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Bragozzi, vapori e laguna di Giovanni Comisso

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 61-77)

IL MEZZO NAUTICO E LE SUE INTERAZIONI CON IL TESTO-PAESAGGIO ADRIATICO

1.1 Letteratura del mare, imbarcazioni e Mar Adriatico: coordinate critiche e teoriche

1.2.3 Bragozzi, vapori e laguna di Giovanni Comisso

Apprestarsi a parlare di letteratura di mare e di navi e natanti da pesca, in connessione con l’amplissima dimensione storico-letteraria dell’Adriatico, porta inevitabilmente a occuparsi dell’opera di Giovanni Comisso, uno dei maggiori rappresentanti adriatici della letteratura italiana del mare, soprattutto se si considera la sottotipologia lagunare della prosa marinara49. Frequentissimi sono infatti, nella ricca produzione dello scrittore e giornalista veneto, i richiami allo specchio d’acqua di quella zona, mentre costante è il ricorso a notevoli descrizioni a sfondo marinaresco. Un taglio politematico come quello di questa ricerca non può dunque fare a meno di avventurarsi nell’analisi di una delle più celebrate opere dedicate all’Adriatico e alla gente adriatica, non soltanto in riferimento al mezzo nautico, ma anche alle tematiche socioculturali legate agli uomini che in riva all’Adriatico vivono e lavorano. Ci si riferisce a Gente di mare, raccolta di racconti pubblicata

46

U. Saba, Il sogno, in Id., Tutte le prose, a cura di A. Stara, Milano, Mondadori, 2001, p. 1007.

47 Al poeta saranno riservati surreali incontri in Viale XX settembre (nella stessa zona in cui passeggiava Zeno Cosini), tra cui Virgilio Giotti e il fido aiutante della sua libreria antiquaria, Carletto, che tante volte compare nelle sue prose, andando con il ricordo anche alla figura di Pier Antonio Quarantotti Gambini.

48 U. Saba, Il sogno, in Id., Tutte le prose, cit., p. 1007.

49 M. Farnetti, Il romanzo del mare, cit., p. 81. La stessa autrice, schematizzando le tipologie del racconto di mare da lei individuate, riserva un posto proprio al “racconto lagunare”, circoscrivendolo all’area alto-adriatica delimitata da Venezia e Comacchio, di cui Comisso è senza dubbio uno dei maggiori referenti letterari: cfr. ivi, p. 20.

originariamente nel 1928, ma più volte rielaborata e accresciuta (secondo le abitudini di Comisso) fino all’edizione definitiva del 196650. Tra i racconti che compongono la raccolta ne emergono diversi che contengono numerosi motivi attinenti all’universo marittimo e soprattutto lagunare dell’Adriatico, frequentemente riferibili o funzionali ai natanti piscatori e al microuniverso letterario della navigazione e della pesca in alto Adriatico. Pur essendo legati dal tema avventuroso-marinaro, i racconti sono abbastanza eterogenei per tecnica, dosaggio di elementi incisivi sul ritmo narrativo, fondali51.

Una prima notazione, da considerarsi anche in riferimento allo stile e alla presenza dei mezzi di trasporto, riguarda la struttura dell’opera, divisa in due sezioni. La prima appare più bozzettistica e oleografica, sebbene non priva di inserti romanzeschi che fanno leva su un sottofondo pallidamente autobiografico, e in essa si utilizza la terza persona. Nella seconda, invece, tutto l’impianto è decisamente orientato al tema dell’avventura collettiva sul mare, con attenzione quasi esclusiva alle dinamiche che coinvolgono l’equipaggio e la vita di bordo, esaltando dunque le interazioni con il microuniverso della barca e di tutto ciò che attorno ad essa gravita: i suoi oggetti e arredi di bordo, le manovre in porto e in alto mare, i venti, gli incontri per mare, la tecnica di navigazione. Non è dunque un caso che, in questa seconda parte della narrazione, si faccia ricorso a un’efficace alternanza di prima persona singolare e plurale. Il narratore-personaggio è solo ospite a bordo, e dunque inizialmente estraneo all’equipaggio52, ma nella

50 Per una concisa fotografia delle vicende editoriali di Gente di mare, nonché per un approccio generale alla figura e all’opera dello scrittore veneto, cfr. R. Esposito, Invito alla

lettura di Giovanni Comisso, Milano, Mursia, 1990, p. 80, nota 94. In questa sede si farà

riferimento all’edizione pubblicata dall’Editoriale FVG nel 2007, i cui riferimenti bibliografici si citano infra.

