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Un segretario infedele: Ferdinando Caldari (1738 1744)

Guido Bentivoglio d’Aragona, uomo di grande rilievo sociale nella Ferrara del XVIII secolo, nell’agosto del 1738 chiese a Muratori di aiutarlo nella ricerca di un valido segretario105. Il marchese, molto esigente, sapeva che avrebbe potuto fidarsi ciecamente del giudizio del grande erudito e gli spiegava che il nuovo aiutante doveva essere abile nel lavoro, affidabile e soprattutto garbato, in modo da poter svolgere incarichi personali presso i legati. Il modenese si mostrava lusingato dal fatto che il Bentivoglio gli avesse affidato

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un’incombenza così delicata, ma nel contempo riluttava ad accettare l’incarico perché nella cerchia delle sue conoscenze non riusciva ad individuare nessuno che possedesse le caratteristiche richieste dal marchese. Dopo vari tentennamenti, Muratori accettò infine l’incarico e giunse alla conclusione che, purtroppo, l’unica persona adatta per quel lavoro non sembrava disposta ad abbandonare facilmente Modena: si trattava del fiorentino Ferdinando Caldari, in quel momento al servizio del marchese Lodovico Rangoni, amico dello storico modenese. Il candidato accettò la proposta, ma approdato a Ferrara trovò una situazione diversa da quella che gli era stata descritta: il Bentivoglio, quando il 19 agosto del 1738 aveva contattato Muratori, non si era preoccupato di precisare che al momento disponeva già di un segretario il quale, dopo otto anni di servizio impeccabile, aveva incominciato a mostrare delle mancanze; il nobile ferrarese meditava perciò di licenziarlo, ma fino ad allora non aveva trovato il giusto pretesto per mandarlo via. A fine agosto Caldari arrivò a Ferrara, come gli era stato chiesto, ma sarebbe subito ripartito per Venezia dove avrebbe dovuto sbrigare alcune commendatizie per il marchese Rangoni e molto probabilmente sarebbe rimasto in quella città per prestare servizio alla casa Grimani. Il Bentivoglio si scusava con il Muratori per l’inconveniente causato ma assicurava che nel caso il fiorentino non avesse gradito la mansione offertagli nella città lagunare avrebbe provveduto a trovargli un’occupazione momentanea presso di sé. Rinfrancato dalle buone intenzioni del marchese, il Caldari pensò, verso i primi di ottobre, di ritornare a Ferrara, trovando però la stessa situazione di precarietà che aveva lasciato prima della partenza per Venezia. Il Bentivoglio gli aveva proposto di accudire la piccola biblioteca personale, ma non poté mantenere la promessa perché quella mansione era stata già attribuita a Giovanni Andrea Barotti; alla fine decise di provvedere, a sue spese, al mantenimento del fiorentino fino a quando non gli avrebbe trovato una giusta collocazione106. Il 20 ottobre 1738 Caldari fece partecipe Muratori dello sconforto che tale situazione gli aveva provocato e si consolava con la considerazione che il lavoro di segretario non gli era stato assegnato non a causa della cattiva condotta ma per i ripensamenti della persona che glielo aveva proposto; la cosa giusta da fare era confidare nella buona coscienza del Bentivoglio ed aspettare l’agognata convocazione107. La pazienza del fiorentino fu ripagata e quello stesso anno divenne assistente del marchese; ma per lui erano in serbo nuove peripezie: il 6 dicembre del 1744 venne destituito dall’incarico con l’accusa di infedeltà e cacciato bruscamente dalla residenza del nobile. A muovere la pesante imputazione fu proprio il marchese, che già un anno prima aveva notato alcune disattenzioni compiute dal Caldari e all’insaputa dello

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Carteggi con Bentivoglio…Bertacchini, a cura di Anna Burlini Calapaj, vol. 6, Firenze 1983, pp. 14-18. 107

sventurato, comera accaduto per il precedente segretario, si era messo alla ricerca di nuovi candidati coinvolgendo nuovamente il Muratori. Purtroppo le intenzioni segrete del Bentivoglio furono svelate e stizzito dall’accaduto il 7 dicembre 1744 scriveva all’erudito modenese: ‹‹Comprendo benissimo ch’ella per favorirmi, come ne l’avevo pregata, di trovarmi un segretario, necessariamente doveva con alcuno parlarne, ed ora veggo che non è cosa più facile che il medesimo sig. Borsari possa avere svelato il segreto, anche col buon fine di contribuire all’adempimento delle di lei premure portate a farmi il favore richiestoli››.

