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Un primo lavoro di riferimento per l’analisi dell’area del cagliaritano risulta essere nuovamente il Codice Diplomatico della Sardegna che, data la particolare estensione sia temporale che geografica – da XI a XVII secolo e per tutta la Sardegna –, viene citata in questa e in alcune delle successive sezioni in modo trasversale a seconda dei dettagli forniti da ogni singolo documento evidenziabile per quanto ritenuto significativo in relazione ai temi qui trattati.

Altri interessanti documenti relativi all’area del cagliaritano e a un periodo che va dalla fine del secolo XI al primo trentennio del secolo XIII – più precisamente dal 1070 al 1226 – sono invece editi a cura di Arrigo Solmi (d’ora in poi indicato come CVAAC)271. Di queste

268 CSMB, scheda n. 2, pp. 66-69. 269 CSMB, scheda n. 100, pp. 150-155.

270 CSMB, scheda n. 37, pp. 114-117. Cfr. anche P.F.SIMBULA,A.SODDU, Forme di servitù e mobilità dei

servi in Sardegna cit., pp. 361-397.

271 A.SOLMI, Le carte volgari dell’Archivio Arcivescovile di Cagliari cit.. Cfr. anche M.GARAU, I documenti

giudicali conservati in Sardegna: una nota sulle Carte Volgari dell’Archivio Arcivescovile di Cagliari, in R.

MARTORELLI (a cura di), Settecento-Millecento: storia, archeologia e arte nei secoli bui del Mediterraneo – Atti del convegno di studi, Cagliari 17-19 ottobre 2012, Cagliari 2013, I, pp. 123-136, C.ZEDDA, Le Carte Volgari cagliaritane: prime acquisizioni da un riesame comparativo, in “Archivio Storico Diocesano -

Notiziario”, 20 (giugno 2012), pp. 8-14 e, per dettagli in merito alla datazione dei documenti, E.CAU,

ventuno carte raccolte, sostanzialmente tutte (diciassette, l’81% del totale) presentano dettagli significativi per la ricerca in oggetto e quasi la metà di queste (otto) si riferisce agli anni 1215-1217, come evidenziato nel seguente grafico:

L’autore della raccolta redige anche un utilissimo «Indice lessicale delle voci più notevoli»272 a cui si fa riferimento nel corso della analisi per l’interpretazione più accurata

di alcune voci di rilievo, parallelamente anche a quanto definito nei lavori di Giulio Paulis e Eduardo Blasco Ferrer già citati precedentemente 273.

d’Arborea e Marchesato di Oristano: proiezioni mediterranee e aspetti di storia locale. Atti del 1° Convegno Internazionale di Studi, Oristano, 5-8 dicembre 1997, Oristano 2000, I, pp. 313-422.

272 CVAAC, pp. 318-330. Le voci più significative per la ricerca in corso sono le seguenti: «anchilla de

cadadie» (equivalente di «servu intregu»), arrasoni (pretesa, diritto, prestazioni), arrobadia (prestazioni di lavoro agrario dovute da sudditi a pubblico potere), bogari (togliere, cavare, liberare), cambia (permuta, permutare), condoma (coppia di servi, maschio e femmina), cortis (casa campestre per servi e bestiame),

dadura (donazione), filiadur (parte di figlio in donazione), franca/frankidadi (libera/libertà,

immune/immunità), gimilioni (servizio di lavoro manuale che il giudice può pretendere da dipendenti), ladus (metà), liverus (liberi), munia/munera (servizi di carattere pubblico), paniliu (raccolta di lavoratori), parççoni (partizioni), piguliari (servo o cosa in privata e assoluta proprietà di una persona), «terrali suu de fitu» (colono che tiene terra in affitto da signore), terrazzola (serva campestre), trauda (quanto in natura o servigi personali si reca a pubblico potere).

273 G.PAULIS, Studi sul sardo medioevale cit., E.BLASCO FERRER, Crestomazia sarda dei primi secoli cit..

1 1 2 1 1 1 4 1 3 1 1 0 1 2 3 4 5

Carte Volgari dell'Archivio Arcivescovile di Cagliari

Distribuzione cronologica documenti evidenziati

(tot. 17 su 21 - 81%)

Procedendo in ordine cronologico, il primo documento riferibile al secolo XI è il n. VII (1066, 5 maggio) in CDS274 e registra una donazione di chiese con relative pertinenze e

servi fatta dal giudice di Cagliari Torchitorio I al monastero di Montecassino. Una delle chiese donate è quella di «sanctum Vincentius de Taverna cum plures servos».

