3.e Disuguaglianze socioeconomiche nella salute e nell’assistenza sanitaria
4. Malattie oncologiche
Epidemiologia
Si stima che ogni anno nel Lazio vengano diagnosticati circa 25.000 nuovi casi di tumore maligno in persone fra 0 e 84 anni, 5 ogni 1.000 maschi (soprattutto cute, prostata, polmone, vescica e colon) e 4 ogni 1.000 femmine (soprattutto mammella, cute, colon, polmone e stomaco). Le persone viventi con una diagnosi di tumore maligno sono circa 170.000.
Circa 80.000 di queste persone hanno avuto almeno un ricovero ospedaliero ordinario.
Aree di intervento
Sono state individuate quattro diverse aree di priorità articolate nei seguenti obiettivi generali:
− Rete oncologica:
• avviare la realizzazione della Rete oncologica.
− Prevenzione primaria:
• promuovere la prevenzione primaria basata su prove di efficacia;
• attivare campagne vaccinali contro le infezioni da HPV tipi 16 e 18 nelle adolescenti.
− Screening:
• promuovere la prevenzione secondaria, con particolare riferimento ai programmi di screening del carcinoma della cervice uterina, del cancro della mammella e del cancro del colon-retto;
• promuovere l’appropriatezza nell’uso della diagnostica preventiva.
− Registri tumori:
• rilanciare il registro tumori di Latina, estendere ad una popolazione più ampia la sorveglianza, mettere in rete le anatomie patologiche della regione;
• attivare, da parte del COR del Dipartimento di Epidemiologia, i registri dei tumori occupazionali di cui all’art. 244 del Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008.
RETE ONCOLOGICA
La programmazione regionale prevede la realizzazione di una Rete oncologica regionale per le cui caratteristiche e modalità organizzative si rimanda all’Allegato E “Rete oncologica regionale”.
Il modello di rete è costituito da Dipartimenti oncologici strutturati in aree geografiche coincidenti con ASL (o aggregati di ASL) in cui alcune strutture di alta specializzazione, quali l’IRCCS IFO, fungono da hub e le strutture meno complesse fungono da spoke. Il Dipartimento include strutture sia delle Aziende territoriali, sia delle Aziende ospedaliere dell’area in cui è situato. La rete garantisce le attività di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie oncologiche (Dipartimento di prevenzione, Centri screening, Assistenza domiciliare, Hospice, reparti di Presidi ospedalieri, diagnostica specializzata) e le prestazioni ad alta complessità da indirizzarsi ai centri hub. La rete si basa quindi su un modello hub and spoke in cui i dipartimenti svolgono entrambe le funzioni attraverso tutte le strutture di primo livello e centri di alta specializzazione: in tal modo viene garantita la prossimità delle cure e la continuità assistenziale; infatti il paziente è
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preso in carico dal Dipartimento che è in grado di fornire tutta l’assistenza necessaria in modo controllato per qualità, riducendo trasferimenti e disagi, e di offrire con il suo centro hub prestazioni diagnostiche e terapeutiche di alto livello.
Obiettivo
Definire e avviare una Rete oncologica del Lazio. Obiettivi della rete sono:
− equità nell’accesso ai servizi e ai trattamenti, superamento delle disomogeneità territoriali e riduzione dei disagi logistici e di orientamento dei pazienti;
− costante miglioramento della qualità delle cure;
− miglioramento della qualità della vita del paziente attraverso la riduzione della sofferenza inutile, facendo ricorso alle cure palliative, in modo che il 100% dei pazienti oncologici in fase terminale abbia accesso alle cure palliative;
− presa in carico dell’assistito nell’intero percorso assistenziale, attuando percorsi diagnostico-terapeutici adeguati e tempestivi, riducendo le liste di attesa e perseguendo la continuità assistenziale;
− integrazione fra i diversi livelli: promozione della salute, prevenzione, diagnosi e cura ospedaliera e territoriale, riabilitazione, assistenza psicologica e sociale, in modo che almeno l’85% dei pazienti oncologici segua il percorso integrato;
− realizzazione della continuità assistenziale fra strutture di alta specialità, ospedali del territorio, altre strutture di assistenza territoriale.
Azioni
La Rete oncologica è parte integrante del Piano sanitario regionale, dunque tutto il SSR è coinvolto. Il percorso di attuazione può essere articolato in tre fasi:
− attività propedeutiche: definizione della Rete oncologica;
− percorso legislativo: emanazione di Linee guida per l’organizzazione dei Dipartimenti oncologici e dei Piani di Dipartimento;
− implementazione: messa in funzione dei Dipartimenti oncologici e delle équipe di Dipartimento; creazione della rete delle anatomie patologiche e del sistema informativo della rete.
