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Carattere internazionale della procedura e nozione di controversia transfrontaliera

IL COMI NEL CONTESTO DELL’ORDINAMENTO COMUNITARIO

4. Carattere internazionale della procedura e nozione di controversia transfrontaliera

L’insolvenza transfrontaliera è stata genericamente definita come la situazione in cui l’impresa in crisi presenta, a qualsiasi titolo, collegamenti con un ordinamento diverso da quello del foro 57.

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High Court of Justice, 2 Dicembre 2003 (unreported), Dobb White & Co., di cui è disponibile un riassunto in http://www.cimejes.com/word_doc/database_case_law_EIR.pdf, ultimo accesso febbraio 2010. Su tale sentenza si veda anche MOSS G., TOUBE F., The EU Regulation in practice: three recent

cases, in Insolvency Intelligence, 2004, pp. 29 ss.

55

Court of Appeal, 27 luglio 2005, Shierson- Vlieland-Boddy, paragrafo 65, in http://www.bailii.org/.

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High Court of Justice, Commercial Court, 2 ottobre 2008, Josef Syska acting as the Administrator of Elektrim SA c/ Vivendi Universal SA, in http://www.bailii.org/, si vedano in particolare i punti 17 e 25 ss. della sentenza.

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Il debitore può essere titolare di debiti o di crediti, oppure possedere beni o stabilimenti, in Stati diversi; la presenza all’estero di rapporti attivi o passivi può essere data dalla collocazione fisica o da quella legale di un bene; rileva anche la legge straniera eventualmente applicabile a un rapporto in capo al debitore. La collocazione di un bene nello spazio è disciplinata dal Regolamento, all’art. 2 lett (g). In particolare: per i beni materiali si fa riferimento al Paese nel cui territorio i beni si trovano; per i beni e i diritti che necessitano dell’iscrizione in un Pubblico Registro, ci si riferisce al Paese in cui è tenuto il pubblico registro; per i crediti si tiene conto del Paese in cui si trova il centro degli interessi principali del terzo debitore, che viene stabilito con gli stessi parametri del COMI del debitore, stante il rinvio che fa la lett. (g)

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La disciplina in esame sembrerebbe finalizzata a introdurre una disciplina comunitaria dei fallimenti caratterizzati da elementi di estraneità 58.

Tale ratio è espressa nel secondo considerando: “l’efficienza e l’efficacia delle procedure di insolvenza transfrontaliera costituiscono la condizione per il buon funzionamento del mercato interno”. L’ottavo considerando parla di procedure di

insolvenza che presentano implicazioni transfrontaliere, il terzo di “attività delle imprese

che presentano implicazioni transfrontaliere”.

Al di là di tali generiche indicazioni non si rinviene nel testo alcuna nozione di insolvenza transfrontaliera 59. L’unico elemento certo che si può trarre dal testo è che una semplice rete di rapporti contrattuali o la presenza di beni in un dato paese non costituiscono elementi idonei a fondare alcun tipo di giurisdizione 60.

I quesiti in argomento sono sostanzialmente due. In primo luogo ci si chiede se il Regolamento si applichi ai soli casi che presentano elementi di estraneità, in secondo luogo quale elemento di estraneità sia da considerare rilevante ai fini di tale applicazione.

Secondo la posizione dominante l’internazionalità della procedura è requisito di applicabilità della disciplina in esame, che non detterebbe pertanto norme per le situazioni puramente interne. Del resto la base giuridica del Regolamento è data dall’art. 65 TCE che autorizza l’adozione di misure in “materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere” 61. É stato osservato che tale condizione, in quanto assai

all’art. 3 par. 1. Cfr., KAYSER N., A study of the European Convention on Insolvency Proceedings, in

Annales du Droit Luxembourgeois, 1997, p. 241; MENJUCQ M., op.cit., p. 35.

58

Si veda in argomento PAGANO E., La materia civile con implicazioni transfrontaliere e le competenze

comunitarie di diritto internazionale privato, in Diritto dell’Unione europea, 2008, pp. 127 ss.

59

RICCI E. F.,Il riconoscimento delle procedure d’insolvenza secondo il regolamento CE n. 1346/2000, in Rivista di diritto processuale, 2004, p. 391. Ciò a differenza di altri strumenti di diritto comunitario, ad esempio il Reg. CE n. 1896/2006 che istituisce un procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, si veda in particolare l’art. 3.

