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I sistemi sanitari nazionali e la libera circolazione dei pazienti

Nel documento Unione Europea e sanità (pagine 118-123)

come base giuridica specifica per gli atti in materia di sanità pubblica.

La mobilità dei pazienti costituisce solo una minima parte della libera prestazione dei servizi428 ma, in virtù delle sue peculiarità, merita una trattazione separata rispetto all'approccio classico dell'art. 56 TFUE. Infatti, essa coinvolge delicati aspetti della potestà statuale quali l'organizzazione dei sistemi sanitari nazionali, l'erogazione delle cure, la pianificazione territoriale degli ospedali, il controllo della spesa pubblica, l'inclusione -o meno- di una determinata terapia nel novero dei trattamenti coperti. Inoltre, consentire la circolazione dei pazienti, in via mediata attraverso le libertà del mercato interno, costituisce un modo indiretto per adempiere -da parte delle istituzioni e degli Stati membri- all'obbligo derivante dall'art. 35 della Carta. A tal proposito è interessante segnalare che le prime pronunce della Corte scaturivano da rinvii pregiudiziali nati nell'ambito di controversie tra cittadini ed enti di affiliazione. Invece, negli ultimi tre anni, la Commissione si è mostrata molto attiva nell'iniziare procedure di infrazione nei confronti di Stati membri asseritamente inadempienti.

Nel corso della presente trattazione sarà dunque opportuno esaminare in ordine cronologico le sentenze della Corte di Giustizia sulle cure mediche transfrontaliere, per fornire un quadro dettagliato del loro sviluppo, ma soprattutto per spiegare come si sia affinata una costruzione giurisprudenziale idonea a divenire l'asse portante di un atto di diritto derivato. Una delle peculiarità maggiori di questo settore consiste nel fatto che le pronunce rese dalla Corte mirano a rimuovere gli ostacoli al corretto esercizio dell'art. 56 TFUE ma creano, sostanzialmente, un nuovo diritto all'assistenza sanitaria transfrontaliera per mezzo della individuazione delle regole procedurali ed amministrative per ottenerla.

La Sezione III ha dunque l'obiettivo di analizzare compiutamente il mercato dei servizi sanitari dell'Unione Europea, partendo dalla giurisprudenza sulla libera circolazione dei pazienti per giungere alla codificazione operata dal legislatore. Infine, si presterà debita attenzione anche allo sviluppo assunto dalla deroga per motivi di sanità pubblica (art. 52 TFUE) e alle giustificazioni accettate dalla Corte di Giustizia per ammettere le restrizioni all'art. 56 TFUE. La mobilità dei pazienti ha contribuito in maniera decisiva alla creazione di nuove esigenze imperative anche se talvolta la Corte di Giustizia utilizza, senza soluzione di continuità, sia la deroga ex art. 52 TFUE che queste ultime. Per dovere di completezza, saranno prese in considerazioni anche alcune pronunce sulla pubblicità dei trattamenti medici e delle bevande alcoliche.

Infine, dalle conclusioni della presente Sezione si tenterà di ricondurre ad unità il quadro d'insieme presentato nel Capitolo 2 sul mercato interno e la salute pubblica, per comprendere se, nata come deroga, sviluppata come politica ancillare, la sanità si sia affrancata dalle logiche del mercato interno per assumere una dimensione propria.

2. I sistemi sanitari nazionali e la libera circolazione dei pazienti

428Per un primo generalissimo commento cfr. ANTONIAZZI S., Sistema sanitario nazionale e principio comunitario di

libera prestazione di servizi: la scelta dell'utente per prestazioni mediche erogate in un diverso Paese membro, subordinata alla necessaria autorizzazione amministrativa dello Stato membro di appartenenza per il rimborso delle spese sostenute, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, pp. 603-620, 2002.

L'analisi della mobilità dei pazienti parte da un punto fermo: il riconoscimento che, in quanto beneficiari della libera prestazione di servizi, i cittadini non devono subire restrizioni al corretto esercizio dell'art. 56 TFUE.

La Corte di Giustizia ha assunto un ruolo trainante nell'enucleazione dei loro diritti429 attraverso un corpus giurisprudenziale coerente che, da un lato, si caratterizza per la fortissima spinta a livello di integrazione negativa430, concentrandosi sull'eliminazione delle misure statali incompatibili con il diritto dell'Unione; dall'altro, è stato un ottimo sprone per il legislatore che, constatando l'assenza di certezza giuridica in un settore altrimenti regolato per via pretoria, ha quindi deciso di promulgare un atto specifico.

