Fra quanto rappresentato nella Parte I al cap. 3.d. sulle strategie per la prevenzione, si ribadisce qui l’importanza di politiche intersettoriali per lo sviluppo e l’attuazione di strategie preventive. Uno strumento per realizzare gli interventi che necessitano di diversi settori pubblici e privati è la costituzione di un tavolo coordinato dalla Direzione regionale Programmazione sanitaria, politiche della prevenzione e sicurezza sul lavoro cui partecipano, per le materie di rispettiva competenza qui di interesse, rappresentanti delle Direzioni regionali in tema di governo economico-finanziario del SSR, ambiente, politiche della casa e del territorio, infrastrutture e trasporti, istruzione e formazione professionale, università e ricerca, attività produttive, bilancio e programmazione economica, servizi sociali e tempo libero.
Il sistema sanitario ha il compito importante dell’advocacy su questi temi, ovvero esso deve esercitare un ruolo continuo di denuncia, controllo, pressione per la tutela della salute in tutti i contesti, anche quelli non sanitari. Il compito consiste, dunque, nel mettere con chiarezza sul tavolo delle decisioni le valutazioni che riguardano la salute.
Vengono rappresentate in questo capitolo le priorità per la prevenzione nella regione per il triennio.
Fra i determinanti sociali e ambientali, a parte le problematiche sulle disuguaglianze per le quali si veda l’apposita trattazione nella Parte I, si sono individuati fumo, alcol, sostanze stupefacenti, inquinamento urbano, ondate di calore, trattamento e smaltimento dei rifiuti, e l’inquinamento della Valle del Sacco, oltre a incidenti stradali, domestici e lavorativi, contenuti nei piani di prevenzione attiva. Questi ultimi ricomprendono in parte la lotta ad alcuni di questi fattori di rischio e riguardano le malattie cardiovascolari, l’obesità, il diabete, gli screening dei tumori e le vaccinazioni. Questi ultimi due argomenti hanno comunque una trattazione specifica nei successivi capitoli 2.b e 2.c. Le strategie per la lotta all’alimentazione errata, all’attività fisica inadeguata, al fumo e all’abuso di alcol vengono definite nel programma ministeriale “Guadagnare salute”.
FUMO
Quadro di riferimento
I dati più recenti indicano che la prevalenza di fumatori attivi in Italia è ancora molto elevata, nonostante la costante diminuzione della prevalenza dell’abitudine al fumo osservata negli ultimi 30 anni. Nel Lazio la percentuale di fumatori è pari al 25,2% della popolazione residente di età superiore ai 14 anni, superiore rispetto alla popolazione italiana della stessa fascia di età. L’età media di inizio dell’abitudine al fumo è di circa 18 anni. Le persone più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico hanno un rischio elevato di iniziare a fumare durante l’adolescenza e di diventare tabaccodipendenti; presentano, inoltre, tassi più bassi di cessazione del fumo.
Problemi
Il fumo attivo è la principale singola causa prevenibile di morbosità e mortalità nel Lazio, come in Italia e come in tutto il mondo occidentale. Il fumo di tabacco è il principale fattore eziologico nella patogenesi di almeno otto neoplasie (in primo luogo il cancro del polmone) e di diverse altre malattie non neoplastiche (broncopneumopatia cronica ostruttiva e malattie cardiovascolari).
Il fumo è dannoso ad ogni età; tuttavia prima un ragazzo/a comincia a fumare, più è probabile che continui a fumare in età adulta e che muoia prematuramente. Nel Lazio, le morti premature dovute al fumo sono più di 10.000 all’anno (di cui 2.700 decessi per tumore polmonare, 1.200 decessi per bronchite cronica e 3.000 decessi per malattia ischemica). Il carico di ricoveri ospedalieri dovuti a patologie attribuibili al fumo è pari a circa 58.000 ricoveri all’anno.