60

In tal senso si è espressa la Cassazione italiana, ordinanza 28 gennaio 2005, n. 1734, S. Maura S A c. Soc. Immobiltrading, in Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale, 2005, p. 450, che ha correttamente dichiarato che “Il fatto che una società avente sede statutaria in un altro Stato membro possieda in Italia un immobile, unico bene in concreto idoneo a soddisfare le pretese dei creditori, non è elemento atto a fondare, ai sensi dell’art. 3 par. 1 del Reg. CE n. 1346/2000, la giurisdizione italiana ai fini di aprire una procedura principale d’insolvenza nei confronti di tale società.”

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Nel senso di una dimensione comunitaria e non meramente interna della cooperazione nell’ambito di libertà, sicurezza e giustizia, si veda POCAR F., La comunitarizzazione del diritto internazionale privato: una

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generica, non sembra idonea a limitare in modo significativo la possibilità di legiferare della Comunità 62. D’altro canto, adottare atti in materia di conflitti di leggi e di giurisdizioni presuppone ontologicamente la rilevanza transfrontaliera della misura. Giova ricordare che nel progetto di convenzione CEE (testo del 1980) l’articolato era stato concepito per applicarsi a tutte le procedure concorsuali interessate, indipendentemente dalla presenza di implicazioni internazionali; ciò proprio sul presupposto che, al momento in cui è dichiarato il fallimento, è difficile prevedere se esso avrà implicazioni internazionali 63.

p. 875; Sul Titolo IV del Trattato, si veda per tutti: BARIATTI S., La cooperazione giudiziaria in materia civile

dal Terzo Pilastro dell’Unione Europea al Tit. IV del Trattato CE, in Diritto dell’Unione Europea, 2001, pp. 261 ss.; SALERNO F.,La cooperazione giudiziaria in materia civile, in STROZZI G.(ed.), Diritto dell’Unione Europea – Parte speciale, Torino, 2005, pp. 463 ss. Su questi temi si rinvia al Capitolo II.

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DE CESARI P., Diritto internazionale privato e processuale comunitario, op.cit., p. 10. In senso contrario

BORRAS A., Le droit international privé communautaire: réalité, problemes, et perspectives d’avenir, in

Recueil des cours de l’Académie de droit international, tomo 317, 2006, p. 433. Tale autrice ricorda come la Commissione Europea, in occasione delle iniziative in materia di ingiunzione di pagamento ha affermato che l’espressione ex art. 65 può essere interpretata con una certa souplesse, in particolare a causa della difficoltà nel distinguere tra affari interni e affari transfrontalieri. Si veda a tal proposito la Doc. COM (2005)87 Final del 15 marzo 2005. È interessante la ricostruzione proposta dalla Commissione Europea: “Circa il requisito dell’implicazione “transfrontaliere”, la maggior parte delle versioni linguistiche del Trattato adoperano il termine “materia”, e non “misura”. È pertanto necessario e sufficiente che la “materia” abbia implicazioni transfrontaliere. Tale interpretazione è confermata dalla lettera c) dell’articolo 65 che prevede che le misure nel campo della cooperazione giudiziaria in materia civile includano l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili e dall’articolo III-269 del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. Il diritto processuale è per sua natura una materia che può avere implicazioni transfrontaliere. (...) Le controversie di modesta entità costituiscono una materia che possiede implicazioni transfrontaliere dal momento che – tenendo presente lo sviluppo del mercato interno – la maggior parte degli operatori economici e dei consumatori sarà coinvolta prima o poi in questo tipo di controversie all’estero (...). Tale interpretazione è anche confermata dai negoziati che hanno portato all’adozione dell’articolo 65 dal momento che il requisito del mercato interno è stato introdotto nell’ultima fase dei negoziati al fine di limitare l’ambito della disposizione. Un’interpretazione più restrittiva dell’articolo 65 non può essere stata voluta da chi lo ha redatto, dal momento che ciò determinerebbe nuovi ostacoli all’accesso alla giustizia nello spazio giudiziario europeo.” Tuttavia gli Stati si sono opposti a tale interpretazione e il testo definitivo non si applica alle situazioni puramente interne. Il Trattato di Lisbona, art. 81, Tit. V, Capo 3 (che riproduce l’art. III-269 del Trattato costituzionale), conserva il riferimento al fatto che la cooperazione giudiziaria si sviluppa nelle questioni civili con implicazioni transnazionali. Tale riferimento ha pertanto “resistito” alle diverse stesure. Sul punto si veda CAFARI PANICO R., op.cit., e

bibliografia ivi citata.

