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Ricerche d’archivio: vite di sante e investiture ducal

Nel dicembre 1719 il Muratori riceveva da Nicolò Baroncini, molto probabilmente il cappellano del monastero di Santa Caterina da Siena in Ferrara, una lettera nella quale gli veniva richiesto di cercare, da parte della suora Barbara Felicita Sacrati, alcuni documenti relativi alla santa viva Lucia da Narni124; la nobile religiosa, priora del convento e zia del marchese Scipione Sacrati, desiderava ricevere da Roma la licenza per celebrarne la cerimonia e il placet sarebbe stato concesso dalla Santa Sede solo di fronte a un attestato autentico della verginità della beata narnense. Le monache sapevano che nel monastero era conservata un’autobiografia di Lucia, ma non erano sicure dell’autenticità dello scritto; Baroncini spiegava pertanto a Muratori che:

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Ibidem; Ferrara, 21 dicembre 1744.

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BEUMo, AM, Girolamo Baruffaldi, F.53, fasc. 5, Cento, 22 dicembre 1744. 124

Lucia da Narni (1476-1544), appartenente all’ordine di San Domenico, entrò nel convento di S. Caterina da Siena in Roma (1495). Per il mistico fervore della santa viva Ercole I d’Este, con uno stratagemma, fece condurre, nel 1499, la domenicana da Viterbo a Ferrara. Per Lucia fece costruire, in brevissimo tempo, un monastero dedicato a S. Caterina da Siena. Clemente XI ne ratificò il culto nel 1710 e i ferraresi celebrarono feste eccezionali. Mario MARZOLA, Per la storia della chiesa ferrarese nel secolo XVI (1497-1590). Parte prima. Torino 1976, p. 422; cfr. Gabriella ZARRI, Le sante vive, profezie di corte e devozione femminile tra

‹‹È venuto in mente alla madre Sacrati che essendo stata favorita sommariamente la Beata dal Serenissimo duca Ercole, che a sua contemplazione fondò l’accennato monastero di Santa Caterina, potesse la medesima haver scritto qualche lettera o biglietto allo stesso Serenissimo in occasione di trattare gli affari del medesimo, perciò ha desiderato che io annunzi a V.S. Illustrissima le mie suppliche per sentire se fosse possibile riportare sopra ciò qualche cosa, secondo l’esposto, nel qual caso la dama ne scriverebbe ancora a Sua Altezza Serenissima, se fosse per bisognare››125.

Della risposta di Muratori a Baroncini sembra non esservi traccia, ma un indizio sulla probabile esistenza di tale documento ci viene dato da Dante Balboni in un articolo sulla Beata Lucia da Narni; lo studioso spiega di aver rinvenuto, presso l’archivio della Curia arcivescovile di Ferrara, una lettera autografa dell’erudito e ne pubblica interamente il testo 126. La missiva, datata Modena 29 dicembre 1719, non riporta il nome del destinatario: Balboni suppone possa trattarsi del cappellano delle monache di S. Caterina o addirittura di Scalabrini, ma noi abbiamo motivo di pensare che la lettera sia la responsiva muratoriana alla richiesta di Nicolò Baroncini. Come si è detto, quest’ultimo aveva contattato, per conto di Barbara Felicita Sacrati, lo storico modenese affinché cercasse nell’archivio Ducale alcuni documenti sulla Beata Lucia da Narni. Il testo del documento ritrovato da Balboni fa proprio riferimento a queste ricerche:

‹‹Leggo il desiderio di cotesta nobile religiosa per promuovere il culto della b. Lucia da Narni et io vorrei ben poter assaissimo per servir Lei e V.S. nello stesso tempo. Ma mi par quasi impossibile il capitare in alcuna lettera scritta da quella buona serva di Dio al Duca Ercole I. Tuttavia quando cessato il freddo, io potrò maneggiare le carte dell’Archivio Ducale, non mancherò di fare ogni diligenza in questo proposito, nel quale mi auguro ogni fortuna››.

