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CON IL GIAPPONE

Nel documento Cronache Economiche. N.003, Anno 1982 (pagine 51-57)

Giuseppe Corone

V

La notevole disinformazione che, so-prattutto in Italia, si ha del Giappone, fatta eccezione per pochi eletti (e per la maggior parte interessati alla conoscen-za di aspetti culturali riguardanti: sto-ria, filosofia, letteratura, teatro, politi-ca, in alcuni casi), si presenta forte-mente accentuata per quanto riguarda tutta la materia che ha riferimento al-l'economia e questo per il ristrettissimo numero di persone che curano questo particolare aspetto della cultura e della informazione.

È questa carenza che, quando e come possibile, consiglia di conoscere e far conoscere materiale di informazione e documentazione atto ad evidenziare particolari situazioni del mondo giap-ponese in quell'insieme di fatti che ne hanno determinato lo sviluppo; delle difficoltà che si frappongono per apri-re e determinaapri-re quei rapporti che limi-tano oggi gli scambi. Più che limitati, difficili, ed in qualche caso impossibili, proprio per carenza di informazione, di conoscenza reciproca.

Si tratta di limitazioni che vanno ad incidere su quei più ampi e complessi rapporti tendenti alla migliore coopera-zione internazionale.

Nell'intento di fornire quantomeno delle indicazioni intese a conoscere gli elementi che sono alla base di quel rapporto che non ancora evolve verso una reciproca conoscenza e compren-sione, soprattutto nelle relazioni con l'Occidente e più ancora con l'Europa, e la CEE in particolare, vengono pre-sentate, qui di seguito, due pubblica-zioni (ed i punti di vista espressi dagli autori che hanno collaborato alla rela-tiva predisposizione), dalle quali sono state tratte indicazioni a nostro avviso di particolare interesse, anche perché gli autori sono di origine occidentale. Quindi se il giudizio dato di noi euro-pei può apparire, in qualche caso, di parte, va accolto come non interessato ed imparziale. La conoscenza che gli Autori hanno dimostrato di avere del Giappone deve indurre al convincimen-to che per giudicare occorre conoscere, essere convenientemente informati, ri-fiutando ricorrenti luoghi comuni ed immagini errate.

In «Misunderstanding, Europe vs. Ja-pan»1 vengono diffusamente trattate le

molte cause che sono alla base dei pro-blemi economici che caratterizzano i rapporti fra Giappone ed Europa. Premesso che nel decennio in corso vi saranno, è prevedibile, più tensioni e stress nelle relazioni fra Giappone ed Europa di quante non ve ne fossero state in passato. Ci si sta ora avviando faticosamente verso un periodo freddo. Anche se vi sarà pace nel Mondo, il prezzo del petrolio e di altre materie prime continuerà ad aumentare. Inol-tre il ritmo di crescita dei Paesi indu-strializzati tende a rallentare a diffe-renza di quanto si verificò negli anni '50 e '60 ed in Europa si crea inflazio-ne e disoccupazioinflazio-ne.

Lo stesso commercio mondiale si pre-senta con alcune limitazioni nella cre-scita ad eccezione dei Paesi che nuovi si vengono industrializzando e che cer-tamente aumenteranno le loro quote di esportazione e conquisteranno i mer-cati.

In una tale prospettiva la competizione negli anni '80 fra i Paesi industrializza-ti, per quanto concerne mercaindustrializza-ti, pro-duzione ed impiego delle risorse, si verrà intensificando. Europa e Giappo-ne saranno fra i principali contendenti. Crescita economica rallentata ed alti tassi di disoccupazione più sensibili in Europa che in Giappone renderanno difficile, per gli europei, mantenere un certo standard con la sola riconversio-ne e modernizzazioriconversio-ne delle industrie. I giapponesi, per parte loro, hanno inve-ce raggiunto un ottimo livello di am-modernamento industriale e di innova-zioni tecnologiche. È evidente che gli anni '80 avranno sia per l'Europa che per il Giappone, fra i traguardi, la massima efficienza industriale. Inoltre le restrizioni commerciali apparse in qualche modo adeguate negli anni '70 si presenteranno sempre più come es-senziali ed inevitabili negli anni '80. Impressione diffusa è che si faranno passi indietro dato che europei e giap-ponesi si illudono di riproporre schemi e sistemi del passato. Secondo l'Auto-re, è soltanto distruggendo le immagini del passato che si può percepire la si-tuazione odierna. La lunga serie di esempi dei quali si dispone costituisce prova continua di un tale assunto. Tut-to viene pertanTut-to riposTut-to nella

speran-za che solo l'abbandono di vecchi pre-giudizi possa fornire immagini chiare e nuove degli uni e degli altri.

