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DAStU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani Email: carolina.pacchii@polimi.it

Abstract

Il paper argomenta la rilevanza di una lettura dei processi conflittuali urbani capace di tenere insieme le dimensioni del disegno del processo e della progettualità espressa dagli attori locali, per leggere con maggiore capacità di penetrazione il reale potenziale trasformativo delle pratiche dal basso. Per provare a mettere in tensione questi aspetti, il paper propone una rilettura critica del caso del complesso percorso decisionale che ha riguardato il ripensamento e il riuso dell’ex-aeroporto di Tempelhof a Berlino, sullo sfondo più complessivo del ruolo che le differenti componenti della società locale stanno giocando nei processi recenti di trasformazione urbana e di animazione del dibattito pubblico. Benché si tratti di un processo molto studiato, la reale alterità del progetto (o dei progetti) promosso dall’azione dei cittadini rispetto ai possibili usi futuri immaginati dall’Amministrazione non è forse stata indagata a sufficienza. Da questo punto di vista, è possibile trarre alcune lezioni sulle difficoltà dell’interfaccia tra azione dal basso e azione amministrativa, utili a metterne meglio a fuoco i caratteri anche in una prospettiva transnazionale, guardando quindi anche alle esperienze italiane.

Le riflessioni finali del paper mirano quindi a collegare la rilettura di questo rilevante esempio di mobilitazione dal basso nella città di Berlino con alcune riflessioni critiche di carattere più generale sulle potenzialità di apertura di arene di discussione e progetto nei percorsi di trasformazione urbana, radicalmente alternative rispetto al discorso urbano.

Parole chiave: azione dal basso, conflittualità, Berlino.

Azione dal basso e trasformazioni urbane

Vi è da tempo un indubbio interesse, nelle città italiane ed europee, nei confronti di movimenti e azioni dal basso, promossi da cittadini e organizzazioni del terzo settore, leggibile sia nel moltiplicarsi di pratiche e sperimentazioni, che in una articolata letteratura (Fung and Wright, 2003; Della Porta, 2004; Vitale, 2007; Moulaert et al. 2007, 2012; Silver et al., 2010; Gualini, 2015); le analisi, tuttavia, raramente si interrogano sulla capacità di queste pratiche di proporre progettualità realmente alternative in termini di trasformazione urbana, e non solo in termini di modifica di meccanismi e routine della governance locale. Le modifiche a questi meccanismi lavorano sulla creazione di spazi di confronto all’interfaccia tra azione pubblica e azione (o reazione) dal basso, nell’ottica di un progressivo ridisegno di queste forme di interazione, mentre le possibili innovazioni progettuali direttamente promosse dalle iniziative di cittadini e associazioni possono, in linea di principio, aprire spazi di elaborazione progettuale autonomi e alternativi. Di norma, l’attenzione nei confronti delle azioni e sperimentazioni dal basso si appunta su dimensioni di processo: chi promuove, chi partecipa, quali gli strumenti messi in campo, quali i momenti e i luoghi di interfaccia (di natura conflittuale o collaborativa) con i decisori pubblici, ...; molto più rara è un’attenzione nei confronti della dimensione progettuale di queste azioni, che porti a indagare quali materiali urbani vengano messi in gioco, quali immaginari si costruiscano, quali relazioni con diversi tipi di saperi tecnici, contestuali, artistici o di altra natura vengano attivate.

Tensioni trasformative e cambiamento dei processi nel caso del Tempelhofer Feld

In forme differenti e con diverso grado di radicalismo e conflittualità, un forte attivismo da parte di cittadini e organizzazioni dal basso ha caratterizzato la città di Berlino da almeno trent’anni (Holm and Kuhn, 2011; Colomb, 2012;), e senz’altro da prima della caduta del muro e dell’avvio del percorso di riunificazione; in questo contesto il caso del processo di riuso dell’ex aeroporto di Tempelhof è tra i più noti e studiati (Leal Vallejo, 2012; Gualini, 2014; Lebuhn, 2017) sia per la rilevanza urbana e territoriale dell’area, che per le specificità del processo decisionale a cui ha dato luogo, iniziato nel 2008 con la chiusura dell’aeroporto e di fatto non ancora concluso.