L’esposizione a fumo passivo è corresponsabile di una quota considerevole della patologia respiratoria dell’infanzia ed è causa di un aumento del rischio di tumore polmonare e di infarto del miocardio tra gli adulti. L’esposizione a fumo passivo delle donne in gravidanza causa basso peso alla nascita e può indurre la morte improvvisa nel neonato.
Risposte
Il contrasto a questo fattore di rischio è complesso e deve prevedere strategie combinate. Anche interventi normativi possono avere un peso. Uno studio condotto in quattro regioni italiane ha evidenziato una riduzione del numero di ricoveri per infarto del miocardio nel periodo successivo all’entrata in vigore della L. 16 gennaio 2003, n. 3, relativa al fumo nei locali pubblici. Inoltre l’indagine multiscopo dell’ISTAT ha rilevato come, dopo l’entrata in vigore della legge, a fronte di un calo non significativo dei fumatori tra gli uomini, la percentuale delle donne fumatrici sia scesa dell’1,6% e sia aumentata la proporzione delle persone che ha tentato di smettere di fumare. Un recente studio condotto nella città di Roma ha evidenziato un guadagno considerevole in salute, grazie ad una rilevante diminuzione degli eventi coronarici acuti dopo l’entrata in vigore della legge di divieto nei locali pubblici.
La cessazione dell’abitudine al fumo rappresenta la strategia più efficace per ridurre la mortalità associata al fumo a medio termine. La letteratura scientifica segnala evidenza di efficacia di diversi interventi farmacologici: terapia sostitutiva con nicotina, terapia con antidepressivi (bupropione, nortriptilina, vareniclina); e di tipo non farmacologico:
counselling individuale, terapia di gruppo. Esistono evidenze anche sul fatto che i programmi integrati (farmaco e terapia di gruppo o counselling) sono quelli che ottengono tassi di successo più elevati. È stato recentemente stimato che negli Stati Uniti il 40% del decremento del tasso di mortalità per tumore polmonare negli ultimi 50 anni sia attribuibile alla riduzione dell’abitudine al fumo.
Gli interventi di prevenzione che vanno organizzati dai servizi preposti devono riguardare:
− prevenzione dell’abitudine al fumo di sigaretta tramite interventi di educazione alla salute indirizzati alla popolazione adolescente (scuola media inferiore e primi anni della scuola media superiore);
− disassuefazione dal fumo di sigaretta attraverso:
• il rinforzo dell’azione dei medici di medicina generale;
• potenziamento dei programmi di cessazione dell’abitudine al fumo (promozione degli interventi di cessazione dell’abitudine al fumo negli ospedali, nelle scuole e nei luoghi di lavoro; inclusione degli interventi di cessazione come prestazione nei LEA);
− attuazione di un maggior controllo in tutti i luoghi pubblici, e in particolare nei luoghi di lavoro, per la verifica della completa applicazione delle norme nazionali e regionali contro il fumo e per la protezione dal fumo passivo;
− promozione nei luoghi di lavoro dell’informazione sulle terapie efficaci per la cessazione dell’abitudine al fumo e l’attività dei centri antifumo.
ALCOL
Quadro di riferimento
Secondo i dati forniti dall’ISTAT, la diffusione del consumo di alcol nell’anno mostra, tra il 1998 e il 2005, un trend sostanzialmente stabile (circa il 70% tra le persone di almeno 14 anni riferisce il consumo di alcol nel corso dell’anno), e incrementi significativi tra i giovani, in particolare tra le donne. Il 31% delle persone di 11 anni e più consuma alcol tutti i giorni con elevate differenze di genere: il 45,2% degli uomini contro il 17,8% delle donne; il consumo giornaliero è inoltre più diffuso tra persone con la licenza elementare (33,7%). Il consumo di alcol fuori pasto, episodi di ubriacatura e consumo di alcol in età precoce rappresentano comportamenti a rischio per la salute e tali comportamenti presentano un trend in aumento. Il 31% dei ragazzi di età compresa tra i 15 e i 19 anni riferisce di aver abusato di alcol nei precedenti 30 giorni. Il fenomeno della diffusione dell’abuso giovanile è ben rappresentato anche dalla percentuale di giovani alcoldipendenti in carico presso i servizi sociosanitari per l’alcoldipendenza, che continua ad aumentare nel tempo rispetto al totale dell’utenza (gli utenti di età 20-29 anni passano dal 10,7% del 1998 al 14% del 2004). Nel Lazio il 28,4% della popolazione di 11 anni e più consuma alcol quotidianamente (in Italia il 31%).