L'immagine europea del Giappone è costituita da tutta una serie di stereoti-pi fondati su azioni che hanno radici di indifferenza, ignoranza, pregiudizi, preoccupazioni e, forse più di ogni al-tro, la mancanza di qualche valido sforzo inteso a comprendere seriamen-te questo Paese in un suo insieme con-siderato.

Ma il quadro si completa se si traccia l'atteggiamento dei giapponesi verso il Mondo occidentale e l'immagine che si sono fatta dell'Europa.

Poiché i giapponesi si sono voluti col-locare nella posizione di «apprendisti» sono in grado di farsi un'idea dell'Eu-ropa con una certa immediatezza più di quanto possano fare gli europei i quali hanno assunto, verso il Giappone la tipica posizione degli insegnanti. Va anche del pari precisato che i giappo-nesi non sono però ancora in grado di proiettare una loro immagine ben chia-ra ed interessante.

Se un dialogo fra Giappone ed Euro-pa, negli ultimi anni, è stato aperto ri-guarda essenzialmente questioni econo-miche e, più propriamente, limitazioni di natura commerciale. Una indicazio-ne sufficiente per dimostrare gli attuali limiti del dialogo.

L'eccessiva competitività ha prodotto sempre più frequenti restrizioni al commercio; e si è sviluppata, per di più, in chiave industriale ed ha interes-sato, in particolare, settori come ac-ciaio, navi, macchine e macchinari, elettronica; con ripercussioni sull'Euro-pa esacerbata dalla stagflazione e mi-nore occupazione interna, rese esaspe-rate dalla fine di un'era e cioè presenza di materie prime ed energia a buon mercato.

Limitazioni normative imposte alle re-lazioni commerciali sono risultate sem-pre più acutizzate, perché è mancato proprio quello scambio di informazioni per una migliore reciproca conoscenza e comprensione mentre sono prevalse impressioni ed immagini errate da par-te dell'Europa in particolare.

Non c'è certamente interesse, da parte di entrambe le parti, che questo stato di cose abbia ad essere alimentato.

Oc-corre un cambiamento nella maniera di intendersi per l'auspicato miglioramen-to non soltanmiglioramen-to delle relazioni commer-ciali ma anche ai fini di una utile quanto necessaria cooperazione. Se questo mutamento non si verifiche-rà il dialogo fra Europa e Giappone si ridurrà ad un progressivo inasprimento delle restrizioni commerciali e ad una serie di reciproche accuse che possono soltanto rafforzare immagini negative e produrre manifestazioni di ostilità a tutto danno delle buone relazioni eco-nomiche.

Si deve soltanto auspicare che gli euro-pei si facciano un'idea più chiara di sé stessi e del Giappone e che i giapponesi

si convincano che è giunto il momento di mettersi d'accordo per proiettare un'immagine molto chiara del loro Paese e della loro posizione nel Mon-do, anziché limitarsi a reagire a ciò che gli altri pensano del Giappone.

Ancora nel 1974, in ambienti della CEE, anche di particolare qualificazio-ne culturale, si faceva richiamo a luo-ghi comuni; esempi di casi del 19° colo ripresi in lavori del tardo 20° se-colo. Nulla cioè appariva mutato di quanto sul Giappone era stato detto da scrittori del 16° e del 17° secolo. L'osservazione in anni più recenti, e questa volta in ambienti giapponesi, a Tokyo, doveva avere una conferma nei

commenti sul Giappone fatti da visita-tori europei delle più diverse fasce cul-turali: turisti, uomini d'affari, giornali-sti, uomini politici, docenti universita-ri, con la conclusione che gli europei si erano costituiti uno stock del tutto li-mitato di immagini sia positive che ne-gative, sul Giappone e sui giapponesi; ma dipendenti soprattutto più da situa-zioni umorali che da fatti concreti. Caratteristiche attribuite ai giapponesi non risultavano dissimili da quelle stes-se che gli europei attribuiscono agli al-tri popoli orientali. Un fatto che peral-tro non può sorprendere se si pensa che il Giappone, per molto tempo, è stato confuso con la Cina. Ma è anche sintomatico il fatto che l'espressione «gaijin» = straniero, ad esempio, viene usata essenzialmente per gli occidentali e mai per i cinesi.