Segue il n. VIII di CDS275, analogo al documento n. I (1070-1080) di CVAAC276 – la

datazione è leggermente più precoce nell’analisi di Raffaello Volpini ed Ettore Cau (1066- 1073/1074)277 –, che descrive una donazione all’arcivescovado di Cagliari da parte del

giudice Torchitorio comprendente anche individui definiti come «liverus de paniliu»278.

Questi sono tenuti a prestare servizi («seruiant, fazzan omnia serviciu, in omnia fatu cantu ad esser opus») a beneficio dell’arcivescovo sia per terra che per mare e in tutto il territorio sardo come da volontà dello stesso arcivescovo. Viene inoltre specificato che costoro non debbano prestare altri servizi al rennu, al curadore, all’armentariu e al «maiore de scolca» se non per quanto previsto dalla arrobatia, ovvero quelle «prestazioni di lavoro agrario, dovute dai sudditi al pubblico potere»279. Le ville donate includono anche «homines cantu

sunt et cantu aent esser ad istari intru de custas billas pro cantu adi durari su mundu», quindi con un riferimento ai soggetti presenti ma anche alle future discendenze, in perpetuo. L’ultimo documento relativo al secolo XI è raccolto in CDS. Si tratta del n. XVII (1089)280,

che offre i dettagli relativi alla fondazione del monastero di San Saturnino e la donazione allo stesso da parte di Costantino di otto chiese con relative pertinenze che includono «servos et anchillas». Si tratta delle seguenti chiese dipendenti dalla giurisdizione dell’arcivescovo di Cagliari: «sancti Antiochi, sanctae Mariae, sancti Vincentii de Sigbene, sancti Evisi de Mira, sancti Ambrosii de Itta, sanctae Mariae de Ghippi, sanctae Mariae de Arco e sancti Eliae de Monte».

274 CDS, Tomo I, Vol. 1, pp. 153-154. 275 CDS, Tomo I, Vol. 1, pp. 154-155. 276 CVAAC, pp. 281-282.

277 R.VOLPINI, Documenti nel Sancta Sanctorum del Laterano. I resti dell'“Archivio” di Gelasio II, in

“Lateranum”, 52 (1986), pp. 1-50, p. 19, nota 48, ripreso in E. CAU, Peculiarità e anomalie della documentazione sarda cit..

278 Il termine paniliu indica “unione, raccolta di lavoratori”. CVAAC, p. 327. 279 CVAAC, p. 321, voce “arrobadia”.

Passando al XII secolo è da evidenziare innanzitutto il documento n. III del 18 giugno 1107 in CDS (la datazione di Fadda e Tasca è 1108)281, che offre i dettagli di una donazione di

sei «donicalias […] cum omnibus pertinentiis suis, videlicet servos et anchillas» disposta dal giudice di Cagliari, Mariano Torchitorio II de Lacon-Gunale, a favore della Chiesa maggiore di San Lorenzo di Genova. L’inventario di tutti i beni donati e relative pertinenze è ulteriormente dettagliato in un altro documento, sempre in CDS282, dove si legge «Cartula

de recordationis et confrimationis de colivertis scilicet, de servis et anchillis s. Laurentii habitis per sex donicalia in regno Carralitano» (si noti il ricorso al termine colivertis indicato sostanzialmente come analogo di «servis et anchillis»). Seguono le indicazioni dettagliate dei nominativi dei soggetti donati, insieme a eventuali mogli, figli e figlie, per le sei donicalia, quella di Quarti, di Arsemine, di Sapulli, di Caput Terrae, di Aquae

