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Le lettere che Pier Francesco Manetti inviò al Muratori secondo il Campori sarebbero cinque297; in realtà solo quattro sono quelle destinate allo storico modenese mentre l’ultima è una missiva indirizzata a un caro amico del Manetti, di cui non è specificato il nome; dopo alcune ricerche abbiamo stabilito che si tratta di Giovan Andrea Barotti298. Nel fascicolo del corrispondente troviamo inoltre la copia di uno scritto del vescovo di Apollonia e per quanto riguarda le responsive del Muratori possediamo una sola lettera.

Pier Francesco Manetti nacque nel 1700, molto probabilmente a Fanano un paese situato sull’Alto Appennino modenese. Dopo aver conseguito la laurea in utroque iure a Modena si divise tra l’attività forense e la passione per le lettere tanto che nel 1726 venne nominato segretario dell’accademia dei Dissonanti di quella città299. Il 4 giugno del 1731 si trasferì a Ravenna come segretario dell’arcivescovo Maffeo Niccolò Farsetti e da quanto apprendiamo in una lettera scritta al Barotti fu il Muratori ad indirizzarlo verso quella nuova mansione. Verso la fine di luglio dello stesso anno il Manetti venne inviato a Ferrara per seguire una controversia sorta tra il Luogo Pio dei Mendicanti e l’arcivescovo di Ravenna. Restò in città per quattro mesi ed è proprio di questo periodo la prima missiva inviata allo storico modenese. Il Manetti scriveva al Muratori per conto di un suo amico che, durante la traduzione in italiano dell’Arte poetica di Marco Girolamo Vida, era stato colto da un dubbio su un verso di Propezio; il traduttore in questione era Giovan Andrea Barotti che qualche anno più tardi entrerà a far parte della cerchia dei corrispondenti muratoriani. Nel 1732 il Manetti fu insignito, per ventisei anni, della carica di rettore del Seminario Arcivescovile di Ravenna, anche in questa occasione ci vedeva l’influenza dell’erudito modenese e gli scriveva, ringraziandolo, quanto questo nuovo incarico lo rendesse felice e libero da ogni subordinazione300. Il corrispondente in questa nuova veste di direttore del

297

A.B.Mo, Archivio Soli-Muratori, F. 70, fasc. 12. 298

Presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara sono conservate circa 157 lettere tutte inviate dal Manetti al Barotti tra il 1725 e il 1770. Confrontando il carteggio con la missiva, conservata nel fascicolo del corrispondente muratoriano, abbiamo notato che portano tutte la stessa intestazione “Caro Amico”. Inoltre abbiamo appurato che l’amico di cui parla nella prima lettera scritta a Ferrara,intento nella traduzione della Poetica del Vida, era il Barotti. B.A.Fe Antonelli 638/1.

299

Pietro Paolo GINANNI, Memorie storico-critiche degli scrittori ravennati. T. II, Faenza 1769.pp. 13-14, 300

BCAFe, Corrispondenza di Gian Andrea Barotti, ms collez. Antonelli 638. Lettera del Manetti al Barotti, Ravenna 11, ottobre 1732.

seminario cercò di dargli la stessa impronta di quello di Modena e come scriveva Domenico Vandelli al Muratori:egli qui si fa onore, ed è tanto amato da tutti, regola questo Seminario sul piede del Collegio di Modena.

Il 5 febbraio del 1732 chiedeva all’erudito di inviargli le leggi dell’accademia di Messina ma non è chiaro il motivo della sua richiesta. Nel 1739 divenne canonico penitenziere della Metropolitana ravennate ed esaminatore sinodale mantenendo comunque la carica di rettore del seminario arcivescovile. Nel 1758, stanco di seguire i numerosi incarichi che gli erano stati affidati, chiedeva all’arcivescovo di Ravenna di poter abbandonare la carica di rettore del seminario. L’anno successivo manifestò la volontà di licenziarsi anche dal compito di penitenziere e di potersi ritirare a vita privata301.

Ferrara, 12 novembre 1731

Trovandomi io al presente in Ferrara del mio mons. Arcivescovo, non ho potuto negare di non servire un mio amico. Egli lavora attorno la Poetica del Vida. La quale ha tradotta in versi italiani e ora le sta dietro illustrandola con finissime annotazioni. Vi ha trovata una difficoltà, che non può sciogliere, (la) quale è ancora in un verso di Propezio lib. 1 cl.11.

«Tam multa illa meo divisa est milia lecto, quantum Hipanis Veneto dissidet Eridano »

Egli desidera sapere per qual cagione il Po in questi versi sia detto Veneto e se si trovi scrittore che ponga quel Fiume nell’antica provincia Veneta. Di ciò egli m’ha imposto pregarne V.S. illustrissima e so sempre ricordevole della somma bontà che ha per me, ardisco supplicandola mentre, desiderando l’onore d’ubbidirla, con ogni rispetto mi dichiaro.