Va tuttavia precisato che la generazio-ne giappogenerazio-nese del dopoguerra non po-ne più in modo drastico la distinziopo-ne fra «straniero» e «giapponese», in quanto si è fatto strada il nuovo prin-cipio della internazionalità.

Tutti i libri di testo sia giapponesi che stranieri hanno sempre insistito sul fat-to che i giapponesi si sono chiusi nel loro mondo, ciò che ha reso difficili i rapporti e la conoscenza da parte degli altri popoli.

Del tutto normale pertanto quella linea di demarcazione cosi netta con gli «stranieri», si da rendere particolar-mente difficile ogni distinzione soprat-tutto fra occidentali. Alla fine degli anni sessanta era ancora comune senti-re catalogasenti-re tutti gli stranieri come americani.

Altrettanta è la difficoltà che incontra-no gli occidentali nel rendersi conto delle differenze esistenti fra un cinese, un giapponese ed un coreano.

Più recentemente, allorché l'influenza americana si è attenuata, la collocazio-ne degli stranieri, per Paesi di apparte-nenza, si è venuta chiarendo ma sono rimasti gli stereotipi riferiti a caratteri-stiche associate a ciascuno dei più im-portanti Paesi esteri.

Come per le immagini europee del Giappone, la collettività giapponese si è creato uno stock limitato di immagi-ni sia positive che negative sull'Europa e sugli europei a seconda degli umori e

della giornata. Ma con la differenza che le immagini giapponesi dell'Europa tendono ad essere più positive e più vi-cine alla realtà che non quelle europee del Giappone.

Ciò è da ricercare nel fatto che nella formazione del Giappone moderno gli europei venivano considerati con un misto di timore e di rispetto. Due ele-menti di rilievo per poter imparare a capire gli europei da parte degli euro-pei stessi.

«Gli europei per parte loro hanno con-siderato i giapponesi con indifferenza, qualche volta anche con disprezzo, ta-laltra con timore e solo raramente con rispetto». Un dato di fatto e nel con-tempo un disappunto.

Il Wilkinson, nel raccogliere il mate-riale di informazione e documentazio-ne che lo ha portato a scrivere «Mi-sunderstanding Europe vs. Japan», ha avuto evidentemente un'unica finalità e cioè cercare di analizzare senza pre-giudizi di sorta la vera natura dei comportamenti degli europei e dei giapponesi; degli uni verso gli altri. E suggerire, in sostanza, come possa ve-nire migliorata quella comune com-prensione cosi importante nei rapporti internazionali.

«Le nazioni conducono i loro affari internazionali non in base alla realtà; ma a seconda delle percezioni che di questa realtà si possono avere. La gen-te, a sua volta, è disturbata ed allar-mata non dai fatti; ma dalle opinioni e fantasie che si creano sui fatti stessi». Nonostante l'opportunità offerta dai mezzi di comunicazione; dalla possibi-lità di aver contatti diretti; da quanto la televisione è in grado di offrire, co-me immagine e conoscenza, di Paesi lontanissimi come il Giappone, si ha la sensazione che certi pregiudizi siano oggi più radicati ancora che in passato. Sembra addirittura che le immagini di un Paese più che formarsi direttamente nella mente degli individui vengano tramandate da una generazione all'al-tra e finiscano inconsciamente col far parte della collettività.

Gli stereotipi costituiscono momenti della coscienza nazionale; si ritrovano nella letteratura, nei libri di testo delle scuole e vengono trasmessi di genera-zione in generagenera-zione.

Non mancano in «Misunderstanding Europe vs. Japan» esempi di immagini fuori del tempo, ma che tuttavia per-sistono soprattutto nella cultura popo-lare.

