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Il Messale: che genere di libro è?

Nel documento Dispensa 2016-17 (pagine 115-119)

COME “COMPRENDERE” LA CHIESA?

3. Il Messale: che genere di libro è?

Sfogliando un qualunque dizionario della lingua italiana alla voce messale si legge: libro che contiene le preghiere per la celebrazione della messa; a questa prima definizione possono seguire varie esplicitazioni. Due sono i termini che richiedono immediata precisazione: Messale e Messa. Ma i due termini, ormai diventati da secoli patrimonio comune della lingua italiana, richiedono qualche illustrazione, perché al di là dell’uso della parola, spesso non si riesce ad andare poco oltre una vaga informazione.

La presentazione-definizione del Messale rinvia anzitutto alla definizione di cosa sia la messa; in secondo luogo si tratta di ricordare quali sono i libri che sono necessari per la celebrazione della messa; in terzo luogo sorge la domanda: ma cosa contengono i due libri fondamentali, il Lezionario e il Messale? Dalla risposta a queste sollecitazioni deriva la precisazione dell’importanza di questi libri, ma anche la comprensione pur iniziale di ciò che può essere sotteso alle problematiche di cui

la stampa ha fatto largo uso, e forse ne farà ancora, nella speranza che non crei più disorientamento e confusione di quanto non abbia già fatto.

3.1. Cosa è il Messale?

A seconda della prospettiva entro cui ci si colloca, possiamo avere spiegazioni diverse. Il Messale è il libro per celebrare la messa; il libro del sacerdote; il libro che sta sempre sull’altare… Descrizioni vere, che però si fermano alla superficie, in quanto presentano solo qualcosa di ciò che appare, e non invece l’ampiezza e ricchezza dei contenuti.

Il lettore attento ha bisogno di risposta alle domande: perché tanta attenzione è riservata dalla cronaca a questo libro? Sarà forse questione di lingua latina? Di ritorno alla liturgia in latino, come è stata per circa 15 secoli? Ma anche l’attuale Messale può essere usato nel suo testo originale che è in lingua latina! Dov’è dunque il problema? A quale tipo di Messale ci si riferisce? E perché il Messale permette il sorgere di tali problemi?

La risposta richiede l’articolazione di una serie di informazioni che è necessario offrire perché la valutazione di quanto avviene attraverso la grande cronaca non si fermi a sentenziare: queste son cose da preti… non mi interessa; oppure: torneremo al latinorum?

Il Messale non è un libro di poche pagine. Chiunque posi lo sguardo al centro dell’altare vede su un leggio un volume dalle dimensioni insolite, arricchito di segnacoli e di segnalibro, destinato a stare sempre aperto (talvolta lì dimenticato, più o meno volutamente o distrattamente, anche durante il giorno!).

Si tratta di un volume di circa un migliaio di pagine, quasi tutte in lingua italiana nel testo usato ordinariamente nelle parrocchie; pagine scritte a due colori, rosso e nero. Il testo in rosso – chiamato rubrica (dal latino ruber che significa, appunto, rosso) – contiene le indicazioni (dette per questo “rubricali”) perché la celebrazione si svolga secondo un certo ordine, e in modo tale che tutti si possano ritrovare a proprio agio negli stessi segni, riti, testi e atteggiamenti da assumere.

La rubrica però non è fine a se stessa. Quando questa richiama tutta l’attenzione su di sé dimenticando ciò a cui deve rinviare allora si attua una deformazione che si identifica con il termine “rubricismo”: e questo è la morte della liturgia. E’ a un simile fenomeno che si addice la sapienza racchiusa nell’antico proverbio cinese: quando il saggio indica la luna con il dito, lo stolto sta a guardarne la punta!

Sono i testi scritti in nero, pertanto, che costituiscono il vero contenuto del Messale, come si chiarirà più avanti. Resti per ora chiaro, dunque, che il testo scritto in nero ha la sua centrale importanza ai fini di una preghiera dell’assemblea cristiana. Ma di quale preghiera si tratta? La parola Messale rimanda a Messa; sorge allora l’interrogativo: cosa è la Messa? Chiarita questa realtà sarà più facile comprendere gli strumenti che sono necessari per la sua celebrazione.

3.2. Cosa è la Messa?

Il termine “messa” è radicato da secoli nella cultura della gente; sia nel termine latino missa che nell’italiano messa la parola esprime una realtà sacra, che identifica un’azione o una situazione che vede riuniti i fedeli cristiani in occasione di feste e in particolare nel giorno di domenica (dies dominica), il giorno del Dominus, del Signore Gesù Cristo.

La domenica – originariamente indicata nei vangeli come “il giorno dopo il sabato” – è stata chiamata così a motivo della risurrezione del Signore Gesù. Il ricordo di questo evento, essenziale per la fede cristiana, è stato espresso fin dai tempi immediatamente successivi alla prima Pentecoste, con un insieme di riti e di testi che intendevano ripetere ciò che Gesù aveva fatto in quella Ultima Cena con i suoi discepoli, quando, dopo aver fatto il ricordo dell’antica Pasqua e riletto parte del libro dell’Esodo ed elevate varie preghiere di benedizione, aveva preso del pane e spezzandolo aveva pronunciato le nuove parole: “Questo è il mio corpo…”. Così pure nel solenne rituale della Cena pasquale aveva preso il così detto terzo calice, quello della benedizione, e aveva aggiunto: “Questo è il calice del mio sangue…”.