Frigidae e di Fontanae de Aquis. Un particolare importante riguarda l’indicazione fornita

in merito a un certo cerbui della «Curia Aquae Frigidae» che viene donato «cum propriis saltibus», quindi con terreni in suo possesso che sono quindi inclusi nella donazione. La sezione finale dell’inventario, facendo ora riferimento solo a «suprascriptos servos, et anchillas», specifica inoltre che «Hi omnes suprascripti cum omnibus filiis, et filiabus suis; et si de iis supradictis Curiis alii inventi fuerint, cum justitia de iis Curiis sint», lasciando quindi a eventuali considerazioni giudiziarie successive la possibile inclusione nella stessa donazione di individui dei quali non si siano forniti dettagli o che per qualche motivo siano sfuggiti all’attenzione del compilatore. Si potrebbe trattare in questi casi di omissioni o di possibili rivendicazioni di non dipendenza da parte dei soggetti non inclusi. Di poco successiva, 29 giugno 1108-1109 (doc. XXIX in CDS, da Tola invece collocato nel 1120)283, una permuta di alcune delle precedentemente citate donnicalie, quella di Quarti,

Caput Terrae e Aquae Frigidae con altre sei, Sebazu, Pau, Barrala, Tracasil, Furcilla, Sancta Bictoria de Billa Pupici e il territorio Missas de donnicella Maria, anch’esse dotate

di «servos et anchillas».

281 CDS, Tomo I, Vol. 1, p. 178. B.FADDA, C.TASCA, La Sardegna giudicale nell’Archivio del Capitolo di

San Lorenzo di Genova cit., pp. 526-527: «le donnicalie di Quarto, Capoterra, Assemini, Acquafredda, Funtana de Equas (Fonte delle Cavalle, nei pressi dell’odierna Iglesias) e Cepola».Doc. 1, p. 531.

282 CDS, Tomo I, Vol. 1, doc. IV, p. 179. B.FADDA, C.TASCA, La Sardegna giudicale nell’Archivio del

Capitolo di San Lorenzo di Genova cit., doc. 2, p. 532.

283 CDS, Tomo I, Vol. 1, p. 201. B.FADDA, C.TASCA, La Sardegna giudicale nell’Archivio del Capitolo di

Risale a pochi anni più tardi, 2 marzo 1112, il documento n. VII di CDS284 che registra la

donazione da parte di Benedetto, vescovo di Dolia, della chiesa di Santa Maria di Arco «cum omnibus scilicet pertinentiis, tam in servis, quam et in anchillis» a beneficio del monastero di San Vittore di Marsiglia.

Il termine colivertis risulta nuovamente attestato nel novembre del 1119285 in un documento

di CDS che registra la donazione della «ecclesiam Sancti Johannis positam in loco qui nominatur Arsemine cum ecclesiis suis sibi pertinentibus cum colivertis scilicet servis et anchillis», anche in questo caso contestualmente e a integrazione dei più generici termini «servis et anchillis», non in contrapposizione con gli stessi, ma a loro maggior definizione. Del 1130 circa il documento n. V286 di CVAAC, che vede l’attestazione di un «servu de

clesia» con riferimento a una donazione a favore della chiesa di Santa Cristina. Dello stesso anno anche la carta n. VI287 di CVAAC – analoga al documento n. LXXIV288 in CDS,

sebbene da Tola datato 1163-1164 – in cui compaiono «servus et anchillas» nella donazione alla chiesa di Santa Maria di Lotzorai.

Approssimativamente del 1140 la carta n. VII289 di CVAAC dove è attestato un «servus de

sancta Lukia in foras». Di dieci o venti anni più tardo invece il documento n. VIII290 di

CVAAC – da Solmi datato 1150 e confermato da Cau in una collocazione più flessibile tra 1150 e 1160291 – che nella sua brevità riporta tuttavia un elevato numero di attestazioni

relative ad «anchilla de cadadie cum totu parççoni sua e a servu de cadadie» (anch’egli «cum totu parççoni sua»), nel contesto di una donazione a favore di San Giorgio di Suelli. Del 1165 la donazione da parte di Barisone I de Lacon-Serra, giudice di Arborea, alla figlia Susanna e ai suoi figli e nipoti di una «domus […] cum servos et cum anchillas et icustos sunt sos nomenes dessos homines: Gonnari Puliga et issos fiios, Iusta Puliga et issos fiios et P. Marki et Mali de Baniu et Iorgiu su fradi, Troodori Lollo et Bera Polla sa mugere,

