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Il cartolare edito a cura di Giuseppe Oreste, Dino Puncuh e Valentina Ruzzin325 raccoglie

complessivamente 959 atti registrati a cura del notaio ligure Guglielmo da Sori nel corso dell’ultimo decennio del XII secolo e in parte relativi a scambi commerciali riguardanti la Sardegna, con anche alcuni riferimenti a transazioni aventi come oggetto individui di cui si specificano condizione e status.

Si tratta in totale di soli cinque documenti (lo 0,5%), quindi quantitativamente meno significativi rispetto alle altre fonti finora analizzate, che tuttavia registrano operazioni caratterizzate da dettagli rilevanti per la ricerca qui condotta essendo riferiti a soggetti di origine sarda. Altre carte rendono invece conto della entità dei rapporti commerciali tra Genova e la Sardegna, pur non fornendo spunti relativi agli eventuali legami di dipendenza dei soggetti attestati. Come rilevato dagli autori dell’edizione citata, la copiosa e competente produzione del notaio in oggetto testimonia di una grande dinamicità socio- economica in area ligure sullo scorcio del XII secolo, e non si limita esclusivamente a regolamentazioni del patrimonio familiare, contratti di compravendita, conferimenti di dote, procure, testamenti, movimentazioni di capitale, prestiti marittimi, ma si estende quindi anche, sebbene in misura molto limitata, ad atti o transazioni che riguardano non beni fondiari o capitali, ma esseri umani.

Quattro di queste carte costituiscono infatti atti di manumissione redatti a Genova: sono i documenti n. 41 (9 aprile 1195)326, n. 72 (20 luglio 1195)327, n. 856 (7 giugno 1202)328 e n.

901 (20 agosto 1202)329.

Nel primo, n. 41, si legge «Ego Oto Montanarius, amore Dei et remedio anime quondam uxoris mee Iohanne et remedio anime mee, manumitto te Adalaxiam Sardam, anchillam iuris mei, cum omni pecculio quod habes et deinceps adquisiveris, ab omni vinculo servitutis te absolvo ut de cetero mera puraque livertate, honore et commodo florentis civitatis Romane perfruaris, dans tibi liveram facultatem et omnimodam possibilitatem 325 G.ORESTE,D.PUNCUH e V.RUZZIN, Guglielmo da Sori. Genova-Sori e dintorni (1191, 1195, 1200-1202),

Genova 2015.

326 Ibidem, p. 34. 327 Ibidem, p. 57. 328 Ibidem, p. 729. 329 Ibidem, p. 770.

emendi, vendendi, donandi, permutandi, cambiendi, in solutum dandi teque aliis stipulandi, testamentum quoque et omnia ut possibilia negotia absque servitutis obstaculo faciendo et in iudicio constituendo». Dopo questa prima sezione relativa allo scioglimento da qualsiasi vincolo della donna di origine sarda, Adelasia, e dei suoi beni, il testo prosegue con la indicazione della validità dello stesso atto anche nei confronti degli eredi della stessa e, dall’altro lato, dell’impossibilità da parte degli eredi di Ottone Montanarius, colui che concede la manumissione, di rivendicare su di essa alcun diritto futuro. Il testo recita «Nullam igitur litem nullamque controversiam adversum te aut heredes tuos per me vel per meos heredes movere aut per submissam personam rebus vel persona promitto, sed sic firmum et inconcussum omni tempore habere et tenere, potius autem hanc prestitam livertatem semper ab omni homine legittime deffendere et auctoriçare perpetuo contra omnes personas et nullatenus impedire, alioquin penam librarum decem optimi auri tibi stipulanti dare spondeo ita quod pena commissa hec datio livertatis nichilominus firma et inconcussa permaneat semperque stabilem perseveret».

Gli altri tre documenti riportano esattamente o sostanzialmente la stessa formula utilizzata nel primo, a riprova della «buona conoscenza del formulario, che infatti Guglielmo flette senza grosse difficoltà redigendo tutta la gamma contrattualistica dell’epoca»330 e, si può

ipotizzare, a dimostrazione della necessità di una certa rigidità nella formalizzazione anche di atti relativi alla condizione personale e della dimestichezza con gli strumenti giuridici specifici.

Da un punto di vista lessicale sono da evidenziare alcune voci determinanti che ricorrono nei quattro testi citati. Il termine manumitto, esplicitamente riferibile all’azione di liberazione personale da vincoli perpetui ereditati dagli antenati oppure precedentemente accettati o sottoscritti e certamente più indicativo rispetto a più comuni affrancamenti che spesso sono relativi esclusivamente a benefici di carattere economico e solo raramente – e con più dubbia efficacia giuridica – riferibili a una effettiva modifica dello status personale nella direzione della libertà331.

Si legge poi «ab omni vinculo servitutis te absolvo» a indicazione del completo scioglimento dei vincoli legati al precedente status di dipendenza ereditaria per consentire

330 Ibidem, p. XXXVII.

il pieno godimento della «mera puraque livertate» una volta rimosso l’obstaculo costituito dalla condizione non-libera.