Indicatori
− Messa in funzione della rete delle anatomie patologiche ed esistenza del primo nucleo della banca dati entro il 2010;
− costituzione dei Dipartimenti oncologici entro maggio 2010;
− produzione dei protocolli di rete per la gestione dei pazienti per le principali patologie oncologiche entro il 2010.
PREVENZIONE PRIMARIA
I fattori di rischio e il loro impatto
Le attività di contrasto dei fattori di rischio sono guidate dai piani di prevenzione attiva del Ministero che prevedono una serie di interventi di provata efficacia che le Regioni e le ASL a loro volta devono contestualizzare e attuare nel territorio di loro competenza.
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Obiettivi
− Ridurre la prevalenza di fumatori del 15%;
− ridurre il numero di nuovi fumatori fra gli adolescenti del 10%;
− promuovere una corretta alimentazione;
− promuovere ambienti di vita e di lavoro salubri;
− raggiungere un’adeguata copertura della vaccinazione anti HPV.
Azioni
− Attivare programmi per la lotta al tabagismo;
− promuovere corsi di educazione alla salute nelle scuole per la prevenzione del tabagismo nei bambini e negli adolescenti;
− implementare le campagne per la vaccinazione di massa anti HPV delle adolescenti.
Per le azioni relative all’attuazione dei Piani di prevenzione attiva si rimanda al capitolo “Prevenzione e programmi di sanità pubblica” (Parte III – cap. 2), con particolare riferimento ai piani di prevenzione cardiovascolare e dell’obesità.
Indicatori
− Svolgimento di almeno due corsi/anno di educazione alla salute per la prevenzione del tabagismo in ogni ASL;
− copertura vaccinale al 95% delle coorti di dodicenni con data di nascita successiva al 1998 entro il triennio;
− messa in funzione del registro vaccinale.
SCREENING
Prima dell’attivazione dei programmi di screening, nel Lazio si stimavano ogni anno 4.000 nuovi casi di cancro della mammella e 996 decessi. Lo screening mammografico può ridurre la mortalità del 20%. Per il cancro della cervice uterina si stimavano 278 nuovi casi e 101 decessi ogni anno; una così bassa incidenza indica una popolazione già sottoposta a screening spontaneo. Una copertura totale con pap-test può ridurre ulteriormente l’incidenza. L’attivazione dei programmi di screening mammografico e citologico, iniziata nel 1999, ha incontrato molte difficoltà: ad oggi, per la cervice uterina, non tutte le ASL hanno attivato un programma e per entrambi gli screening pochi programmi riescono a invitare tutta la popolazione target nei tempi previsti (si veda Parte III, cap. 2.c “Programmi di screening”).
Nel Lazio si stimano ogni anno 3.900 nuovi casi di cancro del colon-retto e 1.841 decessi. L’incidenza aumenta dopo i 50 anni. Lo screening con test del sangue occulto fecale ogni due anni può ridurre la mortalità del 20%. Lo screening del colon-retto nel Lazio è di più recente attivazione e un grande studio pilota sta cercando di valutare la fattibilità del programma. Sono molto diffuse nella regione attività di screening spontaneo e opportunistico che da una parte suppliscono alla non completa estensione dei programmi, in particolare per il citologico, ma contemporaneamente sono fonte di prescrizioni inappropriate.
Obiettivi
− Garantire un’estensione completa per gli screening citologico e mammografico;
− aumentare l’adesione all’invito;
− attivare i programmi di screening del colon-retto;
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− aumentare l’appropriatezza nell’uso della prevenzione secondaria;
− valutare se e quali marcatori possano avere un razionale per l’utilizzo e definire protocolli per l’utilizzo dei marcatori di rischio genetico in particolare del cancro del seno e ovaio.
Indicatori
− Estensione degli inviti superiore al 90% della popolazione target per tutti i programmi mammografici e citologici;
− raggiungimento di un’adesione vicina agli standard nazionali (35% per il citologico e 60% per il mammografico);
− estensione del 25% per lo screening del cancro del colon-retto.
Uno specifico capitolo si occupa degli screening oncologici; si rimanda a questo per la definizione delle azioni.
REGISTRO TUMORI
Premessa
Nella regione Lazio è operativo un solo registro tumori, quello della provincia di Latina. I dati del registro sono inclusi nella banca dati dell’International Agency for Research on Cancer (IARC) per gli anni 1983-1991 e nella banca dati dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) per gli anni 1990-2003. Negli anni scorsi il registro ha avuto dei problemi, ma attualmente è rientrato negli standard ed è stato riammesso dall’AIRTUM fra i registri italiani.