Problemi
L’abuso di alcol è correlato a diverse patologie: cirrosi epatica e altri danni epatici, neoplasie delle alte vie respiratorie e digerenti, ipertensione arteriosa, sindrome di dipendenza dell’alcol e traumatismi involontari (stradali, sul lavoro e domestici). In Italia il tasso di ospedalizzazione per diagnosi attribuibili all’alcol è pari a 167,9/100.000 residenti.
Attualmente il numero annuale dei decessi per cause alcolcorrelate è stimato in un intervallo compreso tra 17.000 e 42.000. Le diverse stime si basano su indicatori di danno sia diretto, correlato ad abuso cronico (psicosi alcolica, cirrosi epatica, alcuni tumori ecc.), sia indiretto e correlato anche a consumi relativamente limitati (incidenti stradali, sul lavoro, domestici ecc.). Il tasso di mortalità per abuso cronico è stato calcolato in Italia pari a 13,64 per 100.000 abitanti nel 2001, evidenziando una tendenza alla diminuzione ormai in atto da molti anni. Tra gli indicatori di danno indiretto va segnalata la mortalità per incidente stradale, che in Italia è stata stimata come correlata all’uso di alcol alla guida per una quota compresa tra il 30% e il 50% del totale della mortalità per questa causa.
Nel Lazio i tassi di ospedalizzazione per diagnosi attribuibili all’alcol sono pari a 143/100.000 residenti e appaiono in lieve aumento.
Risposte
Esistono prove di efficacia, seppure limitate, relativamente all’uso di alcuni farmaci e del counselling. Nonostante la larga diffusione dei programmi “Alcolisti anonimi” e dei “12 passi”, nessuno studio sperimentale dimostra inequivocabilmente la loro efficacia nel ridurre la dipendenza da alcol e i problemi ad essa correlati.
Per far fronte ai problemi derivanti da questo fenomeno occorre:
− promuovere interventi di educazione alla salute indirizzati alla popolazione adolescente (scuola media inferiore e primi anni della scuola media superiore), utilizzando programmi di provata efficacia;
− promuovere l’offerta di interventi di provata efficacia per il trattamento dell’abuso/dipendenza da alcol.
SOSTANZE STUPEFACENTI
Quadro di riferimento
Un’indagine svolta nel 2005 ha stimato che in Italia i consumatori problematici di sostanze stupefacenti erano circa 10 persone ogni 1.000 residenti tra i 15 e i 54 anni di età (circa 300.000 persone) e avevano caratteristiche di uso di droghe da rendere opportuno un trattamento terapeutico specialistico. Più della metà di questi soggetti sono stati in carico presso i SerT per un trattamento nel corso del 2005.
Da uno studio campionario condotto annualmente sugli studenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni, nel 2005 risulta che il 24% dei ragazzi ha fatto uso di cannabis negli ultimi 12 mesi e il 15% negli ultimi 30 giorni; il 3,5% riferisce l’uso di cocaina negli ultimi 30 giorni e lo 0,24% il consumo giornaliero. Per quanto riguarda l’eroina il 2,5% ha provato la sostanza almeno una volta nella vita, l’1,6% ne ha fatto uso negli ultimi 12 mesi e lo 0,8% nell’ultimo mese. L’uso giornaliero della sostanza è riferito invece dallo 0,15% dei ragazzi.
