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DEI CENTRI COMMERCIALI INTEGRATI

Nel documento Cronache Economiche. N.003, Anno 1982 (pagine 81-85)

Giorgio Agagliati

L'individuazione dei canali che possa-no dare nuova coerenza alle spinte evolutive, non sempre chiaramente de-cifrabili, che provengono dal settore distributivo nel nostro Paese, passa certamente attraverso lo studio delle opportunità offerte dai cosiddetti cen-tri commerciali integrati, veri e propri centri-servizi che, se per buona parte dell'Europa occidentale non sono più una novità, per l'Italia costituiscono ancora, in certa misura, un continente da esplorare.

Con l'eccezione di alcuni esempi, e fat-ta salva la nuova, concrefat-ta attenzione che i nostri operatori prestano al feno-meno, va infatti rilevato che troppo spesso con la dizione «centro commer-ciale» si intendono — fuori dalla cer-chia degli addetti ai lavori — referenti diversi fra loro e disomogenei rispetto ad una definizione rigorosamente im-prontata alla verifica di caratteristiche tecniche, sia dal punto di vista struttu-rale e infrastruttustruttu-rale, che da quello merceologico.

Nel riferirci, pertanto, a «centri com-merciali» svizzeri esaminati nelle loro caratteristiche nel corso di un viaggio di studio organizzato nel luglio '81 dal-l'Iscom Piemonte1, intenderemo verifi-care di ciascuno brevemente la storia dell'insediamento, l'andamento dell'at-tività commerciale e le caratteristiche tecniche in apposite «schede», ponen-do questi dati in rapporto fra loro per individuare quelle costanti in grado di qualificare il centro commerciale inte-grato come tipo di iniziativa distributi-va specifica.

Per ciascuno dei quattro centri consi-derati2 sono stati individuati e inseriti nelle schede i seguenti dati: inizio del-l'attività, superficie del terreno e su-perficie di vendita, giro d'affari (con riferimento al 1980), fisionomia dei promotori, punti di vendita specializ-zati e grandi magazzini compresi nel centro, area di parcheggio e posti-auto (dato, quest'ultimo, essenziale in rapporto all'affluenza potenziale e effettiva, e, soprattutto, alla potenzia-le estensione dell'attrazione del cen-tro).

LA PROMOZIONE DEI CENTRI

In Svizzera, come in Francia, Germa-nia Federale, Austria, USA (non in Italia), parlare di centri commerciali si-gnifica innanzitutto parlare della Inter-shop Holding S.A., società finanziaria che si interessa della promozione e rea-lizzazione di centri commerciali sin dal primo esempio europeo del genere, sorto nel 1964 vicino a Francoforte. In assenza di istituti specializzati nelle ricerche connesse a questo tipo di rea-lizzazioni, fu allora la stessa Intershop che curò direttamente la progettazione e le indagini di mercato per valutare a priori la validità dell'iniziativa.

Sulla base di quella e delle successive esperienze si sono venute delineando le caratteristiche di uno studio di fattibili-tà «tipo» per la promozione di un cen-tro commerciale integrato, studio che si articola in due fasi: esame generale dell'area interessata, con particolare attenzione agli abitanti e al loro tipo di spesa; studio finanziario.

In questo quadro la figura del promo-tore è essenziale, e ciò non solo perché esso si costituisce come fonte di finan-ziamento (curando in proprio o affi-dando a enti specializzati la progetta-zione e l'indagine preliminare), ma so-prattutto perché è attraverso il promo-tore che passa il coordinamento degli operatori commerciali interessati a tra-sferire nel centro la loro attività: coor-dinamento che significa, fra l'altro, un preciso programma d'apertura che pre-vede, con la partecipazione economica di tutti gli operatori, una campagna pubblicitaria multimediale.

In quest'ottica, del resto, il ruolo del promotore (sia esso una società finan-ziaria o un'impresa della grande distri-buzione) non si esaurisce affatto con l'apertura del centro, ma prosegue nel coordinamento della gestione e dell'at-tività pubblicitaria e finanziaria del complesso. Coordinamento, si è detto: sarebbe infatti un errore concepire il centro commerciale come insieme omo-geneo. Si tratta di una realtà eteroge-nea, ed è proprio nella diversità delle

opzioni offerte e dei servizi presenti nel complesso che risiede il punto di forza di questo tipo di struttura, come vedremo. L'esperienza dell'Intershop e delle altre società ed enti che si occupano di que-sto tipo d'attività insegna che già in fa-se di studio preliminare e poi di pro-gettazione bisogna tener conto di alcu-ni elementi essenziali al successo dell'o-perazione: una localizzazione appro-priata rispetto all'accesso e alla viabili-tà della zona; la presenza nel centro di un punto-vendita trainante (della gran-de distribuzione, che in molti casi ispi-ra addirittuispi-ra, o gestisce direttamente, l'iniziativa); una struttura architettoni-ca non troppo complessa, tale da per-mettere un lay-out estremamente sem-plice.