284 CDS, Tomo I, Vol. 1, p. 182.

285 CDS, Tomo I, Vol. 1, doc. XXVII, p. 199. Cfr. anche B.FADDA, C.TASCA, La Sardegna giudicale

nell’Archivio del Capitolo di San Lorenzo di Genova cit., pp. 528-529. Le conferme di questo e dei documenti

del 1108-1109 sono anche registrate il 5 gennaio 1121, il 7 dicembre 1136, il 15 giugno 1158 e il 22 marzo 1162: CDS, Tomo I, Vol. 1, docc. XXXI (pp. 202-203), XLVII (p. 211), LXV (pp. 221-222), LXIX (pp. 223- 224) e B.FADDA, C.TASCA, La Sardegna giudicale nell’Archivio del Capitolo di San Lorenzo di Genova cit.,

docc. 8-9-10-11, pp. 535-536. 286 CVAAC, pp. 285-286. 287 CVAAC, pp. 286-287. 288 CDS, Tomo I, Vol. 1, p. 227. 289 CVAAC, pp. 287-288. 290 CVAAC, pp. 288-289.

Biadu Musca et Maria sa mugere, Simione Corssu et Orlandu su fratri, Gonnari Uveri et issu fiiu et ladus de Comita Uceri et Furatus de Baniu et Gaini Pirellu et Comita Uceri»292.

Si nota in questo caso l’analogia tra il termine homines e «servos et anchillas» e l’indicazione della quota di proprietà, ladus, di uno dei soggetti elencati.

Il termine servi compare ancora il 2 dicembre 1176-1178 (Tola colloca questo documento, il n. LXXI di CDS, nel 1162)293, in una richiesta al giudice cagliaritano di restituzione di

beni appartenenti alla chiesa di San Lorenzo di Genova e nei quali sono quindi inclusi anche soggetti non-liberi.

Segue cronologicamente il documento n. IV294 di CVAAC – analogo al n. XXXV295 di

CDS, datato da Solmi tra 1121 e 1129 e da Tola tra 1121 e 1123, ma la cui collocazione sarebbe più tarda a parere di Cau, verosimilmente nell’ultimo terzo del XII secolo296

registra l’attestazione di termini quali servu, «anchilla sua peguliari» e «anchilla de cadadie». L’indicazione peguliari definisce in modo particolare la proprietà assoluta e privata della anchilla, mentre la locuzione «de cadadie» potrebbe in qualche caso equivalere all’intrega attestata in altre fonti analizzate precedentemente, anche se – come è stato recentemente osservato – «Non è condivisibile l’identificazione di servo de cadadie con servo intregu proposta da Solmi […] giacché nelle stesse “carte volgari” figurano servi posseduti per metà (ladus) ceduti a servu de cadadie»297. L’interpretazione proposta da

Simbula e Soddu è dunque che i «servi de cadadie» siano impiegati nel servizio domestico298.

Ultimo documento collocabile nel XII secolo (1° ottobre 1174) è il n. CII299 di CDS che

registra tra il resto una donazione da parte del giudice cagliaritano Pietro a favore dei genovesi della «curtem de Tefaraxui cum servis et anchillis».

292 CDS, Tomo I, Vol. 1, doc. LXXX, p. 232. B.FADDA, C.TASCA, La Sardegna giudicale nell’Archivio del

Capitolo di San Lorenzo di Genova cit., pp. 538-545.

293 CDS, Tomo I, Vol. 1, p. 225. B.FADDA, C.TASCA, La Sardegna giudicale nell’Archivio del Capitolo di

San Lorenzo di Genova cit., doc. 12, p. 537.

294 CVAAC, pp. 284-285. 295 CDS, Tomo I, Vol. 1, p. 204.

296 E.CAU, Peculiarità e anomalie della documentazione sarda cit., pp. 346-347.

297 P.F.SIMBULA,A.SODDU,Forme di servitù e mobilità dei servi in Sardegna cit., p. 367, nota 27. 298 Ibidem, pp. 366-367.

Il maggior numero di documenti raccolti da Solmi si concentra invece nei primi venti anni del XIII secolo, iniziando dal n. IX (1200-1212)300 di CVAAC – Cau colloca tale

documento leggermente prima, tra 1190 e 1200301 – che registra la condizione di «servu de

donnu Janni de Sijllu» di un certo Mariani Concas, nel contesto di una serie di atti di compravendita e donazione a favore della chiesa di «sanctu Georgii de Suelli»302.