Gli uomini politici di un Paese hanno, in media, per la massima parte, un'età compresa fra i 50 ed i 70 anni. Le immagini, le impressioni dell'infan-zia e della giovinezza a loro volta tras-messe dalla precedente generazione permangono, poiché il tempo tende ad incapsulare le percezioni di un Paese diverso da quello di origine talché ven-gono trasmesse alla generazione succes-siva.

Per le suddette ragioni, le decisioni in tema di politica estera sono estrema-mente conservatrici. Quando non si av-verte la necessità di conoscere a fondo un dato Paese, si hanno impressioni superficiali; le immagini risulteranno pertanto soggettive ed emozionali. Un fatto accertato ed un esempio delle im-magini europee del Giappone.

In Giappone invece fu sempre avvertita come necessità l'imparare dall'Europa e dell'Europa. È per questo che il Giappone si è formato dell'Europa im-magini meno emotive e più vicine alla realtà. Mentre non tutti i Paesi europei si sono fatta la stessa idea del Giap-pone.

Le immagini che due individui hanno, l'uno dell'altro, possono essere sempli-ci o complesse; possono mutare con l'andare degli anni o si congelano in stereotipi. Quando si tratta di due Pae-si a confronto le impresPae-sioni sono più facili da percepire. Sono più numerosi i canali di comunicazione ed è maggio-re il numero delle immagini che si pmaggio-re- pre-sentano all'osservazione. Ma anche in questo caso giocano fatti culturali di fondo; come, ad esempio, l'apparte-nenza a gruppi sociali o di lavoro e gli interessi che gli stessi possono avere verso il Paese. Un uomo d'affari ed un turista potranno farsi una diversa opi-nione del Paese proprio in relazione al diverso interesse che il Paese stesso, per l'uno o per l'altro, determina. E gli esempi possono farsi infiniti su questo particolare aspetto che è all'ori-gine della formazione di determinate immagini.

un'i-dea tutta personale di un dato Paese attraverso impressioni od esperienze di-rette e per più vie percepite e acquisite. La relazione fra immagine e realtà è indefinibile; spesso complicata dal fat-to che le immagini, sia vere che false, tendono a frenare la vita di ciascun in-dividuo ora con vigore e richiedendo attenzione, talaltra quasi assopendosi per riemergere quando meno ci si aspetta.

Si è fatto espresso richiamo a ciò che 10 stesso Autore ha ritenuto di riassu-mere per presentare i capitoli del suo libro. Con tutta una serie di argomen-tazioni e di assunti, l'Autore ha cerca-to di dimostrare e di presentare le im-magini che europei e giapponesi si so-no fatte gli uni degli altri.

11 Giappone è apparso ed è stato visto come un fenomeno di moda; come po-tenza militare e coloniale e successiva-mente come potenza mondiale. Ed i giapponesi come gente paradossale. L'Europa è stata considerata dai giap-ponesi come museo culturale; ha por-tato e sta portando ad una completa occidentalizzazione che ha provocato anche delusioni.

Tutto ciò ha indotto, nello stesso tem-po, a parlare necessariamente di mer-cati aperti e di porte chiuse. Al declino in Asia dell'Europa ha fatto riscontro la crescita del Giappone. L'antagoni-smo commerciale, che si è venuto svi-luppando nella seconda metà degli ni '70, tenderà ad esasperarsi negli an-ni '80 se non si penserà a ciò che oc-correrà fare per migliorare, fra Europa e Giappone, le relazioni commerciali e le comunicazioni; molto puntando su due momenti che attivano la conoscen-za e cioè l'informazione e la documen-tazione.

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Il fatto che una società di navigazione aerea si presenti da sola anche come servizio informazioni commerciali o come mezzo volto a fornire chiarimenti sul modo di trattare affari con il Giap-pone, può effettivamente suscitare qualche perplessità.

È appunto la Japan Air Lines (JAL) che ha pubblicato e diffuso il volume «Business in Japan: a Guide to Japa-nese Business Practice and Procedure»,

del quale sono autori Paul Norbury e Geoffrey Bownas, apparso in lingua inglese già nel 1974 come prima edizio-ne della Macmillan Press Ltd2. La stessa JAL, nel presentare il volu-me si augurava che l'apposito servizio di informazioni per gli operatori eco-nomici interessati alla conoscenza del mercato giapponese potesse continua-re, come in passato, a dare dimostra-zione della sua validità, in particolare a coloro per i quali il servizio era stato istituito ed ai quali il volume veniva in pratica consigliato ed indirizzato. La JAL non era nuova ad iniziative di questo genere.