Nel Lazio è stato stimato nel 2002 un numero di consumatori problematici di sostanze (15-54 anni) compreso tra 30.000 e 43.500 (da 10/1.000 a 14,5/1.000 abitanti). Nel 2005 le persone che si sono rivolte ai servizi di assistenza sono state 14.581, di cui il 75,1% per problemi legati all’uso problematico di eroina, il 14,1% di cocaina e il 6,9% di cannabinoidi.
Tra i nuovi utenti la percentuale di eroinomani scende al 48,6%, mentre è pari al 27,4% la percentuale di nuovi utenti in carico ai servizi per dipendenza da cocaina e al 16,7% quella trattata dai servizi per problemi connessi all’uso di cannabis.
Problemi
I tossicodipendenti da eroina presentano un notevole eccesso di mortalità, per tutte le cause e molte cause specifiche di morte, rispetto alla popolazione generale dello stesso sesso ed età (da 10 a 30 volte); molti studi hanno evidenziato il maggiore impatto in termini di mortalità dell’uso di eroina sulle donne. Le principali cause di morte sono overdose, AIDS, cause violente, cirrosi, malattie dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio. Fino alla fine degli anni ’90 i tassi di mortalità per tutte le cause variavano tra 20/1.000 e 30/1.000, negli anni più recenti si è assistito ad una diminuzione della mortalità soprattutto per AIDS e per overdose, ma l’eccesso di mortalità è comunque ancora molto elevato. In particolare è documentato da dati nazionali e internazionali un importante eccesso di mortalità per overdose all’uscita dai trattamenti e dal carcere.
Il consumo di cocaina è associato a cardiovasculopatie acute e croniche, inclusi infarto del miocardio, ischemia miocardica, aritmia, ipertensione maligna, endocardite.
Risposte
Per quanto riguarda le evidenze scientifiche sui metodi per la disassuefazione da eroina, il trattamento di mantenimento con metadone è il più efficace nel ritenere le persone in trattamento e nel ridurre l’uso di eroina; l’efficacia del metadone è dose-dipendente: dosaggi alti sono associati con una migliore ritenzione in trattamento e con un minor uso di eroina.
L’associazione di un qualsiasi trattamento psicosociale al mantenimento aumenta l’efficacia del trattamento farmacologico. Vi è una carenza di studi sull’efficacia dei trattamenti in comunità terapeutica, pertanto mancano ancora evidenze scientifiche tali per poter trarre conclusioni. I trattamenti di disintossicazione, sebbene efficaci per la gestione
della sindrome astinenziale, presentano alti tassi di ricaduta (range 72%-96%) e possono aumentare il rischio di morte per overdose.
Per il trattamento della dipendenza da cocaina non esistono prove di efficacia per nessuno dei farmaci studiati (agonisti della dopamina, antidepressivi, carbamazepina, antipsicotici). Tutti gli interventi psicosociali studiati si dimostrano efficaci nel ridurne l’uso.
I trattamenti previsti per l’abuso/dipendenza di cannabinoidi sono principalmente interventi psicoterapeutici, non vi sono evidenze che orientino la scelta tra le differenti modalità terapeutiche. In ogni caso, i bassi tassi relativi all’astinenza evidenziano che la dipendenza da cannabinoidi non è facilmente trattabile con interventi psicoterapeutici in setting ambulatoriali.
Per quanto riguarda gli interventi terapeutici occorre dunque che i servizi del SSR garantiscano l’offerta dei trattamenti di provata efficacia. In modo particolare per la dipendenza da oppiacei, poiché numerose e consolidate sono le evidenze disponibili, è necessario che le pratiche terapeutiche si orientino verso interventi evidence based.
Per quello che riguarda la prevenzione, gli interventi riguardano soprattutto le fasce di età giovanili. Gli interventi di prevenzione nella scuola non sempre hanno dato i risultati sperati, in particolare in questo ambito è opportuno conformarsi alle raccomandazioni contenute nel paragrafo sugli interventi di prevenzione nella scuola di questo capitolo.
È fortemente raccomandabile l’uso di modelli mirati allo sviluppo di capacità interpersonali e individuali, mentre gli interventi basati sulla semplice informazione dei rischi non sembrano avere effetti positivi.
