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NETTUNO E IL SUO RAPPORTO CON L’INFINITO

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 169-172)

canti, che rifiutano il rapporto sessuale fine a se stesso con i satiri e gli uomini, ren-de possibile la divinazione nello stato orgiastico. Dioniso è il dio ren-del ren-desiren-derio “non giunto a compimento”. Importa solo la tensione sessuale. Tutto è centrato nella ten-sione esasperata del desiderio come energia mirata alla realizzazione della Trascen-denza. Senza Plutone, che è il seme, manca il soggetto dell’amore verso cui dirigersi. Nettuno è privo di ciò, ed è per questo che rappresenta l’amore universale, quello proclamato dagli hippies, tipico gruppo appartenente a questo pianeta. Ed è qual-cosa di più della pura teoria uraniano-acquariana dell’amore universale, perché qua si passa all’azione vera. Il nettuniano ama realmente tutti quanti; è uno sbaglio, quindi, sia limitare il suo sentimento verso una sola persona, sia pretendere l’esclu-sività del suo amore da parte dei suoi partners.

Con Orfeo il desiderio ribelle “di staccarsi dalla terra” porta alla poesia, alla musica (chissà perché mi vengono in mente i Requiem!), che con le sue vibrazioni sottili penetra ogni cosa. Il volo nettuniano è possibile con la danza, con la recita-zione, con la pittura, l’ARTE. Nella pittura l’Astrattismo si rivela come “Arte spiritua-le”. Un’Arte che nell’equilibrio tra le parti cerca il significato del Tutto. La creazione artistica è il veicolo mediante il quale l’essenza - non di Nettuno, stiamo attenti (egli è assolutamente libero e sta nei cieli) - del nettuniano abbandona il proprio corpo come recinto fisico, limite angusto, e si libra nell’aria ed all’interno delle per-sone con le quali comunica. Nettuno ama la seduzione, ma anche il misticismo. La seduzione di tipo sessuale è la più diffusa e anche piacevole, ma quella della tra-scendenza è anche più dolce. Ma come si fa ad entrare in uno stato trascendente senza perdersi?

Ulisse potrebbe fornire una risposta: durante la navigazione; prima di incon-trare le sirene, si fece legare all’albero della nave, perché così poteva ascoltare il loro canto senza pagare la seduzione con la vita! Un simbolo astrologico paragonabile all’albero della nave potrebbe essere il Sole. Se si rimane centrati su se stessi, av-viandosi sull’itinerario dell’autoconsapevolezza, ci si apre alla trascendenza senza perdersi, o meglio, senza perdersi nel momento sbagliato.

Ed ora arriviamo ad un punto centrale: il rapporto del nettuniano con l’amore. Non è della natura nettuniana il trovar pace, neanche con l’amore o l’amicizia. Se li raggiungesse, uscirebbe dalla scena. Perché nulla può soddisfare la sete d’infinito. Non c’è alcuna meta da conseguire. Lo stesso regno dei cieli è troppo stretto per i suoi desideri. Si rende conto della sua angoscia, sa che l’amore è irraggiungibile; o meglio, si può viverlo con un partner, ma questo non basta. Vuole amare tutto l’U-niverso! E così gioca all’amore. In questo concetto di amore infinito si riscontra la realtà dei Segni. Infatti, i due dominati dall’Astro sono il Sagittario e il Pesci. Il pri-mo insegue l’infinito in maniera quantitativa, pri-moltiplicando il numero di relazioni; il secondo persegue l’infinito a livello qualitativo, amore inteso come fusione assolu-ta, rimanendo poi deluso, perché, in effetti, vorrebbe l’amore di tutto il mondo riu-nito in una sola persona, e cioè vorrebbe l’Amore in persona.

Facendo un riferimento a Heidegger: l’essere è la luce che illumina ogni cosa; il mondo si crea dal nulla e quel nulla che allora ci resterebbe oscuro è spinto fuori della volontà dell’uomo, questa volontà di autocreare e di cercare altrove. Plutone è la luce che nasce dal buio la quale illumina ciò che ancora non esiste, ma è Nettuno la volontà di credere in ciò che ancora non esiste e che è realmente impossibile che esista, finché l’uomo-dio non fa il miracolo della sua personale ed individuale crea-zione.

Capire, o meglio, accettare la logica irrazionale di un pianeta collettivo, qual è Nettuno, è realmente molto difficile, soprattutto per la morale corrente. E` per que-sto che i nettuniani non appaiono, si nascondono agli altri e spesso sono costretti ad esprimersi in segreto, o peggio ancora, a non esprimersi affatto. I più fortunati diventano artisti, altri ricorrono alla droga ed all’alcool per sfuggire all’opprimente realtà che il mondo, ed a volte, loro stessi, impongono. Altri ancora diventano mis-sionari e dedicano la loro vita al prossimo sofferente. Alcuni vivono una doppia vita, una rispettabile e “normale”, un’altra disinibita, trasgressiva e segreta. Ma c’è un ti-po di nettuniano deluso, arrabbiato ed estremamente pericoloso: il maniaco mega-lomane o il criminale; non vuole denaro e neppure gloria, ma solamente uccidere quella sensazione di mediocrità che l’opprime, e vista l’amoralità nettuniana, cerca di farlo nell’unico modo che crede possibile, ribaltando il suo immenso amore po-tenziale in immenso odio effettivo, la bontà in cattiveria, il servizio in tirannia. E tutto questo sempre seconda la sua ottica illimitata: all’infinito.

Lasciateli liberi quindi, lasciateli galoppare nelle immense praterie della loro fantasia: aiuteranno loro stessi ed anche voi, ed eviteremo inoltre di risvegliare il Leviatano che dorme nel loro inconscio. Il loro mare vi farà galleggiare nel mondo dell’impossibile e vi mostrerà la profondità delle cose e le verità nascoste che vi po-tranno aiutare a dare un senso alla vostra Vita.

L.A. 129-633 Nel medioevo i marinai andavano scalzi in pellegringgio nel Norfolk, al Santuario di Nostra Signora di Walsingham. Vedasi Robert Lowell, Il Cimitero dei Quaccheri a Nantucket, in Poesie, Longanesi, Milano, 1972, p. 39.

IL MONDO A WALSINGHAM

Non vanno più scalzi i penitenti a Norfolk, non pregano più

ora che li affannano soltanto orrore e distruzione.

E’ scomparsa la stirpe temeraria che si legava all’albero

per dirigere la rotta. L’ulivo e il bove cedono a corvi e arpie e trascina sfaceli la corrente di Eraclito l’oscuro.

Non una chiave schiude santuari: s’affloscia lo spinnaker

mentre languono i cutter in bonaccia. Né promette più tregua l’arco d’Iride. Covini d’ossa rotolano

trebbiate a Josafat.

Pure, vorrà tornare il mondo ancora a Walsingham.

E corvi e arpie a miriadi

Vedremo sprofondare negli abissi.

OMAGGIO A NETTUNO: DUE POESIE

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 169-172)