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La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: alla ricerca dell’equilibrio tra principi e

Nel documento Unione Europea e sanità (pagine 156-164)

Considerata la mole di dottrina564, la vastità del dibattito accademico e l’ampiezza delle implicazioni politiche che la Carta ha generato sin dalla sua solenne proclamazione, sarebbe un esercizio sterile procedere ad una sua analisi sistematica. Si concentrerà dunque l’attenzione sul profilo più pregnante ai nostri fini: l’identificazione prima e il superamento poi dei limiti insiti nella dicotomia tra principi e diritti ai sensi dell’art. 52, par. 5. Ciò costituisce il punto di partenza per ogni discorso sulla giustiziabilità565del diritto alla dignità umana e alla protezione della salute.

Una prima riflessione discende direttamente dalla loro sistemazione nella struttura della Carta, laddove il primo è inserito nel Titolo I (Dignità) e il secondo nel Titolo IV (Solidarietà566). La dignità umana è un diritto assoluto, pertanto non suscettibile di essere compresso, i cui mezzi di garanzia sono lasciati agli Stati membri. La tutela della salute assume invece nella sua dimensione ordinamentale il rango di principio nella misura in cui la sua attuazione è sostanzialmente devoluta agli Stati membri. Tale distinzione è avvalorata dalla riserva di legge (nazionale) posta nell’art. 3, par. 2, let. b), che fa salve, da un lato, le prerogative degli ordinamenti nazionali sui modi di espressione del consenso informato; dall’altro, tiene in debita considerazione le diverse sensibilità civili e sociali che variano in tutti gli Stati membri. Ciò è una manifestazione della coerenza e della non contraddittorietà dell’ordinamento dell’Unione. Infatti, l’art. 4, par. 2, TUE afferma che l’Unione rispetta l’ “identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica ed

564 Per tutti si rimanda interamente a DE BURCA G., The evolution of EU human rights law, in CRAIG P., DE

BURCA G., The evolution of EU law, pp. 465-497, 2 ed., 2011, Oxford.

565JACQUE' J. P., Droit institutionnel de l'Union Européenne, 6 ed., 2010, Dalloz. L’A. propone un esempio proprio

sull’art. 35. Pag. 64-65 “ […] une législatione qui entrainerait des conséquences nuisibles pour la santé pourrait etre annulée pour un violation du droit à la santé. Mais un particulier ne pourrait invoquer ce droit pour obtenir une prestation que dans la mesure où la législation organise l’octroi de cette prestation ».

566COPPOLA S., Social rights in the European Union: the possible added value of a binding Charter of fundamental

rights, in DI FEDERICO G., The EU Charter of fundamental rights: from declaration to binding instrument, pp. 199- 215, 2011, Springer; LENAERTS K., La solidarité ou le Chapitre IV de la Charte des droits fondamentaux de l'Union Européenne, in Revué trimestrielle des droits de l'homme, pp. 216-236, 2010.

istituzionale567” di cui la specifica previsione di una riserva di legge è una delle massime espressioni.

Per quel che riguarda invece l’art. 35 della Carta il discorso è parzialmente diverso568. Il primo cpv. della disposizione sancisce infatti che l’accesso alla prevenzione sanitaria e alle cure mediche è in funzione delle legislazioni e prassi nazionali569. In altri termini, lo Stato deve farsi garante della salute degli individui che insistono sul proprio territorio approntando – a prescindere dallo strumento normativo- strutture idonee al godimento più ampio possibile di tale diritto. Questo concetto è ben diverso da quello della riserva di legge espresso nell’art. 3, par. 2, sebbene, in ottemperanza al principio di legalità, debba essere comunque un atto legislativo ad istituire gli organi preposti al compimento di detto incarico.

L’art. 52, par. 5 è la disposizione di riferimento ai fini della giustiziabilità o meno del diritto alla salute. Nell’affermare che i principi sono invocabili davanti al giudice nazionale per interpretare o verificare la legittimità degli atti statali, sostanzialmente si impone un vincolo di risultato agli Stati membri, il quale, in ultima analisi, sarà passibile di censura nella misura in cui l’obiettivo non sia stato sufficientemente raggiunto ovvero si sia rimasti inerti. Tuttavia, la norma in parola si riferisce genericamente “alle disposizioni della presente Carta che contengono dei principi” non indicandole puntualmente né tantomeno fornendo un parametro di valutazione. In realtà, parrebbe opportuno identificarli nelle disposizioni del Titolo IV di cui l’art. 35 è parte integrante anche se non tutte le norme ivi contenute potrebbero rispondere a tale caratteristica. Ad esempio, sono previsti il diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell’ambito dell’impresa (art. 27) e quello alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato che si configura pienamente azionabile di fronte al giudice nazionale (art. 30).