FATTORI DI RISCHIO AMBIENTALE
Quadro di riferimento
Numerosi sono gli agenti, le sostanze e i fattori di natura chimica, fisica o biologica responsabili della contaminazione dell’ambiente per i quali studi epidemiologici e/o tossicologici sono stati in grado di stabilire un nesso di causa-effetto con danni sulla salute. Nella regione Lazio i fattori di rischio ambientale che hanno un’elevata diffusione e rappresentano un rilevante problema di salute pubblica sono principalmente: l’inquinamento atmosferico e le ondate di calore a Roma e nelle principali aree urbane, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, l’inquinamento atmosferico legato agli insediamenti industriali, i prodotti chimici fertilizzanti e antiparassitari utilizzati in agricoltura, la radioattività di origine naturale nelle province di Roma e Viterbo, l’inquinamento delle acque, l’esposizione ad amianto in ambito lavorativo ed extralavorativo, l’esposizione a campi elettromagnetici e la contaminazione ambientale della Valle del Sacco. Molti di questi determinanti di rischio ambientale sono affrontati nel Programma di epidemiologia ambientale della Regione Lazio, D.G.R. n. 93 del 20 febbraio 2007.
Il presente Piano intende porre l’accento su quattro aspetti, che per la loro diffusione e per le difficoltà delle soluzioni meritano attenzione specifica: l’inquinamento atmosferico, le ondate di calore, lo smaltimento dei rifiuti e la contaminazione della Valle del Sacco.
L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO URBANO
Problemi
L'inquinamento atmosferico urbano rappresenta uno dei problemi più rilevanti sia dal punto di vista ambientale che sanitario. A Roma la fonte antropica principale è costituita dal traffico veicolare che produce una miscelacomplessa di
sostanze tossiche, SO2, NOx, CO, O3, polveri, sostanze organiche volatili, idrocarburi policiclici aromatici, metalli. Tra questi un ruolo sempre più rilevante viene attribuito alle polveri sospese (PM10), specie alla frazione fine (PM2,5) e ultrafine (al di sotto di 1 micron), capaci di penetrare nel polmone profondo, provocare processi infiammatori e liberare mediatori chimici che causano alterazioni cardiache e circolatorie. Particolare rilevanza sanitaria hanno gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e i metalli (Piombo, Cadmio, Nichel, Arsenico, Vanadio, Cromo), in considerazione della loro tossicità e, per alcuni di essi, dell’accertata o probabile cancerogenicità. Gli effetti dell’inquinamento atmosferico di breve termine tra i residenti a Roma sono ben documentati: una metanalisi italiana condotta in 15 città (tra cui Roma) ha evidenziato un aumento della mortalità giornaliera per tutte le cause e della mortalità e dei ricoveri per malattie cardiache e respiratorie associati a incrementi della concentrazione di NO2, PM10 e CO. Inoltre la concentrazione di PM10, CO e polveri ultrafini è risultata associata in modo significativo con la morte cardiaca extraospedaliera, soprattutto negli anziani.
Gli effetti di tipo cronico causati da un’esposizione di lungo periodo sono alcuni sintomi respiratori cronici, la diminuzione della capacità polmonare, la bronchite cronica, il tumore polmonare, nonché un aumentato rischio di morte per cause cardiovascolari, respiratorie e per cancro polmonare. Uno studio condotto a Roma ha evidenziato un aumento della mortalità cardiovascolare nelle zone più inquinate.
Nel corso degli anni ’90 la riduzione delle emissioni inquinanti associate all’introduzione di nuove tecnologie motoristiche e alla qualità dei carburanti ha determinato a Roma una progressiva riduzione dei principali inquinanti atmosferici (SO2, NO2, Pb, CO, COV, incluso il benzene). Rimane rilevante la concentrazione di PM10 per il quale si osservano superamenti dei valori limite.
Risposte
Il SSR ha il compito di documentare l’impatto sulla salute delle strategie adottate per la riduzione dell’inquinamento, predisponendo sistemi di valutazione sul lungo periodo dell’efficacia degli interventi realizzati.
