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DI CARTA SOCIALE EUROPEA

Nel documento Cronache Economiche. N.003, Anno 1982 (pagine 61-67)

Alfonso Bellando

Considerando, in modo superficiale, la mappa delle organizzazioni internazio-nali operanti in Europa si potrebbe es-sere indotti a ritenere che siano vera-mente tante, forse troppe.

Si va dalla Commissione Economica delle Nazioni Unite al Consiglio dei Ministri Nordico, passando attraverso una miriade di istituti, taluni dotati di una sia pur parziale sovranazionalità, come la Comunità Europea, ed altri che sono ancora, e rimarranno proba-bilmente sempre, enti intergovernativi. Perché tutto questo ampliarsi di inizia-tive? Una risposta l'aveva data Gaeta-no AdiGaeta-nolfi, Segretario generale ag-giunto del Consiglio d'Europa, nel cor-so di un giro di conferenze organizza-to, nel maggio '80, a Torino e a Mila-no dalla Società italiana per l'organiz-zazione internazionale.

«Io credo — egli aveva detto — che oggi ogni istituzione internazionale per essere valida debba corrispondere ad una precisa realtà e ad un preciso ruo-lo». Ed aveva spiegato che il Consiglio d'Europa aveva queste caratteristiche, una sua precisa collocazione e propri validi strumenti per far accrescere il progresso civile in Europa. Fra questi strumenti primeggiavano la Convenzio-ne europea dei diritti dell'uomo e la Carta sociale europea.

La prima «attraverso due appositi or-gani, la Commissione e la Corte euro-pea dei diritti umani, ha trattato finora

oltre 8000 ricorsi, di cui la gran parte di cittadini privati», la seconda «vero pilastro della nostra opera giuridica in materia sociale» ha visto i governi de-gli stati membri tracciare «le grandi li-nee di un progresso fondato sul rico-noscimento dei diritti socio-economici dell'individuo».

UNA LUNGA GESTAZIONE

Pervenire alla formulazione della Carta sociale europea non era stato né breve né facile. Il documento avrebbe dovuto riferirsi ai remoti precedenti della «le-gislazione sociale» che, in un lento e contrastato cammino, aveva visto, nel XVIII secolo, affacciarsi in Francia progetti d'introduzione del riposo setti-manale e del diritto al lavoro nelle pri-me Costituzioni della Rivoluzione fran-cese, mentre in Germania si assisteva ai primi tentativi di una limitazione del lavoro dei fanciulli e per l'introduzione dell'assicurazione contro le malattie. Nel secolo successivo vediamo che si accrescono gli sforzi e le iniziative ver-so una limitazione dell'orario di lavoro ed una maggior protezione dei lavora-tori mentre si avvia l'instaurazione di embrionali regimi di Sicurezza sociale. Ecco, agli inizi del XX secolo, le prime iniziative internazionali: nel 1904 la La lapide che, in Palazzo Madama di Torino,

ricorda la firma della Carta.

r o s h r o M M i

Q V I 1 V S C O M M V N

OUSIGNt

O V A I C O U S I U O E R O P A E C I N T E R

V I N E R E

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E F P V L S I T f É M |

W I I I M E N S . O C S

Convenzione bilaterale tra la Francia e l'Italia, nel 1906 la Convenzione multi-laterale di Berna relativa al lavoro not-turno delle donne e alla proibizione dell'uso del fosforo bianco nelle fab-briche di fiammiferi.

Nel 1919 nasce a Ginevra, nel quadro della Società delle Nazioni, l'Organiz-zazione Internazionale del lavoro che svolge autonomamente la sua attività in favore dei lavoratori, sino alla crea-zione dell'ONU, di cui diviene un im-portante Istituto specializzato; frattan-to è stata promulgata, nel '44, la Carta di Filadelfia che fissa alcuni principi fondamentali: «Il lavoro non è una merce», «La libertà di espressione e di associazione sono condizioni necessarie del progresso sociale».

Precedenti più immediati, ma di carat-tere più generale della Carta sociale so-no, infine, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, del '48, la Con-venzione europea dei diritti dell'uomo, del '50, il Patto delle Nazioni Unite re-lativo ai diritti economici, sociali e cul-turali, del '66.

Nell'ambito del Consiglio d'Europa i lavori preparatori della Carta sociale si protraggono, a Strasburgo, dal '53 al '61 e conoscono due fasi differenti, ca-ratterizzate la prima da una concezione del testo estensiva ed idealista, la se-conda più restrittiva e pratica.