Superato l’incipit ammonitore, il marchese proseguiva la lettera descrivendo al Muratori l’episodio che lo aveva indotto ad allontanare repentinamente Caldari prima ancora di aver trovato un sostituto. Secondo il Bentivoglio il fiorentino, avendo intuito quale fosse la situazione, aveva cominciato a cambiare atteggiamento mostrandosi ogni giorno sempre più sprezzante, tanto da spingersi a modificare, di proposito, le lettere che gli venivano dettate dal marchese. Quando il nobile ferrarese, che lo aveva colto in flagrante, gli chiese di riscrivere, Caldari incominciò a sbraitare per tutta la stanza. Quest’episodio fu, stando al racconto del Bentivoglio, la causa immediata del licenziamento di Caldari; ma c’era di più. Bentivoglio aggiungeva: ‹‹debbo anche confidentemente significarle il fondamento delle mie diffidenze, le quali sono nate dall’avere sicuramente saputo che i fatti miei venivano dal dott. Caldari comunicati a persone che erano incaricate di saperli e da mia moglie e dal marchese Martinengo e da altri con i quali ho qualche differenza››108.

Alla fine il marchese, per sgravare l’animo sensibile del modenese, che sei anni prima gli aveva consigliato caldamente di assumere il fiorentino, concludeva: ‹‹non vorrei che questo sincero racconto le facesse sentire il minimo dispiacere per avermi ella proposto il medesimo dott. Caldari, perché gli uomini sono difficili a conoscersi, e perciò per quanto possa uno assicurarsi della capacità ed abilità di un altro, altrettanto è impossibile compromettersi dell’onestà, che è cosa interna. Molto meno poi vorrei che quest’accidente la ritirasse dal pensiero di favorirmi di trovarmi altro soggetto da rimpiazzare, perché lo desidero pel di lei mezzo, e di sua scelta, sicuro di avere un uomo dotto e capace››109.

Questa lettera arrivò nelle mani di Caldari che, dopo aver appreso le parole infamanti del Bentivoglio, si affrettò a contattare il Muratori per perorare la sua causa: ‹‹Io seppi bene che il presente sig. marchese glie ne avanzò la notizia ed, o fosse accidentalità o fosse

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Si tratta della prima moglie del marchese Bentivoglio ossia di Licinia Martinengo con la quale pare non avesse un rapporto idilliaco; infatti sposò in seconde nozze Elena Grimaldi. Cfr. Carteggi con

Bentivoglio…Bertacchini, a cura di Anna Burlini Calapaj, vol. 6, Firenze 1983, p. 6.

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artificio a bella posta praticata, ne vidi e ne lessi la di lui lettera il di cui contenuto eccedentemi ed in tutte le parti calunnioso mi ha raddoppiati gl’impulsi per incomodarla con la presente per difendermi dall’aggravio che ingiustamente mi vien recato››110. Il fiorentino continuava spiegando all’erudito che purtroppo non poteva confrontarsi direttamente con il marchese perché così facendo avrebbe compromesso l’amico don Matteo, un prete che era in casa del Bentivoglio e che aveva intercettato la missiva; chiariva al Muratori che avrebbe potuto sorvolare sulle accuse di cattiva prova come segretario e mancanza di rispetto, ma non accettava che fosse tacciato di infedeltà e disonestà.