La formula «hanc prestitam livertatem semper ab omni homine legittime deffendere et auctoriçare perpetuo contra omnes personas et nullatenus impedire» definisce infine la legittimità della nuova condizione libera nei confronti di chiunque, senza ulteriori impedimenti e senza limiti temporali.

Si noti che tutti e quattro gli atti di manumissione sono relativi a quattro donne sarde, Adelasia, Giusta, Curcia e Maria, e che per tutte i curatori dell’edizione ricorrono nel regesto alla traduzione «schiava» del termine anchilla (solo nel caso di Curcia non è attestato alcun appellativo specifico, facendo solo riferimento a «vinculo servitutis»). L’osservazione di cui sopra risulta particolarmente significativa alla luce dell’analisi dell’ultimo documento evidenziato, il n. 583 (4 giugno 1201)332, che registra la vendita da

parte dei coniugi Raimondo Medico de Muro e Agnese a favore di Oberto Biroblancho di

Polanesi di un uomo sardo, Pietro di Cagliari, definito nel corpo del testo con la locuzione

«servum iuris nostri et sclavum». Trattasi quindi in questo caso di soggetto di genere maschile per il quale non ci si limita alla definizione offerta dal singolo termine servum, risultando necessario invece ricorrere al rafforzativo sclavum333, evidentemente non

ritenuto indispensabile nei documenti precedentemente evidenziati o, data la dovizia e caratura professionale del notaio Guglielmo, non applicabile alle condizioni specifiche delle donne coinvolte.

Quanto sopra evidenziato in merito alle differenze lessicali rilevabili nei seppur quantitativamente ridotti documenti citati apre a interessanti valutazioni di vario ordine. Una prima ipotesi può essere imbastita sulla base della esplicita attestazione di manumissioni rivolte a sole donne, quindi con una apparente considerazione preferenziale di genere che porta a pensare a una maggior leggerezza e larghezza di manica nelle azioni impattanti sulla condizione personale femminile. D’altra parte tuttavia, questa stessa presunta magnanimità potrebbe essere invece rivelatrice di una più spiccatamente

332 G.ORESTE,D.PUNCUH e V.RUZZIN, Guglielmo da Sori. Genova-Sori e dintorni (1191, 1195, 1200-1202)

cit., p. 496.

333 Si noti in questo caso particolare di contestuale attestazione dei termini servum e sclavum quanto

recentemente rilevato da Francesco Panero in merito, tra il resto, al significato letterale di servus-sclavus, ovvero “servo di origine slava”. F.PANERO, Schiavi durante la tratta e servi nella casa padronale: qualche

riflessione fra antropologia storica e diritto, in A. BASSANI, B. DEL BO (a cura di), Schiave e schiavi.

pragmatica valutazione di carattere economico che porterebbe a non considerare più conveniente il rapporto di dipendenza in essere, risolvendolo quindi con una piena liberazione. Quanto detto sembrerebbe quindi valere per le donne, ma non per l’unico uomo attestato, che viene invece venduto e non manumesso essendo potenzialmente dotato di un valore commerciale più considerevole nel mercato di esseri umani del tempo. È possibile altresì ipotizzare – ma non sono disponibili in questa fonte, come purtroppo in molte altre, dettagli precisi a supporto – che la decisione formalizzata nell’atto notarile sia in parte dettata anche da motivazioni di tipo anagrafico, quindi sulla base dell’età del soggetto la cui valutazione potrebbe prevalere rispetto alla differenza di genere o, in ultima analisi e ragionevolmente, con una considerazione congiunta di entrambe le variabili.

Gli atti di cui sopra assumono inoltre un valore ancora più significativo in ottica comparativa, se messi in relazione con una scheda del condaghe di Santa Maria di Bonarcado precedentemente analizzata e riferita al caso di Lussoria, donna sarda che viene obbligata a un trasferimento forzato a Genova. Tale evento è registrato nella scheda n. 75334

del condaghe e può essere collocato tra 1156 e 1186, quindi una, o al più qualche, decina di anni prima che nella stessa Genova vengano rogati questi stessi atti di manumissione a favore di donne sarde che nel contesto urbano ligure trovano una sorte che, in alcuni casi prima della raggiunta liberazione, le vede oggetto di una dipendenza di carattere personale certamente molto diversa, sebbene più precisi dettagli non possano trovare adeguato spazio in questa ricerca, da quella lasciata nella terra d’origine connotata invece da peculiarità tipiche dell’ambiente rurale.

È certamente ipotizzabile che gli esempi qui riportati costituiscano solo una parte di una più ampia casistica non registrata in alcun documento al momento conosciuto, anche in considerazione del fatto che in termini quantitativi, come risulta anche evidente sulla base delle fonti finora analizzate e descritte, le manumissioni sono normalmente documenti non particolarmente disponibili, quindi l’attestazione di ben quattro di esse in un unico corpus documentario è con tutta probabilità indicativa di una condizione molto più estesa sia in termini di presenza di soggetti in condizione non-libera in contesto anche urbano, sia in termini di diffusione di conseguenti iniziative di liberazione dai vincoli per motivi economici o socio-culturali.