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3.a Considerazioni generali

Il mutamento di prospettiva necessario a riequilibrare nel Lazio il sistema sanitario nelle sue componenti ospedaliera e territoriale implica uno spostamento consistente di competenze, professionalità, attività, servizi e risorse verso il territorio.

Tale cambiamento appare necessario, al fine di garantire: a) un sistema di promozione della salute, assistenza e cura prossimo al cittadino; b) una presa in carico globale dei problemi di salute del cittadino; c) una soluzione alla maggior parte dei problemi di salute e sociosanitari di base e intermedi, problemi che attualmente trovano risposte soprattutto in ambito ospedaliero, comportando pertanto un’eccessiva medicalizzazione e tecnicizzazione; d) l’assunzione di modelli organizzativi maggiormente omogenei, che partano dallo studio della consistenza e della tipologia demografica e dalla pianificazione delle distinte aree di attività.

Il D.Lgs 19 giugno 1999, n. 229, all’art. 3 quater afferma che “il distretto assicura i servizi di assistenza primaria relativi alle attività sanitarie e socio-sanitarie” e all’art. 3-quinquies che “le regioni disciplinano l'organizzazione del distretto in modo da garantire (...) l’assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l’approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva e i presidi specialistici ambulatoriali”. In sostanza si attribuisce al Distretto la titolarità e lo identifica quale luogo privilegiato per l’integrazione sociosanitaria, anche attraverso la partecipazione all‘elaborazione dei Piani di zona. Si assicura, inoltre, al Distretto l’autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all’interno del bilancio dell’Azienda sanitaria e si individua, inoltre, nel Piano delle attività territoriali, coerentemente inserito nel Piano delle attività locali di Azienda sanitaria, lo strumento di programmazione delle attività distrettuali basato sul principio dell’intersettorialità degli interventi. Il Distretto è, quindi, luogo sia di produzione diretta di servizi sia di committenza. Inoltre, la titolarità del rapporto con i Municipi è affidata al Distretto, anche attraverso l’esercizio delle funzioni di integrazione sociosanitaria mediante i sopra citati Piani di attività territoriali e i Piani di zona. La piena applicazione del D.Lgs costituisce quindi la base di partenza per riorientare e potenziare le attività territoriali, anche nella direzione di un rafforzamento della struttura organizzativa del Distretto e dell’attribuzione ad esso della responsabilità sugli esiti di salute, superando l’attuale organizzazione delle attività e dei servizi territoriali, tanto numerosi, quanto non collegati in un disegno organizzativo strategico.

Appare opportuno prevedere un programma regionale di formazione dei quadri apicali e un supporto alle Aziende sanitarie per la formazione dei quadri intermedi. Obiettivo delle Aziende sanitarie sarà la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi e di cura per la gestione delle cronicità. La presa in carico di soggetti affetti da patologie cronico-degenerative, spesso portatori di bisogni socio-assistenziali correlati alla non piena autosufficienza, deve avvenire all’interno di team multidisciplinari, il cui stile di lavoro sia caratterizzato dall’interdisciplinarietà, dall’integrazione e dall’operare non gerarchico dei singoli professionisti, in un piano di pari dignità. Tutti gli operatori della sanità devono convincersi fino in fondo che la vecchia impostazione dell’assistenza, basata sul “caso clinico” di pertinenza esclusiva di qualche specialista, è completamente superata dalla realtà dei bisogni sanitari attualmente espressi dai cittadini. I

problemi di salute della popolazione sono per la maggior parte complessi, di pertinenza di professionalità molto varie e necessitano non di singole prestazioni, ma di percorsi clinico-assistenziali ben coordinati. L’approccio meramente specialistico, la perdita della visione unitaria e la riduzione della complessità, tipica della parcellizzazione attuale dell’assistenza, conducono ad una disumanizzazione della relazione e riducono l’efficacia dei singoli interventi. Il presente Piano, in ogni sua parte, è diretto a indurre forme di assistenza che garantiscano integrazione dei servizi e continuità assistenziale.

Con l’intento di uniformare scelte strategiche e operative, percorsi e strumenti saranno avviati tavoli di confronto e coordinamento tra Aziende sanitarie su tematiche ritenute rilevanti.

Inoltre occorrerà considerare le specificità di alcuni territori, quali quelli montani. Si dovranno quindi costituire Distretti sociosanitari montani nei territori della RMG, di Rieti e di Viterbo, per i quali la Regione dovrà predisporre appositi regolamenti speciali.

Infine si definisce l’assoluta urgenza dello sviluppo del sistema informativo territoriale, che dovrà essere rivisto nella sua architettura generale e supportato da un adeguato investimento in tecnologia informatica, per consentire il monitoraggio, la valutazione e anche la valorizzazione delle attività.

Aspetti direzionali e di programmazione

− Strutturazione dell’Ufficio di coordinamento delle attività distrettuali, quale strumento di supporto alla direzione di Distretto, in particolare per la definizione del Piano delle attività territoriali, così come previsto dall’art. 3-sexies D.Lgs 229/99;

− analisi e valutazione demografica, sociale ed epidemiologica, quantificazione e mappatura dei bisogni e dei rischi e selezione della domanda anche attraverso l’utilizzo di strumenti di valutazione multidimensionale;

− programmazione delle attività sanitarie e sociosanitarie (composizione del Programma delle attività territoriali e partecipazione con gli Enti locali all’elaborazione del Piano di zona, in armonia con il Piano delle attività locali);

− gestione dei rapporti con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali, le farmacie esterne, ai fini della continuità assistenziale delle attività di prevenzione, deospedalizzazione, contrasto all’istituzionalizzazione, ricerca dell’appropriatezza;

− definizione delle responsabilità relative ai percorsi assistenziali, a impronta trasversale e organizzati a matrice, con sviluppo di relazioni tra i Dipartimenti e il Distretto, responsabilizzando quest’ultimo sull’utilizzo delle risorse.

