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Il “longo maneggio” per le seconde nozze del marchese Luigi Coccapan

Nel dicembre 1734 morì prematuramente il figlio del marchese Luigi Coccapani, maggiordomo del duca di Modena nonché amico fidato del Muratori, il quale era solito trascorrere le vacanze nelle due residenze del cavaliere, quella di Spezzano e di Fiorano.

La notizia giunse subito a Ferrara: l’erudito comunicò l’infausto evento a Scalabrini e al commissario ducale Francesco Contarelli; il modenese era preoccupato dal fatto che il nobiluomo, avendo perso l’unico erede maschio, potesse vedere estinguersi la famiglia

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Carteggi con Bentivoglio…Bertacchini, a cura di Anna Burlini Calapaj, vol. 6, Firenze 1983, p. 28. 112

Ibidem, pp. 24-26.

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Coccapani. Si cercò di rimediare al problema della successione con un secondo matrimonio che si sarebbe dovuto organizzare nel minor tempo possibile: in effetti il marchese, già vedovo, aveva fretta di concludere l’affare perché all’epoca aveva circa 54 anni. Muratori pensò di cercare una sposa per l’amico a Ferrara, tra le gentildonne della città, e decise di farsi aiutare da Contarelli, per il quale, come si è detto, nutriva un profondo sentimento di rispetto e fiducia; comunicò pertanto al commissario le caratteristiche fondamentali che la pretendente avrebbe dovuto possedere: innanzi tutto la dama, secondo l’erudito, dove avere tra i 18 e i 22 anni ma soprattutto essere «sana, di costumi buoni e pieghevoli, la qual fosse atta a dargli successione» 114.

Contarelli accettò con grande entusiasmo l’incarico affidatogli dal Muratori, al quale spiegò che: «essendo ormai quattro anni che qua soggiorno avevo già bastante cognizione di sapere quali dame nubili potessersi essere da nominarsi per detto sig. marchese, ma ciò nonostante ho voluto col dovuto riguardo prendere lume maggiore per esattamente definire a V.S. illustrissima che me ne ricerca»; e proseguiva enumerando le nobildonne che meglio corrispondevano alle qualità richieste dal dotto modenese.

La prima dama segnalata dal commissario era donna Bradamante, figlia del marchese di Fusignano Cesare Calcagnini e di Caterina degli Obizzi;115 secondo Contarelli la giovane poteva essere perfetta per il marchese Coccapani perché, quasi diciottenne, era sana, avvenente e dai modi gentili, inoltre si mostrava «accompagnata di ottima indole, d’esemplare educazione non meno che di saviezza e ritiratezza». Ma subito dopo precisava che «dubito che sopra questa non vi si possa far conto, … sia inclinata, anzi deliberatamente di conservarsi al Signore nella religione delle monache Scalze di Bologna»116.

Contarelli proseguiva il suo elenco indicando la figlia del marchese Luigi Bevilacqua della quale non specificava il nome; anche in questo caso la ragazza si presentava “di salute perfettissima, vegeta di spiriti e d’ottimo aspetto, disinvolta”, inoltre non era da trascurare il fatto che la giovane donna fosse stata educata, sin da bambina, in convento e fosse descritta da alcune compagne di chiostro come una dama di buoni costumi, docile e savia tanto «da condursi con un filo di seta». Sembra però che anche questa candidata avesse intenzione di prendere i voti; ma erano voci da verificare; e il commissario spiegava a Muratori che «essa

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Paolo Rocca ‘La corrispondenza Scalabrini-Muratori’. in«Atti e memorie, Deputazione provinciale ferrarese

di storia patria», vol. V, Rovigo 1950-51, p. 145.