51 M. Farnetti, Il romanzo del mare, cit., p. 83.

52

Il tutto è da leggere soprattutto in connessione con la celebre vicenda personale di Comisso, la vera ispiratrice dei racconti della raccolta in esame. Invitato nel 1922 da amici pescatori chioggiotti a una navigazione adriatica a bordo del veliero “Il Gioiello”, lo scrittore veneto trascorrerà infatti giornate indimenticabili che costituiranno la materia di ispirazione per le vicende narrate in Gente di mare: cfr., tra gli altri, R. Esposito, Invito alla lettura di Giovanni

Comisso, cit., pp. 34-35, e M. Farnetti, Il romanzo del mare, cit., p. 83, nonché N. Naldini, Vita di Giovanni Comisso, Torino, Einaudi, 1985, pp. 66 e sgg. Questo episodio

autobiografico, oltre a costituire l’ossatura narrativa di Gente di mare, è alla base dell’unico episodio davvero legato al racconto di mare in un’altra celebre opera di Comisso, Il porto

dell’amore, in cui soltanto nel sesto capitolo (aggiunto dall’autore dopo una delle sue abituali

successione dei racconti, qui presentati con una continuità e una cronologia tipiche del giornale di bordo53, trovano comunque spazio le osservazioni personali intimistico-emotive del narratore stesso. Il ruolo della barca durante il dipanarsi delle vicende piscatorie e marinare, unitamente al tempo sospeso e condiviso trascorso a bordo, giustificheranno appieno questa scelta tecnica, “certificando” il progressivo rafforzamento del senso di appartenenza-dipendenza dal mare e dal natante.

Addentrandosi nell’analisi dei racconti, così come proposti nella successione della raccolta, si potrà dunque ottenere una prima panoramica sul ruolo dei natanti nel quadro adriatico-lagunare dipinto dall’opera di Comisso. In L’orologio di Adele il brevissimo viaggio che la protagonista compie per cominciare una nuova, ennesima vita è solo una delle tante istantanee narrative del racconto, ma fissa con asciuttezza l’interazione tra personaggio e mezzo di trasporto, con un breve e significativo accenno allo scorrere del paesaggio e alla muta sintonia circolare tra protagonisti: il battello, il paesaggio adriatico lagunare, Adele e i suoi figli. Lo scafo a vela scende lungo il fiume. Con lo sguardo perso sulle colonne di fumo che provengono dagli incendi di stoppie nei campi, i pensieri di Adele sembrano rasserenarsi nel viaggio, dissolversi con il fumo stesso; la vela procede verso il canale, l’inquadratura si allarga e scorgiamo altre vele in lontananza, mentre il lento incedere dello scafo infonde alla protagonista un agognato senso di serenità speranzosa:

Vedeva altre vele nei canali vicini correre veloci al vento che veniva dal mare. Questo scorrere silenzioso della barca le dava un piacere inaudito e ancora sperava che la sua vita potesse realizzarsi felice. I bambini si tenevano stretti ai suoi fianchi, paurosi di cadere nell’acqua54.

Proposta al lettore con taglio paracinematografico, la scena si sposta poi sulla laguna, e dallo scafo si vedono finalmente sorgere dallo specchio d’acqua gli edifici cittadini, forse presagio di future, favorevoli notizie; il

53

Cfr. R. Esposito, Invito alla lettura di Giovanni Comisso, cit., p. 83.

54 G. Comisso, L’orologio di Adele, in Id., Gente di mare, Udine, Editoriale FVG, 2007, p. 115.

paesaggio adriatico continua a essere proposto e “disegnato” con effetto rasserenante, ma al contempo “infuso” e diluito nel testo, proprio grazie al placido attracco del battello:

Dal canale passarono alla laguna e da qui scorsero i campanili della città sorgere sulla distesa delle acque. Adele, a prua, rimase intenta a guardare la città che si avvicinava fino a quando attraccarono alla riva55.

Se questo racconto insiste soprattutto sulla consolante oleografia adriatica finale, in Pietro, uomo di mare siamo invece di fronte a una tipologia più marcatamente marinaresca e adriatica di un tema letterario delicato come il rapporto generazionale padre-figlio56: l’azione, come stiamo per vedere, insiste anche su piccoli viaggi a bordo di un veliero. La figura del piccolo Pietro ci viene succintamente presentata attraverso le fasi più significative della sua iniziazione al mare, grazie al padre pescatore, e della sua crescita fisica e morale, tanto che il racconto è stato a ragione definito un

mini-Bildungsroman57. Il racconto si inquadra dunque perfettamente nella cornice di questo lavoro, illustrando con profusione di immagini e fondali narrativi l’interazione lineare ed evolutiva tra elementi come il Mar Adriatico, il natante, la crescita personale, il rapporto padre-figlio. Dalla piccola barchetta-giocattolo che Pietro sospinge sulle acque del canale soffiando sull’esile vela di carta, appiattito contro il suolo delle rive, si giungerà presto all’incontrollabile moto di salire sul veliero che il padre possiede e comanda. Il mezzo nautico, allora, identifica e reifica il desiderio e la meta di tutta una vita, e Pietro vuole farsi tutt’uno con esso, nascondendovisi e attendendo che si salpi:

