• Non ci sono risultati.

1.c Assetto istituzionale del Servizio sanitario regionale

La necessità di procedere ad una valutazione sull’opportunità di un riassetto del sistema sanitario regionale deriva da molteplici fattori, in gran parte dovuti alla crescente complessità del sistema e all’evoluzione del quadro demografico, socioeconomico ed epidemiologico. Le esperienze di riazzonamento realizzate in altre regioni italiane, pur tenendo conto della varietà di estensione e approcci (aree vaste in Toscana e Veneto, quadranti in Piemonte, ASL uniche in Emilia Romagna, Marche, Puglia) denotano una tendenza a integrare competenze, responsabilità e funzioni in una visione più articolata della realtà dei servizi. Tale integrazione è infatti maggiormente idonea a far fronte alla complessità dei bisogni di salute della popolazione, rispetto all’attuale assetto in cui la parcellizzazione specialistica penalizza sia la qualità gestionale che la continuità dell’assistenza.

Uno dei maggiori limiti dell’attuale assistenza è costituito dal fatto che i nostri servizi sanitari sono idonei ad affrontare specifici problemi di salute con un taglio specialistico, peraltro spesso in modo eccellente, ma non sono sufficientemente funzionali alla gestione di percorsi assistenziali complessi e multispecialistici.

L’ottima qualità espressa in singoli atti diagnostici e terapeutici finisce per perdere la propria efficacia per la mancanza di presa in carico dell’intero percorso assistenziale di cui necessita il paziente.

Lo spezzettamento delle strutture e delle unità operative, il frequente isolamento di professionisti e tecnologie in una logica autarchica e isolazionistica non sono più conciliabili con il diffondersi di malattie croniche che esigono competenze e profili di cura multispecialistici e di vario livello disponibili per lunghi periodi di tempo.

Tutto quello che è confinato, non comunicante, monodisciplinare e avulso da un contesto di cure plasmato sui bisogni dei singoli pazienti va superato o comunque integrato in un diverso modello di assistenza.

In tale modello la rete integrata di servizi sanitari è la caratteristica principale, mentre la complessità e la variabilità dei bisogni della popolazione, nonché la necessaria limitazione delle strutture di alta specialità suggeriscono una concezione di rete assistenziale con confini anche amministrativi molto più ampi di quelli delle attuali ASL. Questo modello si adatta in modo particolare ad un’area metropolitana come il comune o la provincia di Roma.

La riorganizzazione e la ridefinizione dei territori, tuttavia, richiede attente analisi sull’impatto demografico, sociale organizzativo e funzionale.

Occorre in pratica che si producano analisi su:

− il miglior equilibrio producibile tra domanda e offerta di servizi sanitari e ottimizzazione funzionale;

− distribuzione geografica della popolazione, distribuzione geografica dei servizi sanitari, viabilità, considerati anche i piani di sviluppo comunali e provinciali e tenendo conto del rapporto popolazione residente/servizi sanitari;

− valutazione della compatibilità economica;

− programmazione di reti e collegamenti funzionali interaziendali;

− metodi di promozione dell’appropriatezza e di promozione dell’adozione condivisa di linee guida e percorsi assistenziali integrati (tra discipline e professioni, tra ospedale e territorio, tra livelli assistenziali);

− metodi per la riduzione di interventi duplicati e/o di bassa qualità;

− efficienza dei modelli ipotizzati e piani di economie di scala;

− sostenibilità, equità, accessibilità.

Nel Lazio è già in atto la trasformazione dell’assistenza attraverso la creazione di una sinergia tra reti dei servizi che superino i confini aziendali, talora alquanto ristretti e poco aderenti alla storia del territorio. Gli attuali confini aziendali, quando non coincidono con i territori delle province, raccolgono quelli dei municipi amministrativi, che a loro volta ricalcano quelli degli antichi collegi elettorali. Lo sviluppo di reti ospedaliere e/o dipartimentali (ospedaliere e territoriali) per migliorare l’accesso ai servizi e l’integrazione delle risorse disponibili si accompagna alla necessità di assicurare assistenza a livello locale il più convenientemente possibile per il cittadino. Ne consegue come solo il superamento dei confini aziendali attualmente esistenti possa permettere di programmare le reti e riorganizzare i servizi in questa direzione.

Ma, al di là delle reti, che agiscono indipendentemente dai confini amministrativi, sono mature le condizioni nel Lazio per avviare prospettive di riazzonamento e diverse ripartizioni di funzioni, più confacenti alle esigenze di modernizzazione e di maggiore efficienza del SSR. Nel periodo di vigenza del presente Piano è necessario che l’Agenzia di Sanità Pubblica regionale coordini uno studio che esiti in una proposta per il riazzonamento sulla base dei punti sopra indicati.

Inoltre vanno attivati gli interventi disposti anche tramite il Decreto 12 del 2008 del Commissario ad Acta riguardanti l’attivazione della centralizzazione e la riorganizzazione delle funzioni amministrative, tecniche e di controllo delle aziende ed enti del Servizio sanitario regionale.