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Il carattere transfrontaliero di una procedura di insolvenza, infatti, non solo non è un elemento necessariamente accertabile ab initio, ma anzi qualsiasi procedura fallimentare ha potenzialmente tale carattere, stante l’“ambulatorietà” tipica delle relazioni economiche nonché la modificabilità intrinseca nel criterio del COMI. Esso è infatti un criterio squisitamente fattuale e come tale interessato dalle vicende più varie 64

.

È necessario pertanto adottare una prospettiva dinamica, visto che tale valutazione non è operabile in astratto e una volta per tutte.

Tuttavia la Corte – in una sentenza tra l’altro assai discussa proprio perché notevolmente ampliativa della sfera di applicazione del diritto comunitario – ha affermato incidentalmente, a proposito della Convenzione di Bruxelles del 1968, che “come emerge dalla relazione sulla Convenzione medesima (…) essa presuppone l’esistenza di un elemento di estraneità” 65.

Sembrerebbe che tale principio sia valido anche per il nostro tema.

L’interpretazione più corretta sembrerebbe quindi essere quella secondo cui il Regolamento si applica in presenza di elementi di estraneità 66, coerentemente con la natura delle norme del Regolamento, che sono in massima parte norme internazionalprivatistiche, e conformemente al principio di sussidiarietà (cfr. considerando n. 5) 67.

Si esprime tra l’altro in questo senso, incidentalmente, un’ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione 68 secondo cui “il Regolamento è relativo alle procedure di

64

Cfr. FERRI,Creditori e curatore della procedura principale nel Regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza transnazionali, in Rivista di Diritto Processuale, 2004, pp. 708 ss.; RICCI E. F.,op.cit., p. 394;

VELLANI C.,op. cit., p. 187.

65

Sentenza 17 marzo 2005, Andrew Owusu, C-281/02, in Racc. p. I-1383, punto 25.

66

In senso contrario, autorevolmente, VIRGOS M., GARCIMARTÍN F., op.cit., p. 22. Secondo tali autori l’unico

elemento rilevante è dato dalla presenza del COMI in uno Stato membro, mentre “The Insolvency Regulation does not require in addition to this a connection with another Member State”. Nello stesso senso CAPONI R.,Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, in Il foro italiano, 2002, p. 222, nota 1.

67

Sul principio di sussidiarietà sancito dall’ art. 5 TCE si veda per tutti IPPOLITO F., Fondamento, attuazione

e controllo del principio di sussidiarietà nel diritto della Comunità e dell'Unione Europea, Milano, 2007, e bibliografia ivi citata.

68

Ordinanza del 19 marzo 2009, n. 6598, Finmek spa, in Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale, 2009, pp. 1098 ss. In precedenza la Cassazione, in una controversia nella quale si dibatteva dell'apertura di una procedura di insolvenza di una società italiana che aveva trasferito la propria sede in Lussemburgo, ha ritenuto inapplicabile il Regolamento. Ciò sul presupposto che la vicenda assumeva

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insolvenza, cosiddette transnazionali o transfrontaliere, come emerge dai punti 2, 3 e 4 dei considerando (…) Nel caso di specie non ricorre un'ipotesi in cui occorra individuare a quale giudice, tra quelli di diversi Stati, appartenga la giurisdizione per la procedura di insolvenza nei confronti della Finmek s.p.a., poiché essa ha la sua sede legale in (OMISSIS) e non è stato sostenuto che essa abbia sedi operative o stabilimenti fuori dal territorio italiano, con la conseguenza che non si pone una questione per la cui soluzione sia applicabile il Reg. CE n. 1346/2000.”

Di diverso avviso il giudice francese che ha applicato il Reg. CE n. 1346/2000 ad una situazione puramente interna. La Corte d’appello di Versailles 69 ha confermato una decisione del Tribunal de commerce di Nanterre che si era dichiarato competente ad aprire una procedura di redressement judiciaire nei confronti di una società la cui sede sociale si trovava nella circoscrizione del Tribunal de commerce di Toulouse, sul presupposto che il COMI fosse invece da collocare a Nanterre, luogo della sede della casa madre già sottoposta a procedura di redressement.

Del resto è corretto tener conto, anche nella materia de qua, dell’ampiezza della nozione di fattispecie rilevante per il diritto comunitario fatta propria dalla giurisprudenza della Corte di giustizia 70.