Aveva appena sei anni quando volle seguire suo padre. Uscito da casa nell’ora di andare a scuola, corse invece a bordo del veliero prima che il

55 Ibidem.

56 Questo racconto, con le dovute cautele e contestualizzazioni, può essere lontanamente accostabile a L’isola di Giani Stuparich, in cui un mezzo di trasporto che naviga in alto Adriatico sarà teatro galleggiante del riavvicinamento tra un vecchio padre e suo figlio: cfr.

infra, par. 1.2.7.

padre venisse a fare gli ultimi preparativi per la partenza e si nascose nel deposito della legna. Intese issare le vele, mollare le funi e l’acqua che gorgogliava contro la chiglia58.

Comisso fotografa dunque, con rapide e significative istantanee

narrative, questa “iniziazione marinara” sulle acque adriatiche,

concretizzandola anche e soprattutto grazie alla presenza di scafi e natanti. Pietro è dapprima nient’altro che pestifera mascotte del veliero:

[…] siccome maschio porta sempre fortuna, lo accolsero e se lo disputarono in cortesie come fosse un segno di buon viaggio. Il piccolo Pietro prese subito familiarità con il veliero e con il mare, ma non potendo partecipare ad alcun lavoro, finì per diventare il tormento dei marinai59.

Ben presto, però, diventerà a tutti gli effetti giovane “uomo di mare” sull’imbarcazione paterna, vero e forse unico luogo-chiave per la sua crescita interiore, mezzo non solo di trasporto e sostentamento familiare, ma di maturazione personale, nonché solida e galleggiante rappresentazione del legame tra padre e figlio. È quel veliero che offrirà a Pietro l’occasione di dar prova di maturità e coraggio, assicurando con le cime l’equipaggio agli alberi e se stesso al timone, in un tempestoso Adriatico e in una notte di perigliosa navigazione da Porto Corsini, nei pressi di Ravenna, a Rimini.

Il ritorno dei pescatori rappresenta una concisa e felice rielaborazione

nautica di un altro macrotema della letteratura di viaggio, quello del ritorno. Si tratta però di una tipologia di ritorno non definitivo, che non avviene dopo un viaggio e un percorso di maturazione e trasformazione personale, ma più semplicemente di quello còlto nella sua abituale e cadenzata ciclicità, raccontato sia dalla parte del pescatore che torna periodicamente alla casa e agli affetti temporaneamente abbandonati, sia da quella di coloro che rimangono (essenzialmente donne, anziani, infanti e ragazzini), con stimolanti riflessioni sociologiche di cui il racconto stesso è intriso. Il momento del ritorno è molto eloquente dal punto di vista di questo studio, perché il mezzo

58 G. Comisso, Pietro uomo di mare, in Id., Gente di mare, cit., p. 125.

di trasporto vi gioca un ruolo di prim’attore. L’episodio che stiamo per analizzare si apre con la descrizione visivamente potente del ritorno dei pescatori alle loro case, dopo mesi di navigazione, la cui suggestione è perfettamente comunicata dall’infittirsi di vele all’orizzonte adriatico e lagunare. Lo scrittore, dunque, lascia che proprio esse diventino, seppur per un breve momento, le protagoniste assolute della prosa, con i loro simboli e colori “araldici” e identificativi, i motivi, i disegni, le prue dipinte e ornate, sì da poterle facilmente identificare dall’alto, sulla terraferma60; tutto è pervaso da un’opportuna e forse inevitabile atmosfera lirica:

[…] stando distesi sulla lunga diga che si protende verso il mare, si scorgono vele sempre più fitte all’orizzonte. Avanzano, dallo stormo innumerevole si districano e a due a due entrano nella laguna. Sbiadite dai venti, dalle piogge e dal salso, prese in pieno dal sole al declino, vibrano tuttavia come ali di farfalle sullo sfondo verdastro del mare. Gialle macchiate di nero alle punte, passano rapide rasente alla diga […]. Seguono vele bianche con grandi numeri scritti a rovescio e una croce o una colomba o un’ancora. Poi altre gialle con piccoli tocchi bianchi che i marinai nell’estro della loro fantasia chiamano denti. L’onda si apre arricciata e arriva a coprire gli angeli suonanti le trombe, dipinti sulla prua61.