Già in precedenza aveva prodotto e diffuso sulle linee dell'informazione commerciale tutta una serie di fascicoli denominati «Affari in Giappone: gui-da per gli esportatori». Il successo avuto da una tale prima iniziativa in-coraggiò, appunto, a raccogliere in vo-lume l'intera serie di « A f f a r i in Giap-pone», che, preparata in collaborazio-ne con la Macmillan Press, ebbe a co-stituirne il risultato.

Un risultato del tutto valido e confer-mato dalla più recente edizione 1980, ampliata ed aggiornata.

Il volume, pubblicato nel 1974, conte-neva anche diverso materiale che ha contribuito egregiamente all'accertata necessità di rendere il più noto possibi-le il modo di condurre e sviluppare af-fari sul mercato giapponese.

Come dichiarato dagli autori del volu-me, nella prefazione, quando la JAL li invitò a preparare la serie di opuscoli «Affari in Giappone: guida per gli esportatori», si pensò essenzialmente al raggiungimento di due obiettivi. In primo luogo individuare il mondo degli affari giapponese, attraverso i suoi sistemi spesso non comuni, dovuti alla collocazione geografica, alla socie-tà ed alle sue tradizioni. Si cercò di identificare ciò che l'uomo d'affari straniero vuole sapere del commercio col Giappone e venne assunto l'impe-gno che non sarebbe in alcun modo stata mistificata e neppure elusa l'accu-sa di scoraggiamento che asl'accu-sale talvol-ta il visitalvol-tatore che si trova, faccia a faccia, per la prima volta, col mondo giapponese. Un mondo certamente non privo di aspetti particolarmente

com-plessi. Né peraltro si voleva andare nella direzione opposta col semplificare e promettere facile successo in un mer-cato di notevole interesse e di moda, per un semplice riguardo alle indicazio-ni forindicazio-nite dai contribuenti giapponesi. Il secondo obiettivo fu quello di dare un aiuto concreto attraverso indicazio-ni pratiche, anziché presentare un'ana-lisi delle possibili strategie per aggredi-re le struttuaggredi-re.

Sebbene una strategia nella conduzione degli affari è parte, naturalmente, del messaggio, sono state accantonate for-mulazioni teoriche, che avrebbero, più che altro, creato complicazioni anziché aprire al sistema.

Si sono voluti cosi indicare all'esporta-tore e all'uomo d'affari, che conosce poco, o nulla, del mercato giapponese, i molti problemi nei quali inevitabil-mente si imbatte, allorché decide di af-frontare questo nuovo mercato. Viene, infatti, suggerito come destreggiarsi; come si possono affrontare alcuni pre-liminari; dove è possibile ottenere in-formazioni ed aiuti prima di intrapren-dere la non semplice attività di scam-bio.

Viene illustrata, a questo fine, la strut-tura del commercio interno sia giappo-nese che occidentale, e vengono esami-nati vantaggi e svantaggi dei differenti modi di introdursi nel commercio in-terno, direttamente o attraverso agen-zie; i sistemi delle licenze; ecc.

Più direttamente si insiste sui mezzi per trattare affari in Giappone (come per es. il marketing o la conoscenza del sistema distributivo). Una errata o mancata conoscenza del Paese, per troppo tempo, ha creato inibizioni so-prattutto per molti esportatori poten-ziali. Si è investigato anche in settori considerati meno conosciuti, come, ad esempio, le leggi; il ruolo e la funzione che occupa la pubblicità.

Carattere essenziale della guida, è stato il presentare qualcosa che potesse of-frire motivo di riflessione sulla necessi-tà di associare gli affari con lo svilup-po economico e sociale del Giapsvilup-pone; una traccia a comprendere; un aiuto alla pratica «giorno per giorno». Effettivamente, i contenuti di questa «guida», sia l'uno che l'altro volume, presentano un quadro più informato e

realistico dell'uomo d'affari

Nel documento Cronache Economiche. N.003, Anno 1982 (pagine 51-57)