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Il Breve di Villa di Chiesa è un fondamentale codice promulgato nei primi anni del XIV secolo e successivamente ratificato dal re d’Aragona Alfonso IV nel 1327 per rimanere in uso fino al XV secolo. In esso sono raccolte le norme che regolano la vita socio-economica dell’attuale Iglesias, importante centro minerario strategico per l’intera isola.

L’edizione qui presa in considerazione è quella del 2011 a cura di Sara Ravani511 e

costituisce un punto di riferimento essenziale per la ricerca qui affrontata offrendo dettagli di cruciale importanza per quanto riguarda la condizione socio-giuridica degli abitanti del tempo.

Il codice è complessivamente costituito da 363 capitoli suddivisi in quattro libri ognuno relativo a temi specifici. Il Libro I tratta delle competenze giuridiche, militari e fiscali dei pubblici ufficiali, il Libro II delle leggi penali, il Libro III delle leggi civili e procedurali e, infine, il Libro IV tratta delle norme relative allo sfruttamento delle miniere locali.

L’analisi lessicale dei singoli capitoli permette di evidenziarne in totale 51, quindi complessivamente oltre il 14% del totale, suddivisi in 13 per il Libro I, 16 per il Libro II, 13 per il Libro III e 9 per il Libro IV. Il Libro III risulta essere particolarmente significativo sia per la quantità di capitoli rilevanti ma, come si vedrà, anche per il contenuto di alcuni di essi che trovano dunque ampio spazio nella relativa sezione.

Partendo dal Libro I, si può evidenziare in primo luogo la ricorrenza dei termini qualità e

condicione riferiti alle persone, tenendo in considerazione che gli stessi lemmi sono in

alcune sezioni anche riferiti non a individui ma a fatti, oggetti, concetti astratti512.

È il caso del capitolo VIIII, «Delli salarii che denno avere li notari di loro scripture», dove in svariate occasioni si fa ricorso alla locuzione «di qualunqua condiccione fosse» in merito alle somme spettanti ai notai per gli atti rogitati. Il termine condiccione risulta legato alla tipologia di richieste di denaro da registrare, alla terra, alle scritture in generale, alle sentenze, alle cause, ai documenti, ma anche direttamente alle persone. Quest’ultimo

511 S.RAVANI, Il Breve di Villa di Chiesa (Iglesias), Cagliari 2011.

512 La ricorrenza dei termini fante e famigliare/famigliale non viene in questo frangente approfondita in

quanto non significativa in ottica di definizione della condizione giuridica. Cfr. a titolo esemplificativo il capitolo VI (S.RAVANI, Il Breve di Villa di Chiesa cit., p. 55) e il capitolo XII (Ibidem, p. 27).

esplicito riferimento, ribadito due volte all’interno dello stesso documento, insieme a quello relativo alla terra513, sebbene il tema non venga ulteriormente approfondito e dettagliato,

porta certamente a esprimere la considerazione che debbano esistere soggetti caratterizzati da diverse condizioni delle quali i notai devono essere ben consapevoli. È inoltre attestato il termine qualità nella locuzione «qualità del facto», come rimando alle specificità dell’evento oggetto dell’atto514.

Il termine condiccione si ritrova anche nel capitolo X, «Delli notari, che debbiano scrivere e ricevere l’accusi e denonciagioni», dove tuttavia non risulta legato a soggetti, bensì alle varie tipologie di accuse e denunce che i notai registrano515. Ancora il capitolo XXII, «Di

fare dare al camarlingo di Villa del signore re tucti li pesoni infra uno mese», riporta una esplicita sezione dedicata alle sanzioni rivolte a quei pesatori che esercitano la loro professione in modo fraudolento, specificando che «se alcuno deli decti pesatori commetesse alcuna fraude in del pesare o in della scriptura, sia e esseri debbia condempnato respecta la qualita della persona e la condiccioni e l’essere dello facto, a volonta del

513 Per la questione della terra e della condizione della stessa si veda anche la situazione inglese relativa al

villainage. Cfr. tra gli altri C.DYER, Villeins, Bondmen, Neifs, and Serfs: New Serfdom in England, c. 1200- 1600, in P.FREEDMAN e M.BOURIN (ed. by), Forms of Servitude in Northern and Central Europe cit., pp. 419-435; J. HATCHER, English Serfdom and Villainage cit.; R.H. HILTON, Freedom and Villeinage in

England, in “Past and Present”, n. 31 (Luglio 1965), pp. 3-19; P.R. HYAMS, King, Lords and Peasants in Medieval England – The Common Law of Villeinage in the Twelfth and Thirteenth Centuries, Oxford 1980;

ID., The Proof of Villein Status in the Common Law, in “The English Historical Review”, Vol. 89, n. 353 (Ottobre 1974), pp. 721-749; P. VINOGRADOFF, Villainage in England – Essays in English Medieval History, Oxford 1968.