L’Adriatico si punteggia dunque di velieri e bragozzi, delicatamente zoomorfizzati in stormi di vibranti farfalle. Tale idillio visivo, però, durerà poco: appena entrati nel canale di San Domenico, ecco che il quadro narrativo innesca dinamiche parasociologiche, mentre lo sfondo oleografico va sbiadendo. Il capofamiglia si riappropria trionfalmente e prepotentemente del suo ruolo, da troppo tempo sottrattogli dai flutti; mogli e figli riadattano la loro vita quotidiana alla sua presenza in casa. L’inizio di tale momento sembra simbolicamente e metaforicamente individuabile nelle lente e meticolose

60 Si delinea qui una prima traccia di quello che si vedrà essere un topos della marineria adriatica molto presente e importante in letteratura, e che ritornerà molto spesso in queste pagine: si tratta della cosiddetta “araldica velica” del mar Adriatico, che molti scrittori menzioneranno nelle loro opere e di cui, nel prosieguo di questo studio si potrà apprezzare la suggestione storico-visiva.

operazioni di dismissione dei bragozzi, destinati a lungo riposo, non più farfalle ma quasi carcasse di animali:

La donna si ritrae in casa. Il bragozzo attracca lentamente e lentamente, rivolgendo appena avide e timide occhiate sulla riva, gli uomini continuano ad appostare le vele, ad avvolgere le funi, levano il timone dai cardini, alzano le reti ad asciugare62.

Diversamente da quanto finora osservato, il racconto Una tempesta a

buon mercato permette di concentrarsi su un ottimo esempio di mezzo di

trasporto natante considerabile come vero e proprio palcoscenico navigante e viaggiante, che propone una sfumatura comissiana del topos marino-marinaresco più emozionante e narratologicamente efficace, quello della tempesta63, che qui ci è presentato in chiave alto-adriatica. Ecco la scena: sull’Adriatico occidentale, nell’itinerario nautico da Carnizza (Krnica, presso Capodistria) a Chioggia, carico di tonnellate di caolino e di galletti pigolanti, un veliero naviga tranquillo, ignaro della tempesta che di lì a poco lo sorprenderà insieme con l’equipaggio. Paesaggio64 e cielo dell’Adriatico, solidi controcanti visivi e meditativi, scorrono intanto placidi sotto gli occhi del lettore:

[…] le vele vennero illuminate di fianco all’aurora che cresceva sul mare. Più avanti mi accorsi che il cielo era così nitido come fosse stato sollevato allora da un contatto con le acque65.

62

Ivi, p. 162.

63 Nella sua “tassonomia”, soggettiva e non esaustiva, dei motivi del racconto di mare, Monica Farnetti assegna alla “tempesta o burrasca” la prima posizione, sottolineandone la dimensione rituale e simbolica nei riguardi del viaggiatore, anche in rapporto alla linea temporale: cfr. M. Farnetti, Il romanzo del mare, cit., p. 175.

64 Il rapporto della poetica di Comisso con il paesaggio, essenzialmente quello veneto e adriatico, è molto intenso, onnipresente, esclusivo e strettamente connesso alla dimensione autobiografica, che è preponderante in tutta la sua opera, tanto da essere l’autobiografismo considerato come tema principale di essa. Sono diversi i racconti presenti in Gente di mare in cui l’interazione con il mezzo di trasporto nautico offre spunti preziosi, essendo il paesaggio «ritratto da un punto di vista di osservazione mobile che rende sulla pagina l’incanto e l’emozione del viaggio»: cfr. R. Esposito, Invito alla lettura di Giovanni Comisso, cit., p. 82; altri utili riferimenti alla stretta corrispondenza tra l’autore veneto e il paesaggio della sua terra e all’autobiografismo sono presenti nelle pagine 36, 154 e 157 dello stesso saggio.

La proverbiale “quiete che precede la tempesta” è (ancora una volta) di poco preceduta dai rumori e dalle suggestioni foniche degli oggetti di bordo, con sprazzi lirici non certo rari nelle opere di Comisso e molto frequenti in questa raccolta66:

Sopracoperta si taceva. Sentivo solo il cigolio dei bozzelli, il passo a martello del capitano, limitato alla zona di manovra della barra, il respiro delle vele nell’aggrinzarsi e nel tendersi e il fiottio contro la prua, bella e piena “come un petto di donna” secondo la fantasia dei miei compagni di viaggio67.