Gli elementi principali della vicenda sono noti: l’aeroporto fu costruito nel corso degli anni Venti nella parte meridionale della città, oggi nel distretto di Schönefeld-Tempelhof, al confine con Neukölln e Friedrichshain-Kreuzberg, ed ha avuto un importante ruolo durante il periodo nazionalsocialista, quando ha anche ospitato un campo di concentramento ed è stato sede di lavori forzati (Copley, 2016). Dopo la guerra esso ha svolto una funzione cruciale dal punto di vista umanitario, non priva di valore simbolico, nel periodo del blocco di Berlino Ovest da parte dell’Unione Sovietica, tra il giugno 1948 e il maggio 1949, quando solo attraverso un ponte aereo per beni di prima necessità la popolazione di Berlino Ovest ha avuto la possibilità di sopravvivere al blocco. L’aeroporto ha poi operato in modo regolare fino al 2008 quando, non senza dibattito e polemiche, il Senato di Berlino ha deciso di chiuderlo, nell’ambito di un più ampio piano di ristrutturazione della mobilità aerea della città, che faceva perno sulla costruzione del nuovo aeroporto BER Berlino Brandeburgo (al momento, a causa di notevoli ritardi nei lavori, non ancora ultimata).

Figura 1 | Tavola d’insieme dell’area del Tempelhofer Feld nel 1927. Fonte: Senatsverwaltung für Stadtenwicklung und Umwelt (2016).

A valle della chiusura nell’ottobre 2008, l’attenzione da parte della città è immediatamente salita, attraverso diverse forme di attivazione dal basso. Un primo passaggio è consistito in una sorta di ‘riconquista’ dello spazio (chiuso alla città tra l’ottobre 2008 e il maggio 2010), che ha visto anche un’occupazione dell’area (Gualini, 2014) perché questa fosse restituita all’uso comune. Questa stessa occupazione ha poi generato differenti iniziative, legate al timore, da parte dei cittadini, che la successiva apertura, sulla base di un disegno dello spazio molto lasco e di usi largamente indefiniti, servisse in realtà al Senato a controllare lo spazio e i suoi utilizzatori, timore che si è rafforzato quando nel 2010 il Senato ha iniziato a pubblicare una serie di call per usi temporanei, i cosiddetti ‘pionieri urbani’ (Senatsverwaltung für Stadtentwicklung, 2016), e allo stesso tempo per mantenere aperte ipotesi di possibili sviluppi immobiliari futuri.

Il timore dei cittadini scaturiva proprio da questa duplice strategia, che mirava da un lato al controllo (Gualini, 2014), attraverso una serie di dispositivi di normalizzazione e segmentazione degli spazi e l’imposizione di regolamenti d’uso relativamente aperti sulle funzioni, ma progressivamente più stringenti sulle modalità (GrünBerlin, s.d.); dall’altro al voluto mantenimento di una ampiezza e alla fine vaghezza nella definizione degli usi, e da una quasi totale assenza di infrastrutturazione e attrezzature, anche minime, che hanno portato i cittadini a supporre che l’obiettivo del Senato fosse appunto di promuovere usi estremamente temporanei (‘Zwischennutzungen’, letteralmente ‘usi tra’) per avere poi la possibilità di promuovere progetti di valorizzazione immobiliare, interessanti sia per la posizione estremamente centrale dell’area, che per la forte pressione abitativa cui abbiamo accennato.