La Corte di Giustizia si è recentemente pronunciata sull’art. 27 della Carta nel caso Association de médiation social570 (AMS) che, secondo l’Avvocato Generale Cruz Villalòn rappresenta la prima occasione per approfondire la distinzione tra principi e diritti. Occorre dunque sottolineare che la soluzione offerta dei giudici, in mancanza di sentenze concernenti le altre disposizioni del Titolo IV della Carta, è applicabile mutatis mutandis anche all’art. 35.

567Per un primo e finora unico richiamo della formula nella giurisprudenza della Corte, cfr. Ilonka Sayn-Wittgenstein,

C-C-208/09, Racc. 2010 p. I-13693. Par. 83 “nel contesto della storia costituzionale austriaca, la legge sull’abolizione della nobiltà può, in quanto elemento dell’identità nazionale, entrare in linea di conto nel bilanciamento di legittimi interessi con il diritto di libera circolazione delle persone riconosciuto dalle norme dell’Unione”. Par. 92 “a norma dell’art. 4, n. 2, TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati membri, nella quale è inclusa anche la forma repubblicana dello Stato”. Per un commento alla sentenza, BESSELINK L., Case C-208/09, Ilonka Sayn-Wittgenstein v.

Landeshauptmann von Wien, Judgment of the Court (Second Chamber) of 22 December 2010, in CMLR, pp. 671–693,

2012.

568HERVEY T., The right to health in European Union law, in HERVEY T., KENNER H., Economic and social rights

under the EU Charter of fundamental rights: a legal perspective, pp. 193-222, 2003, Hart. Pag. 196 “ […] the claim here is not that health rights should always take precedence over other rights, but rather that the terminology of rights helps to emphasise the importance of health status in terms of the survival and quality of life of individuals”.

569 BIOY X., Le droit fondamental à l'acces aux soins en Europe. Vers un standard de conciliation entre libertés

économiques et droits du patient?, in Revue des affaires européennes, pp. 495-505, 2011; MCHALE J., Fundamental rights and health care, in MOSSIALOS E., PERMANAND G., BAETEN R., HERVEY T., Health systems governance in Europe, pp. 282-314, 2010, Cambridge.

Il giudice del rinvio chiedeva alla Corte di interpretare se l’art. 27, così come “precisato571” dalla direttiva 2002/14572, potesse essere invocato in una controversia tra singoli per verificare la conformità della norma nazionale di trasposizione. Il problema di fondo rimane essenzialmente l’indeterminatezza della ricostruzione tra diritti e principi e, di conseguenza, il loro ruolo nel sistema di tutela giurisdizionale offerto ai singoli secondo gli ordinamenti nazionali.

Il punto di partenza è costituito dalla necessità di un intervento statuale che, agganciato all’art. 52, par. 5, è indispensabile per la struttura stessa dei diritti sociali. Partendo da questi presupposti, l’Avvocato Generale propone la seguente soluzione. Le normative interne di trasposizione e/o attuazione hanno il compito di conferire una “concretizzazione573” e una “invocazione574” del principio stesso in modo “essenziale ed immediato575”. In presenza di una disposizione interna così costruita sarebbe dunque possibile invocare direttamente -in una controversia tra privati- il principio e non la norma nella quale è contenuto con la conseguenza che il giudice dovrebbe eventualmente disapplicare la normativa nazionale con esso confliggente. L’Avvocato Generale aggiunge poi che tale interpretazione di disposizioni specifiche di una direttiva dovrebbe essere “fortemente restrittiv[a]576” e collocarsi nel solco della consolidata giurisprudenza della Corte.

I giudici di Lussemburgo non seguono questa impostazione. Essi rendono una sentenza essenzialmente conservatrice della dicotomia tra diritti e principi, si agganciano al caso Kucukdeveci577 ed affermano che le situazioni giuridiche e fattuali delle due controversie sono diverse. Il che non consente di assimilare il diritto alla informazione dei lavoratori al principio di non discriminazione sulla base dell’età poichè quest’ultimo è in grado di costituire autonomamente un diritto soggettivo in capo al singolo. In virtù di questa precisazione, “l’art. 27 [...] non può, in quanto tale, essere invocato in una controversia [...] al fine di concludere che la norma nazionale non conforme [...] deve essere disapplicata578”. In altre parole, l’art. 27 non conferisce ai singoli un diritto rimanendo quindi tautologicamente classificato come principio.