514 S.RAVANI, Il Breve di Villa di Chiesa cit., pp. 21-25. Le collocazioni cui si fa riferimento in ordine di

attestazione nel capitolo citato sono le seguenti: «et di catuna richiesta denari .ii., di qualunqua condiccione fosse»; «cosi anti corte come per la terra, di qualunqua condiccioni fusse, denari .iiii.»; «e lo simili salario abbiano de recivitura e di scriptura del tictulo porrecto, in qualunque questione porrecto fosse, overo deffensione, de qualunque condiccione fosse»; «et da libbre .xxv. in su, di qualunqua quantitade fosse, possa e debbiano tollere infine in soldi tre tanto, respecta la quantita del facto e della condicioni, si che non passe lo decto salario piu che soldi tre tanto, e non pio. Et dela sentencia interlocutoria denari .xii. e non pio, de qualunque condiccione fosse»; «Et di catuno ribandimento possano e debbiano avere soldi .ii. e non pio, de qualunque condicione fosse»; «et per scriptura de producere carte abbia, di qualunqua condicione fosse, denari .vi.»; «si veramente che si lo testimone contennesse da tre capituli in su, li dicti notari possano e debbiano avere di ciascuno capitulo denari .ii. e non piu, di tucte inquisicione che si facesseno per officio del capitano o del iudice, o denunciagione che denamse da loro se facesseno, o d’alcuna accusa che denanse da loro fosse data contra alcuna persona, di qualunqua condiccione fosse, cosi di debito come di maleficio; ne per scriptura e examinatura d’alcuno testimone sopra»; «E di pagaria di catuno excesso di corte, di maleficio, possa prendere infine in denari .xii., respecta la qualita del facto»; «Et per fermatura di catuno bando dato contra alcuna persona, di qualunqua condicione fosse, soldi .v. e non piu».

515Ibidem, p. 25. Si legge infatti nella parte iniziale del capitolo «Ordiniamo che le notare della corte debbino

recevere e scrivere in deli acti della corte tucte accus’ e denunciagione di qualunqua maleficii e condiccione fosseno, che porrecti fosseno a loro overo ad alcuno di loro, et le inquisicione li quale fosseno dicti a loro di fare o di scrivere, o dire o fare si vollesseno per lo officio del capitano, a buona fede sensa fraude, et dinonciare al capitano incontinente che fosseno date loro le dicte accuse et denunciagione».

capitano e iudice»516, riferendo quindi alle persone le caratteristiche della qualità e delle

condiccioni, in funzione delle quali il capitano è titolato a stabilire una sanzione adeguata,

tenendo anche in considerazione l’«essere dello facto».

In un capitolo successivo, il XXVIII «Della eleccione delli consiglieri e del loro officio», si fa nuovamente riferimento in modo esplicito alle differenze individuali stabilendo che «cheunqua elegesse alcuno contra questa forma sea condepnato dal capitano infine in libbre .xxv. d’alfonsini minuti, ad arbitrio del capitano, considerata la condictione del facto et la qualita delle persone», sebbene in questo caso si tratti di persone che comunque hanno diritto di voto e, verosimilmente non in modo casuale, il termine a loro relativo è qualità, mentre condictione viene invece riferito al facto517. Caso analogo al capitolo XLIII, «Dello

salario delli messi della corte», dove il termine condicione risulta definire non le persone ma le tipologie documentarie518.

