II.13 Cartas Reales
II.13.2 Le Cartas Reales di Pietro IV il Cerimonioso (1336-1387)
Le Carte Reali di Pietro IV il Cerimonioso sono raccolte in una edizione curata da Luisa D’Arienzo, pubblicata nel 1970, e sono relative quindi al periodo compreso tra il 1336 e il 1387. L’autrice stessa rende esplicita la necessità di procedere con cautela nella considerazione del contenuto dei regesti in quanto trattasi talvolta di missive mai recapitate, tuttavia le indicazioni in esse contenute risultano in ogni caso indicative della realtà documentabile nel territorio sardo nei sei decenni centrali del XIV secolo, parallelamente a quanto attestato in area arborense attraverso altre fonti di cui si fornisce analisi nella presente ricerca574.
572 F.C.CASULA, Carte Reali Diplomatiche di Alfonso III il Benigno cit., pp. 274-276. 573 Ibidem, p. 302.
574 L.D’ARIENZO, Carte Reali Diplomatiche di Pietro IV il Cerimonioso, Re d’Aragona, riguardanti l’Italia,
Padova 1970. Per le considerazioni relative ai contenuti si veda in particolare il paragrafo III, “Il problema del valore storico delle Carte Reali” pp. XXIII-XXVI.
Termini quali servo, servi, homines de familia, riferibili dunque a possibili condizioni personali socio-giuridiche, sono attestati con riferimento esplicito alla Sardegna in un numero molto ridotto di missive, a fronte degli 881 documenti complessivamente raccolti nell’edizione citata, e per le quali si offrono le osservazioni sotto riportate.
La prima e significativa lettera n. 293, emessa a Oristano il 4 novembre di un anno verosimilmente compreso tra il 1347 e il 1352, racconta nel regesto di una «Carta di Mariano, giudice d’Arborea, a Pietro IV, nella quale lo informa che alcuni servi del suo Giudicato, di nazionalità sarda, sono fuggiti perché non volevano stare sotto la sua sudditanza, si sono rifugiati nelle vicinanze del Castello di Cagliari o in altre ville del regno di Sardegna e, siccome non è possibile riaverli per il favore di cui godono presso gli ufficiali regi, chiede di prendere provvedimenti contro costoro e di infliggere loro delle pene, perché questa situazione è a suo discapito a causa del censo di tutte le altre tasse che deve pagare»575. Sono quindi citati servi di origine sarda che si sottraggono con la fuga alla
dipendenza dal giudice di Arborea, evidentemente violando il vincolo alla residenza migrando nel sud dell’isola alla ricerca di protezione e suscitando quindi la necessità da parte di Mariano di richiedere provvedimenti per il loro recupero o per la disposizione di sanzioni che consentano di contenere o compensare il danno economico procurato. Questa documentata mobilità trova riscontro anche in fonti coeve di cui si offre l’analisi in seguito, in particolare nel contesto di aperto conflitto politico tra Pietro IV e Mariano IV riguardante in modo preponderante l’area centro-meridionale dell’isola576.
A un servo si fa poi riferimento nel regesto della lettera n. 559, emessa a Cagliari il 28 aprile 1355, che dispone quanto segue: «Carta di Pietro IV al governatore del capo di Cagliari, nella quale gli ordina di permettere a Bernardo Girveta di tenere per i suoi servizi un servo di qualsiasi nazionalità, che possa abitare liberamente entro le mura della città di Cagliari sia di giorno che di notte»577. Questo documento offre testimonianza
dell’intervento regio per approvare l’assegnazione di un servo a favore di un cittadino cagliaritano. Si specifica inoltre la possibilità che tale servo sia anche di nazionalità diversa da quella sarda, implicando quindi la presenza sull’isola di soggetti di origine geografica diversa ma accomunati da una medesima condizione personale non-libera. Infine si offre
575 Ibidem, p. 151.
576 Cfr. in particolare i paragrafi dedicati al Proceso contra los Arboreas (Paragrafo II.15) e alla Carta de
Logu d’Arborea (Paragrafo II.17).
la possibilità al servo di abitare in Cagliari senza particolari restrizioni evidentemente invece previste in altre occasioni. Tale considerazione sembra trovare ulteriore supporto nella documentazione cagliaritana coeva di cui si fornisce l’analisi anche in seguito, per esempio nel paragrafo dedicato alle Ordinanze di Castello di Cagliari, dove sono rilevabili numerosi riferimenti a individui di condizione non-libera di origine non necessariamente sarda578.
In ambito poi di soggetti retribuiti dal regno e definiti con termini precedentemente analizzati in quanto potenzialmente riferibili a condizione di dipendenza servile, la missiva n. 619 (Barcellona, 28 aprile 1356), vede l’attestazione di un’altra locuzione, «homines de familia», a indicare una categoria di ufficiali dei territori del regno, certamente, in quanto tali, non inquadrabili giuridicamente come servi, sebbene in altri contesti il termine familia riveli il suo significato polivalente579.
Anche in questo caso, dunque, i documenti evidenziabili risultano quantitativamente ridotti ma rivestono comunque particolare interesse per questa ricerca.
578 Cfr. il paragrafo dedicato alle Ordinanze di Castello di Cagliari (Paragrafo II.14).
579 L.D’ARIENZO, Carte Reali Diplomatiche di Pietro IV il Cerimonioso cit., p. 311. «Carta di Pietro IV a
Francesco Des Corral, esecutore testamentario del re Alfonso, e a Francesco Guerau, camerlengo di Iglesias, nella quale, poiché i redditi della villa di Iglesias e di tutti gli altri luoghi facenti parte delle assegnazioni testamentarie del defunto re Alfonso si sono fatti così esigui, a causa degli incendi e degli altri danni subiti, tanto che non sono sufficienti neppure a pagare i salari degli ufficiali di quei territori, decide di diminuire i detti salari nella forma seguente: 1) Il camerlengo non sia più di uno ed abbia cento lire. 2) All’“assessor capitanei” siano date centocinquanta lire. 3) Secondo le sue disposizioni nessuno possa avere redditi o reggere uffici se non risiede personalmente nell’isola. 4) Il “magister monete” abbia centocinquanta lire. 5) Lo “scriptor monete” sessanta lire. 6) L’“assaggiator monete” cinquanta lire. 7) Al “funditor monete” siano date cinquantaquattro lire, come era solito avere. 8) All’“emblanquitor” trentasei lire come già aveva. 9) Ai due “coadiutores seque dicte monete” settantadue lire insieme, come erano soliti avere. 10) Al suddetto Francesco Des Corral, che è tenuto a prestare servizio di due cavalli armati, centonovantasei lire. 11) Ai cinque “homines de familia”, che sono sufficienti per esercitare il loro ufficio, novanta lire. 12) Ai sei “sagiones” cinquantaquattro lire. 13) Allo “scriptor camerlengii” cinquanta lire. 14) Ai “clientes” del castello della villa quattrocentocinque lire. 15) Al cappellano del castello sia dato il solito stipendio, poiché intende revocare tacitamente la concessione già fatta della cappellania del castello di Iglesias al vescovo di Sulci. Inoltre, poiché tanto ad Iglesias quanto a Villamassargia e negli altri territori facenti parte delle assegnazioni testamentarie vi sono degli uffici superflui, provvedano ad eliminarli, nonostante le concessioni precedentemente fatte, in modo da sopprimere le spese dei relativi salari».