Particolare da non trascurare, la lettera di Baroncini e quella di Muratori furono scritte a breve distanza l’una dall’altra: la prima il 16 dicembre 1719 l’altra il 29 dello stesso mese; questo è un altro dato che potrebbe avvalorare la nostra ipotesi sull’identità del misterioso destinatario.

Nel 1729 l’ambasciatore Eustacchio Crispi scrisse al Muratori, da parte di una certa donna Bradamante, affinché trovasse nell’archivio Ducale alcune investiture riguardanti il feudo di Fusignano127. In realtà tali documenti interessavano direttamente al corrispondente perché la sua famiglia era in lite con quella dei Calcagnini per il possesso di 580 tornature di

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BEUMo, AM, Baroncini Niccolò, F. 52, fasc. 40. Ferrara, 19 dicembre 1710. 126

Balboni Dante, ‘Una lettera inedita Del Muratori intorno alla B. Lucia da Narni’, in Anecdota Ferrariensia, Città del Vaticano 1944- 1967, pp. 178-179. L’originale è conservato nell’ASDFe, fondo Santa Caterina da Siena, processi 3/25,

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terra appartenenti al castello di Fusignano. Il 4 marzo del 1446 Leonello d’Este, fratello di Borso, aveva investito Alberico Manfredi, e i suoi figli maschi legittimi, di quelle terre. Al contrario, nel 1465, il duca di Ferrara Borso donava a Teofilo Calcagnini il feudo di Fusignano128. Quando il 1687 la discendenza dei Manfredi terminò, con la morte di Nicola Gaetano, la cugina Lucrezia chiese alla Santa Sede di trasmettere l’investitura delle 580 tornature ai figli Girolamo ed Eustachio Crispi. Con un chirografo del 1728 di papa Gregorio XIII la contessa otteneva l’inserimento dei figli nella discendenza dei Manfredi e il possesso di quelle terre. Ciò scaturì una lite, protratta negli anni, tra i suoi figli e Carlo Leopoldo e Cesare Calcagnini. Entrambe le famiglie ricorsero all’aiuto di legali che preparavano la difesa analizzando i vari documenti129.

L’ambasciatore Crispi nella seconda missiva inviata al Muratori si scusava innanzi tutto per il disturbo arrecato all’erudito e spiegava di aver provato a cercare quei documenti a Ferrara senza però trovarne traccia:

‹‹Resto confesso per le mie grazie, che V.S. illustrissima con tanto suo incomodo mi ha dispensato e perché so che le di lei grandi occupazioni non gli permettono una ora di tempo da impiegarla in ricercare le notizie che l’ho supplicato e che m’è duoppo di poterle conseguire sollecitamente mancando gli registri del Duca Borso, ricorro di nuovo alle beneficenza di V.S. illustrissima. perché si degni d’ordinare a qualche a di lei giovine che ricerchi nei libri vecchi ciò che l’ho supplicata mentre è quasi uno impossibile che ci sieno tali documenti trovandosi gli altri più antichi e moderni››130.

Il 22 gennaio del 1731 la Santa sede estingueva la lite tra le due famiglie annullando quanto stabilito dal chirografo di Gregorio XIII, reputandolo surrettizio e basato su false supposizioni; inoltre il Papa riconosceva che le 580 tornature, situate nel territorio del castello di Fusignano, per più di trecento anni erano state di dominio dei marchesi Calcagnini131.

Passiamo ad un altro episodio. Il 12 maggio 1749 Marcello Crescenzi, arcivescovo di Ferrara, scriveva a Muratori per ringraziarlo del ritrovamento di un’antica investitura; si

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Teofilo Calcagnini, capitano generale del duca Borso, fu nominato dallo stesso suo commensale e compagno. Il 25 dicembre del 1465 venne infeudato di quattro castelli: quello di Fusignano, Cavriago, Maranello e Cadè; gli furono donati anche vari palazzi e le tenute di Bellombra, della Cesta e di Benvegnante. Il Muratori nelle Antichità Estensi descrisse tale infeudazione e donazione come tra le più maggiori e generose compiute dalla casa d’Este. BCAFe. Memorie intorno alla famiglia Calcagnini di Ferrara. Antonelli 170 129

ASMo, Archivio Calcagnini d’Este, sezione I, Capsae rosse b. 45, 130

BEUMo, AM, Crispi Eustacchio, F. 62, fasc. 29. Ferrara, 19 gennaio 1728. 131

trattava di un documento riguardante alcuni beni di Melara dati da Ercole I d’Este, nel 1475, ad Andrea Ferraguto.