Il contenuto finale sarà una diretta conseguenza di questa evoluzione. In effetti, nel primo triennio, la prepara-zione del progetto risente del forte im-pulso dell'Assemblea parlamentare; successivamente ha il sopravvento l'a-zione decisiva del Comitato governati-vo sociale e l'essenziale dei suoi punti di vista entra a far parte della stesura definitiva.

SI FIRMA A TORINO

Per redigere la Carta sociale il Consi-glio d'Europa si avvale della consulen-za degli esperti di tutti gli Stati membri e dei rappresentanti sindacali dei lavo-ratori e dei datori di lavoro. Il testo viene poi approvato, all'unanimità, dal Comitato dei ministri e, secondo la

procedura, dopo la firma avrebbe do-vuto essere ratificato dai governi. Si deve, indubbiamente, a quel grande europeista che fu il sindaco di Torino, Amedeo Peyron, se la cerimonia della firma potè aver luogo, il 18 ottobre 1961, in Palazzo Madama. Quel giorno i rappresentanti internazionali salirono lo scalone che adduce alla storica sede del Senato subalpino e sfilarono, non senza commozione, dinanzi ad una bronzea targa posta al pianerottolo fra le due rampe di sinistra che proclama, in aulico latino, «In questo luogo, do-po che i sedici Stati legati tra loro nel-l'ambito del Consiglio d'Europa, con-vennero per firmare la Carta europea, che migliorerà le condizioni di vita di tutti, una più limpida speranza è sorta per i lavoratori dell'Europa libera». C'erano ministri del lavoro ed amba-sciatori, la sala era pavesata dalle ban-diere dei Paesi aderenti ed, al centro, spiccavano il gonfalone di Torino ed un grande vessillo azzurro con il cer-chio di stelle d'oro, simbolo ideale di una terra comune.

La cerimonia della firma, il 18 ottobre 1961.

La cerimonia si aprì con il discorso del ministro italiano del Lavoro, Fiorenti-no Sullo, che aveva al suo fianco, al tavolo della presidenza il ministro degli Affari esteri greco, Michel Pesmazo-glu, il sindaco Peyron ed il vice presi-dente dell'Assemblea parlamentare, sen. Santero.

Il ministro Sullo dichiarò che «la Car-ta sociale non sarà una roboante affer-mazione di principi, ma una concreta linea di azione che i popoli europei si impegnano a seguire con metodo nuo-vo, elastico e graduale... Come rappre-sentante del governo italiano sento di potervi dare ogni garanzia. Il mio Pae-se cercherà di non esPae-sere ultimo nella nobile gara per allargare i diritti del cittadino aventi per oggetto le condi-zioni di lavoro nelle fabbriche e la si-curezza sociale».

A sua volta, Amedeo Peyron rivolse ai convenuti un caloroso saluto, com'era nel suo stile, esprimendo l'orgoglio della città per essere stata scelta come sede per una cerimonia di cosi alto si-gnificato morale e politico.

Dopo altre brevi allocuzioni, la Carta venne firmata dai delegati di tredici Paesi: Belgio, Danimarca, Francia, Germania Federale, Grecia, Irlanda,

Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olan-da, Svezia, Turchia e Gran Bretagna. Non firmarono i rappresentanti di tre Paesi: Austria ed Islanda (i cui governi non avevano ancora concordato la loro adesione) e Cipro che aveva aderito appena da un mese al Consiglio d'Eu-ropa.

ENUNCIAZIONI E CONTENUTI

Entrata in vigore il 26 febbraio 1965, trenta giorni dopo il deposito del quin-to strumenquin-to di ratifica, la Carta socia-le europea è un trattato internazionasocia-le multilaterale che vincola, per ora, tre-dici dei ventun Stati membri del Consi-glio d'Europa, qui elencati nell'ordine cronologico della loro adesione: Dani-marca, Irlanda, Italia, Norvegia, Ger-mania Federale, Regno Unito, Svezia, Austria, Cipro, Francia, Islanda, Olan-da, Spagna.

Consta di un preambolo, di cinque parti e di un allegato. Chi vi aderisce si impegna ad assicurare il godimento di diritti sociali, senza alcuna discrimina-zione ed a migliorare il tenore di vita ed il benessere di tutte le categorie, mediante adeguate norme e realizzazio-ni. Elemento di indubbio rilievo è che, per la prima volta, in un trattato inter-nazionale è affermato il diritto allo sciopero.