La Corte riconosce infine al soggetto leso la possibilità di rivolgersi al giudice nazionale per ottenere il risarcimento del danno cagionato dallo Stato membro secondo i consolidati criteri della giurisprudenza Francovich579. In questo modo viene salvaguardato il diritto del singolo ad ottenere un ricorso giurisdizionale pieno ed effettivo, tuttavia rimane la considerazione che seguire le conclusioni dell’Avvocato Generale sarebbe stata una soluzione più utile per due ordini di ragioni.

In primo luogo, la distinzione tra diritti e principi si sarebbe fondata sui criteri di concretizzazione ed invocazione di questi ultimi. In secondo luogo, la loro invocabilità sarebbe stata

571AMS cit., par. 22.

572Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale

relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, GU L 80 del 23.3.2002, pagg. 29–34.

573Conclusioni dell’Avvocato Generale Villalon, par. 58. 574Conclusioni dell’Avvocato Generale Villalon, par. 59. 575Conclusioni dell’Avvocato Generale Villalon, par. 63. 576Conclusioni dell’Avvocato Generale Villalon, par. 76. 577Kucukdeveci, C-555/07, Racc. 2010, p. I-00365. 578AMS cit., par. 48.

limitata a casi eccezionali e ad ogni modo circoscritta da un’interpretazione assolutamente restrittiva.

Alla luce di questa ricostruzione sembrerebbe che il ruolo di subalternità cui è stato confinato il diritto alla salute in quanto principio contenuto nel Titolo IV della Carta non sia ancora stato superato ma, come vedremo nel prosieguo, una recente pronuncia della Corte di Giustizia contribuisce a valorizzarlo quanto meno nella sua forma di obbligo cogente per le istituzioni.

Altro piano di indagine è l’operatività concreta della Carta o più esattamente il suo campo di applicazione personale e materiale. Si è già detto che le disposizioni in commento non sono limitate ai cittadini dell’Unione ma a tutti gli individui, il che contribuisce ad identificare il diritto alla salute come un diritto dell’uomo in quanto tale, slegato quindi dall’appartenenza ad una comunità specifica. Tale aspetto ha una sua ragion d’essere nel fatto che i sistemi sanitari pubblici sono finanziati dalla fiscalità nazionale mentre in quelli privati lo Stato interviene con forme di assicurazione obbligatorie nella misura in cui il soggetto non abbia la possibilità di pagare i premi. A ben vedere, l’estensione di questo tipo di tutela a tutti gli individui rappresenta una delle forme di intervento più intense del welfare state, ossia il modello di riferimento della politica sociale dell’Unione.

Se dunque la dicotomia diritti/principi permea il dibattito sviluppatosi attorno l’effettività stessa della Carta, non si deve sottovalutare il fatto che il suo campo di applicazione ratione materiae si sovrappone solo in parte a quello del diritto dell’Unione . Essa infatti non ha competenza per salvaguardare i diritti fondamentali. Questi ultimi fanno parte, per il richiamo operato dall’art. 2 TUE, dei valori580sui quali l’Unione si fonda e che ha l’obiettivo di promuovere secondo il successivo art. 3 TUE. Tale impostazione è avvalorata non tanto dall’art. 6, par. 3, TUE nel momento in cui identifica i diritti fondamentali come principi generali del diritto e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni ma dall’art. 7 TUE che prevede una procedura sanzionatoria – finora mai attivata- per lo Stato membro che violi in modo grave e persistente i valori di cui all’art. 2 TUE. Inoltre, la Carta non amplia le competenze dell’Unione né tantomeno può introdurne di nuove. Tale ripetizione è in linea con il Trattato di Lisbona che, nel prevedere per la prima volta un catalogo di competenze, si preoccupa di fissarle rigidamente per evitare qualunque forma di sconfinamento e di precisare che le sue disposizioni non sono basi giuridiche.

