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BILANCIO DEI DODICI VIAGGI-STUDIO

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 125-131)

con i suoi colori vivacissimi, il vento travolgente, il te’ bevuto nel bar frequentato da Ernest Hemingway. Bellezze che mi compensarono della pochezza di ciò che resta di Cartagine. Nel mio ruolo di insegnante l’avevo forse idealizzata un po’ troppo. Il cli-ma dolce di quel paese e la gentilezza dei suoi abitanti mi spinsero nell’inverno suc-cessivo a tornare in Tunisia e a trascorrervi la bellezza di tre rilassanti settimane.

Il Marocco, meta del 1994, ci riportò a civiltà remote quasi bibliche. La piazza di Marrakech con i suoi incantatori di serpenti, le dentiere di plastica rosa e azzurre vendute dagli ambulanti, odori speziati e minareti costantemente al lavoro sono state impressioni indimenticabili. Ad Agadir ottimi acquisti di borse e manufatti in pelle. Ancora rimpiango una borsa di Hermes, anni dopo vittima di uno scippo ag-gressivo. La notte della partenza ho avuto il raro onore di ammirare Dante Valente in slip, uscito di soppiatto per sistemare la sua valigia all’esterno della camera, men-tre la porta si richiudeva alle sue spalle.

Minosse e l’isola di Creta occupano un posto privilegiato nei miei ricordi: bel-lissimo albergo, con il filo di Arianna arrotolato nella hall. Ciascuno occupava una villetta in riva al mare o in giardino, gruppi di oche beccavano allegramente la testa di Lucia Demeglio e Francesco Giammarino sdraiati al sole. Indimenticabile la cena da Salvatore, oriundo italiano esibizionista e sgarruppato, il cui ricordo ancora oggi suscita il riso. Conoscemmo quell’anno Enzo Siesto e Maria Grazia La Rosa, romani riservati e un po’ misteriosi che si rivelarono più tardi affettuosi e simpatici, entran-do stabilmente a far parte della nostra compagnia itinerante.

Da Creta all’Egitto il passo fu breve e per me decisamente emozionante. Scen-dendo dall’aereo ad Hurgada fummo investiti da un’ondata di calore davvero sor-prendente. La barriera corallina, le sculture di verdure preparate dallo chef, il colore della fauna ittica, le meraviglie di Luxor caratterizzarono l’edizione 1996 del viag-gio. Rammento con particolare simpatia i pipistrelli bianchi che volteggiavano tra le colonne del tempio semideserto di Denderah. Fummo protetti con grande dedizione dalla polizia egiziana, timorosa di eventuali attentati.

Della Giordania (1997) serbo un ricordo indelebile. La visione di Petra e delle altre vestigia delle numerose civiltà che si sono succedute fu decisamente superiore alle nostre aspettative. Il tramonto sotto le stelle nel deserto dell’Uadi Rum fu qual-cosa di solenne e unico. Fu il solo paese islamico in cui trovammo donne impiegate negli uffici pubblici, forse grazie al re Hussein.

La Turchia (1998) si differenziò nettamente rispetto ai paesi visitati in prece-denza: moderna ed efficiente, ricca di bellezze naturali e artistiche ci ospitò tra il lusso nel villaggio Pine Bay di Kusadasi, dopo la visita a Istanbul e il tour in Cappa-docia. Shopping sfrenato ogni sera: ancora oggi indosso con piacere capi pseudofir-mati e un Rolex fiammante da 15 $ che funziona perfettamente e al cambio della pila attira i commenti invidiosi degli addetti ai lavori.

La mia schiena fu messa alla prova nel 1999 durante il viaggio in Siria, ricco di stimoli, ma altrettanto faticoso, non solo fisicamente ma anche moralmente, nel-l’osservare le cattive condizioni di vita degli abitanti e il contrasto con il culto

im-perversante della personalità di Assad, l’allora presidente-sovrano. Aleppo, Dama-sco, Palmira compensarono la gestione dittatoriale dei nostri accompagnatori siria-ni, che ci rimproveravano se cambiavamo posto in pullman e mostravano scarsa considerazione per le donne. Uno di loro per dimostrare la democrazia in cui vive il paese raccontò che al suo matrimonio erano state invitate persino delle donne….il luogo che mi piacque maggiormente fu ciò che resta dell’antica basilica di S. Si-meone Stilita. Per accedere alla moschea di Damasco noi donne indossammo pa-landrane di dubbia pulizia che ci trasformarono in zombi.

