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Il marchese Ercole Bevilacqua, discendente da un’antica e nobile famiglia originaria di Verona e stabilita a Ferrara da Cristin Francesco Bevilacqua, molto probabilmente nacque verso la fine del XVII secolo. Nel 1702, durante la guerra di successione spagnola, partecipò alla spedizione pontificia come capitano d’infanteria per difendere gli stati di Parma dall’esercito imperiale. Subito dopo la Corte romana, che temeva ulteriori attacchi da parte delle milizie tedesche, inviò il Bevilacqua a proteggere il territorio di Cento. Quando nel 1708 il conte di Bonneval si accampò con l’esercito nel ferrarese, il marchese Ercole si affrettò ad allestire a sue spese un reggimento che congiunse all’armata papale ponendosi alla guida come Colonnello; predispose inoltre il campo a Pontelagoscuro munendolo di fortificazioni. Terminati gli scontri servì lo Stato Pontificio per altri quattro anni dopodiché abbandonò la carriera militare e il papa Clemente IX lo investì Cavaliere di cappa e di spada, nomina che gli venne ribadita dai successivi pontefici. Nel 1735 il marchese Bevilacqua venne eletto giudice dei Savi, mansione sostenuta con successo già nel 1710, ricoprì anche la carica di riformatore dell’Università di Ferrara sostenendo le Belle arti e le scienze. Morì a Ferrara nel 1750.

Di Ercole Bevilacqua ci sono pervenute solo tre missive inviate al Muratori tra il 1736 e il 1741 ma abbiamo motivo di credere che fossero in numero maggiore perché Giovanni Andrea Barotti, anch’egli corrispondente muratoriano, in una lettera scritta allo storico modenese fa riferimento al rapporto epistolare nato, anni prima tra i due, intorno all’affare del matrimonio tra Cristino, figlio del Bevilacqua, e Isabella Coccapani. Nelle missive qui analizzate non troviamo alcun riferimento a quest’incombenza anzi leggendo le prime prime due, scritte nel 1736, troviamo che l’attenzione del marchese è focalizzata sul viaggio del Barotti a Modena; si premura di raccomandarlo alle cure del Muratori però resta incognito il motivo della trasferta. Nell’ultima lettera, del 1741, il Bevilacqua informa lo storico modenese di aver trovato una cronaca sulla congiura ordita contro il duca Borso. L’episodio era stato già pubblicato nelle Antichità Estensi e il Muratori si era avvalso di un documento originale fornitogli da Francesco Zambeccari di Bologna. Ma secondo il marchese la cronaca da lui posseduta meritava particolare attenzione perché accompagnata da una lettera dedicatoria. Un altro corrispondente ferrarese, il canonico Luigi Martini, scriveva a Muratori di aver trovato, tra gli scaffali della antica libreria di Santa Maria in Vado lo stesso documento: una copia di un testo in latino intitolato Commemoratio

conspirationii in divum Borsium per perfidos Joannem Ludovicum Andream Caregnanum patrate incipis feliciter. Ad divum Borsium Prohemium; L’opera era accompagnata dal volgarizzamento, redatto dall’autore Carlo da S. Zorzo, e da una lettera indirizzata al duca Borso.

Ferrara, 30 ottobre 1736

Portandosi a Modena il sig. dott. Giovanni Andrea Barotti, soggetto di quella virtù e valore che è noto ad ognuno e che sarà anche a cognizione di V.S. illustrissima, come pienamente informata dalla materia letteraria mi do il contento d’accompagnarlo colla presente e di dirigerlo a V.S. illustrissima affinché si compiaccia farli godere gl’effetti dalla di lei bontà e gentilezza in tutto ciò che fosse per occorrergli nel tempo che dovrà trattenersi costà assicurandola che riputerò a mio preciso debito e come se fossero state da me medesimo ricevute tutte le finezze che sarà ella per compartirgli, non avendo io saputo a chi meglio appoggiarlo, quanto alla riverita di lei persona cotanto amante delle persone sapienti. E mentre mi auguro pari occasioni di poter corrispondere a V.S. Illustrissima, sempre che si compiaccia farmene parte con i di lei comandamenti, passo a confermarmi con tutta la stima…

Ferrara, 9 novembre 1736

Da questo sig. dott. Giovanni Andrea Barotti mi è stata resa la compitissima di V.S. illustrissima con un pieno attestato dei favori, si è ella degnato di compartir il medesimo, anche a mio riguardo cosa che sempre più accresce in me il numero delle tante obbligazioni che le professo, ma quello che più mi ha consolato è stata la notizia del di lei ristabilimento nella più pristina salute che le auguro con la maggior vivezza dello spirito per la particolar stima che le protesto e per l’universal vantaggio di tutto il mondo letterario. In tanto la prego mantenermi la stimatissima sua grazia e con riverirla distintamente anche per parte della marchesa mia e figli col più vivo dello spirito mi confermo…

Ferrara, 7 agosto 1741

Nel rileggere che faccio con tanto mio gusto le Antichità Estensi, composte da V.S. illustrissima con si grande erudizione e rare notizie, mi è venuta curiosità di vedere l’istoria della congiura tramata contro del Duca Borso che V.S. illustrissima accenna nella parte seconda a c. 222 e perché forse quella veduta da V.S. illustrissima in Bologna, posseduta dal sig. marchese Francesco Zambeccari, sarà quella scritta latinamente da Carlo da S. Giorgio nella quale non vi puol essere la lettera curiosissima dedicatoria che trovo in questo bellissimo manuscritto ho creduto che non le possi esser disturbo il vederlo, mi prendo perciò l piacere e confidenza di trasmetterlo alla di lei mani per mezzo di questo sig. commissario di Sua Altezza Serenissima che, oservato che l’avrà con tutto suo comodo, mi farà poi la grazia di rimetterlo per mezzo del medesimo. Condoni la sincerità dell’animo mio e pieno di vere e stimatissime immutabilmente mi rassegno…

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