L’inclusione dei diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico dell’allora Comunità è avvenuta lentamente e grazie all’opera interpretativa della Corte di Giustizia dal momento che nel Trattato di Roma non se ne rinveniva alcuna traccia. Anzi, i giudici di Lussemburgo, in un primo momento, avevano negato la loro giurisdizione nel sindacare atti nazionali che violavano i diritti fondamentali581. In altri termini, anche allo stato attuale di evoluzione ed in vista della futura

580Art. 2 TUE: Il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e

del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. Cfr. RIDEAU J., Les valeurs de l'Union Europeenne, in Revue des affaires europèennes, pp. 329-349, 2012.

581Stork, causa 1/58, Racc. edizione italiana, p. 4; Geitling, cause riunite 16-59, 17-59 e 18-59, Racc. edizione italiana

adesione582 al sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è ragionevole riconoscere che la loro inclusione nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia stata necessitata da condizioni esterne o, se si vuole, puramente fattuali583. In effetti, considerata l’estensione delle competenze584 dell’Unione è difficile immaginare un ambito di azione in cui il loro rispetto non debba essere garantito o quantomeno non possa fungere da parametro di legittimità.

La Commissione ha l’obbligo di valutare l’impatto585 della proposta legislativa sui diritti fondamentali dei destinatari che, escludendo la portata individuale delle decisioni, corrispondono nella maggior parte dei casi a tutti i soggetti che si trovano sul territorio dell’Unione. Oltre a tale obbligo, che configura un vero e proprio controllo ex ante sull’azione delle istituzioni, il fatto che gli Stati membri siano vincolati al rispetto della Carta nell’attuazione ed esecuzione del diritto dell’Unione conferisce alla Corte di Giustizia il potere di sindacare se un atto interno sia o meno rispettoso di tali vincoli. Quindi, se da un lato essi non vedono pregiudicata la loro competenza interna al rispetto dei diritti fondamentali; dall’altro, si instaura una ulteriore forma di controllo da parte dei giudici di Lussemburgo.

582L’adesione dell’UE alla CEDU non è una questione nuova. Già negli anni Novanta se ne discuteva, senza trovare,

tuttavia, una soluzione giuridica praticabile e soprattutto rispettosa dei Trattati. Nel parere 2/94, Racc. 1996, p. I-01759, la Corte rileva dapprima che l’allora Comunità non ha competenza in materia di diritti dell’uomo né, di conseguenza, il potere di concludere convenzioni internazionali per la loro tutela. Neanche l’art. 235 TCE (art. 352 TFUE) poteva essere usato dal momento che ciò avrebbe sostanzialmente comportato una modifica del Trattato senza passare dalla procedura di revisione ordinaria.

583ROSSI L. S., Does the Lisbon Treaty provide a clearer separation of competences between EU and Member States?,

in BIONDI A., EU law after Lisbon, pp. 85-106, 2012, Oxford. Pag. 87 “the division of competences between Member States and the European Community (and subsequently the Union) seems therefore to have been gradually shaped not by a predetermined project but according to specific needs […]”. Tra questi ultimi è possibile ricondurre anche la tutela dei diritti fondamentali. Sull’esercizio talvolta spregiudicato delle competenze, cfr. anche PRECHAL S., DE VRIES S., VON EIJKEN H., The principle of attributed powers and the "scope of EU law", in in BESSELINK L., PENNINGS F., PRECHAL S., The eclipse of the legality principles in the European Union, pp. 213-248, 2011, Kluwer. Gli autori sottolineano a pag. 216 che “one of the most important reasons behind this so-called “competence creep” is the liberal interpretation of the legal basis provision by both the EU institutions and, in particular, the ECJ, in combination with the rather vague and open wording of the legal basis provisions themselves”.