Il richiamo dell’Egitto si fece sentire nuovamente nel 2000, con la lusinga della crociera sul Nilo. La visita al Cairo e ad Abu Simbel mi colpirono profondamente. Le navi abitualmente in navigazione sul Nilo sono alquanto numerose, a tal punto che non ci fu possibile assistere in diretta al passaggio delle chiuse per eccessivo affol-lamento nelle ore notturne. Ricordo con entusiasmo la bella gita in feluca all’isola delle banane. Allegri ragazzini abbordavano i turisti cantando per ciascun gruppo una canzone adeguata in lingua. Per i francesi la Marsigliese e per gli italiani Bella ciao.

Nell’isola Elefantina decine di gatti affamati di tutte le fogge, alla ricerca di-sperata di cibo, ci fecero stringere il cuore.

Il viaggio 2001 ebbe una meta originale e riposante: l’isola di Cipro, nell’am-biente confortevole di un villaggio di gran classe, nel quale soggiorna anche la regi-na Elisabetta quando si reca nell’isola. Il luogo di regi-nascita di Venere, le chiese bizan-tine, la casa di Dioniso con i suoi mosaici furono le attrattive maggiori. La capitale Nicosia, ancora divisa dal muro che separa Greci e Turchi, mi colpì per i ricordi del-l’arcivescovo Makarios. Si trattò della vacanza più riposante in assoluto, senza cam-biamenti di albergo e trasferte faticose.

Dulcis in fundo nel 2002 il Portogallo, che avevo già visitato in passato, e mi ha nuovamente catturata con il suo fascino discreto, i suoi tram tintinnanti, il suo baccalà a tutte le ore e in tutte le salse. Non mi aspettavo le meraviglie di civiltà e di verde concentrate in Algarve, l’oceano e i gabbiani facevano il resto. I camini ad ispirazione islamica, i mosaici stradali, il comfort di Cascais e della reggia di Sintra completarono le emozioni rinnovate di Fatima.

Il mio apprezzamento va ad Arturo e Nadia, che mi hanno costantemente vez-zeggiata: il premio di fedeltà che mi hanno offerto alla fine del dodicesimo viaggio (un’icona bizantina) fa bella mostra di se’ tra i miei ricordi più cari. Ringrazio chi mi ha concesso di sedere sempre in prima fila sui pullman e l’attenzione affettuosa che tutti i partecipanti hanno avuto nei confronti della loro decana, alternandosi al mio fianco, cercando di sorreggermi (a volte li ho sorretti anch’io) e augurando a tutti noi di ritrovarci in futuro con lo stesso spirito amichevole e solidale.

Stretta la foglia larga la via Dite la vostra che ho detto la mia

Noi desideriamo aggiungere che Nonna Giovanna ci ha regolarmente umiliato partecipando in prima fila a tutte le escursioni (anche in pendenza!)senza manife-stare la minima lamentela.

Inoltre nei primi viaggi con una radiolina percorreva i parchi degli hotel fino a trovare un punto di cattura della RAI, per informarci sugli sviluppi del campionato (Juve soprattutto) o di un Gran Premio.

Per cui merita anche il premio ANSA-CIDA.

Da GIORGIO MARESIO

“Scriveresti un pezzo per “Linguaggio Astrale”?”. Come si fa a dire di no alla ri-chiesta, espressa con la consueta cortesia e dolcezza, di una persona cara come Na-dia Paggiaro?

Eccomi, dunque, a cercare di rovistare tra centinaia di ricordi e di impressioni assorbiti in dodici anni di viaggi settembrini con gli astrologi del Cida, incasellati al-la rinfusa e al tempo stesso ancora nitidi nelal-la mia memoria privata. La riflessione suggerita non mi dispiace, dirò di più mi tenta: cercare di sintetizzare in libertà, da un punto di vista assolutamente soggettivo, un’avventura lunga dodici anni con il Cida. Anche perchè devo in qualche modo sdebitarmi con molte persone, ringra-ziarle per una lunga ospitalità che mi ha incuriosito, talvolta convinto e stupito, spesso divertito e comunque arricchito sotto diversi aspetti. Parola di scettico since-ro, che in ogni caso ha sempre rispettato, pur non esitando a esprimere personalis-simi giudizi critici, una forma di conoscenza e di cultura tanto antica quanto indub-biamente affascinante. Mi fa sorridere, ad esempio, se solo estraggo da uno dei cas-setti della mia memoria quella volta che a Kos - era il 1992, la seconda volta che ci venivamo insieme - Nadia tentò generosamente e disperatamente di far capire al-cune nozioni fondamentali di Astrologia a un gruppo di discoli buontemponi seduti intorno, occupati più a spiare il mare celeste oltre le tende dei finestroni dell’alber-go che a seguire con un minimo di partecipazione le sue parole fin troppo pazienti. Ci siamo: è arrivato finalmente il via libera ai flash back estemporanei della mente, ai pensieri che fluiscono anarchici dentro ognuno di noi. E se soltanto torno indie-tro nel tempo, rivedo con chiarezza la prima volta di un’esperienza che si è protrat-ta fino a poche settimane fa.