Il primo riconoscimento ante litteram della presenza dei pazienti come individui circolanti sul territorio dell'Unione si deve alla sentenza Luisi e Carbone431in cui la Corte ha affermato per la prima volta che “i fruitori di cure mediche […] devono essere considerati destinatari di servizi432”.

La successiva pronuncia nel caso Grogan433 confermerà tale approccio escludendo dal campo di applicazione ratione materiae dell’art. 56 TFUE l'attività pubblicitaria svolta senza alcun corrispettivo da un gruppo di studenti irlandesi a favore dell'aborto nelle cliniche del Regno Unito. La sentenza in commento assume un carattere interlocutorio434: è evidente l'intento della Corte di non ingerirsi in una questione interna di così profonda rilevanza per l'Irlanda al punto da avere anche rango costituzionale435. É vero che il diritto dell'Unione gode del primato, in questo caso da ricollegarsi all'art. 56 TFUE, anche sulle norme costituzionali436 degli Stati membri ma una

429

Sulla presenza di taluni diritti generali da riconoscere in capo ai pazienti cfr. LEENEN H. J., The rights of patients in Europe, in European journal of health law, pp. 5-13, 1994; MARTIN J., The principles of the rights of patients in Europe, in European journal of health law, pp. 265-277, 1994.

430OBERMAIER A. J., The national-judiciary sword of European Court of Justice rulings: the exemple of the Kohll Decker jurisprudence, in European law journal, pp. 735-752, 2008. Pag. 739: "the application of EC law by national

courts can in principle lead to its legal implementation. Indeed, the behavior of national courts as a bridge between the EU and the citizens of the Member States is a central variable in explaining the implementation of ECJ ruling".

431Luisi e Carbone, cause riunite 286/82 e 26/83, Racc. 1984 pag. 377. 432Luisi e Carbone cit., par. 16.

433Grogan, C-159/90, Racc. 1991 p. I-04685. Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo è stata investita di un ricorso

riguardnte il divieto di aborto nel caso Open door and Dublin well woman c. Irlanda, n. 14234/88.

434LINDAHL H., Discretion and public policy: timing the unity and divergence of legal orders, in PRECHAL S., VAN

ROERMUND B., The coherence of EU law. The search for unity in divergent concepts, pp. 291-313, 2008, Oxford. Pag 306: ”The ECJ's exercise of discretionary power over the scope of the law can be understood as a move that safeguard the unity of the European and the Irish legal orders: by narrowing the scope of Community law, the ECJ effectively abandoned the behaviour of the defendants to the legal order of Ireland, allowing the the Irish Court to qualify this behaviour in a way that safeguarded the unity of its legal order. […] Grogan, I submit, should be read as an act that safeguards the unity of the Community legal order by postponing it with an eye to the unity of the Irish legal order”.

435 La Costituzione irlandese fu emendata nel 1983 al fine di vietare l'aborto, inserendo l'art. 40, par. 3, secondo

cui:“The State acknowledges the right to life of the unborn and, with due regard to the equal right to life of the mother, guarantees in its laws to respect, and, as far as practicable, by its laws to defend and vindicate that right”. In conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia, nel 1997 la disposizione è stata ulteriormente modificata “This subsection shall not limit freedom to travel between the State and another state. This subsection shall not limit freedom to obtain or make available, in the State, subject to such conditions as may be laid down by law, information relating to services lawfully available in another state”.

436Kreil, C-295/98, Racc. 2000, p. I- 69, in cui la Corte ha statuito che una disposizione della costituzione tedesca che

impediva alle donne di diventare membri dell'esercito se non come personale tecnico ostava al principio di parità di trattamento.