Il preambolo riveste un'importanza no-tevole, poiché precisa l'interpretazione da darsi alla Carta per disposizioni ri-levanti quali l'interdizione della discri-minazione o l'applicazione nel settore agricolo.

La Parte I presenta in 19 punti i diritti che saranno precisati, in dettaglio, suc-cessivamente. Queste disposizioni ini-ziali costituiscono i principi fondamen-tali del documento e vincolano gli Stati contraenti in quanto questi ultimi non possono prendere provvedimenti legi-slativi o amministrativi che siano loro contrari.

L'essenzialità delle disposizioni della Parte I emerge anche dal fatto che, al momento della ratifica, gli Stati con-traenti sono liberi di accettare solo un limitato numero di impegni ivi

precisa-Una delle pagine della firma della Carta sociale.

ti e c'è la facoltà di ampliare progressi-vamente la propria adesione, accettan-do nuove disposizioni. Più in dettaglio, la Parte contraente che ratifica e rende esecutiva la Carta sociale deve impe-gnarsi ad osservare almeno 5 di 7 arti-coli considerati fondamentali fra i 19 contenuti nella Parte II e inoltre a con-siderarsi obbligata «ad osservare un numero supplementare di articoli o pa-ragrafi numerati della Parte II della Carta che essa sceglierà, a condizione che il numero totale degli articoli e dei paragrafi numerati che la vincolano non sia inferiore a dieci articoli o a quarantacinque paragrafi numerati». (Parte III, Art. 20, co. 1, lett. c). La Parte II contiene dunque 19 articoli ciascuno dei quali rappresenta lo svi-luppo e la concretizzazione dei 19 prin-cipi formulati nella Parte I. Taluni di essi rivestono un'importanza particola-re; sono infatti riconosciuti fondamen-tali al fine di garantire uno standard minimo di libertà e di sicurezza al la-voratore. Essi sono l'art. 1 (il diritto a scegliersi un lavoro), l'art. 5 (il diritto

ad organizzarsi sindacalmente), l'art. 6 (la contrattazione collettiva), l'art 12 (il diritto alla sicurezza sociale), l'art. 13 (il diritto all'assistenza sociale e me-dica), l'art. 16 (la protezione sociale, giuridica ed economica della famiglia), l'art. 19 (la protezione e l'assistenza dei lavoratori migranti e della loro fa-miglia). È fra questi 7 articoli che lo Stato deve impegnarsi ad applicarne 5, come minimo.

La Parte III contiene la precisazione degli obblighi cui lo stato firmatario intende sottoporsi; in essa si rileva il dinamismo della Carta sociale consi-stente nel fatto che, in momenti suc-cessivi, si possono depositare ulteriori dichiarazioni vincolanti per nuove nor-me.

La Parte IV istituisce il «sistema di ga-ranzia» della Carta. Tale sistema si ar-ticola in una serie di rapporti che por-tano a conoscenza gli organi incaricati del controllo delle misure normative interne, attuanti gli obblighi assunti dallo Stato. Questo invia un rapporto sulle norme accettate come vincolanti al Segretario generale del Consiglio d'Europa, con scadenza biennale (art. 21). Copia dei rapporti viene indirizza-ta alle organizzazioni nazionali che sia-b .

no aderenti alle organizzazioni interna-zionali di datori di lavoro e di lavora-tori.

La documentazione di cui si è detto viene trasmessa ad un Comitato di esperti indipendenti (7 membri designa-ti dal Comitato dei ministri del Consi-glio d'Europa) che, affiancato da rap-presentanti dell'Organizzazione Inter-nazionale del lavoro a titolo consulti-vo, redige un proprio rapporto. Quanto precedentemente elaborato vie-ne trasmesso ad un Comitato governa-tivo (un membro per ogni Stato firma-tario, più alcuni osservatori a titolo consultivo di due organizzazioni sinda-cali dei datori di lavoro e di due orga-nizzazioni sindacali dei lavoratori) che redige, a propria volta, un rapporto. Il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa riceve il rapporto del Comi-tato degli esperti, quello del ComiComi-tato governativo ed il parere dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa che può indirizzare allo Stato, indivi-dualmente, le necessarie raccomanda-zioni, adottate a maggioranza dei 2/3 dei membri. Tali raccomandazioni (volte ad individuare le manchevolezze della normativa interna, ecc.) non sono vincolanti giuridicamente e tuttavia hanno un valore politico e morale non trascurabile.