Il viaggio verso la culla occidentale, sempre Kos (1991), dell’Astrologia: il mare blu, il bagliore dell’Egeo, le lunghe notti di Atene, il sole che tramonta come un’in-credibile arancia tra lo smog e quasi si nasconde dietro il Partenone. L’abbraccio dei cipressi, assordati dalle cicale, sulle scalinate dell’ospedale di Ippocrate a inseguire il guizzo delle rondini e a scrutare le montagne ocra oltre lo stretto ostile.

Due anni dopo, siamo nel 1993, un viaggio imprevisto verso il principio dell’A-frica, ad Hammamet in Tunisia. Il primo impatto con un continente favoloso, dove la luce riesce a dar sostanza e ad esaltare ogni colore, tra suggestioni impensabili.

Ho ancora davanti agli occhi la serenità di un piccolo cimitero arabo in riva la mare, gremito di tombe azzurre e verdi, delimitato da un muretto oltre il quale si proten-dono palme che tentano di sfuggire alla linea liquida dell’orizzonte.

Africa ancora, stavolta il 1994. Il Marocco che ti aggredisce con i profumi delle piante e dei fiori. Che ti rapisce con una mezzaluna che si erge all’improvviso oltre un minareto, ti inebria con vallate smeraldo tra le infinite gradazioni dell’elemento terra, ti accoglie nel vento insistente che soffia tra le rocce, tra le sabbie del deserto e l’oceano potente. E che riesce a estraniarti, quando ti aggiri nel pulviscolo dorato che disegna ghirigori tra le stanze e i cortili dei palazzi di argilla, da cui sbucano facce d’ebano di berberi sorridenti.

E poi, a Creta nel 1995, nella magia di un eden fiorito che digrada sul mare, dove si immergono gli dei e dove riesci a percepire i primi battiti della civiltà. Un luogo prediletto da ninfe e fauni, che ancora si aggirano nelle grotte dei padri o re-pirano al ritmo regolare dei mulini a vento, di fronte ai bastioni desolati che parlano di navi e di sfide secolari che trovavano quiete momentanea solo tra le rive e i mar-mi di Venezia.

Egitto, 1996. Un tuffo emozionante nei primi millenni della storia dell’uomo. Una serata tra il Nilo e le rovine parlanti del tempio di Karnak a Luxor: ad ascoltare rapito le confessioni dei faraoni e delle loro favorite, le lotte e le accensioni, i furori e le tragedie di età misteriose e splendide, così lontane eppure così familiari perchè nulla è cambiato in fondo dai tempi di AmRa, eterno e immutabile. O tra le on-de on-del giardino di Allah - il Mar Rosso davanti a Hurghada - a sfiorare coralli pre-ziosi e pesci dai colori dell’iride, incuranti degli abissi e del fuoco del Tropico.

In Giordania, nel 1997. La desolazione di gole e pietre, dove la vita è un ricordo indistinto; nel tremolare gommoso del mar Morto o sulla rupe di Mosè. Di fronte al-la spettacoal-larità dei templi, dei al-labirinti lussureggianti e degli anfratti arcobaleno di Petra; giù, giù fino alle sabbie di Lawrence il condottiero, alle costellazioni luminose che indicano la rotta al viaggiatore stordito dal silenzio, al muezzin che richiama il beduino e zittisce i dromedari semiaddormentati. Istanbul e l’Anatolia, 1998. Una metropoli immensa e provvisoria come il ponte che collega Occidente e Oriente, tra rovine, torri, monumenti che sfidano i secoli, stremati dagli odori di spezie, sbalor-diti davanti ai tesori dei sultani. Nelle caverne e nelle chiesette rischiarate dagli af-freschi dei devoti, nei pinnacoli preferiti dagli eremiti, verso le isole che fronteggia-no la costa scoscesa, da dove sbucafronteggia-no triremi dalla cui prua si protende il busto corrucciato di Nettuno.