L’importanza crescente dei registri tumori per la misura dell’incidenza dei tumori nella popolazione è cruciale, anche in considerazione dell’allungamento della sopravvivenza delle persone affette da tali patologie. Occorre quindi predisporre meccanismi di estensione della registrazione dei casi, anche attraverso l’istituzione di una rete per le anatomie patologiche per l’intera regione. La Regione Lazio istituisce il registro tumori di popolazione regionale, in applicazione del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ai sensi degli articoli 20 e 154, comma 1, lettera g). Il registro dei tumori raccoglie dati anagrafici e sanitari relativi a persone affette dalla malattia a fini di studio e ricerca scientifica e di valutazione delle strutture sanitarie, nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali. La popolazione di riferimento verrà definita sulla base di studi di fattibilità che vanno allestiti dall’Agenzia di Sanità Pubblica, che coordina altresì l’estensione del registro tumori, avvalendosi anche delle strutture sanitarie predisposte alla gestione del registro tumori di Latina e dell’IFO.
Obiettivi
− Estensione del registro ad una popolazione almeno doppia dell’attuale (indicatore sì/no);
− accreditamento presso la IARC;
− realizzazione della rete delle anatomie patologiche.
Azioni
− Concordare un piano di rilancio del registro;
− definire procedure automatizzate per la registrazione dei casi;
− consolidare le attività di raccolta dati e registrazione;
− attuare la rete laziale delle anatomie patologiche.
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5. Diabete
Il diabete mellito (DM) è una delle patologie di maggiore rilevanza nel nostro paese, per l’elevata prevalenza – in costante aumento – e per il notevole impatto sociosanitario correlato alla possibile comparsa di complicanze croniche, al carico assistenziale derivante, alle importanti ricadute sulla qualità di vita dei pazienti, all’elevato assorbimento di risorse.
La prevalenza del diabete nel Lazio è stimata essere del 4,8% (4,5% in Italia), per un numero di diabetici pari a circa 260.000. Il 37% dei diabetici soffre di almeno una complicanza, il 14% è in dialisi per nefropatia diabetica.
Relativamente agli aspetti assistenziali, dallo studio QuADRI emerge come una quota insufficiente di diabetici sia trattata per i fattori di rischio e solo il 4% sia gestito in adesione a quelle che sono le principali raccomandazioni. Le dimissioni di diabetici per tutte le cause nel Lazio sono circa 55.000 l’anno.
Il Sistema regionale dei controlli esterni ha evidenziato un grado di inappropriatezza pari al 47% nel 2006.
Alla luce degli elementi riportati, il Lazio pianifica un Piano specifico per il diabete, coerente con i modelli clinico-gestionali più accreditati dalle evidenze scientifiche.
Obiettivi
− Migliorare le conoscenze sulla patologia diabetica, sui servizi a questa collegati, sugli esiti dell’assistenza.
− Promuovere la prevenzione primaria e la diagnosi precoce del diabete. Ridurre la prevalenza dell’obesità del 5%. Aumentare del 10% il numero di persone che svolgono attività fisica. Ridurre del 5% l’incidenza del diabete.
− Promuovere la qualità dell’assistenza nella gestione del diabete.
− Definire, a livello regionale, i criteri per omogeneizzare le procedure relative all’erogazione dei presidi sanitari ai soggetti diabetici, nell’ambito dell’assistenza sanitaria integrativa e protesica, in modo da aumentare del 30% i soggetti diabetici inseriti in percorsi di cura integrati. Ridurre del 25% il tasso di amputazioni nella popolazione diabetica. Ridurre del 40% gli accessi al Pronto soccorso della popolazione diabetica per cause correlate al diabete.
Azioni
− Predisporre un rapporto regionale annuale sul diabete a partire dai sistemi informativi correnti. Individuare un set di indicatori di struttura, di processo e di esito e avviarne preliminari applicazioni.
− Attivare interventi di sensibilizzazione e formazione degli operatori sanitari, a partire dai MMG, per la prevenzione primaria e la diagnosi precoce, e iniziative volte all’implementazione di stili di vita per la salute.
− Programmare e monitorare la riorganizzazione della rete assistenziale diabetologica.
− Definire linee di indirizzo per il perseguimento dell’appropriatezza d’uso dei diversi ambiti assistenziali.
− Definire, a livello regionale, il profilo assistenziale clinico-organizzativo per il paziente diabetico.
− Sperimentare un modello di gestione integrata per la malattia diabetica tra MMG e centri diabetologici.
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Indicatori
Disponibilità Rapporto regionale sul diabete.
Numero della campagne di sensibilizzazione e informazione effettuate.
Stima prevalenza obesità (Studio PASSI).
Stima persone che svolgono regolarmente attività fisica (Studio PASSI).
Stima prevalenza e incidenza diabete.
Disponibilità linee guida regionali sulla gestione integrata del paziente diabetico.
Stima della percentuale dei soggetti diabetici inseriti in percorsi di cura integrati.
Tasso di amputazioni nella popolazione diabetica.
Accessi al Pronto soccorso per causa della popolazione diabetica.
Ricoveri ospedalieri per causa della popolazione diabetica.
Mortalità generale e per causa nei pazienti diabetici.
Prevalenza e incidenza del ricorso alla dialisi nei pazienti diabetici.
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