Gli individui, in linea generale, non di-spongono di alcun diritto, poiché le norme contenute nella Parte II sono quasi esclusivamente programmatiche (e non precettive); ciò significa che il cittadino non può invocarle di fronte al giudice interno, nel caso lo Stato non vi ottemperi. Eccezione a questa regola è, senza dubbio, rappresentata dal diritto di sciopero e dal diritto di uscire liberamente dal territorio del proprio Stato.

Infine, la Parte V contiene clausole concernenti la firma, la ratifica, il posito degli strumenti di ratifica, le de-roghe in caso di guerra e di pericolo pubblico interno, nonché la determina-zione della sfera di applicadetermina-zione terri-toriale, mentre l'allegato determina la sfera di applicazione soggettiva.

Intervento del ministro Michele Di Giesi alla cerimonia rievocativa de! 19 ottobre 1981.

RITORNO A TORINO

A vent'anni di distanza il Consiglio d'Europa ha deciso di tenere, ancora a Torino, delle riunioni operative duran-te tre giorni che coincidessero con una solenne rievocazione, nuovamente in Palazzo Madama.

Le riunioni, svoltesi presso la sede del Centro Internazionale di Perfeziona-mento Professionale e Tecnico, furono precedute, il mattino del 19 ottobre, da una conferenza stampa in cui Gaetano Adinolfi, attorniato dai suoi collabora-tori, illustrò il lavoro finora svolto, in materia di Carta sociale, e le prospetti-ve dell'immediato futuro. Subito dopo iniziarono i lavori del Comitato di esperti indipendenti, del Comitato go-vernativo, della Sottocommissione del-l'Assemblea che si occupa della Carta sociale (tutta gente altamente qualifica-ta, che da anni opera nel settore). Nel tardo pomeriggio dello stesso gior-no, in una affollata riunione avveniva la rievocazione dei primi venti anni della Carta sociale europea. Prendeva-no la parola il ministro italiaPrendeva-no del La-voro, Michele Di Giesi, il sindaco di Torino, Diego Novelli, il presidente del

Comitato intergovernativo della Carta sociale, Vincente Toro Orti, il presi-dente della Regione Piemonte, Ezio Enrietti, il presidente della Provincia di Torino, Eugenio Maccari, il presidente del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, A. Wacher, il presidente del Comitato di esperti indipendenti, A. N. Loizou, il presidente della Sotto-commissione della Carta sociale, Lord Hughes, il direttore del Centro Inter-nazionale di Torino, André Abougha-nem e il segretario generale aggiunto del Consiglio d'Europa, Gaetano Adi-nolfi.

Troppo lungo sarebbe riassumere qui i numerosi interventi. Vorrei solo citare la considerazione di Diego Novelli che «la Carta sociale europea ha segnato nel diritto, nella cultura, nel costume, ma purtroppo non ancora, o ancora troppo poco, nei fatti dei nostri Paesi una innovazione di grande valore. Tut-tavia, poiché non siamo qui solo per celebrare ma anche per riflettere e giu-dicare, dirò senza reticenze come a me sembri che questa Carta sia rimasta, dopo vent'anni, ancora troppo carta, ancora poco realtà. Certo, vent'anni sono un tratto di tempo esiguo, se mi-surati sul grande respiro della storia,

La mostra sulla Carta sociale europea in Palazzo Bricherasio.

non più di un batter d'occhi; e poiché, come si dice, bisogna dar tempo al tempo, occorre anche saper aspettare che le idee, i principi, le indicazioni morali diventino a poco a poco cose, procedure, leggi, norma quotidiana, consuetudine scontata».

La chiusura dell'intervento del sindaco ebbe un'impronta fortemente europei-stica: «Torino ospiterà fra due anni, i quindicesimi Stati generali del Consi-glio dei Comuni d'Europa. Sarà un'oc-casione per confermare la vocazione europea di questa città, vocazione che per noi non significa una vuota e reto-rica espressione, ma rappresenta e deve rappresentare un impegno costante nel-la nostra azione di governo, nelnel-la vita quotidiana, nella cultura di tutti i tori-nesi per la costruzione di un avvenire di giustizia, di pace, di promozione non solo per l'Europa ma per l'umani-tà intera».

L'APPLICAZIONE PRATICA

Come abbiamo visto, la Carta prevede un sistema internazionale di controllo che si avvale dell'intervento di quattro organi distinti: un Comitato di esperti indipendenti «della più alta integrità e di una competenza riconosciuta nelle materie sociali internazionali», un Co-mitato governativo, l'Assemblea parla-mentare del Consiglio d'Europa e il Comitato dei Ministri di questa orga-nizzazione.