Gli interventi strategici, nell’ambito delle normative nazionali e comunitarie, devono mirare all’adozione di politiche per il contenimento delle emissioni con misure che favoriscano il potenziamento del trasporto pubblico, in particolare quello a energia pulita, scoraggiando la diffusione dell’uso privato dell’automobile, e favorendo il trasporto merci per ferrovia e per nave. Ciò può avvenire solo con il coinvolgimento di autorità locali, industria, associazioni di consumatori, organismi di controllo, mezzi di informazione e cittadini, esattamente nella logica di intervento intersettoriale che il presente Piano individua come una delle strategie fondamentali per il miglioramento della salute dei cittadini. È chiaro che, in considerazione dei lunghi tempi di latenza tra esposizione e insorgenza di patologie, quali ad esempio quelle tumorali, se non si adotteranno rapidamente politiche di controllo ci sarà un impatto sulla salute nei prossimi decenni con un conseguente aggravio dei costi sanitari ed economici per gli individui e la società nel suo complesso.
LE ONDATE DI CALORE
Problemi
Tra i fattori di rischio ambientali emergenti, l’Organizzazione mondiale della sanità ha recentemente evidenziato che gli effetti delle variazioni del clima sulla salute, in particolare quelli legati all’aumento progressivo della temperatura del
pianeta, sono uno tra i problemi più rilevanti di Sanità pubblica. L’aumento del livello di gas serra nell’atmosfera è una delle possibili spiegazioni dell’innalzamento della temperatura media terrestre registrato nel corso dell’ultimo secolo; di fatto, lo scenario climatico mondiale sta cambiando e, secondo alcune stime, nei climi temperati un aumento di soli 2-3
°C nelle temperature medie estive raddoppierà l’incidenza di periodi caratterizzati da temperature estreme elevate, denominate ondate di calore, determinando effetti sia a breve che a lungo termine. Gli studi hanno evidenziato che le alte temperature estive hanno un impatto significativo sulla salute della popolazione residente nelle aree urbane, in particolare sono stati evidenziati effetti a breve termine sulla mortalità della popolazione anziana. Gli studi effettuati tra i residenti a Roma hanno evidenziato che in questa popolazione l’aumento dei decessi si verifica principalmente per cause respiratorie e cardiovascolari, ma anche per cause che non hanno una diretta relazione con la temperatura, in persone debilitate, vulnerabili, le cui condizioni di salute subiscono un rapido peggioramento a causa di improvvisi aumenti di temperatura. Durante le ondate di calore l’incremento della mortalità a Roma va dal 27% al 45% tra la popolazione con oltre 65 anni, a seconda della durata e dell’intensità delle ondate. Le condizioni che aumentano la suscettibilità agli effetti della temperatura sono l’età avanzata, la presenza di alcune malattie croniche, vivere in condizioni di isolamento sociale, essere residenti in aree di basso livello socioeconomico.
Risposte
Seppure i dati di letteratura non forniscano evidenze di efficacia degli interventi di prevenzione, è stato osservato come l’effetto delle ondate di calore sulla popolazione mostri variazioni temporali. Tali variazioni sono attribuibili non solo al variare dei livelli di esposizione ma anche a processi di adattamento della popolazione, all’attivazione di interventi di prevenzione, alla diffusione dell’uso di aria condizionata e di cambiamenti delle caratteristiche socio-demografiche che influenzano la suscettibilità della popolazione.
La definizione di interventi efficaci per la prevenzione degli effetti sulla salute legati alle variazioni climatiche rappresenta oggi una priorità in ambito sociale e di sanità pubblica. Le ondate di calore e le loro conseguenze sulla salute possono
La definizione di interventi efficaci per la prevenzione degli effetti sulla salute legati alle variazioni climatiche rappresenta oggi una priorità in ambito sociale e di sanità pubblica. Le ondate di calore e le loro conseguenze sulla salute possono