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3.f Medici di medicina generale

Nel documento Piano sanitario regionale 2010-2012 Indice (pagine 115-119)

Problemi

Il Medico di medicina generale (MMG) assolve, all’interno del SSR, un ruolo di primaria importanza: è infatti la figura professionale alla quale il cittadino, in un rapporto diretto e di reciproca fiducia, affida primariamente la tutela della propria salute. Tuttavia, a fronte del mutare delle problematiche assistenziali, come l’emergere della complessità delle cure legata all’aumentata prevalenza delle malattie cronico-degenerative e al manifestarsi della fragilità connessa all’invecchiamento demografico e alla conseguente necessità di garantire la continuità assistenziale, il MMG deve uscire dal ruolo tradizionale di libero professionista solista e interagire con gli altri attori del Sistema sanitario regionale. Il MMG deve realmente integrarsi nella rete dei servizi che connotano l’offerta sanitaria e partecipare al governo della domanda, non solo attraverso il perseguimento dell’appropriatezza prescrittiva, ma soprattutto divenendo attore e promotore di efficaci interventi di prevenzione e fornitore di cure primarie ad ampio raggio, anche in maniera integrata con altre professionalità sanitarie e sociali. Nella Regione Lazio sono state avviate diverse esperienze di associazionismo in medicina generale (la medicina di gruppo, la medicina in rete, le cooperative sanitarie) e con diverse modalità operative (l’Ospedale virtuale, le esperienze delle Unità di cure primarie – UCP o le Unità territoriali di assistenza primaria –

UTAP); tuttavia tali esperienze, che promettono un valore aggiunto in termini di garanzia assistenziale, appaiono ancora non pienamente compiute e soprattutto sono ancora deboli sul piano delle prove di efficacia, non sempre verificabili per la mancanza di adeguati sistemi di monitoraggio delle sperimentazioni in corso. Ancora fragile appare inoltre la comunicazione con altri contesti assistenziali (assistenza ospedaliera, specialistica, ADI), ben lungi dall’essere costante, condivisa e bidirezionale, a discapito della continuità clinico-assistenziale e della presa in carico di quelle situazioni più complesse che maggiormente dovrebbero beneficiarne. Le attuali forme di finanziamento della funzione assistenziale (che prevede la totale attribuzione della quota capitaria in maniera totalmente svincolata dalla dimostrazione e verifica delle prestazioni erogate e degli esiti di salute con queste ottenuti) e l’insieme dei sistemi premianti e disincentivanti finora concepiti non sono stati in grado di recuperare l’insufficiente integrazione operativa di tale figura rispetto al complesso delle attività di natura distrettuale in un’ottica di salvaguardia dei percorsi assistenziali dei cittadini. D’altro canto, non è infrequente registrare il mancato coinvolgimento del MMG da parte dei diversi contesti di cura in cui possono essere trattati i suoi assistiti, se non per la funzione di meri trascrittori di prescrizioni sanitarie altrui. Infine si registrano, quali criticità correlate alle attività dei MMG: possibilità limitata del supporto di altri servizi nella propria attività clinica; frequente mancanza di condivisione, con gli altri attori assistenziali, dei momenti formativi e di aggiornamento;

conoscenza parziale del funzionamento della rete assistenziale, con effetto di richieste improprie o mancato utilizzo delle risorse disponibili.

Risposte

È necessario che la figura del MMG divenga protagonista normativamente riconosciuto di un mutamento radicale di paradigma nell’approccio alla salute individuale e di popolazione. Il MMG deve riuscire a rappresentare, per il cittadino, un riferimento certo e costante che, oltre a risolvere le esigenze di livello primario evitando il ricorso incongruo al pronto soccorso o al ricovero ospedaliero (anche integrandosi con altri professionisti infermieri, medici della continuità assistenziale, medici specialisti, assistenti sociali ecc.), lo aiuti a orientarsi rispetto ai diversi contesti assistenziali coerenti ai propri bisogni di salute, e ne curi, se necessario, i rapporti con i diversi attori dell’assistenza, attraverso lo scambio di tutte le informazioni utili alla sua corretta gestione, con particolare riferimento all’azione sui determinanti di salute.

Tra le metodologie che possono rivelarsi più efficaci nel raggiungimento di tale obiettivo, si sottolinea in particolare l’approccio che va sotto il nome di chronic care model, concettualmente basato sul passaggio dall’attesa dell’acuzie e organizzazione della conseguente risposta assistenziale alla capacità proattiva e alla medicina di iniziativa, al coinvolgimento della comunità, all’educazione all’autogestione del paziente, all’abituale ricorso alle linee guida/raccomandazioni scientifiche disponibili, con il supporto di veri e propri flussi informativi per l’assistenza primaria e per le cure intermedie.

