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L’amministrazione del Beneficio di Sant’Agnese (1711 1750)

Il 4 luglio 1711 Lodovico Muratori veniva nominato priore della chiesa di Sant’Agnese in Ferrara, di giuspatronato estense, detenendo l’incarico fino alla morte avvenuta a Modena nel 1750; gli succedette il conte Ignazio Sabbatini come apprendiamo da una lettera del 6 febbraio 1750 del commissario ducale Francesco Contarelli di Reggio al consigliere Masini144: “L’altro è il priorato di Sant’Agnese eretto in codesta chiesa parrocchiale di tale titolo di cui era priore il sig. proposto Muratori ed ora lo sento conferito dal detto prelato allo stesso sig. conte Ignazio.145”.

Nell’archivio di Stato di Modena, nel fondo Chiesa e monastero di Pomposa, sono conservati tre protocolli redatti da Giuseppe Bianchi, notaio vescovile, con i quali il principe Giovanni Federico, secondogenito del duca Rinaldo, in qualità di abate commendatario della Pomposa di Ferrara conferiva all’erudito tale incarico146. Secondo Dante Balboni questo

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Ignazio Sabbatini era l’arciprete maggiore della cattedrale di Modena e fratello di Giuliano Sabbatini vescovo della stessa città. Come riporta Gian Francesco Soli Muratori, nipote dell’erudito modenese: “E perché la strettezza del tempo non avea permesso a me di soddisfar pienamente al desiderio mio di onorare, per quanto mi fosse stato possibile, la memoria di un tanto zio nel di del suo funerale, gli feci celebrar l’anniversario nel giorno 23 di gennaio nell’anno 1751 collo stesso apparato lugubre della chiesa con buon numero di messe e con un ben inteso catafalco ed allora dopo la messa solenne cantata dal conte Ignazio Sabbatini arciprete maggiore della cattedrale…”. Cfr. Vita del proposto Lodovico Antonio Muratori già

bibliotecario del serenissimo signore duca di Modena descritta dal proposto Gian Francesco Soli Muratori suo nipote, da esso in questa nuova Edizione notabilmente accresciuta di Documenti inediti, tomo I, Arezzo

1767 p. 208. 145

ASMo, Agenzia di Ferrara, b. 3 bis appendice. Si tratta di una relazione molto interessante da cui si rilevano le rendite dei benefizi di Bondeno, della Santissima Trinità in S. Anna e di Sant’Agnese di Ferrara, tutti di giuspatronato estense.

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ASMo, Chiesa e monastero di Pomposa, b. 5. In questo fondo è conservato anche un originale del mandato di procura voluto dal duca Rinaldo il 13 dicembre del 1710, nella persona del senatore Giorgio Olivazzi, con il quale assegnava al secondogenito la prepositura della Pomposa e l’arcipretura di Bondeno, entrambe di patronato di casa d’Este. Giovanni Federico d’Este nacque a Modena il 1 settembre del 1700. Venne avviato alla carriera ecclesiastica, ma a differenza del fratello Francesco III, il successore del duca, Gian Federico aveva un carattere libertino, tanto da spingersi a corteggiare la cognata Carlotta d’Aglae, la cui fama di donna esuberante e capricciosa era nota a tutti. Rinaldo d’Este si vide costretto ad allontanare da Modena il figlio, per il quale non aveva mai nascosto di avere una predilezione. Lo inviò alla corte di Carlo VI, dove si sarebbe

conferimento era per il duca un modi di ricompensare Muratori, che in quegli anni procedeva alla ricerca e all’analisi storica dei documenti che potessero far valere i diritti imperiali ed estensi sulle valli di Comacchio nell’annosa disputa con la Santa Sede147. Rinaldo I rivendicava anche alcune consistenze patrimoniali dimenticate a causa del disordine documentario e amministrativo: tra queste figurava un complesso di benefici ecclesiastici confluiti in mano estense in seguito a permute, protezioni e donazioni. La parte più ingente di questi possedimenti gravitava intorno alla prepositura dell’abbazia di Pomposa; alla fine del XV secolo i monaci che l’abitavano avevano dovuto abbandonarla a causa dell’impaludamento della zona, e avevano trovato rifugio a Ferrara. Il duca Ercole fece erigere nel complesso dell’Addizione Erculea il monastero di San Benedetto, che divenne la nuova dimora dei religiosi pomposiani. Gli Estensi erano già protettori dell’antica abbazia e in cambio dell’ospitalità data ai monaci acquistarono il diritto di concedere i benefici annessi all’abbandonato monastero, che consistevano nelle case dipendenti dalla Pomposa ubicate sia a Ferrara sia a Modena148. Il duca Rinaldo, come si è detto, desiderava recuperare quei possedimenti alla casa d’Este: e questo presupponeva il ritrovamento di documenti che convalidassero le rivendicazioni mosse contro la Santa Sede. Se ne occupava Muratori, che era già impegnato nel Bellum diplomaticum riguardante la disputa di Comacchio; in realtà già dal 1695, dunque ancor prima che l’erudito ritornasse a Modena chiamato dal duca Rinaldo, erano già in corso le controversie sorte intorno alla prepositura dell’abbazia di Pomposa e alla verifica del giuspatronato che gli Estensi avanzavano su tali beni. Nell’Archivio di Stato di Modena sono conservate le copie degli atti redatti il 17