L’applicazione del Regolamento alle situazioni puramente interne sortirebbe l’effetto positivo di porre le basi di una sorta di “procedura fallimentare europea”, dotata di

mera rilevanza interna al sistema giuridico italiano in quanto si trattava di una società italiana estinta in seguito alla cancellazione del registro delle imprese e non di una società italiana che aveva trasferito la propria sede all'estero, né tanto meno una società di ''nazionalità'' lussemburghese, Corte di Cassazione, Sez. Unite, Ordinanza 23 gennaio 2004, n. 1244, B. e C. Finanziaria SARL, in Giustizia civile, 2005, I, pp. 2235 ss. Secondo il giudice italiano la società in questione non ha mai varcato i confini. Accoglie la medesima impostazione anche Cassazione, Sez. Unite, Ordinanza 28 luglio 2004, n. 14348, in Rivista di diritto internazionale e processuale, 2005, pp. 441 ss. Si tratta di interpretazioni evidentemente scorrette della nozione di ‘situazione puramente interna’, che ottengono l’effetto di sottrarre tali fattispecie non solo all’applicazione del Regolamento, ma delle norme del Trattato in materia di libera circolazione. Su tali sentenze si veda PERILLI L.,La Cassazione e la giurisdizione per la declaratoria di fallimento alla prova della libertà di stabilimento delle società, in Int’ l lis, 2004/2005, pp. 28 ss. e MUCCIARELLI F.M.,The Transfer of the Registered Office and Forum-Shopping in International Insolvency Cases: an Important Decision from Italy, in ECFR, 2005, pp. 513 ss.

69

Cour d’appel di Versailles, 11 gennaio 2007, citata nel bollettino dello studio Freshfields Bruckhaus e Deringer, primavera 2008, http://www.freshfields.com/publications/pdfs/2008/april16/22143.pdf

70

Cfr. ROSSOLILLO G., Territorio comunitario, situazione interna all’ordinamento comunitario e diritto

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caratteri essenziali comuni, risultato che costituisce in prospettiva l’obiettivo a cui tendere.

Se si parte da presupposto che la disciplina del Reg. Ce n. 1346/2000 debba essere applicata soltanto in presenza di un elemento di estraneità, si pone il problema di stabilire quale elemento di estraneità vada preso in considerazione per considerare una fattispecie concreta come regolata dalla disciplina comunitaria.

Il carattere transnazionale dell’insolvenza dovrebbe consentire di applicare la disciplina comunitaria a prescindere dalla previa apertura di una procedura principale, è il caso ad esempio della procedura territoriale 71, ma anche di tutte quelle fasi anteriori all’apertura in cui il giudice decide della propria competenza e di altre rilevanti questioni.

É evidente infatti che bisogna distinguere un elemento che possa validamente fondare la giurisdizione da un elemento che sia idoneo a rendere transfrontaliera una controversia 72, con conseguente applicazione del Regolamento 73.

Non si tratta di una questione di poco conto in quanto ad esempio l’applicazione del Regolamento è condizione per l’attivazione di norme, quali ad esempio quella ex art. 40 sull’obbligo di informare i creditori comunitari, che per quanto lacunose e insufficienti costituiscono l’unica garanzia per i creditori che si trovano in altri Stati membri di venire a conoscenza dell’apertura di una procedura fallimentare nei confronti di un loro debitore. Per quanto riguarda l’attivazione delle norme sui poteri internazionali del curatore, è ad esempio condizione sufficiente la presenza di beni in uno Stato diverso da quello del foro 74.

71

Cfr. MACCARONI L., Insolvenza transfrontaliera dei gruppi, libertà di stabilimento delle società e abuso del

diritto nell'ordinamento comunitario, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2009, p. 8.

72

DORDI C.,op.cit., p. 345; VALLENS J.L., La faillite internationale entre universalité et territorialité: les

enjeux, cit., pp. 2 ss, CALVO CARAVACA A.L., CARRASCOSA GONZALEZ J.E.,Derecho concursal internacional, op.cit., pp. 56 ss.

73

Ad esempio è certamente tale l’applicabilità a un atto o a un negozio di una legge diversa dalla lex fori concursus, cfr. BARIATTI S., Le garanzie finanziarie nell'insolvenza transnazionale: l'attuazione della

direttiva 2002/47/CE, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2004, p. 849.

74

Un’altra questione che si è posta all’attenzione della dottrina, a seguito della citata sentenza Owusu, è quella volta a stabilire se la presenza di creditori/attività localizzate solo in Stati terzi, renda una controversia transfrontaliera ai fini del Regolamento, laddove il COMI si trovi invece all’interno del territorio comunitario. Detto in altri termini, ci si chiede se può essere trapiantato anche nel contesto del Reg. CE n. 1346/2000 il principio affermato dalla Corte secondo cui una controversia è internazionale ai sensi della Convenzione di Bruxelles (e quindi ad essa soggetta) anche quando è situato in uno Stato membro solo il

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