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Il marchese Cesare Calcagnini morì nel novembre del 1731, ne da la notizia al Muratori Antenore Scalabrini. Cfr. Rocca ‘La corrispondenza… ’, vol. V, Rovigo 1950-51, p.115

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La marchesa Bradamante Calcagnini entrò nel 1735 nel monastero di Santa Maria degli Angeli di Bologna. Nella Biblioteca Ariostea di Ferrara è conservata una raccolta di rime, composte in onore della monacazione della nobil donna, titolata Vestendo l’abito religioso nel mobilissimo monistero di Santa Maria degli Angioli di

Bologna la signora marchesa Bradamante Calcagnini ferrarese coll’assumere le nomi di suor Angiola Maria Rosalia.

dovrebbe essere a proposito per il cavaliere per la necessità della figliolanza» e sottolineava che era anche fornita di un’ottima dote.

Le successive candidate erano Eleonora e Lucrezia, figlie del marchese Ercole Bevilacqua; pare che il dotto modenese avesse, già in precedenza, dimostrato a Contarelli un particolare interesse verso la seconda. Della prima dama non c’era molto da dire perché, nonostante le sue considerevoli qualità, non godeva di buona salute; al contrario la ventunenne Lucrezia, pur essendo fisicamente esile, era sana, dal comportamento angelico, dal carattere piacevole e bella a sufficienza. Anche questa giovane donna, come le altre citate, aveva ricevuto un’educazione particolarmente rigida impartitale dalla madre; il commissario spiegava a Muratori che “s’esce solamente nelle solennità per portarsi alla chiesa per l’uso de’ sacramenti e l’unico singolare divertimento è l’andare a visitare altre due sorelle in questo monistero del Corpus Domini, in cui una è monaca e l’altra in età di 13 anni in educazione e quando s’oltrepassano i termini, levandosi dal monistero ad una mezz’ora di notte, si fa un giro per la Giovecca al buio perché il lume non rechi conoscimento”. La marchesa Lucrezia era stata in procinto di andare in sposa ad un cavaliere della Romagna, di cui il Contarelli affermava di non ricordare né il cognome né la provenienza, ma Ercole Bevilacqua non aveva dato il suo benestare, perché finché viveva la moglie il suo stato di beni era ristretto. Il commissario però faceva intendere a Muratori che se il marchese Coccapani fosse stato disposto a pagare la dote la «damina agevolmente piegherebbe per sottrarsi dalle asprezze della genitrice e che essa sarebbe facile d’accomodarsi ad un trattamento proprio e non eccedente uscendo da una spezie di trappa …»; Contarelli aveva ricevuto un riscontro positivo da parte del marchese Bevilacqua e fiducioso commentava che l’affare, nonostante il caso fosse spinoso, sarebbe potuto andare a buon fine.

Il commissario concludeva poi sinteticamente enumerando le altre “damine nubili” disponibili, tutte tra i 25 e i 16 anni, ma, a differenza di quanto aveva fatto con le nobildonne elencate in precedenza, non fornì alcuna notizia sull’aspetto o sulla salute, limitandosi ad elencarne i nomi: “Questo è quanto posso significarle a V.S. illustrissima in adempimento delli suoi comandi e potrà assicurare il sig. marchese Luigi della mia attenzione ovunque valessi per renderlo servito e di tutta la circospezione e per regola tanto colla prima come per la seconda Bevilcqua si potrebbono avere qua persone di confidenza”.

Coccapani prese effettivamente in moglie Lucrezia: il 14 marzo 1735, quasi tre mesi dopo la relazione di Contarelli, Girolamo Ravali, mansionario della cattedrale di Ferrara, informò Muratori che il marchese Gianpaolo Pepoli gli aveva scritto per chiedere, a nome

del marchese Coccapani, la mano della marchesa Lucrezia al padre Ercole Bevilacqua. Il nobiluomo diede il proprio consenso al matrimonio e il Ravali commentava: «ond’ecco finalmente condotto al desiderato felicissimo termine il longo maneggio di V.S. illustrissima che con tanta bontà e sofferenza vi si è indefessamente adoperata per più mesi»117; la Casa Bevilacqua era tutta riconoscente al dotto modenese per il buon fine di un affare così importante e ringraziava.