Il riferimento a individui è invece ancora attestato nel capitolo XLVIII, «Di quelli che fanno li candili grossi», dove nuovamente si lascia all’arbitrio del capitano la valutazione della sanzione adeguata da comminare «considerata la qualità del facto e la condiccione dele persone»519. Ultimo capitolo infine dove compare questo significativo termine è il LXI, «Di

chiamare per lo consiglio due sensali», dove si dispone che i sensali da convocare per il consiglio di Villa siano «homini di buona fama et condicioni», facendo intendere quindi che per accedere a determinate cariche istituzionali, sebbene non necessariamente di alto livello ma comunque richiedenti affidabilità in quanto poste a garanzia di acquirenti e venditori, sia necessario godere di una particolare condizione non ulteriormente dettagliata o specificata520.

Gli stessi lemmi compaiono nel Libro II, e con essi anche altri termini quali fancella, amica,

pulcella, pulcelli, servigiale e servigio.

Di «qualità dele persone» si ha riscontro già nel breve capitolo III, «Delli maleficii non specificati», che prevede la discrezionalità del capitano o del rectore nella applicazione di

516 Ibidem, pp. 32-35. 517 Ibidem, pp. 39-43.

518Ibidem, pp. 58-59. Si legge «Et di catuno bando di vendita che si mettesse o bandesse

per Villa di Chiesa segondo la forma del breve, o di qualunqua altra condicione o modo fusse».

519 Ibidem, pp. 65-66.

520Ibidem, p. 74. La sezione cui si fa riferimento recita «Et li quali sensali siano homini di buona fama et

sanzioni adeguate a seguito di maleficii commessi da individui la cui qualità è determinante per la valutazione della entità delle stesse521. Analogo tipo di attestazione quella del

capitolo LVII, «Di sigurare per nimista», dove il termine qualità appare in una prima parte solo in relazione a persona, mentre poco oltre nello stesso paragrafo risulta riferito sia al

facto che alle persone522. Il termine qualità risulta attestato però anche esclusivamente in

relazione al facto e non a persone in alcuni capitoli anche del Libro II, a partire dal V, «Di mandare a confine in qualunqua parte»523, poi al XVII, «Di fare ressa, iura ne conpagna»524,

al XXIII, «Di quelli che assaglisseno altrui con mano o percotessino»525, e, infine, al

XLVIII, «Di fuocho, che non si debbia mettere in boscho»526.

Solo il capitolo VIII, «Di non portari arme alcuno homo per mostrare alcuna polissa», riporta l’attestazione di famigliare/famigliale, tuttavia senza ulteriori riferimenti di rilievo rispetto a quanto già riferito precedentemente527.

Alcuni altri capitoli registrano nuovamente la contestuale attestazione dei termini qualità e

condiccione, con riferimenti variabili a seconda dei casi. Nel capitolo VIIII, «De non tenere

521Ibidem, p. 93. Il testo completo recita «Ordiniamo che tucti li maleficii che si faranno o che fusseno facti

in del tempo del capitano overo rectore inansi per mese .vi., del quale in questo breve non e facta mencione in ponere di pena, che lo capitano o rectore possano ponire e condepnari quelli cotali malifactori del maleficio, li quali in questo breve specificati non sono, da soldi .xx. infine in libbre .xxv. d’alfonsini minuti, specta la qualita dele persone. Et se lo maleficio fusse enorme, in quello li decti capitano et iudice possano condepnare in avere e persona a loro arbitrio, specta la qualita dela persona e del peccato, non obstante alcuno capitolo di breve contradicente».

522Ibidem, pp. 128-129. Nella prima sezione si legge «Et questa segurta s’intenda, che dia due pagatori,

segondo la qualita dela persona del datore della decta segurta, a providimento del capitano overo rectori et iudice dela suprascripta Villa». Il testo prosegue poi così: «Et chi non desse la sigurta sia dimisso della terra di Villa di Chiesa et non vi possa stare infine a tanto che desse la decta segurta, et eciandio sia sbandito di Villa di Chiesa et delle sue confine, da libbre .x. infine in libbre .c. d’alfonsini minuti a vuo’ del signore re, a volonta del capitano overo rectori et del iudice, considerata la qualita del facto et delle persone».

523Ibidem, p. 94. «Et di cio diano buoni e ydonei pagatori di observare le suprascripte terrafine, secondo la

qualita del facto».