pronuncia dal contenuto maggiormente precettivo avrebbe potuto suscitare profondo clamore, minando l'autorità della Corte. Ancora, i giudici non hanno affrontato nemmeno la questione della libertà di espressione. Nel periodo in cui sorse la controversia essa era già stata elevata al rango di diritto fondamentale in quanto parte integrante delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e contenuta nell'art. 10437 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU). La Corte tuttavia non analizza tali profili e afferma che la situazione fattuale sottoposta al suo giudizio non ricade nel campo di applicazione del diritto dell'Unione; di conseguenza, non può valutarla utilizzando i diritti fondamentali come parametro438. In altre parole, il fatto che la campagna pubblicitaria non fosse retribuita ha fornito alla Corte l'occasione per escludere l'attività dal campo di applicazione dell'art. 56 TFUE con la conseguenza di evitare, da un lato, di ingerirsi in una questione sensibile per l'Irlanda; dall'altro, di esaminarla secondo la prospettiva dei diritti fondamentali di cui l'ordinamento dell'Unione si fa garante. Ci si potrebbe dunque chiedere in che misura sarebbe mutato l'approccio della Corte se gli studenti avessero ricevuto un compenso, anche minimo, da parte delle cliniche del Regno Unito; in questo caso, sarebbe stato più difficile ritenere il diritto dell'Unione compatibile con una normativa nazionale che vieta la pubblicità di un servizio.

Le due summenzionate pronunce hanno contribuito a rendere per la prima volta chiaro il ruolo delle attività mediche rispetto all’art. 56 TFUE ma l'effetto dirompente si avrà solo con le sentenze Decker439e Kohll440. Prima di analizzare dettagliatamente quest’ultimo e la giurisprudenza successiva è necessario sottolineare alcuni punti focali. In primo luogo, il fatto che il cittadino, inteso come beneficiario di una prestazione di servizi, possa recarsi in un altro Stato membro al fine di ivi ricevere un trattamento sanitario, implica che tale libertà non debba essere ostacolata dalle normative degli Stati membri coinvolti, ossia quello di affiliazione441 e di cura442, secondo le definizioni fornite dalla direttiva 2011/24.

In secondo luogo, le pronunce della Corte si concentrano sull'interpretazione di due aspetti differenti: da un lato, l'art. 56 TFUE; dall'altro, l'art. 20 del regolamento 883/2004443. Prima di

437In generale, cfr. HARRIS D., O'BOYLE M., WARBRICK C., Law of the European Convention on Human Rights, 2

ed., pp. 443-513, 2009, Oxford; BARTOLE S., DE SENA P., ZAGREBELSKY V., Commentario breve alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, pp. 397-420, 2012, CEDAM.

438Sul bilanciamento tra libertà fondamentali e diritti fondamentali cfr. i casi Omega, C-36/02, Racc. 2004 p. I-9609;

Schmidberger, C-112/00, Racc. 2003 p. I-5659; Viking, C-438/05, Racc. 2007 p. I-10779; Laval, C-341/05, Racc. 2007 p. I-11767; Mesopotamia, cause riunite C-244/10 e C-245/10, Racc 2011 p. I-08777. In dottrina cfr. CURZON S. J, Internal market derogations in light of the newly binding character of the EU Charter of fundamental rights, in DI FEDERICO G., The EU Charter of fundamental rights: from declaration to binding instrument, pp. 145-159, 2011, Springer; KOMBOS C., Fundamental rights and fundamental freedoms: a symbiosis on the basis of subsidiarity, in European public law, pp. 433-460, 2006; SKOURIS V., Fundamental rights and fundamental freedoms: the challenge of striking a delicate balance, in EBLR, pp. 225-239, 2006.

439Decker, C-158/96, Racc.1998, p. I-1831. In quanto rientrante nel campo di applicazione della libera circolazione

delle merci, la sentenza è stata esaminata nel Cap. II, Sez, I, par. 4.

440Kohll, Causa C-158/96, Racc. 1998, p. I-1931.

441Art. 3, par. 1, let. c) direttiva 2011/24 ai fini della presente direttiva si intende per “Stato membro di affiliazione”:

[…] lo Stato membro competente a concedere alla persona assicurata un'autorizzazione preventiva a ricevere cure adeguate al di fuori dello Stato membro di residenza […] ”.

442Art. 3, par. 1, let. d) direttiva 2011/24 ai fini della presente direttiva si intende per “Stato membro di cura”: lo Stato

membro nel cui territorio viene effettivamente prestata al paziente l'assistenza sanitaria.