Il vuoto che contraddistingue questo spazio, e per cui molto si sono battuti cittadini e associazioni, può quindi essere riguardato come un elemento progettuale cruciale, ma allo stesso tempo come un’arma a doppio taglio nella concezione di possibili usi futuri da parte dell’Amministrazione. «Berlin’s Tempelhofer Freiheit (Tempelhof Freedom) or more commonly Tempelhofer Feld (Tempelhof field), however, evokes a more subtle urban endeavour. It defines a civic space, not through objects, an infusion of ecological propaganda, or provocative programming but through the straightforward and democratic provision of a level surface, a neutral platform; an emptiness that invites both physical and imaginative occupation» (Gill, 2015: 4)

Il Senato aveva invece un piano per urbanizzare almeno una parte dell’area (che ha una superficie totale, comprendendo anche l’edificio dell’ex-aeroporto e l’area prospiciente, di circa 380 ha), quella più esterna, per rispondere alla cronica mancanza di alloggi che contraddistingue Berlino negli ultimi anni, con un progetto che prevedeva la costruzione di 4700 appartamenti, spazi commerciali e una biblioteca (Gualini, 2014).

Figura 2 | Tavola d’insieme degli usi del Tempelhofer Feld. Fonte: Senatsverwaltung für Stadtenwicklung und Umwelt (2016).

Il parco viene aperto al pubblico nel maggio 2010, e fin dall’inizio il Senato di Berlino mantiene aperto un doppio binario, che prevede l’avvio di un articolato percorso di partecipazione (Senatsverwaltung für Stadtenwicklung und Umwelt, 2016), contemporaneo all’apertura al pubblico del parco, con call aperte per la concessione di singoli spazi per usi, intesi come temporanei, proposti dai cittadini e, allo stesso tempo, la promozione del progetto di sviluppo immobiliare delle aree a corona.

A fronte di questa ambiguità, un gruppo di cittadini si organizza per proporre un progetto di legge che mira a proibire ogni forma di costruzione sul terreno del Tempelhofer Feld, e raccoglie le firme per chiedere un referendum cittadino (Volksentscheidung). I partecipanti al referendum, cittadini di tutti i dodici distretti di Berlino, votano al 65% a favore del mantenimento dell’area come spazio aperto e contro ogni nuova costruzione su di esso, e in seguito a questo il Senato fissa questi principi in una apposita legge per il riuso del terreno (Senatsverwaltung für Justiz und Verbraucherschutz, 2014). Come hanno notato due commentatori, «The local communities found a way to reject the local authorities’ plans, which stuck to the very limited definition of the ZN (just a “temporary use”). The inhabitants, with their vote, brought back the ZN to its larger definition. They made it clear that they want to be involved in the decision making process deciding the future of the area, the field» (Dubeaux, Cunningham-Sabot, 2015: 1121).

La crisi dei rifugiati apre un nuovo capitolo nell’uso dello spazio, che ospita nel 2016 alcune strutture di accoglienza temporanee, mentre, di fronte al timore di un cambiamento della legge del 2014 da parte del Senato, i cittadini, in accordo con altri gruppi organizzati a livello urbano, iniziano a promuovere un secondo referendum trasversale per promuovere una legge per rendere non modificabili dal Senato i risultati dei referendum popolari 1.

Aperture

La dimensione progettuale attorno a cui ruota uno dei più importanti elementi del conflitto/dibattito intorno al futuro del Tempelhofer Feld è proprio quella del vuoto. Le differenti concezioni dello spazio vuoto incidono infatti in termini di apertura strategica, di fattibilità operativa, di modelli funzionali organizzativi nel confronto tra usi permanenti e usi temporanei.