524Ibidem, p. 105. «Et qualunqua persona ricevesse alcuno capitanatico, o iurasse in alcuna di queste cose

gonfalonere, et ricevesse d’essere, lo capitano overo lo rectori di Villa di Chiesa che per lo tempo fusseno per lo signore re da Ragona debbiano fare prendere li decti contra facenti et punirli delli avere e delli persone segondo la qualita del facto».

525Ibidem, p. 109. «Et se lo ferisse con mano voita dal capo in giuso, o chi la menasse, o mectesse mano al

petto, o chi lo spingesse, paghi di pena da soldi .xx. in libbre .x. d’alfonsini minute, specta la qualita del facto, a vuo’ del signore re di Ragona».

526Ibidem, pp. 123-124. «Et di cio sia a providimento e volonta del capitano, considerata la qualita del facto,

et in restitucione del dapno che facto avesse, a stimo deli stimaturi dela universita di Villa».

527Ibidem, p. 97. «Ordiniamo che alcuno borghese overo habitatore di Villa di Chiesa non possa né debbia

portare alcuna arme mostrando alcuna polissa d’alcuno arcivesco o vesco suggellata del suo suggello; sì veramente che non s’intenda in alcuno suo famigliare che vi stesse sua robba, et stesse continuamente suo famigliale a mangiare et a bere et a dormire. Et lo capitano o rectore che fino per li tempi seano tenuti per loro saramento condapnare a quiunqua è trovato, a pena di libbre .x. d’alfonsini minuti, a vuo’ del signore re. Et lo capitano overo rectore non possano dare licentia contra la forma di questo capitolo, a pena di libbre .x. d’alfonsini minuti».

giuco di dadi, ne giocare», entrambi i termini sono riferiti a persona528. Il capitolo XIII, «Di

quelli che pigliano moglie altrui e anno altra moglie», riporta poi nella stessa sezione le locuzioni «qualità del facto» e «condicione delle persone»529. Anche il capitolo XXI, «Di

quelli che assaglisseno altrui alla casa sens’arme, o con arme»530, presenta attestazioni

analoghe. Situazione opposta invece nel capitolo XX, «Di quelli che offendino altrui con arme, o percotessino altrui con mano o in altro modo», dove si legge «alla volonta del capitano et del iudice, considerata la qualita delle persone et la condiccione dello facto»531.

Nel capitolo XXII, «Di quelli che assaghisseno altrui in via di boscho, o di monte, o altro luogo» risultano invece due occorrenze del termine qualità riferito a facto o peccato contestualmente alla locuzione «condiccione delle persone», con tuttavia una ultima occorrenza nella parte finale del testo che vede invece il lemma condiccione riferito al

facto532. Altra situazione mista quella del capitolo XLVI, «Delli vinaiuoli», dove si legge

in prima battuta «secondo la qualità dela persona», poco oltre “segondo la qualità del

tempo” e, infine, si specifica che le eventuali accuse possono essere sollevate solo da “homo di buona fama e condiccione, et digno di fede”533.

528Ibidem, p. 98. La prima occorrenza recita «Et chi giocasse e fusse trovato a gioco di dadi, salvo giuoco di

taule o di schacchi, come decto e, paghi di pena a vuo’ del signore re di Ragona soldi .xx. infine in soldi .xl., specta la qualita dela persona, ad volonta del capitano et iudice, d’alfonsini minuti per ogni volta». Poco oltre invece il termine cui si fa ricorso è condicione: «a pena infine in libbre .xxv., ad arbitrio del capitano et del iudice, considerata la condicione dela persona, si trovato li fusse lo gioco in casa per uno deli notari dela corte sensa alcuna altra prova, overo si provato li fusse per due testimone legitimamente».

529Ibidem, p. 102. «et anco paghi di pena a vuo’ del signore re da Ragona libbre .c. d’alfonsini minuti, et

eciandio magior pena, a volonta del capitano et del iudice, et d’avere et di persona, considerata la qualita del facto et la condicione delle persone».

530Ibidem, pp. 107-108. «Et se ferisse con arme overo in altro modo, et sangui ne scisse, paghi per pena

libbre .l. infine in libbre .c. d’alfonsini minuti, considerata la qualita del facto et la condiccione delle persone, a providimento del capitano overo delli rectori».