dedicato alla vita militare, ma Giovanni Federico morì a Vienna a soli 27 anni, nel 1727. Cfr. Luciano Chiappini, Gli Estensi mille anni di storia, Ferrara 2001 p. 511.

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La Casa d’Este, dopo la devoluzione di Ferrara alla Santa Sede nel 1598, aveva cercato per tutto il XVII secolo di riconquistare i territori perduti cercando aiuto ora dalla Francia, ora alla Spagna. Nel 1695 Rinaldo I d’Este, in seguito alla morte del nipote Francesco II, abbandonò la berretta cardinalizia per assumere il governo del ducato di Modena e sposò Carlotta Felicita di Brunswick e Lüneburg, figlia di Giovanni Federico e cugina del re Giorgio d’Inghilterra. Con questa unione Rinaldo pensò di poter contare sul sostegno dell’Impero per le sue rivendicazioni dei diritti estensi su Ferrara, divenendo fidato alleato della politica imperiale in Italia. Ma in realtà all’imperatore Giuseppe I poco interessavano le antiche pretese del duca: egli vedeva nel ducato di Modena uno strumento, che utilizzò abilmente, per minacciare il papa Clemente XI durante la complessa vicenda storica della successione al trono di Spagna. Giuseppe I, di fronte all’indecisione del pontefice nel preferire il partito imperiale a quello francese, nel 1708 fece occupare Mantova, Parma e Piacenza, alleati della Santa Sede, e Comacchio che fu riconsegnata al pontefice solo il 20 febbraio 1725.

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La chiesa di S. Agnese in Ferrara venne edificata da un abate di S. Maria della Pomposa, probabilmente nel X secolo; in una concessione del 1159 di un certo Giovanni abate Pomposiano viene chiamata canonica perché vi si era stabilito un capitolo di Canonici Regolari, i quali ricevevano la investitura dagli abati del detto monastero. Venne formata una prepositura e il priorato di S. Agnese rimase aggiunto ad essa; ma poiché alla chiesa era annessa cura di anime, nel 1574 il priore Francesco Maria Canani, si era riservato l’esclusivo godimento del beneficio. Nel secolo seguente il priore perdette il diritto di nominare il vicario, diritto avocato dai vescovi di Ferrara.

novembre 1695 nella Curia Vescovile di Comacchio sulla verifica del giuspatronato149. Qui di seguito leggiamo alcuni passi tratti dalla copia della lettera che l’abate Fossi scrisse al Duca il 7 dicembre 1695. Nel documento vengono commentati i punti principali del dibattito sviluppatosi dinnanzi al vescovo di Comacchio sulla prepositura di Pomposa:

«Ricevo la bolla del sig. principe Luigi che V.A.S. si è degnata di rimandarmi e sento quanto è occorso in Comacchio sopra che devo umilmente rapportarle che la spedizione qua è stata fatta con tute le precauzione et avvertenze e ciò che è stato posto in detta bolla è seguito per pura et indispensabile necessità. Due cose si commettono nella medesima bolla: una è il prendere il possesso l’altra il dover verificare il giuspatronato. Rispetto alla prima che concerne un atto facoltativo si è particolarmente avvertito di non dover passar per le mani del Vescovo di Comacchio di cui non si è fatta alcuna menzione essendosi specificati solamente i vescovi di Modena o di Reggio a quali e non altri si habbia da ricorrer per il possesso anzi per corroborar maggiormente le nostre ragioni V.A. havrà avuto la bontà d’osservar che habbiamo procurato di far de nominare Nullius Diocesis la Prepositura»150

Il 21 dicembre 1710 lo storico modenese chiedeva ad Anselmo Paioli, un monaco del monastero di San Benedetto in Ferrara: «Saprei volentieri se in cotesto Archivio di San Benedetto si conservino antiche pergamene e diplomi della Pomposa dal 1000 sino al 1200 e se fosse possibile ricavare da esse qualche lume che servisse all’erudizione antica solamente e non mai potesse servire contro della Santa Sede. Mi esprimo così perché non le cagionasse scrupolo alcuno la mia innocente dimanda di grazia mi onori d’avviso intorno a ciò confidentemente e per maggior sicurezza consegni la risposta al sig. Cavaliere Martinelli commissario di S.A.S»151.