Aspetti gestionali

− Sviluppo delle attività della Commissione distrettuale per l’appropriatezza, quale strumento per il governo clinico, che deve comunque essere effettuato anche a livello delle UTAP relativamente a tutte le attività dell’assistenza primaria;

− predisposizione, monitoraggio e analisi dell’andamento del budget di Distretto;

− coordinamento di tutte le attività dei servizi sanitari e sociosanitari operanti nel Distretto;

− collaborazione con la Direzione strategica aziendale per lo sviluppo di sistemi informativi integrati sanitari e sociosanitari e di un sistema di indicatori di controllo;

− disegno di un sistema di valutazione dei servizi distrettuali, distinto per struttura, processo e risultato nonché di indicatori per la raccolta di aspetti qualitativi sui cittadini e gli operatori.

Aspetti organizzativi e funzionali

− Progressiva organizzazione del Punto unico di accesso integrato sanitario e sociale, inteso quale funzione del Distretto in grado di fornire informazioni e orientamento al cittadino, risolvere problemi semplici e rinviare i casi a maggior complessità verso le sedi adeguate (funzione filtro – triage);

− attivazione di un’unità funzionale di pre-valutazione integrata, che potrebbe essere svolta anche a livello del Punto unico di accesso, una volta consolidatosi, con utilizzo di strumenti di valutazione multidimensionale ritenuti equivalenti dal progetto Mattoni relativo e come previsto dall’art. 9 del nuovo Patto per la Salute 2010-2012;

− sviluppo delle Unità di valutazione ove si realizzino, oltre alle funzioni valutative, anche quelle relative alla progettazione condivisa (Piano di assistenza individuale), con l’individuazione del referente del caso (case manager) qualora necessario e l’uso di strumenti di valutazione multidimensionale standardizzati;

− sviluppo e diffusione e attivazione sperimentale dell’infermieristica di comunità e della funzione di case management;

− qualificazione e potenziamento dell’assistenza domiciliare, connotata da una forte integrazione multidisciplinare;

− sviluppo di percorsi clinico-assistenziali e garanzia della loro continuità (con l’obiettivo finale di realizzarla 24 ore 7 giorni su 7 e intermedio 12 ore 6 giorni su 7), dell’integrazione delle funzioni territoriali con quelle ospedaliere e dei percorsi di dimissione protetta;

− -sviluppo e diffusione dei servizi farmaceutici distrettuali/territoriali che, oltre a garantire il monitoraggio e il controllo della spesa farmaceutica, la vigilanza sulle farmacie, la gestione dei farmaci, dei vaccini e dei dispositivi medici necessari ai servizi distrettuali, devono qualificare e potenziare l’assistenza farmaceutica territoriale rivolta a pazienti fragili affetti da patologie gestite nell’ambito dell’integrazione fra i diversi livelli di assistenza (ad esempio distribuzione diretta, nutrizione artificiale, fibrosi cistica, malattie rare, ossigenoterapia e assistenza protesica e integrativa), ciò nell’ottica anche delle previsioni di cui al D.Lgs. n. 153 che ne definisce i nuovi servizi assicurati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto di quanto previsto dai Piani socio-sanitari regionali e previa adesione del titolare della farmacia. Tali servizi in particolare concernono:

a) la partecipazione delle farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, a favore dei pazienti che risiedono o hanno il proprio domicilio nel territorio di competenza, attraverso:

1) la dispensazione e la consegna domiciliare di farmaci e dispositivi medici necessari;

2) la preparazione, nonche' la dispensazione al domicilio delle miscele per la nutrizione artificiale e dei medicinali antidolorifici, nel rispetto delle relative norme di buona preparazione e di buona pratica di distribuzione dei medicinali e nel rispetto delle prescrizioni e delle limitazioni stabilite dalla vigente normativa;

3) la dispensazione per conto delle strutture sanitarie dei farmaci a distribuzione diretta;

b) la collaborazione delle farmacie alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio, a favorire l'aderenza dei malati alle terapie mediche, anche attraverso la partecipazione a specifici programmi di farmacovigilanza;

c) la erogazione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano;

d) la effettuazione di attività attraverso le quali nelle farmacie gli assistiti possano prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, e provvedere al pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino, nonche' ritirare i referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate; tali modalità sono fissate, nel rispetto delle previsioni contenute nel decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 196, recante il codice in materia protezione dei dati personali, e in base a modalità, regole tecniche e misure di sicurezza, con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Garante per la protezione dei dati personali;

− elaborazione di un modello di assistenza sanitaria e sociale ai soggetti affetti da malattie croniche (chronic care model);

− sperimentazione di forme di partecipazione e attivazione dei singoli cittadini e della comunità locale;

− impegno per lo sviluppo a livello distrettuale di attività di promozione della salute e di prevenzione;

− avvio di percorsi formativi per gli operatori distrettuali orientati agli obiettivi di Piano.

Sarà necessario, al fine di garantire la piena riuscita delle innovazioni organizzative e di processo sopra delineate, inserire degli indicatori ad esse correlati nella valutazione annuale dei Direttori generali.