443 Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al

coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, GU L 166 del 30.4.2004, pagg. 1–123. In realtà, le controversie nacquero nel periodo di vigenza del regolamento (CEE) 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo

proseguire nella trattazione è indispensabile approfondire la sua natura. L'originario regolamento 1408/71 nasce nel pieno del periodo funzionalista della Comunità economica europea per incentivare la libera circolazione dei lavoratori quali fattori produttivi. In virtù di tale approccio eminentemente strumentale, i pazienti non sono mai nominati; del resto, non rientra tra gli scopi dell'atto promuovere la possibilità di ottenere trattamenti medici in un altro Stato membro. Esso infatti ha tre obiettivi dichiarati: la totalizzazione dei periodi assicurativi, la determinazione della legge applicabile444 e la parità di trattamento445. Infatti, il cittadino che voglia ricevere assistenza sanitaria transfrontaliera per cure programmate deve essere debitamente autorizzato dal proprio ente previdenziale di affiliazione secondo la procedura stabilita dal regolamento. Per tali motivi, la mobilità dei pazienti è retta da un doppio binario che prevede regole differenti a seconda del tipo di terapia desiderata.

In terzo luogo, non si può prescindere da un esame puntuale della situazione concreta che ha condotto il soggetto a rivolgersi al giudice nazionale per la tutela dei propri diritti derivanti dall'ordinamento dell'Unione. La Corte di Giustizia non è tenuta a conoscere e ad esprimersi sui fatti -di sola cognizione del giudice del rinvio- dal momento che focalizza la propria analisi sui punti di diritto necessari per rendere una decisione utile. Invece, nei casi che si andranno a discutere, la Corte è stata spesso influenzata -talvolta anche eccessivamente- dal contesto in cui scaturiva la controversia. A differenza della libera circolazione delle merci e del diritto di stabilimento, in cui il bene giuridico da promuovere e tutelare è il corretto funzionamento del mercato interno, in tale specifica forma di prestazione di servizi è arduo non tenere conto delle esigenze del paziente. In altre parole, la Corte ha attinto a piene mani dalle ordinanze di rinvio dei giudici nazionali per addentrarsi in un'analisi particolareggiata dei fatti che ha sostanzialmente orientato l’esito delle pronunce.

Il caso Kohll costituisce il precedente giurisprudenziale di riferimento per tutte le sentenze sulla libera circolazione dei pazienti. Il ricorrente si era recato in Germania, senza l'autorizzazione preventiva ex art. 22 del regolamento 1408/71, per l'acquisto di un apparecchio ortodontico. Successivamente, chiedeva il rimborso delle spese sostenute. Come già anticipato, la Corte manterrà con coerenza la propria linea argomentativa anche nelle controversie successive, pertanto, è necessario chiarire alcuni punti fermi che si ripeteranno nel prosieguo. I giudici affermano che “il diritto comunitario non menoma la competenza degli Stati membri ad organizzare i loro sistemi

all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità GU L 149 del 5.7.1971, pagg. 2–50. Vista la sostanziale contiguità tra i due atti nel corso della presente trattazione ci si riferirà ad entrambi a seconda della data della sentenza della Corte. Per un commento generale cfr. CORNELISSEN R., Les axes de réforme et les principes généraux du règlement n° 883/2004, in Revue de droit sanitaire et social, pp. 5-14, 2010.

444Cfr. Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale,

il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale GU L 12 del 16.1.2001, pagg. 1–23. Esso adotta a tutela del consumatore meccanismi di salvaguardia simili a quelli previsti per il lavoratore subordinato. In dottrina, MARINAI S., I valori comuni nel diritto internazionale privato e processuale comunitario, Giappichelli, 2007.

445 Sul progressivo superamento del concetto di lavoratore e sul costante avvicinamento alle dinamiche della

cittadinanza, cfr. GIUBBONI S., Free movement of persons and european solidarity, in European law journal, pp. 360- 379, 2007; TRYFONIDOU A., In search of the aim of the EC free movement of persons provisions: has the Court of Justice missed the point?, in CMLR, pp. 1591-1620, 2009.

previdenziali446”. Di conseguenza, “la circostanza che la normativa nazionale […] rientri nell'ambito previdenziale non vale ad escludere l'applicazione degli artt. 59 e 60 del Trattato447”. Da questi primi due passaggi si ricava il futuro effetto dirompente della mobilità dei pazienti sui sistemi sanitari nazionali. Poiché una siffatta normativa rientra a pieno titolo nell'ambito di applicazione della libera prestazione di servizi la legislazione interna dovrà rispettare i principi da essa derivanti.