Siria, un anno dopo. Mercati estesi come città, cittadelle che mescolano in pa-ce religioni e razze, il viale verso Palmira, costellato di archi e colonne, che si perde all’orizzonte nel deserto. Un tramonto atteso, in cui l’ultimo raggio è bagnato dal li-quore all’anice che la guida ci porge premurosa; il buio insonne, vegliato da centi-naia di palme che stormiscono alla brezza come ali di farfalle. Il fremito che ti fa accarezzare le rose scolpite nella pietra e fissare con nostalgia le volte della chiesa dei Crociati al Crac dei Cavalieri, quando ti sembra di avvertire il lampo delle spade

e delle corazze indossate da ombre che hanno difeso fino all’ultimo un sogno im-possibile. I muri sbriciolati dalle distruzioni, che nascondono codici e segni che ab-biamo decifrato per superare l’inesprimibile; le ruote di Hama, simboli dimenticati di età trascorse, che alludono ad acque e giardini da mille e una notte.

2000: Egitto. Il ritorno ai balbettii primigeni che solo il Nilo riconosce. Dal vor-ticare incessante del traffico della capitale, dove al limitare del deserto sbucano le piramidi appena nascoste dai grattacieli, al bagliore rossastro dei giganti di Abu Simbel sfiorati dal raggio divino del sole. Decine di feluche che si inseguono nelle acque placide del padre dei fiumi, stormi di battelli gremiti di turisti ansiosi di av-vertire oltre l’ansa il pulsare millenario delle valli incandescenti dove dormono in-quieti re e regine.

Cipro, 2001. Costruzioni bianchissime che interrompono spiagge dorate e che volgono le spalle alle montagne sacre, sepolte da pini millenari, dove si nascondono monasteri e l’aria mescola insieme il salso e la resina. Una presenza dolorosa, conte-sa da due mondi, che ostenta relitti offesi da troppe guerre e reliquie di un’antichità favolosa che propone all’improvviso, oltre la scarpata che nasconde il mare, la schiuma soffice che si aprì all’opulenta sensualità di Venere.

Portogallo: un ponte a sfidare il cielo e la terra sopra l’enorme foce del Tago, vegliata dalle fortificazioni dei taciturni marinai lusitani. Speroni rocciosi dalle for-me più bizzarre che si contrappongono all’oceano, tolde di velieri flagellate dalle tempeste che bisbigliano la rotta agli avventurieri che sfidavano l’ignoto. Galeoni carichi d’oro di ritorno dal mondo nuovo, schiavi impauriti che si stringevano l’un l’altro nella piazza abbacinante di Lagos. Il rincorrersi di migliaia di gabbiani sopra le reti dei pescatori; Lisbona risorta che avvolge il curioso di mistero, tra i saliscendi delle colline tagliate dai binari dei tram e le musiche velate di tristezza che cantano l’amore, il distacco, la nostalgia di sempre…

Buon compleanno, Cida.

Marco Columbro, araba fenice, ringrazia tutti i Soci che con i loro affettuosi pensieri hanno contribuito a rimetterlo in grande forma. Auguri, caro Marco!

L.A. 129-930

Il primo ciclo di viaggi-studio organizzato da Arturo Zorzan e Nadia Paggiaro, con Grazia Mirti e Arturo relatori, si è concluso in Portogallo, terra pescina come il dodi-cesimo segno.

Nei viaggi precedenti si sono alternate vacanze “fisse” in isole assolate a va-canze “mobili” con numerosi trasferimenti. Ma alla fine si portavano a casa sempre dei bei ricordi.

Quest’anno si è scelta una prima fase “mobile” a Lisbona (con Fado, chitarre portoghesi, tramway, foto-ricordo con Pessoa, e qualche favolosa escursione nell’in-terno ), e una settimana “fissa” sulla splendida e ingiustamente sconosciuta riviera dell’Algarve, su imponenti zoccoli rocciosi e falesie rossastre assai suggestive, con ottima organizzazione alberghiera.

Una scoperta favolosa: i dolmen di Evola.

Per l’anno prossimo si preannunciano mete extramediterranee.

Anziché un resoconto virgineo, quest’anno abbiamo preferito riportare le im-pressioni flash di alcuni partecipanti, caratterizzate da un clima … mesto di “fado” che vi riportiamo:

… Lisboa era lì offerta in un palmo di terra… Un viaggio sharada dove nuvole,sab-bia,onde,emozionano e coinvolgono come l’Astrologia, con una sorpresa finale: i Dolmen di Evora

Maura de Nardis

* * * Portogallo: un Nettuno senza tridente

Anna Cipolletti

* * * Tanta luce, ma anche tante ombre

Fulvia Rovere

* * *

IMPRESSIONI DAL VIAGGIO STUDIO

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 125-131)