È datato invece 10 maggio 1211 un documento edito da Bianca Fadda e raccolto nel

Diplomatico Coletti dell’Archivio di Stato di Pisa, contenente una concessione da parte del

giudice di Cagliari, Guglielmo di Massa-Salusio di Lacon, della esenzione dal pagamento di alcuni tributi a favore della «domu de Sanctu Jorgi de Sebollu», con importanti dettagli relativi ai soggetti interessati dal provvedimento. Si legge infatti «Assolbulla sa domu de Sanctu Jorgu de Sebollu ki si clabat ad pusti su munasteriu de Gorgona et de Sanctu Vitu et assolbu sus servus et is anchillas de cussa domu et totu sus hominis ki anti stari ad sirvitiu de cussa domu, ki non denti aligandu dadu, ni issa domu, ni is servus, ni is sirvidoris suus, ni ad juigi, ni ad curadori, ni ad maiori de scolca, ni ad armentariu et ni ad peruna personi ki siat, nin pro nomini de judigi, nin pro nomini alienu, farci siat si livera et assolta et icussa domu de Sanctu Jorgi de Sebollu et totu sus hominis suus de non dari aligandu perunu dadu, nin pro personis, nin pro causa issoru peruna»303. Servi e anchille sono dunque inclusi tra

gli individui presenti nella domu e anche a loro si rivolge la formula «siat si livera et assolta» dall’imposizione del dadu (il datium), un tributo di entità variabile a seconda della località e in proporzione al reddito personale304, formula che evidentemente in questo caso

è destinata ad avere conseguenze esclusivamente di carattere economico-fiscale, non andando a modificare la condizione giuridico-personale degli stessi.

Di qualche anno successiva la carta n. XI (1215, giugno)305 di CVAAC relativa alle

donazioni effettuate a favore del vescovado di Suelli dove si legge «dedit ei villam suellensem cum terris et siluis, seruis et anchillis et omni suppelletili, ut ipse omnesque sui

300 CVAAC, pp. 289-291.

301 E.CAU, Peculiarità e anomalie della documentazione sarda cit., p. 372.

302 Situata nella Curatoria di Trexenta, cfr. C.LIVI, Villaggi e popolazione in Sardegna nei secoli XI-XX,

Sassari 2014, p. 271-274.

303 B.FADDA, B.FADDA, Le pergamene relative alla Sardegna nel Diplomatico Coletti dell’Archivio di Stato

di Pisa¸ in “Archivio Storico Sardo”, XLII (2002), pp. 87-177, doc. VI, pp. 123-125. La domu è situata nella

Curatoria di Gippi, cfr. C.LIVI, Villaggi e popolazione in Sardegna nei secoli XI-XX cit., pp. 252-258, in

particolare quanto detto in merito alla villa di Gurgu de Sepollu, p. 255.

304 Per un approfondimento sul tema del datium (o dadu), cfr. C.LIVI, La popolazione della Sardegna nel

periodo aragonese, in “Archivio Storico Sardo”, XXXIV (1984), pp. 23-130, in particolare pp. 37-59.

successores cam sine lite possiderent». Ancora del 1215 ma qualche mese più tardi, settembre, la carta n. XII306 di CVAAC che registra nuovamente i termini «servus et

anchillas» come oggetto di donazione insieme a «terras et binias, et saltus et aquas» dal giudice Pietro di Cagliari al vescovo Torchitorio di Suelli; contestualmente si registra anche l’attestazione di «liurus maioralis», in contrapposizione alla condizione prima citata. Del novembre dello stesso anno il documento n. XIII (1215, 6 novembre)307 di CVAAC che

conferma il contenuto di numerosi atti di donazioni, vendite, permute e transazioni di varia natura effettuate a favore della chiesa di Torchitorio, vescovo di Suelli. Sono attestati alcuni termini già definiti con riferimento a precedenti documenti (anchilla, servu, «anchilla de cadadie» o «servu de cadadie» con talvolta i relativi figli, «anchilla peguliari», ladus), ma anche termini più generici comunque riferibili esplicitamente a condizioni di dipendenza (homini), altre locuzioni caratterizzanti quote di proprietà («parzoni d’unu filiu suu»,

filiadura), il termine arrasoni riferito a diritti o prestazioni rivendicabili. È inoltre attestato