Ogni due anni l'evoluzione sociale nel-l'ambito dei vari Stati contraenti viene passata al vaglio e comparata con le norme contenute nella Carta.

Circa i risultati concreti finora ottenu-ti, indubbiamente ci si potrebbe aspet-tare di più, ma i fautori del documento fanno rilevare che, per ratificarlo gli Stati hanno spesso modificatq la loro legislazione in settori di vasta impor-tanza come l'età minima lavorativa, la durata del congedo di maternità e cosi via; le anomalie riscontrate grazie al si-stema di controllo internazionale han-no dato spesso luogo a misure corretti-ve da parte dei gocorretti-verni interessati; po-co alla volta il numero di Stati vinpo-cola-

vincola-Una sezione della Mostra

ti dalla Carta aumenta e, nel contem-po, le legislazioni e le situazioni di fat-to si allineano sulle norme vent'anni fa codificate; gli organi di controllo (e, soprattutto, il Comitato di esperti indi-pendenti) hanno creato una «giurispru-denza» in materia sociale alla quale si ispirano legislatori e uomini politici, anche nei Paesi non ancora vincolati dalla Carta.

È ormai opinione generalizzata che una revisione della Carta sociale non sia più dilazionabile. Per poter riflette-re una riflette-realtà in rapida e continua

evo-luzione, la Carta deve dunque essere aggiornata in certi punti, giungendo a contenere norme nuove, come il diritto alla casa, all'educazione, alla parteci-pazione nelle decisioni aziendali, ecc. Si è cosi parlato, anche nella citata riu-nione di Torino, della adozione di un protocollo addizionale riferentesi pro-prio all'allargamento della fascia dei nuovi diritti da proteggere e c'è l'inten-dimento di sveltire le procedure di con-trollo (che ora richiedono alcuni anni) e di studiare nuove soluzioni che ren-dano più concretamente applicabile il documento. Dovrebbero essere codifi-cati nuovi diritti come la non discrimi-nazione tra uomini e donne

nell'acces-so all'impiego e nelle condizioni di im-piego, la protezione dei rappresentanti dei lavoratori e dei delegati sindacali, ed altri ancora.

Onde conoscere gli ultimi sviluppi della situazione, trovandomi recentemente a Strasburgo, sono salito agli uffici che si occupano della Carta sociale nella sede del Consiglio d'Europa. Una vec-chia e cara conoscenza, il cipriota Co-stas Indianos, mi ha gentilmente rag-guagliato. Il Comitato dei ministri ha dunque creato un Comitato ad hoc per la revisione, questo ha nominato un Gruppo di lavoro che è tuttora all'ope-ra e di cui non si conoscono, per il momento, le conclusioni.

Frattanto, il documento più importan-te e più recenimportan-te elaborato dal Comitato di esperti indipendenti e denominato «Conclusioni VII» riguarda il settimo rapporto biennale presentato dai go-verni, dopo il settimo ciclo di control-lo. È stato rilevato che le «conclusio-ni» degli esperti indipendenti costitui-scono indubbiamente una fonte im-pressionante di elementi informativi sulla situazione delle legislazioni sociali degli Stati contraenti. Una prima parte comprende una valutazione di come ognuno dei 19 articoli fondamentali della Carta sia stato rispettato, mentre una seconda parte concerne il giudizio sulla posizione di ogni singolo Stato contraente.

Facciamo qui un esempio pratico, per vedere quanto si scenda nei dettagli. Nella valutazione relativa all'articolo 1 della Carta, riguardante il diritto al la-voro si può leggere che, dopo l'esame del rapporto della Gran Bretagna, il

Comitato ha formulato varie osserva-zioni fra cui la seguente: « Per quanto riguarda l'abolizione del lavoro forza-to, esso ha preso atto della sostituzione dell'articolo 28 della legge del 1970 sul-la marina mercantile con l'articolo 45 della legge del 1979 sulla marina mer-cantile, in base al quale lo stato di ubriachezza in quanto tale non è più un reato sulle navi mercantili, ma lo resta sui battelli da pesca dove rischia di mettere maggiormente in pericolo l'imbarcazione o la vita dell'equipag-gio. Il Comitato ha giudicato questa modifica assai positiva, tenuto conto delle esigenze della Carta ».

Nel documento Cronache Economiche. N.003, Anno 1982 (pagine 61-67)