301

Ravenna, 5 febbraio 1732

Dall’inchiusa, scrittale come V.S. illustrissima mi ha comandato, riconoscerà il mio buon desiderio d’ubbidirla, onde in questa altro non le aggiungo, persuadendomi che ella mi onorerà di creder sincere tutte le espressioni fattele nella medesima.

Mi sarà di sommo contento il ricevere le leggi dell’accademia di Messina pertanto, quando ella voglia favorirmele, mi farà grazia consegnarle al sig. Francesco Termanini il quale, per mezzo di mio fratello, me le farà avere.

Sono stato qui impegnato da uno che raccoglie composizioni per la morte della sig.ra donna Anna Anguisciola Carrara a fargli un sonetto per la raccolta che si medita che però consegnandolo a quello che me ne ha richiesto, credo che il sig. Cavaliere verrà servito e V.S. illustrissima medesimamente, che ha la bontà di chiedermelo a suo nome.

Quando mi giunse la stimatissima di lei, si trovava meco in segretaria il sig. proposto Filippo Bellardi. Persona di molta stima e di non mediocre letteratura in questa città. sentendo egli nominarsi da me V.S. illustrissima per cui ha tutta la dovuta estimazione mi impose portarle i suoi ben distinti rispetti e supplicarla a volere aver la degnazione di considerarlo per uno de di lei più divoti servitori.

La ringrazio poi ben vivamente pel favore che mi fa di chiedere della mia salute la quale, ringraziando Dio, è ottima e maggiore si renderà dalla consolazione di ricevere i di lei comandamenti nell’ambizione de’ quali con tutto l’ossequio mi confermo…

Ravenna, 30 settembre 1732

Può V.S. illustrissima assicurare il p. nostro Nicolucci, o per lui cotesto p. consigliere Masini mio sig. che ne ha premura, come si è ottenuta la predica di Consandolo per la ventura quaresima al detto Padre, avendogli io procuratala per ubbidire agli stimatissimi di lei comandamenti. È da molto tempo che doveva renderla avvisata di ciò ma l’aver dovuto portarmi con mons. mio Arcivescovo sul Ferrarese per sua certa lite, ove mi sono fermato da ben quindici giorni, e poi la visita che ho fatta in campagna ai beni di questo Seminario me lo ha impedito. Intanto ella resti sicura come nella lista della destinazione ai pulpiti per la vegnente quaresima, affinata in questa cancelleria, ho veduto il p. nostro Nicolucci in quello di Consandolo.

So che V.S. illustrissima gradirà qualche notizia del mio stato pertanto riverentemente le significo come mi trovo assai contento nel mio ministero poiché il trovarmi fuori di ogni soggezione e in piena libertà di far quello che si vuole, sempre però nei termini dell’onesto, non è di poco sollevamento. Il mio ufizio ricerca certamente una somma vigilanza trattandosi di direzione di fanciulli di qualche numero ma essendo ciò il dovere della mia carica non mi viene nulla di gravoso. V.S. illustrissima si ricordi che tutto questo debbo alla di lei bontà e che perciò in ogni congiuntura di fortunatamente obbedirla procurerò mostrarmi quale ossequiosamente mi protesto…

Ravenna, 8 gennaio 1749

Il sig. abate Filippo Montani, moderno vicario generale di Senigaglia dotto e prudente soggetto, avendo composta una picciola dissertazione intorno un patto d’armi, che prova accaduto fra i Galli e i Romani nelle pianure di Fabbriano sua patria, si è persuaso che io possa ottenere da V.S. illustrissima che ella si compiaccia di vedere la medesima per averne il di lei sincero giudizio. Unito dunque a questa mia ella troverà l’opuscolo suddetto e una lettera di esso mons. vicario generale a cui potrà rispondere direttamente a Senigaglia senza rimandargli la dissertazione di cui ha appresso di se altre copie.

La supplico dunque, riverentemente, di avere questa benigna compiacenza a mio riguardo nel mentre col rinnovarle tutti i sentimenti, che inalterabili le conservo di ossequiosa obbligata servitù, passo a dichiararmi…

Ravenna, 2 dicembre 1741

Nello scavare i fondamenti pel nuovo coro di questa Metropolitana, il quale viene tirato indietro sin al palazzo Arcivescovile, si è trovata la seguente iscrizione in un bel marmo greco con cornice attorno da due parti essendo spezzata dall’altre due.

M. AUR. DEMETRIO SARAPAMMONI. E

Le lettere sono bellissime e ben formate. Ve l’ho voluta mandar subito acciocché possiate riverendomi devotamente il sig. Muratori mostrarglila da mia parte per porla, se siamo in tempo, nel suo Tesoro. State sano ed amatemi giacché sono sempre…

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