Così come indicato dall’Accordo integrativo regionale (AIR), è di particolare importanza che il MMG partecipi attivamente alla realizzazione dei Piani regionali di prevenzione. Tali indicazioni sono coerenti agli attuali indirizzi dell’OMS e del Ministero del Welfare italiano. In tal senso andrebbero orientati sia il nuovo AIR e i conseguenti Accordi aziendali (che devono essere espressi in tutte le ASL regionali), sia la previsione di forme associative evolute, che si configura come un requisito essenziale per garantire migliori servizi ai cittadini.

In particolare si ritiene che il nuovo AIR debba favorire la costruzione di percorsi assistenziali che determinino l’integrazione dell’ospedale con l’assistenza primaria, sia nel percorso preospedale (preospedalizzazione, accettazione assistita ecc.), sia all’atto della dimissione (dimissione assistita), attraverso strutture e modalità organizzative di seguito descritte, per la cui realizzazione un ruolo fondamentale riveste il livello distrettuale.

Con lo scopo di consentire una maggiore facilitazione all’accesso dei cittadini agli studi dei medici di medicina generale, anche per una diminuzione degli accessi impropri al pronto soccorso e agli altri servizi ambulatoriali e distrettuali, e un migliore utilizzo delle risorse e una maggiore appropriatezza nei comportamenti dei medici di assistenza primaria, si rende necessario implementare l’attivazione completa sul territorio delle Unità territoriali di assistenza primaria (UTAP) che costituiranno, integrandosi con le altre modalità organizzative e strutture del Servizio sanitario regionale, il fulcro dell’assistenza primaria della Regione Lazio.

Da un punto di vista strutturale potranno essere distinte, sulla base della modalità di partecipazione dei soggetti professionali:

a. semplice aggregazione tra MMG (AMMG), ognuno insistente nel proprio studio, che si organizzano negli orari rispetto alla funzione dell’apertura degli studi per almeno 9 ore al giorno;

b. semplici di integrazione professionale tra MMG (IMMG), collegati tra loro in rete, potendo i medici garantire l’apertura continuativa per almeno 9 ore al giorno tramite rotazione o incarichi all’interno di un unico studio di riferimento;

c. complesse in sede unica (CMMG) e che possano prevedere la partecipazione anche di pediatri e/o specialisti, medici di Continuità assistenziale (CA), nonché di operatori specifici dell’assistenza infermieristica e collaboratori di studio e di operatori dell’assistenza sociale delle Aziende sanitarie o degli Enti locali in vista della costituzione delle UTAP.

In tutte le forme erogative di assistenza dovrà comunque essere garantito il raccordo con il Numero unico regionale e un rapporto funzionale con le strutture operative e gli operatori del Distretto, in particolare con la rete dei medici di CA, anche prevedendo che forme altamente strutturate possano anche direttamente farsi carico del problema della Continuità assistenziale.

Per quanto riguarda i contenuti delle attività, queste andranno dall’Accettazione assistita, con l’obiettivo di razionalizzare l’accesso alle strutture di Pronto soccorso, attraverso la possibilità per l’assistito che si è rivolge al proprio medico di famiglia, di un accesso riservato parallelo a quello del normale Pronto soccorso, in grado di espletare una serie di accertamenti concordati preventivamente, senza dover pagare ticket e senza tempi di attesa; alla gestione dei percorsi relativi all’accesso ai servizi extraospedalieri e all’attivazione di progetti di presa in carico da parte dei MMG per le patologie croniche a più alta incidenza.

Viene a configurarsi in tal modo un nuovo modello di assistenza primaria, organizzato in reti di professionisti comprendenti oltre ai MMG e ai PLS, i medici specialisti, gli infermieri, gli assistenti sociali e altri operatori dei servizi territoriali. Al fine di garantire la piena ed efficace operatività di questi gruppi di professionisti, devono essere sviluppati sistemi di collegamento funzionale attraverso reti di comunicazione informatizzate che prevedano, oltre a collegamenti tra le singole unità del team, interfacce esterne con il CUP e con gli erogatori di prestazioni diagnostico-terapeutiche a livello ospedaliero.

Una tale organizzazione consentirebbe inoltre una semplificazione delle procedure relative alla prenotazione di visite e accertamenti diagnostici a vantaggio del cittadino e una riduzione del carico di lavoro del singolo professionista.