La ricerca di tale documento ha un motivo ben preciso da collocare nel periodo storiograficamente definito “età delle riforme”, cioè quello spazio di tempo racchiuso tra la pace di Aquisgrana (1748), che sancì la fine delle guerre di successione, e l’inizio della prima campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte (1796). In Europa questa stagione vide la collaborazione tra intellettuali e sovrani tesi a rafforzare il ruolo dello Stato con un complesso di riforme indirizzate verso gli ambiti più importanti della società. Anche a Ferrara, nel cinquantennio di pace che vide succedersi al soglio pontificio Benedetto XIV (Prospero Lambertini, 1740-58), e Pio VI (Giovanni Angelo Braschi, 1775-99), troviamo esempi di riformismo illuminato; l’azione dei Legati si concentrò soprattutto sulla riorganizzazione interna del sistema di potere, controllato dalla vecchia nobiltà riottosa, con una restrizione di quei benefici che proprio Roma concesse all’indomani della Devoluzione. Nel 1749 Benedetto XIV intraprese un’opera di revisione dei privilegi ferraresi condotta dalla Congregazione Camerale di Roma. Da Ferrara arrivarono 317 diplomi e solo 243 furono riconfermati. Quanto detto spiega la necessità da parte dell’arcivescovo Marcello Crescenzi di avere la copia d’investitura di Ferraguto132.

Dell’affare se ne occupò in prima persona Giuseppe Antenore Scalabrini, che intrattenne con Muratori dal 1726 al 1749 un fitto rapporto epistolare133. Il 31 marzo 1749 l’ecclesiastico ferrarese, che era stato nominato dall’arcivescovo commissario per l’investiture, chiedeva all’erudito se nell’archivio Ducale: ‹‹vi fosse qualche investitura de’ beni feudali di Melara, data l’anno 1475 dal duca Ercole I ad Andrea Ferraguto o Ferranti, segretario di don Sigismondo; ed in specie il registro delle lettere ducali di quel secolo, che occorrendone farne trasunto autentico, tutto colle dovuta mercede a chi opera, della gentilezza di V.S. illustrissima134››.

Muratori da Modena rispondeva che avrebbe cercato, il documento in questione, prima nell’archivio segreto e poi nella computisteria camerale135. Dopo pochi giorni l’archivista della casa d’Este scriveva a Scalabrini che era dolente, ma non aveva rintracciato il laudo richiestogli: ‹‹s’è ben finalmente trovata né’ registri l’investitura del 1475, ma non già esso laudo. Dalla carta inviatami si scorge, che quel laudo consisteva in

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Valentino Sani, ‘Aspetti e caratteri della società ferrarese dagli anni del riformismo pontificio alla nascita della Repubblica italiana (1740-1802)’, in Il Risorgimento, Rivista di storia del Risorgimento e di storia

contemporanea, LVII, n° 2-3.

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Cfr. Paolo Rocca, La corrispondenza Scalabrini-Muratori’, in Atti e memorie della Deputazione provinciale

ferrarese di Storia Patria, vol. V. Rovigo 1950-1951.

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Rocca, ‘La corrispondenza’, vol. V. Rovigo 1950-1951, p. 208-209. 135

una lettera scritta dal duca Ercole I a i fattori generali. Si son trovati i libri d’alcuni anni, dove son registrate lettere tali; ma già quei del 1489 e 1490››136. L’otto maggio Muratori informava il ferrarese di aver inviato il documento all’arcivescovo e si augurava di trovar anche “la lettera attenente ad esso affare”137.