È evidente che quei documenti pomposiani in realtà servivano per la vertenza sui benefici estensi, ma le ricerche condotte dal Muratori non erano ben viste a Ferrara ed egli, consapevole del fatto che la posta veniva intercettata, glissava facendo intendere che la richiesta era motivata da un puro interesse erudito. Il Paioli aveva inteso chiaramente la

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ASMo, Chiesa e monastero di Pomposa, b.5 Copia autentica del mandato di procura fatto dal principe Luigi d’Este al suo segretario don Ippolito Maioli "per andar a verificare davanti il Vescovo di Comacchio o di lui vicario il giuspatronato del Serenissimo di Modena sopra la Prepositura della Pomposa e poscia a fare istanza davanti al vicario generale di Modena per esserne messo in possesso a rogito di Giuseppe Bianchi cancelliere vescovile". Rinaldo era stato da poco nominato duca di Modena e Reggio (21 marzo 1695).

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ASMo, Chiesa e monastero di Pomposa, b.5 151

BEUMo. AM, Paioli Anselmo F. 74, fasc. 8. Copia della missiva muratoriana. Di Paioli possediamo solo un biglietto mentre nel fascicolo è conservata anche la copia della lettera che il Muratori inviò al corrispondente il 21 novembre del 1710. La riproduzione della missiva muratoriana, del 1872, è opera di un archivista di Montecassino di nome Cesare Quandel. Alfonso Paioli, questo era il vero nome, nacque da una nobile famiglia di Ferrara intorno al 1635 e nel 1661, dopo aver perso precocemente la moglie, decise di vestire l’abito monacale entrando nell’abbazia di San Benedetto in Ferrara dove assunse il nome di Anselmo. cfr. Gian Luigi Bruzzone, ‘Anselmo Paioli benedettino e studioso’ in Analecta Pomposiana: studi di storia religiosa delle

volontà dello storico e si era premurato di confidare i risultati della ricerca al commissario ducale Giuseppe Martinelli. Purtroppo non aveva buone notizie per il modenese, al quale scriveva il 30 dicembre dello stesso anno: ‹‹Quarant’anni sono ch’io rivoltai sottosopra tutto l’archivio Pomposiano senza trovarvi alcuna pergamena di rilievo di trascuraggine di chi si attende più tosto alla coltivazione di campi che alla coltura dell’erudizione. Ci sono tornato i giorni scorsi senza rinvenire che la donazione fatta a quel Monastero da Ottone III Imperatore onde non ci scorgo nessun lume… ››152.

Intanto a Modena si aspettava il riconoscimento pontificio dei diritti di giuspatronato estense che arrivò intorno al 1 maggio 1711, quando venne raggiunto un compromesso tra la Chiesa e il Duca; a quest’ultimo veniva riconosciuta la facoltà di conferire benefici, mentre per la parte opposta si creava un delegato pontificio per la giurisdizione spirituale. Pur non entusiasta di questa risoluzione, l'Estense dovette accettare. Durante la trattativa era emerso che non tutti i benefici pomposiani erano provvisti di titolari: ad esempio il priore di Sant’Agnese, un certo Rainuci de Marciano, era morto il 21 settembre 1705 e non era stato nominato un successore153; il Duca aveva perciò pensato di designare l’erudito modenese. Ma quando il 4 luglio 1711 venne infine concesso a Muratori, il beneficio versava in uno stato totale di abbandono154. Il 14 gennaio 1716 a Ferrara si rese vacante un altro beneficio di giuspatronato Estense, senza obbligo di residenza, annesso all’altare di S. Anna nella chiesa della Trinità. Questa nomina dava a Muratori anche il godimento di una possessione detta Le Malee, sita sul territorio di Codigoro come apprendiamo dalla lettera inedita del commissario ducale Francesco Contarelli del 6 febbraio 1750: “Il reddito del piego delle Malee posto nel territorio di Codigoro che è il benefizio detto della Santissima Trinità eretto in S. Anna di cui è seguita la collazione nella persona del sig. abate Coltri per essere di giuspatronato di S.A.S. principe nell’anno 1739 in cui io presi a Maneggiarlo pel defunto sig. proposto Muratori”155. Il primo aprile dello stesso anno moriva il priore della chiesa di Santa Maria della Pomposa di Modena, don Francesco Scianchi; due mesi dopo, esattamente il 6 giugno, Rinaldo assegnava all’erudito anche questo beneficio156. Tali incarichi, che per