Diviene dunque irrinunciabile, a garanzia dei soggetti più fragili, la piena partecipazione del MMG alle Unità valutative per la caratterizzazione del bisogno e la pianificazione dell’assistenza nei diversi setting attivabili (ADI, Dimissione protetta, RSA ecc.).

Rilevante risulta essere anche il tema dell’educazione continua in medicina, che, sempre nell’ottica del lavoro di rete, richiede che il MMG lo affronti in condivisione con gli altri attori coinvolti nella gestione dei pazienti (infermieri, fisioterapisti, medici specialisti, farmacisti ecc.), unitamente a periodiche attività di audit clinico diretto a valutare la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate.

Per poter valutare compiutamente la validità dei modelli associativi esistenti o eventualmente attivabili, nell’arco del triennio di vigenza del presente Piano deve essere messo a punto un sistema informativo per l’assistenza primaria, al quale il MMG dovrà obbligatoriamente partecipare (debito informativo), contribuendo all’alimentazione di specifici indicatori di processo ed esito sui quali misurare il raggiungimento di obiettivi di salute concordati a livello regionale e locale, cui legare il riconoscimento della piena remunerazione prevista dall’AIR. In tal senso si deve prevedere la rivalutazione dell’attuale criterio di verifica dell’indennità informatica, basato sul solo requisito della stampa delle ricette, legandolo anche alla trasmissione dei dati utili alla costruzione dei sopraccitati indicatori.

Al fine di sostenere la reale crescita professionale del MMG e fornire strumenti coerenti con le linee di programmazione regionale, si evidenzia la necessità di operare la massima connessione fra le attività formative predisposte dal Centro di formazione regionale per la Medicina generale, anche attraverso la collaborazione delle Università, e gli obiettivi stabiliti dalla programmazione sanitaria, attraverso la promozione di interventi basati sulle prove di efficacia.

Le ASL, nell’organizzare i corsi di formazione approvati, faciliteranno la presenza dei MMG e degli specialisti del territorio. La Commissione formazione specifica collaborerà con l’Ufficio regionale per la formazione per gli atti inerenti alla gestione dei corsi di formazione specifica.

Per favorire la conoscenza dell’intera offerta assistenziale da parte dei MMG, la Regione si impegna a mettere a loro disposizione, anche on-line, gli elenchi aggiornati delle strutture e dei servizi che connotano la rete assistenziale sociale e sanitaria nel Lazio, nonché ad attivare a livello distrettuale specifiche funzioni (ad esempio, il Punto unico di accesso).

La Regione si impegna nel triennio di vigenza del Piano a valutare la fattibilità di sperimentazioni gestionali volte a consolidare l’integrazione del MMG nelle attività proprie del Distretto.

Per il pieno espletamento della funzione di tutela della salute dei propri assistiti, il MMG deve necessariamente associare, all’erogazione diretta di prestazioni sanitarie, la capacità di leggere i bisogni di salute delle persone che assiste, e di orientarne la relativa domanda di servizi/prestazioni secondo idonei criteri di appropriatezza. Ciò si traduce nella necessità di effettuare delle scelte in merito alla tipologia dei servizi da garantire e di individuare gruppi di popolazione su cui prioritariamente intervenire. Il lavoro del MMG deve quindi mirare anche a far sì che gli interventi dei sistemi sanitari siano rivolti soprattutto a popolazioni con patologie in atto o a rischio di contrarre una malattia.

Le metodologie scientifiche di selezione di popolazioni sono in gran parte oramai consolidate e includono attività ampiamente diffuse in sanità pubblica, quali gli screening e le campagne vaccinali; tuttavia le variabili di selezione considerate sono allo stato attuale molto limitate (età, sesso).

Al fine di agevolare il processo di riconoscimento di gruppi di popolazione bersaglio è stato istituito un gruppo di lavoro regionale con l’obiettivo di sviluppare uno strumento per l’individuazione di gruppi di popolazione a rischio da inserire in specifici percorsi di diagnosi precoce, cura e riabilitazione definiti e organizzati a livello di Azienda sanitaria locale. Il metodo assegna al singolo paziente un punteggio derivante dalla combinazione dei livelli di rischio negli ambiti familiare, genico e ambientale in senso lato e di altri elementi, in particolare la presenza di patologie rilevanti.

Per l’attuazione del progetto, al fine verificare e mettere a punto lo strumento prima di utilizzarlo in maniera sistematica, il gruppo di lavoro ha previsto una prima fase di confronto e condivisione con i MMG e una successiva fase di sperimentazione sulla popolazione di assistiti di un numero ristretto di MMG.

Nel documento Piano sanitario regionale 2010-2012 Indice (pagine 115-119)