Lo studio dovrà prevedere anche linee organizzative per l’integrazione ospedale-territorio e per l’integrazione sociosanitaria. In particolare dovrà identificare le modalità organizzative migliori per la rilevazione dei bisogni locali, di programmazione, committenza, monitoraggio e valutazione, nonché le attività relative all’erogazione di servizi sanitari non ospedalieri. Particolare enfasi andrà posta sulla funzione di definizione dei bisogni di salute dei cittadini e sulla funzione di committenza nonché sulla funzione della ASL di garante della sanità pubblica.

Oltre ai cambiamenti organizzativi e amministrativi è opportuno rivolgere l’attenzione alla “tenuta” del sistema. Come già sottolineato in altre sezioni del Piano, i progressi delle tecnologie e delle conoscenze in termini di terapie e prevenzione, quali ad esempio le biotecnologie, associati al continuo incremento dei costi, già oggi suggeriscono che uno dei problemi principali del servizio sanitario è rappresentato dalla necessità di effettuare scelte in merito alla tipologia dei servizi da garantire e individuare gruppi di popolazione su cui prioritariamente intervenire.

Si ritiene quindi necessario che gli interventi dei sistemi sanitari siano rivolti prioritariamente a popolazioni con patologie in atto o a rischio di contrarre una malattia, contribuendo attivamente all’azione di governo dell’assistenza sanitaria svolta dal SSR. Maggiori dettagli su questo punto sono descritti nella Parte III – cap. 2.e.

2. Prevenzione e programmi di sanità pubblica

È difficile sostenere ancora l’efficacia di interventi di sanità pubblica parcellari e non controllati dal punto di vista metodologico, quali quelli espressi in larga maggioranza dalle strutture pubbliche in questi anni. Tali interventi si basano esclusivamente sull’iniziativa dei singoli operatori, generano differenze insostenibili di approcci e metodi, e sono fonte di disuguaglianze di trattamento per i cittadini. È indispensabile, quindi, uscire dall’improvvisazione che continua a caratterizzare gli interventi di promozione della salute ed è essenziale che gli operatori sanitari adottino modelli validati.

Per agevolare tale passaggio, è bene che gli interventi di sanità pubblica rivolti alla popolazione o a gruppi specifici siano governati in modo unitario e scientificamente autorevole affinché si determini uniformità di metodologie e venga assicurata la stretta connessione con il livello nazionale. È necessario quindi un forte coordinamento a livello regionale.

Questo non vuol dire che singole ASL o singoli distretti non possano implementare programmi per esigenze specifiche del loro territorio, ma si richiede che gli interventi considerati prioritari a livello regionale siano condotti con metodi validati, siano sufficientemente omogenei e siano necessariamente valutati.

Questo cambiamento si rende necessario prima di tutto per l’inaccettabilità dell’implementazione di programmi del tutto incontrollati e, in secondo luogo, in base alle acquisizioni scientifiche in tale campo che indicano la maggiore forza di programmi complessivi rivolti su più piani, con il cambiamento di più componenti e con elementi di rinforzo. È poco verosimile la costruzione di questo tipo di interventi in piccole aree che non si coordinano fra loro, soprattutto in una regione che comprende un vasto territorio metropolitano e in cui i Servizi deputati agli interventi non hanno storicamente grandi risorse a disposizione.

È dunque necessario che i piani prioritari di sanità pubblica nel Lazio siano coordinati centralmente, sottoposti a verifiche e implementati in modo uniforme quanto a strategie, metodi, strumenti, popolazione bersaglio e tempi.

La struttura idonea per il coordinamento dei programmi è l’Agenzia di Sanità Pubblica, che ne definirà le modalità e curerà lo svolgersi dei programmi in sintonia con il livello nazionale.

In base a tale assetto, l’Agenzia di Sanità Pubblica dovrà anche esercitare la funzione di interfaccia fra la Regione e il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero del Welfare, con la partecipazione del Dipartimento di Epidemiologia per le funzioni ad esso attribuite.

Inoltre, la letteratura scientifica ha dimostrato che negli interventi di promozione della salute qualunque combinazione di metodi è più efficace dei metodi usati singolarmente e che più numerose sono le componenti, più elevato è il guadagno in termini di copertura ed efficacia. È dunque evidente la necessità di affrontare il problema a tutti i livelli (individuale, organizzativo, istituzionale, di comunità, regionale, locale, nazionale, internazionale); occorre pertanto agire affinché i diversi livelli di intervento si svolgano in forma integrata.

È inoltre importante che le strutture di sanità pubblica comincino a prevedere l’impatto che avranno i progressi scientifici in campo genetico e che, attraverso l’aggiornamento e l’apertura di dibattiti e confronti, comincino a inquadrare i possibili sviluppi della cosiddetta medicina predittiva per non farsi trovare impreparati rispetto al progredire di applicazioni potenzialmente sconvolgenti.