Scalabrini precisava che il notaio, che avrebbe redatto il rogito del documento dell’investitura di Ferraguto, doveva fornire un attestato di conformità:

« Da noi questa legalità si fa o dal cancelliere arcivescovile od ecclesiasitco, coll’affissione del sigillo dell’arcivescovo, o pur dal cancelliere del Pubblico, ovvero dal proconsole del collegio de’ notari, che vi mettono i loro rispettivi sigilli spettanti al Collegio e Pubblico; o se l’estrazioni devono andare o ultra montes o in regno di Napoli, vi vuole la sottoscrizione del vicario giudice de’ Savi e presidente deel collegio rispettivamente.

Mi scusi di grazia V.S. illustrissima di tanto ardire e per minor incomodo ho fatto ricopiare il medesimo instrumento, affinché si degni farlo riconoscere, confrontare, ed autenticare. Si degni avvisarmi della spesa, che questo non fa d’uopo passi in cerimonie»138.

Muratori replicava:

«Che bravo copista che è stato adoperato costì per ricopiare lo strumento del Ferranti! Ne rimando la di lui copia, acciocché V.S. illustrissima si possa assicurare della di lui abilità. È convenuto dunque farne altre copie e questa viene colla legalità del notaio, il quale l’ha collazionata col registro dell’archivio segreto, e v’ha aggiunto quello del Pubblico»139.

Quest’ultimo breve episodio, conferma l’immagine di Muratori come uomo sempre disponibile, affabile e pronto ad offrire il suo aiuto. A contattarlo, il 24 novembre 1749, fu Giovanni Sancassani, figlio di Dionisio Andrea, il celebre medico comacchiese140; questi inviò al modenese due lettere, scritte entrambe nel 1749 a poca distanza l’una dall’altra, con le quali chiedeva allo storico modenese di correggere la bozza della biografia del Sancassani padre, morto nel 1738, scritta da lui e dal fratello maggiore Francesco Filippo:

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Rocca, ‘La corrispondenza’, vol. V. Rovigo 1950-1951, p. 209. 137 Ibidem, pp. 209-210 138 Ibidem, p. 211 139 Ibidem, p. 211-212. 140

Dionisio Andrea Sancassani fu uno scienziato di grande rilievo dedito non solo alla professione di medico ma anche degli studi letterari ed eruditi. Del figlio Giovanni sappiamo che fu un monaco camaldolese prima presso Ravenna e poi a Ferrara,

‹‹mi sono perciò fatto ardimento ad avanzargliela nell’unito scarso sbozzo ad oggetto compiacere si voglia come vivamente si supplica d’onorarla d’un suo benignissimo sguardo ed insiememente corrergerla e purgarla da tutto ciò giudicare inutile e men degno da comparire in pubblico dispensando in tal guisa a poco intelligenti scrittori che siamo stati noi figli, l’ultimo de’quali son io, l’umanissimo suo compatimento››141.

Giovanni sperava di poter pubblicare la biografia del padre, corretta giudiziosamente dal Muratori, per poterla aggiungere alle vite degli Arcadi insigni.

Come possiamo intuire dalla seconda missiva di Sancassani figlio, il modenese non venne meno all’impegno pur lamentando i dolorosi acciacchi causati dalla vecchiaia; ricordiamo che la salute dell’erudito andava peggiorando notevolmente e verso la fine del 1749 avrebbe perso completamente la vista142. Nonostante ciò non venne meno all’impegno e Giovanni ringraziava:

‹‹Debbo rendere, come faccio a V.S. illustrissima, li miei più distinti ringraziamenti per il grazioso pensiero avuto di soffrire le mie debolezze nella vita di mio padre per la che ne sono contentissimo qualora uscirà alle stampe mentre ne ha riportata una cotanto degna approvazione. Mi duole altresì d’averla sentita così tormentata da indisposizioni››143.

Della biografia composta dai fratelli Sancassani non abbiamo alcuna traccia e di conseguenza non sappiamo se riuscirono nel loro intento.

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BEUMo, AM, Sancassani Giovanni, F.77, fasc. 33, Ferrara, 24 novembre 1749. 142

Ricordiamo che nel 1749 la salute del Muratori andava peggiorando rapidamente, e sul finire dell’anno avrebbe perso completamente la vista per poi spegnersi a Modena il 23 gennaio del 1750 all’età di 78 anni. 143

Capitolo terzo