531 Ibidem, p. 107.

532Ibidem, pp. 108-109. Il testo completo recita «Ordiniamo che se alcuno homo assaglisse altrui et non

ferisse in via, in piassa di forno, in via di bosco, o a monte, o in via di monte, o in via la ove vadan et vegnia in alcuno lavoro d’argentiera, paghi di pena per ogni volta che provato li fusse da libbre .v. infine in libbre .xxv. d’alfonsini minuti a vuo’ del signore re di Ragona per ogni volta, a providimento del capitano overo rectori et del iudice, considerata la qualita del facto et del peccato, et la condiccione delle persone. Et se assaglisse o perchotesse di mano, et trahessi per li capilli, o che ferisse con bastone o con altra cosa, et sangui non ne scisse, paghi per ogni volta da libbre .x. infine in libbre .xxv. d’alfonsini minuti, a volere del capitano overo rectori; et se sangui ne scisse d’alcuna ferita o percussione facta in alcuno delli suprascripti luochi, paghi da libbre .l. infine in libbre .c. d’alfonsini minuti, a volonta del capitano et del iudice, segondo la qualita del peccato et della condiccione delle persone. Et se dela decta ferita remmanesse alcuno signo in dello volto, pena da libbre .c. infine in libbre .cc. d’alfonsini minuti a vuo’ del signore re di Ragona, ala volonta del capitano et del iudice, considerata la condiccione et l’essere del facto. Et se non pagasse la condepnagione infra giorni .xv. poi che fusse lecta la sua condapnagione, perda la mano ricta, si che si parta dal braccio».

In questi capitoli non vi sono tuttavia elementi che consentano di attribuire i termini “qualità” e “condizione” delle persone a differenze giuridiche tra liberi e non-liberi, ma piuttosto a differenze di collocazione sociale e di benessere economico.

I termini amica, servigiale, polcella, pulcelli, fancella e eguale sono evidenziabili invece nel capitolo XII, «Di quelli che tienno moglie altrui e altre cose» 534, che per certi aspetti

tocca temi analizzati in precedenza nel paragrafo dedicato agli Statuti sassaresi. La prima sezione del capitolo tratta di chi, uomo, trattenga presso la propria abitazione o in qualsiasi altro luogo una donna in qualità di amica o servigiale, contro la volontà del marito della stessa. La pena in caso di mancata restituzione arriva anche alla decapitazione. Una sanzione pecuniaria è invece disposta qualora un uomo abusi di una donna sposata, ma esclusivamente nel caso in cui la donna non sia una sua amica o servigiale e solo a fronte di mancato pagamento della sanzione viene disposta la decapitazione. Nel caso in cui la

534Ibidem, pp. 100-102. Il testo completo recita come segue: «Ordiniamo che qualunqua homo tennesse

moglie d’altrui d’alcuno borghese di Villa di Chiesa, o d’alcuna altra persona, in della casa dela sua habitacione, overo in qualunqua altro luogo, per modo d’amica puplicamente, o per servigiale, contra la volontà del marito, per commandamento o per richiesta stata a colui che la tennesse ad peticioni del marito, cioè per una richiesta in persona overo per due alla casa, et quelli comandamenti appaiano scripti in delli acti dela corte dela suprascripta Villa; et si quelli che tenesse moglie altrui per alcuno deli suprascripti modi non la rendesse al marito, overo che non la demettesse da sé infra li infrascripti termine, avendo demostrato lo marito che dimandasse la moglie, che quella che elli domandasse sia soa moglie, et di ciò facto fede al capitano overo rectori di Villa, et la fede appaia scripta in delli acti dela corte; facti li suprascripti comandamenti et richieste, che li sia tagliata la testa sì che mora. Sì veramente che li comandamenti debbiano essere facti a colui che la tenesse, in persona, overo ala casa dela sua habitagione. Et che lo messo che farà li decti tre comandamenti, debbia fare a colui che la tenesse la decta moglie altrui, che quella moglie debbia lassare dal’ultimo comandamento a tre giorni proximi che verranno, a pena dila testa. Et che la cavasse de casa del suo marito per forsa, et non fusse parente propinquo dela femina o del marito, siali tagliata la testa sì che mora. Et se alcuno homo fusse trovato iaciri per forsa con moglie d’altrui, la quali non tennesse puplicamente per amica o per servigiale, pena libbre .c. d’alfonsini minuti per ogni volta, a vuo’ del signore