Nella navigazione verso le coste italiane, lasciandosi a poppa quelle istriane, l’equipaggio comincia ad avere sentore dell’avvicinarsi della tempesta, in simbiosi con il veliero, anche qui “trasfigurato” in solido e zoomorfo compagno di viaggio. I pensieri si offuscano come il cielo dell’Adriatico, e nella narrazione le vele si riconvertono in ideale e visivo appiglio per la fuga dalla nausea e dai cattivi presagi, offrendo ancora una volta una peculiare istantanea adriatico-letteraria che si giova dell’interazione tra mezzo nautico e ambientazione marinara:

Mi distrassi dalla nausea, guardando il giallo splendente delle vele dischiuse nella loro massima ampiezza, tanto da flettere gli alberi come balestre. Il mare era dovunque in sussulto e spumoso, qualche delfino balzava fuori con tutta la schiena68.

Tutto si anima, presentendo l’incombente tempesta. Il mezzo interagisce pienamente con la totalità del quadro, e ancora una volta compare la trasposizione animale o umana del mare e del mezzo stesso (più precisamente, in questo caso, delle dotazioni e degli oggetti di bordo),

66 Secondo alcuni, la prosa comissiana sarebbe soltanto apparentemente collegabile a un lirismo di fondo, tendendo uniformemente alla coesione, alla fluidità e all’autenticità; cfr. soprattutto R. Esposito, Invito alla lettura di Giovanni Comisso, cit., p. 154.

67 G. Comisso, Una tempesta a buon mercato, in Id., Gente di mare, cit., p. 196.

necessaria all’aumento di tensione della narrazione, compito assegnato dall’autore anche e soprattutto al mezzo navigante:

Certe funi vennero allentate. A una nuova scarica di lampi e tuoni più vicini, Angelo riprese a bestemmiare e a lamentarsi contro Dio per la stagione infame che da cinque mesi non aveva dato un solo viaggio tranquillo. Egli se ne stava rannicchiato contro al bordo, mezzo riparato dalle zampate delle onde, con sotto all’ascella la barra del timone che fremeva come la coda di un serpente in furia […]. Enrico tirava con tutta la sua forza lo straglio e inveiva contro il pennoncino come fosse un suo compagno dispettoso69.

Il racconto Come in una rada propone invece una situazione leggermente dissimile in cui, dal nostro punto di vista, importa soprattutto il muto fronteggiarsi del veliero (che stavolta è carico di merce di contrabbando) con un natante della Guardia di Finanza. All’altezza di Capo Promontore (Rt Kamenjak), all’estremo sud della penisola istriana, il veliero è rallentato, placato dalla bonaccia70. A causa dell’evento immobilizzante, ritorna ad incombere piacevolmente nella prosa narrativa il muto dialogo tra mezzo, paesaggio e mare, con l’Adriatico che trionfa con i suoi profumi e con qualche scorcio paesaggistico pienamente apprezzabile soltanto considerandolo dal punto di vista privilegiato del mezzo. Ecco un breve e significativo passo che rimarca quanto incisiva possa risultare la presenza di un mezzo di trasporto nella prosa (descrittiva, ma anche narrativa) di ambientazione adriatica:

69 Ivi, p. 203.

70 Il motivo della bonaccia, soprattutto se considerato nell’antitesi con quello della tempesta, è senza dubbio uno dei più frequenti e produttivi di tutta la letteratura di mare, compresa quella dell’Adriatico, come si avrà modo di constatare nel prosieguo dell’esposizione. L’opposto semantico-simbolico-metaforico “bonaccia/tempesta” racchiude inoltre un enorme potenziale metaforico e metaforizzante, come dimostra uno dei capolavori della letteratura del mare, La

ballata del vecchio marinaio di Coleridge: cfr. R. Mussapi, Inferni, mari, isole, cit., p. 54.

Joseph Conrad, inoltre, accennando a un’operazione classificatoria di alcuni suoi scritti, teneva a precisare tale antitesi, affermando di aver scritto burrasca” e “pezzi-bonaccia”: cfr J. Conrad, Nota dell’autore a Id., Racconti di mare e di costa, a cura di P. Jahier, Milano, Bompiani, 1991, p. 7. Sulle potenzialità e sulla specificità del “racconto di costa” in rapporto all’antropologia e alla narrazione di vicende degli abitanti che non vanno per mare, ma che a contatto di esso e grazi e esso vivono e lavorano, cfr. inoltre M. Farnetti, Il

[…] i fondali apparvero attraverso il verde dell’acqua e la costa vicina era tutto un incavo di grotte. Dall’altra parte le isole splendevano nelle loro

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