Caldari commentava che il marchese, descritto come una persona incontentabile, dopo la perdita del padre si era reso noioso ed insopportabile non solo a chi lo serviva ma a tutta la famiglia; si domandava come mai il Bentivoglio, che diceva di averlo licenziato per la sua irriverenza, lo descrivesse in quella lettera come una persona infedele, ma soprattutto perché non se ne era accorto in sei anni di stretta collaborazione? Secondo Caldari le notizie segrete sull’accomodamento della moglie del marchese erano state già ampiamente trattate nei carteggi dello stesso Bentivoglio e affermava che se fosse stato messo al corrente della reale situazione avrebbe potuto smentire l’accusa mossagli ricordando al padrone le ripetute occasioni nelle quali gli aveva indicato ‹‹alcune persone si domestiche che estranee che anno manifestati i di lui segreti ricavati dalla di lui loquacità››.

Non sappiamo che cosa Muratori abbia replicato alle perorazioni di Caldari; sappiamo in compenso che cosa scrisse il 10 dicembre 1744 al Bentivoglio. L’erudito, che era già stato messo al corrente dell’episodio increscioso, ammetteva di conoscere bene il carattere sanguigno del segretario, dubitava che potesse macchiarsi del reato d’infedeltà e invitava il nobile ferrarese ad accertare tali sospetti. In ogni caso Muratori garantiva al marchese che non avrebbe fatto più nulla per il fiorentino perché nei sei anni di permanenza a Ferrara non gli aveva mai scritto, inoltre non voleva trovarsi nuovamente in tali situazioni imbarazzanti. Riguardo alla richiesta del Bentivoglio di cercare un nuovo segretario l’erudito rispondeva:‹‹La benigna fidanza poi, ch’ella per su bontà ha nella mia persona, per trovarle altro segretario, tanto più rende sensibile a me il dispiacere del non aver trovato, e forse di non poter trovare soggetto a proposito per questo ministero. Chi ha abilità è già dato alla medicina, o alla legge, o è prete››.

Queste parole sono state interpretate come una presa di distanza di Muratori di fronte alle richieste dell’incontentabile patrizio; al contrario possiamo notare come il modenese avesse assunto un comportamento del tutto accondiscendente nei confronti di tali bizzarrie,

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tanto da concludere la lettera con la promessa al Bentivoglio di cercargli un nuovo segretario, puntualizzando che ‹‹ho assai capite le convenienze dovute a Vostra Eccellenza, né mancherò di prevalermene››111.

Possiamo spiegare questa condiscendenza tenendo presente che il marchese, all’epoca, era a Ferrara un personaggio molto influente sia dal punto di vista sociale sia da quello culturale; ricordiamo che riuniva nel suo palazzo l’accademia della Selva e nel 1763- 1764 sarebbe stato moderatore dello Studio di Ferrara e membro del Consiglio Centumvirale della città. Inoltre non è da trascurare il fatto che il Muratori, prima del licenziamento del Caldari, si era rivolto al Bentivoglio, come attesta la corrispondenza avvenuta tra i due, per placare l’arroganza del vicario di S. Agnese a Ferrara; questi si arrogava il diritto di spendere somme spropositate per la manutenzione della chiesa, salvo poi farle gravare sul conto del lontano modenese che dal 1711 ne era il priore112. E’ comprendibile che Muratori non volesse deludere la fiducia del marchese, che si era prontamente prestato a risolvere le divergenze sorte tra il vicario e l’erudito. In conclusione, il Bentivoglio, di fronte alla domanda postagli dal modenese sulla fondatezza dei sospetti sulla fedeltà del segretario fiorentino, rispondeva sicuro: ‹‹secondamente passando alla materia dell’accennata di lei lettera posso veramente accertarla che non sono ideali sospetti le ragioni che aveva di non fidarmi del dott. Caldari; ma realmente ne aveva contrassegni, e prove incontrastabili››. Intanto attendeva con fiducia che il Muratori gli trovasse un buon assistente, mentre Caldari si trasferì, non sappiamo quando, a Venezia presso il nunzio pontificio Martino Innico Caracciolo e in questa città morì il 30 marzo del 1749113.