584 Ci si limita a richiamare i principali contributi di ordine generale, per quelli sulla sanità pubblica e per la

giurisprudenza rilevante si rimanda interamente al cap. I. BARATTA R., Le competenze dell'Unione tra evoluzione e principio di reversibilità, in Diritto dell'Unione Europea, pp. 517-554, 2010; CANNIZZARO E., Gerarchia e competenza nel sistema delle fonti dell'Unione Europea, in Diritto dell'Unione Europea, pp. 651-668, 2005; DI FABIO U., Some remarks on the allocation of competences between the European Union and its Member States, in CMLR, pp. 1289-1301, 2002; DRAETTA U., Le competenze dell'Unione Europea nel Trattato di Lisbona, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, pp. 245-259, 2008; KONSTADINIDES T., Division of powers in European Union law. The delimitation of internal competence between the EU and the Member States, 2009, Kluwer; MASTROIANNI R., Le competenze dell'Unione, in Diritto dell'Unione Europea, pp. 390-416, 2005; MICHEL V., Recherches sur les compétences de la Communauté Européenne, 2003, L'Harmattan; PORCHIA O., La sussidiarietà attraverso il riordino delle competenze? Il Trattato di riforma e la ripartizione delle competenze, in Studi sull'integrazione europea, pp. 631- 651, 2010; SBRESCIA V. M., Le competenze dell'Unione Europea nel Trattato di Lisbona, 2008, Edizioni Scientifiche; VON BOGDANDY A., BAST J., The European Union's vertical order of competences: the current law and proposals for its reform, in CMLR, pp. 227-268, 2002.

585 Le indicazioni sono contenute nella Comunicazione della Commissione - Il rispetto della Carta dei diritti

fondamentali nelle proposte legislative della Commissione - Metodologia per un controllo sistematico e rigoroso, COM/2005/0172 def. nonché nella Relazione sul funzionamento pratico della metodologia per un controllo sistematico e rigoroso del rispetto della Carta dei diritti fondamentali, COM/2009/0205 def. Per gli ultimi risultati cfr. inoltre la Relazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni -Relazione 2011 sull'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, COM/2012/0169 final. In dottrina, MASTROIANNI R., Tutela dell'uomo e libertà economiche fondamentali nell'ordinamento dell'Unione Europea: nuovi equilibri? in ROSSI L. S., La protezione dei diritti fondamentali. Carta dei diritti UE e standards internazionali, XV convegno SIDI, pp. 358-396, 2010, Editoriale Scientifica.

Tuttavia, in considerazione della funzione del rinvio pregiudiziale e della chiara separazione delle funzioni di entrambe le giurisdizioni, è ragionevole affermare che detta verifica indiretta sia esperibile solo laddove l’istanza nazionale abbia dubbi sulla validità o sull’interpretazione di un atto statuale586. Si avrebbe invece un controllo diretto in caso di azione di annullamento sotto il vizio di violazione del Trattato (art. 263 TFUE).

Ciò posto, è utile sottolineare che l’evoluzione della giurisprudenza ha da tempo portato a riconoscere i diritti fondamentali come esigenze imperative idonee a restringere le libertà del mercato interno587. Il che, se da un lato testimonia la volontà della Corte di rispondere utilmente anche alle questioni pregiudiziali più delicate; dall’altro, aggiunge incertezze alla loro classificazione sistematica.

Innanzitutto, secondo la teoria dei controlimiti588, il primato del diritto dell’Unione su quello nazionale viene meno nella misura in cui il primo possa alterare la struttura costituzionale del secondo ovvero quando ci sia un rischio di compressione dei diritti inalienabili dei cittadini protetti dall’ordinamento statale. Per quanto teoricamente convincente e sapientemente elaborata dalle corti costituzionali nazionali, la teoria dei controlimiti si scontra con obiezioni di rilievo pratico di non facile superamento. In primo luogo, come già ricordato, l’art. 4, par. 2, TUE salvaguarda anche, ma non solo, la struttura stessa dello Stato; si pensi, ad esempio, alle articolazioni territoriali. In secondo luogo, esiste una coincidenza di fondo tra i diritti fondamentali tutelati a livello nazionale e quelli a livello di Unione. Ancora, tutti gli Stati membri sono parti contraenti della CEDU, alla quale è prevista anche l’adesione dell’Unione, ed i diritti fondamentali sono ricavati anche dalle tradizioni costituzionali comuni. Infine, affinché uno Stato possa entrare a far parte dell’Unione, deve solennemente impegnarsi a promuovere e rispettarne i valori589. Semmai, ci si potrebbe interrogare su quale sia il modo migliore per proteggerli e quali procedure esperire ma anche tale aspetto è sostanzialmente insito nella c.d. tutela multilivello590 offerta dall’ordinamento giuridico nazionale, da quello dell’Unione e da quello CEDU.

586 N.S., Cause riunite C-411/10 e C-493/10, non ancora pubblicata in Racc. Par. 68 “ […] il potere discrezionale

conferito agli Stati membri […] fa parte dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente a trattare una domanda di asilo previsti da detto regolamento e, di conseguenza, costituisce solo un elemento del sistema europeo

Nel documento Unione Europea e sanità (pagine 156-164)