in una sola delle tante sezioni riportanti i nomi dei testimoni presenti un certo «Johanni su terali suu», il cui appellativo, terrali (corrispondente al logudorese terrale), risulta attestato in altri due documenti sotto citati. Data la possibilità tuttavia per soggetti di condizione libera o meno di poter prestare testimonianza, non è possibile da questo documento dedurre l’effettiva condizione del terrali. Del giorno successivo il documento n. XIV (1215, 7 novembre)308 di CVAAC che registra ancora il contenuto di precedenti transazioni a favore

della stessa chiesa. I termini cui si fa ricorso sono sostanzialmente analoghi al documento precedente, con inoltre alcune particolari attestazioni. In una prima sezione si legge infatti «Et dedilloi a sanctu Jorgi donna Sardinia de Serrenti, filia de donnu Turbini de Serrenti, cum bulintadi de donnu MarianiDezzori su maridu, a Bera Tillia, filia de Malfidana Corbu anchilla sua, ad anchilla de cadadie». Si nota nuovamente la contestuale e contrapposta presenza dei termini donnu/donna e anchilla (anche «de cadadie») con una grande frequenza di attestazione dello stesso appellativo donnu nelle varie sezioni relative ai testimoni. Un’altra sezione recita «Et kertai cum domnu Johanni de Cureas, filiu de donnu Turbini de Cureas, pro Petru Baca, ki fudi servu de sanctu Jorgi, et arreedasillu issi in servitiu suu». Sembra quindi si faccia in questo caso riferimento alla esplicita rivendicazione e richiesta di servizi e prestazioni da parte di Pietro Baca, indebitamente 306 CVAAC, pp. 295-296.

307 CVAAC, pp. 296-300. 308 CVAAC, pp. 300-304.

sottratto – e non è dato sapere se volontariamente o meno – alla chiesa di San Giorgio di Suelli da Giovanni de Cureas. Anche in questa carta inoltre, uno dei testimoni indicati, tale «Petru de Cabuderra de Castania», riporta l’appellativo «terrali suu de fitu». Un servu è attestato anche nel documento n. XV309 di CVAAC, datato 21 giugno 1216.

La carta n. XVI (1217, 8 marzo)310 di CVAAC registra anch’essa altre transazioni a favore

della chiesa del vescovo Torchitorio di Suelli e vede nuovamente attestati termini già evidenziati e definiti in precedenti documenti (per esempio «servus de cadadia», «anchilla peguliari», ladus e altri), ma anche l’interessante occorrenza di condoma a indicare una coppia i cui membri sono entrambi caratterizzati da condizione non-libera. L’elenco è lungo e dettagliato e include anche una terrazzola, ovvero quella che Solmi definisce come «serva campestre»311 e che pare essere un diminutivo del termine terrale precedentemente citato.

Riporta la stessa data anche il documento n. XVII (1217, 8 marzo)312 di CVAAC dove al

termine servu in una particolare circostanza è associata una frase relativa a terre rese oggetto di transazione commerciale nella quale lo stesso servu è direttamente coinvolto («custas terras, ki aia comporadas ad Mariani de Franca su servu»).

Di poche settimane dopo la carta n. XVIII (1217, 20 aprile)313 di CVAAC che registra la

significativa contrapposizione «o servus o liverus», contestualmente anche alla attestazione di piguliari, all’interno di una più ampia e generale descrizione dei beneficiari della disposizione contenuta nel documento stesso. Si legge infatti «Et nos illa firmamus et damus illi ad sanctu Jorgi de Suelli, su donnu nostru, totu sas cergas et is arrasonis d’arari et de messari et de laurari binias, et de pegus de donu et de quasquariu, et de totu sus aterus factus et cergas, cantu gittat a fairi o a dari ad su arenu, o ad piguliari, o ad curadori, o ad armentariu, o ad maiori de scolta, de totu sas personis ki sunt o gi anti essiri a istari in sa villa de Suelli, o suus o alienus, o servus o liverus, ki si ‘ndi apat proi sancu Jorgi, cantu adi durari su mundu».

309 CVAAC, pp. 304-305. 310 CVAAC, pp. 305-308. 311 CVAAC, p. 329. 312 CVAAC, pp. 308-311. 313 CVAAC, pp. 311-312.

Un documento raccolto da Carla Piras e datato 18 settembre 1219 rileva la presenza di «sardis liveris et servis et anchillis» in Gallura, terra in quel frangente ceduta al giudice di