Da una parte abbiamo una concezione di vuoto come obiettivo urbano condiviso di lungo periodo, strutturato da attrezzature d’uso apposite e rafforzato dalla condivisione e dal supporto di una forte comunità locale, la stessa che ha promosso e sostenuto il referendum del 2014 e chesta ora lavorando alla promozione del referendum trasversale. Il vuoto è qui inteso progettualmente come spazio di possibilità, e questa concezione non rimanda solo, come è ovvio, alle forme di possibile apertura funzionale a diversi usi e diverse popolazioni; questo vuoto ha una precisa funzione naturalistica da un lato e una funzione simbolica dall’altro, come interposizione di una sorta di momento di silenzio capace di tenere insieme, e in qualche modo di valorizzare per negativo, le moltissime storie individuali e collettive che si sono intrecciate nel sito, dall’uso come piazza d’armi in epoca imperiale, ai molteplici usi durante il periodo nazionalsocialista, dalla funzione aeroportuale in senso stretto, al campo di concentramento e alle baracche per i lavoratori ai lavori forzati (Copley, 2016), di cui le epoche successive hanno cancellato le tracce. Si tratta quindi di un vuoto come obiettivo, cercato, disegnato e strutturato attraverso i diversi usi e attraverso attrezzature, sia pure leggere, volte a denotarne l’identità e a fissare l’apertura e se si vuole la precarietà di questi usi nel tempo: «In a city where campaigners and residents’ groups have vocally, but often futilely, railed against gentrification, the freedom that now characterises Tempelhofer Feld is that of Berliners to defend ‘their’ public assets and spaces against developers and market forces» (Copley, 2016: 20).

Dall’altro lato troviamo una concezione di vuoto molto più precaria e temporanea, da parte del Senato di Berlino, attuata attraverso le scelte operative della società di gestione dello spazio verde. In questo caso, il vuoto è innanzi tutto preparazione a usi futuri differenti (che si tratti del progetto di sviluppo residenziale, della stazione degli autobus, della grande biblioteca desiderata dal sindaco) anche di natura temporanea (l’accoglienza e l’alloggio dei richiedenti asilo che ha avuto luogo nel 2016). In questa concezione, il vuoto è una sorta di negativo, una preparazione per altro, una vasta riserva di terreno di qualità in una localizzazione centrale di Berlino pronta per possibili usi futuri, per permettere al Senato di Berlino di cogliere eventuali opportunità (immobiliari o di altra natura) che potessero presentarsi via via. Questo tipo di concezione del Tempelhofer Feld come un vuoto implica naturalmente un arredo minimale e vago, che implichi scarsi investimenti, che sia facile da decostruire ed eventualmente spostare. Allo stesso tempo, a questa idea di vuoto come contenitore di opportunità future, si accompagna una forte esigenza di controllo, degli usi e delle popolazioni, visibile con la riorganizzazione e strutturazione dello spazio da parte dell’Amministrazione pubblica a valle dell’’occupazione’ popolare del 2010 (Gualini, 2014). Non potendo intervenire sul vuoto con forti infrastrutturazioni e arredi capaci di limitare fisicamente le possibilità d’uso, l’Amministrazione interviene attraverso la creazione di una struttura di gestione dedicata e di un regolamento d’uso stringente.

La forza dell’esempio del percorso condotto dal basso, capace di volta in volta di entrare in relazione diretta con i percorsi di partecipazione promossi dall’Amministrazione, ma anche, quando necessario, a porsi in netta e radicale opposizione ad essa, risiede proprio nella capacità di elaborare, promuovere e sostenere una visione progettuale alternativa, pur partendo da premesse in apparenza simili (il mantenimento di questo spazio urbano come un ‘vuoto’). La capacità quindi di immaginare il futuro di uno spazio urbano in una dimensione anche strategica ha consentito ai cittadini organizzati per la difesa del Tempelhofer Feld di utilizzare di volta in volta le opportunità di far sentire la propria voce che si presentavano nel corso del complesso processo decisionale, senza però fermarsi alla pura negoziazione di procedure di interazione e modelli di governance locale, nella quale si chiudono spesso le iniziative dal basso.

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Sitografia http://www.tempelhofer-feld.berlin.de http://www.thf-berlin.de http://www.thf100.de/start.html http://www.volksentscheid-retten.de Altre fonti