soprattutto quando si compiono per disposizione della Sede apostolica. Di speciale dignità godono anche i sacri esercizi delle Chiese particolari, che vengono celebrati per disposizione dei vescovi, secondo le consuetudini o i libri legittimamente approvati. Bisogna però che tali esercizi, tenuto conto dei tempi liturgici, siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, derivino in qualche modo da essa, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano» (SC 13).

18 A questo scopo fu fatto predisporre un primo Indice analitico, in modo da far emergere la

sintesi attraverso le più variegate espressioni che tale pietà finora ha espresso e che continuamente nella storia, anche in tempi recenti, fa emergere. Questo il segreto di fondo che sottostà alla ricchezza racchiusa nel documento e che ne costituisce il cuore.

3.2. Come si presenta il Direttorio?

Nella sua forma definitiva il Direttorio è strutturato in due parti. Dopo un’ampia e preziosa Introduzione – imprescindibile per entrare nella mens del testo, per avere finalmente una terminologia univoca allo scopo di cogliere il linguaggio proprio della pietà popolare19 –, il lettore è progressivamente guidato a scoprire

nella prima parte le linee emergenti dalla storia, dal magistero e dalla teologia, per convergere poi – nella seconda parte – in quelle indicazioni che più sono attese dall’operatore pastorale.

– I contenuti racchiusi nella prima parte mettono in mano all’operatore pastorale quei punti di riferimento necessari per comprendere e valorizzare quanto è tipico della pietà popolare.

La lezione della storia20 permette di cogliere origini e sviluppi di una

complessa realtà che, al di là di qualche inevitabile deformazione, ha saputo essere (e offrire) uno spazio per diffondere e difendere la fede cristiana soprattutto quando il linguaggio liturgico risultava poco comprensibile.

La voce del magistero21 è stata e rimane un punto di riferimento prezioso per

orientare i fedeli nel cogliere i valori e i pericoli della pietà popolare, come pure per identificare meglio il confine tra liturgia e pietà popolare e per il rinnovamento di quest’ultima.

La riflessione teologica, infine,22 evidenzia i principi essenziali indispensabili

per valutare e per rinnovare la pietà popolare; in sintesi essi offrono un percorso che illumina le scelte dell’educatore: la vita cultuale del fedele è riflesso di comunione trinitaria; luogo di tale comunione è la Chiesa; fondamento è la realtà del sacerdozio comune, continuamente sorretto dalla Parola e dai sacramenti.

– Gli “Orientamenti per l’armonizzazione della pietà popolare con la liturgia” costituiscono l’oggetto della seconda parte del Direttorio.

19 La parte introduttiva offre un insieme di precisazioni in particolare sulla terminologia (pio

esercizio, devozioni, pietà popolare, religiosità popolare), su alcuni principi circa il primato della liturgia e insieme la distinzione e armonia con la liturgia, e – interessante per tante prospettive – sul linguaggio della pietà popolare (gesti, testi e formule, canto e musica, immagini, luoghi, tempi).

20 Cf cap. I.: Liturgia e pietà popolare alla luce della storia (nn. 22-59). 21 Cf cap. II.: Liturgia e pietà popolare nel Magistero della Chiesa (nn. 60-75).

Al centro è posto il rapporto tra l’anno liturgico e le più diverse forme di pietà popolare:23 si tratta del capitolo più sviluppato in quanto non solo costituisce la

linea di recensione dei principali pii esercizi finora riconosciuti,24 ma evidenzia

soprattutto la dimensione (e i contenuti) di una pedagogia che mira esclusivamente a realizzare quanto espresso in SC 13: «... tali [pii] esercizi, tenuto conto dei tempi liturgici, siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, derivino in qualche modo da essa, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano».

La venerazione per la Santa Madre del Signore25 e per i Santi e i Beati,26 come

pure i suffragi per i defunti,27 e ciò che ruota attorno a Santuari e pellegrinaggi,28

sono tutti ambiti peculiari in cui si attuano forme di pia exercitia, devozioni, pratiche di pietà... secondo luoghi e tempi particolari.29

Ognuno di questi capitoli, comunque, non si chiude in se stesso, ma rimane costantemente aperto e orientato a quello dell’anno liturgico: è questo l’ambito “ermeneutico” per una lettura dell’intero progetto offerto ora all’attenzione, alla fantasia e alla capacità educativa delle singole Chiese locali, in particolare alla responsabilità del vescovo e dei suoi diretti collaboratori.30

– La parte conclusiva del volume è costituita dagli Indici: a) l’indice biblico evidenzia la ricchezza di riferimenti sia all’Antico sia soprattutto al Nuovo Testamento: ciò conferma il costante aggancio alla Parola rivelata di quanto viene evidenziato nello specifico della pietà popolare o nel fondamento biblico-teologico di tale realtà; b) l’indice dei nomi di persone e di luoghi offre una preziosa panoramica di elementi che tracciano una pagina eloquente di vita della Chiesa; c) l’indice analitico, infine, racchiude il segreto della ricchezza di contenuti profusa nelle pagine del

Direttorio: per alcuni aspetti l’accostamento ad esso può iniziare proprio a partire dai

percorsi offerti da quest’ultimo strumento per accostare in modo globale il vasto e variegato contenuto.

23 Cf cap. IV.: Anno liturgico e pietà popolare (nn. 94-182).

24 Se ne può vedere l’ampia gamma percorrendo l’Indice analitico, alle pp. 257-291. 25 Cf cap. V.: La venerazione per la Santa Madre del Signore (nn. 183-207).

26 Cf cap. VI.: La venerazione per i Santi e i Beati (nn. 208-247). 27 Cf cap. VII.: I suffragi per i defunti (nn. 248-260).

28 Cf cap. VIII.: Santuari e pellegrinaggi (nn. 261-287).

29 Ulteriori riferimenti provenienti ancora dal documento conciliare sulla liturgia si possono

constatare in SC 17, 105 e 118.

30 Nel paragrafo conclusivo del documento si fa riferimento alla responsabilità dei vescovi e dei

loro collaboratori per stabilire norme e orientamenti pratici «tenendo conto delle tradizioni locali e di particolari espressioni di religiosità e pietà popolare» (n. 288). Già nella parte introduttiva, però, si delineavano responsabilità e competenze nel dettato del n. 21. Altri elementi sparsi nel Direttorio possono essere recuperati con l’aiuto dell’Indice analitico.

Nel documento Dispensa 2016-17 (pagine 182-186)

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