In realtà, non si tratta di una nuova penetrazione del diritto dell'Unione negli ordinamenti nazionali. Basti pensare a quanto già esaminato in relazione alla libera circolazione delle merci nella misura in cui le autorità nazionali devono, anche quando chiamate a salvaguardare l'equilibrio previdenziale del sistema sanitario interno, rispettare i principi del mercato interno448.

Il caso Kohll, più nello specifico, verte inoltre sulla differenza tra trattamenti sanitari da praticarsi all'esterno -in ambulatorio, in clinica e così via- di una struttura ospedaliera ovvero all'interno della stessa. Tale distinzione -ancora non sufficientemente approfondita- è di capitale importanza per la costruzione giurisprudenziale e normativa della mobilità dei pazienti. La Corte prosegue statuendo che la normativa nazionale, richiedendo un'autorizzazione preventiva per ricevere cure in un altro Stato membro, scoraggia gli assicurati dal rivolgersi a tali prestatori costituendo dunque una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Ciò apre la fase successiva, ossia la possibilità di giustificare detta misura. Qui si giunge al punto maggiormente interessante, dal momento che i giudici riconoscono, anche per la libera prestazione di servizi, che “un rischio di grave alterazione dell'equilibrio finanziario del sistema previdenziale possa costituire un motivo imperioso di interesse generale atto a giustificare tale ostacolo449”. La Corte utilizzerà ampiamente detta formula, fino a renderla una delle più importanti e citate nel panorama del mercato interno, e di essa farà tesoro anche la Commissione nella preparazione della direttiva 2011/24.

Infine, il ricorrente chiedeva il rimborso delle spese mediche in base alla tariffa vigente nel suo Stato di affiliazione. Il che non avrebbe potuto comportare alcuna rottura del suo equilibrio finanziario poiché era già stato calcolato l'importo da corrispondere all'assicurato ed era suo diritto riceverlo, anche se non si fosse avvalso della libertà ex art. 56 TFUE. Di conseguenza, la Corte statuisce che l'autorizzazione preventiva prevista dalla normativa lussemburghese non è idonea allo scopo perseguito e restringe in maniera ultronea la libera prestazione dei servizi.

Da notare che il Lussemburgo aveva sollevato un ulteriore argomento a sua difesa, ossia che la conservazione di un sistema sanitario o di una competenza medica siano essenziali per la protezione della sanità pubblica. In altre parole, si voleva evitare il rimborso delle spese affermando che gli ortodontisti stabiliti in Germania oppure in un altro Stato membro non dessero le stesse garanzie di affidabilità e qualità di quelli lussemburghesi. La risibilità di un tale approccio è stata già messa in luce nella Sezione precedente.

Come interpretare dunque il caso Kohll? Innanzitutto, è da sottolineare la diversità tra cure ospedaliere e non. Nel paragrafo successivo vedremo che su tale distinzione poggia l'intera

446Kohll cit. par. 17 e la giurisprudenza ivi richiamata. Cfr. inoltre cap I, parr. 2, 5 e 6. 447Kohll cit., par. 21.

448V. Cap II, Sez. I, par. 4. 449Kohl cit., par. 41.

costruzione dell'autorizzazione preventiva come requisito indefettibile per ottenere il rimborso delle cure all'estero. In secondo luogo, il fatto che la causa fosse nata da un trattamento ambulatoriale ha permesso alla Corte di utilizzare subito la lente dell'art. 56 TFUE. Inoltre, la struttura del sistema lussemburghese, prevedendo di per sé l'erogazione di prestazioni in denaro a copertura delle cure mediche, ha facilitato notevolmente la soluzione della controversia. É stato dunque naturale dichiarare il diritto al rimborso dell’assicurato. Del resto, ciò è conseguenza dell'organizzazione stessa del sistema previdenziale nazionale che, come già visto, può essere di natura pubblica o privata450. I problemi si porranno in un secondo momento, quando la Corte sarà investita di controversie provenienti da soggetti affiliati ad un sistema pubblicistico che, per definizione, eroga solamente prestazioni in natura. Già dal caso Kohll si nota l'eccessiva attenzione che i giudici hanno avuto per la fattispecie concreta oggetto del rinvio.

Nel documento Unione Europea e sanità (pagine 118-123)