Sono le parole che riecheggiano al centro di ogni messa, incastonate in un insieme di preghiere e di riti che hanno l’obiettivo non solo di ricordare l’evento originario della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, ma di rendere presente in ogni tempo l’effetto benefico del sacrificio di Cristo per chiunque voglia farne tesoro.

Come è possibile questo? Tutto dipende non da formule magiche o da riti che possono racchiudere qualcosa di fascinoso o di misterioso, ma dalla comprensione di una realtà che la Scrittura indica fin dal libro dell’Esodo con il termine memoriale. Termine per nulla comune nel linguaggio ordinario; termine che non è sinonimo di memoria; termine che è comprensibile solo nel linguaggio biblico e liturgico per esprimere una certezza: celebrare il memoriale della morte di Cristo è rendere presente nella vita del fedele l’effetto salvifico della sua Pasqua, perché anche la vita del fedele possa passare da situazioni di morte spirituale alla pienezza di vita in Dio.

Ecco il segreto che costituisce il cuore della messa; ecco perché i cristiani fin dall’inizio hanno avuto il coraggio, come i martiri di Abitene, di gridare anche di fronte alla prova suprema: Sine dominico non possumus! Non possiamo vivere senza la domenica, o più in particolare: “Non possiamo vivere senza l’Eucaristia”!

La messa è dunque il rendere presente il sacrificio della Croce nel tempo che va dalla prima Pentecoste, come raccontato negli Atti degli Apostoli, fino al ritorno ultimo del Signore nella gloria, nella parusía, come ricordato ogni volta dalla stessa acclamazione: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.

Per indicare questo evento esiste solo la parola “messa”? Il Catechismo della

Chiesa Cattolica ricorda altri termini, come sinassi, cena del Signore, e soprattutto eucaristia. Questo è il termine per tanti aspetti più preciso anche perché usato nella

sua forma verbale da san Paolo quando offre la più antica testimonianza di ciò che è avvenuto nell’ultima Cena (“dopo aver reso grazie…”, gr. eucharistésas…).

Qual è oggi il termine più preciso e che conviene usare? A differenza della parola missa che significa dimissio, conclusione… la parola più eloquente e densa di significato è “celebrazione eucaristica” oppure semplicemente “eucaristia”. E’ il termine più biblico e più pregnante di significato.

3.3. Quali sono gli “strumenti” per celebrare l’Eucaristia?

Il termine “strumenti” può forse trarre in inganno. Di fatto ci si riferisce ai libri liturgici che contengono tutto ciò che è necessario o utile per la celebrazione del memoriale della Pasqua del Signore Gesù Cristo.

Due sono i libri fondamentali. Non si può dire di conoscere la messa, o meglio la celebrazione dell’Eucaristia, se non si conosce il contenuto racchiuso in questi due libri: il Lezionario e il Messale. Di per sé potrebbero essere segnalati anche altri libri come quello per la preghiera dei fedeli o comunque quelli necessari per celebrazioni che si inseriscono all’interno dell’Eucaristia, come ad esempio per il battesimo, il matrimonio, le esequie, ecc.

– Il primo di questi libri è il Lezionario. Nella forma usata dal Vaticano II in poi esso risulta decisamente nuovo rispetto a tutta la tradizione precedente, come si indicherà più avanti. Qui interessa accennare che il termine Lezionario deriva dal latino lectionarium, cioè il libro delle lectiones, delle “letture” bibliche scelte per un determinato obiettivo.

Il suo contenuto è essenziale per la celebrazione, perché non si può attuare alcuna celebrazione dell’Eucaristia o di qualunque altro sacramento se prima l’assemblea non accoglie la proclamazione della Parola di Dio. Per questo il

Lezionario è il primo e fondamentale libro; senza di esso non si può attuare alcuna

celebrazione. Sarà interessante entrare nei suoi contenuti, nella sua organizzazione… e questo permetterà di cogliere che non ci si trova di fronte ad un libro quasi fotocopia della Bibbia, ma di un’opera che contiene la Bibbia, è vero, disposta però a brani scelti secondo un obiettivo particolare che interpella il cammino di fede del credente e dell’assemblea riunita.

– Il secondo libro è il Messale. Come sopra accennato, oggi esso contiene – al di là delle letture presenti nel Lezionario – tutto ciò che serve per la celebrazione della messa: preghiere per i vari tempi, per le singole domeniche e feste, indicazioni per i canti, testi per onorare i martiri e i santi, formule di benedizione, il rito della messa, formulari di preghiere dei fedeli…

È interessante conoscere la disposizione degli elementi (comprese anche le numerose pagine di musica antica e recente); ma ciò che importa è il contenuto dei testi, il significato di quelle espressioni in genere non di immediata percezione, soprattutto quando sono pregate da chi presiede in modo distratto o abitudinario. Eppure quelle espressioni hanno un valore unico. Sarà interessante stabilirne il motivo; anche per comprendere uno degli aspetti che sembrano caratterizzare le cronache attorno alla pubblicazione del Motu proprio da parte di Benedetto XVI.

Nel documento Dispensa 2016-17 (pagine 115-119)

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