Nelle prime settimane di giugno dello stesso anno Ravali scriveva Muratori: «Saranno già comparsi costì li due felicissimi sposi e V.S. illustrissima la quale, con la sua somma bontà e destrezza ha stretto un nodo si degno»118. Il corrispondente aggiungeva anche un’altra notizia: il marchese Ercole poteva godere di un altro successo perché in quel periodo venne eletto a Ferrara, per due anni, giudice dei Savi dal Gran Consiglio.

All’inizio del 1740 le vicende dei Coccapani e dei Bevilacqua si incrociarono nuovamente e, anche in questo caso, il Muratori venne chiamato a fare da intermediario. Gian Andrea Barotti, il 2 gennaio di quell’anno, scriveva al modenese da parte del marchese Ercole: «Egli mi ha fatto la piena confidenza del carteggio da lui cominciato tre anni sono con V.S. illustrissima intorno alla sig. marchesa donna Isabella Coccapani per questo sig. marchese Cristino di lui figliolo»119; l’affare del matrimonio tra i due ragazzi era stato sospeso dal marchese Luigi, che all’epoca, quando erano iniziate le trattative tra le due famiglie, considerava la figlia troppo giovane. Tre anni dopo Bevilacqua ritenne giunto il momento di riaprire i negoziati, soprattutto perché lo aveva messo in allarme la notizia, pur vaga, della presenza di un altro pretendente, un gentiluomo di casa Scotti; il marchese corse ai ripari supplicando Muratori di porsi come intercessore presso l’amico Coccapani. Ma di tutto questo si occupò Barotti, che spiegava all’erudito: «ha voluto valersi della mia persona o perché molte cose potrò dir io che a lui non converrebbe il dirle o per buon genio che ah di darmi occasione di farmi merito appresso di lui e di tutta la sua casa»120.

Dopo un anno e mezzo Barotti non aveva ricevuto nessuna notizia positiva e non sappiamo se le trattative per il matrimonio tra Isabella Coccapani e il marchese Cristino Bevilacqua andarono a buon fine: “L’oscurità in cui mi trovo mi necessita a incomodarla. Voglia Dio che V.S. illustrissima possa darmi risposta, per cui mi riesce di farmi merito appresso il Cavaliere. Mi perdoni questo necessario disturbo. Io son d’opinione che finirà presto e felicemente s’ella vorrà che così finisca…”121.

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BEUMo, AM, Ravali Girolamo, F. 76, fasc. 8, Ferrara, 14 marzo 1735. 118

Ibidem, Ferrara, 17 giugno 1735.

119

BEUMo, AM, Barotti Giovanni Andrea, F. 52, fasc. 44, Ferrara, 2 gennaio 1740. 120

Ibidem, Ferrara, 2 gennaio 1740.

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Il 21 dicembre del 1744 Barotti contattava nuovamente Muratori: da poco tempo era venuto a mancare il dott. Ciarlatini, segretario del marchese Luigi Coccapani, e Ambrogio Baruffaldi, nipote del fomoso erudito ferrarese Girolamo, conoscendo i buoni rapporti che legavano Gian Andrea al modenese gli suggeriva di scrivere alcune righe a suo favore per quel lavoro. Barotti assicurava a Muratori le ottime qualità del giovane che certamente non avrebbe deluso il marchese122.

Il giorno dopo Girolamo Baruffaldi, da Cento, si premurava anch’egli di scrivere all’amico Muratori a favore del nipote:

«Per tutt’altro che per negozio letterario io incomodo V.S. illustrissima questa volta. L’aver io parecchi nipoti, mi fa studiare il modo d’accomodarli onestamente e però essendosi sparsa voce che sia morto un tal sig. dott. Ciarlatini agente di codesto sig. marchese Coccapani per li beni che tiene in Ferrarese avrei da esibire al detto cavaliere per giovine attissimo a servirlo, Ambrogio Baruffaldi mio nipote il quale è qui perito nella geometria e serve il Pubblico, la mogli e figli…»123.