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BEUM, AM, Paioli Anselmo. F. 74, fasc. 8. Ferrara, 30 dicembre 1710 153

Conosciamo con precisione la data della morte del priore di Sant’Agnese Rainuci di Marciano grazie a tre protocolli del notaio vescovile di Modena Giuseppe Bianchi. Il primo documento è il mandato con il quale il principe Giovanni Federico d’Este, in veste di abate commendatario della Pomposa di Ferrara, conferì a Muratori il priorato della chiesa di Sant’Agnese. Il secondo documento contiene la bolla spedita dal principe all’erudito per l’occasione. Il terzo protocollo è il mandato di procura fatto dal Muratori nella persona del cavaliere Martinelli per prendere possesso del beneficio suddetto.

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Dopo la morte del priore Marciano la chiesa era rimasta senza cura per più di cinque anni. 155

ASMo, Agenzia di Ferrara, b. 3 bis appendice. 156

Apprendiamo la notizia dal rogito del notaio Giuseppe Bianchi, con il quale il principe Giovanni Federico nominava Muratori priore di Santa Maria della Pomposa di Modena. Tra i documenti riguardanti

Muratori dovevano essere un’onorificenza da parte del Duca, si rivelarono ben presto causa di non pochi crucci: anzitutto, la chiesa di Sant’Agnese, per l’incuria del priore che lo aveva preceduto, era ridotta in uno stato di totale abbandono, tanto che il Modenese fu costretto a riparare tutto, dal tetto al pavimento, dalla casa priorale alle fabbriche di campagna. I lavori di ristrutturazione del fondo gli causarono ingenti esborsi, che le rendite del priorato non erano sufficienti a coprire. Come se non bastasse, anche il rapporto con i vicari i quali reggevano spiritualmente S. Agnese non erano sempre idilliaci perché, approfittando della lontananza del priore, non si astenevano da spese che addossavano alle casse di Muratori. Infine non vanno dimenticati gli affittuari degli immobili, appartenenti al beneficio, che avevano bisogno di continui richiami per il pagamento delle rette. A tutto questo bisogna aggiungere che la distanza fisica del priore modenese da Ferrara rendeva la gestione dei suoi beni più complicata157. Ma in questa nuova veste l’erudito poté fare affidamento sull’aiuto dei commissari del duca di Modena nell'antica capitale estense. Intorno all’amministrazione dei benefici ferraresi si svilupparono frequenti scambi epistolari tra Muratori e gli agenti ducali; qui di seguito analizzeremo le corrispondenze che l’erudito intrattenne con Giuseppe Martinelli, dal 1710 al 1721, e con Francesco Contarelli dal 1731 al 1749158.

l’assegnazione di tale beneficio troviamo anche la copia della bolla inviata da papa Clemente XI all’erudito. Cfr. ASMo, Chiesa e monastero di Pomposa, b.5

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Ricordiamo che i due benefici ferraresi conferiti a Muratori non prevedevano l’obbligo di residenza. Secondo Dante Balboni lo storico sperava di poter risiedere a Ferrara in modo da condurre le proprie ricerche negli archivi della città senza ricorrere all’aiuto di intermediari. Cfr. Dante BALBONI, ‘L. A. Muratori priore di S. Agnese in Ferrara’ in «Anecdota Ferrariensia», Città del Vaticano 1972, pp.158-168.

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Giuseppe Martinelli, avvocato di Reggio Emilia e professore di diritto civile, nacque nel 1675 e morì nel 1721 a Ferrara dove, dal 1710, coprì la carica di commissario del duca Rinaldo I d’Este. Cfr. Girolamo TIRABOSCHI, Biblioteca modenese o notizie della vita e delle opere degli scrittori natii degli stati del

serenissimo signor duca di Modena raccolte e ordinate dal cavaliere Girolamo Tiraboschi. T. III, Modena

1783, p. 169.

Francesco Contarelli nacque a Correggionel 1689 da Angelo e da Giacoma Corradi d’Austria. Non sappiamo con precisione quando conobbe Muratori; la loro corrispondenza incominciò nel 1731, anno in cui il Contarelli si trasferì a Ferrara per sostituire il commissario ducale Alfonso Cavazzi158. Il Contarelli rimase a Ferrara fino allo spirare del 1749, quando si trasferì a Modena per assumere l’incarico di Fattore generale della Camera Ducale; lo sostituì, come commissario, il conte Camillo Poggi. Ammalatosi di gotta si ritirò a Correggio, suo paese natale, prendendo parte alle pubbliche amministrazioni e li finì i suoi giorni il 14 di febbraio del 1761 all’età di anni 72. Cfr. Clinio COTTAFAVI, Lettere di Lodovico Antonio Muratori a Franceco Contarelli di