ESIGENZE E MUTAMENTI SOCIALI ALL'ORIGINE DEI CENTRI

A meno di credere in un'idea meccani-cistica e deterministica di progresso, non è possibile ritenere che le strutture e i modi di una qualsiasi attività si evolvano senza precise spinte prove-nienti dal più generale contesto econo-mico e sociale.

Così, a partire dal primo centro com-merciale integrato USA, quello di Chi-cago, esigenze di decentramento urba-no, concentrazione del tempo libero per gli acquisti in alcuni punti della settimana, necessità di avere una plura-lità di opzioni concentrate in un solo luogo, hanno determinato una precisa evoluzione dei punti-vendita che in Eu-ropa è in atto e in Italia sta prendendo le mosse, soprattutto al Nord.

Una popolazione urbana in movimento quotidiano dal luogo di abitazione a quello di studio e lavoro, e viceversa, tende sempre meno alla ricerca della convenienza attraverso la peregrinazio-ne di peregrinazio-negozio in peregrinazio-negozio, da un lato; dall'altro, il progressivo contrarsi del numero di persone dedite in via esclu-siva o preminente alla cura della casa rischia di determinare una crisi del concetto di «negozio di vicinato», il

ri-corso al quale, più che dalla effettiva convenienza, è legato all'approvvigio-namento quotidiano dei generi di pri-ma necessità e dall'abitudine. È inte-ressante notare, a questo proposito, che dati del censimento riportati recen-temente dal quotidiano «La Stampa», indicano che, nelle donne torinesi, il 10,74% delle trentenni si definisce «ca-salinga», mentre per le ventenni non si raggiunge neppure il 2%.

A ciò si associa un dato urbanistico, che è quello della tendenza a deconge-stionare anche dal punto di vista del terziario, oltre che degli insediamenti produttivi, il centro urbano, aprendo ad una prospettiva «metropolitana»: si creano così nuovi poli d'attrazione nei quali bene si inseriscono realtà come quelle dei centri commerciali integrati. Per questo lo shopping assume, alme-no là dove le esigenze appena viste tro-vano risposta in iniziative economiche, caratteristiche di impiego del tempo li-bero dal lavoro: concentrazione in un punto della settimana, apprezzamento della possibilità di trovare in unità di luogo pluralità di scelta e della possibi-lità di effettuare un massiccio approv-vigionamento (il che vuol dire possibi-lità di utilizzare l'automobile, trovando un parcheggio vicino al punto di vendi-ta e possibilmente nell'area stessa del punto di vendita).

In questo senso, il fare spese assume una componente — o, quanto meno, può assumerla — di riunificazione dei ruoli familiari (anche se con la tenden-za più accentuata all'esclusione dei fi-gli piccoli) ed una componente ludica che spetterebbe piuttosto a sociologi e psicologi valutare, ma che certamente trova nei centri commerciali integrati una valorizzazione. L'offerta di generi «importanti» oltre a quelli di prima necessità, generi quali, per esempio, elettrodomestici e mobili, incentiva — data l'importanza della scelta e l'impe-gno economico dell'acquisto per una famiglia media — la riunificazione dei membri della famiglia (che a volte tro-vano anche la possibilità di «parcheg-giare», oltre alla macchina, i figli pic-coli, presso le baby-sitters fornite dal centro commerciale stesso); così pure, la pubblicità e la promozione dei centri si esplicano spesso attraverso momenti

spettacolari di grande richiamo presso le strutture del centro (soprattutto nel-la fase immediatamente successiva al-l'inaugurazione, ma, in certe situazio-ni, anche come prassi consueta): molto più di una sponsorizzazione, serve al centro un'identificazione del momento ricreativo col luogo dell'acquisto, che viene ad assumere cosi esso stesso con-notati di «ricreazione». La stessa ico-nografia pubblicitaria richiama le cifre di una «liturgia famigliare» dell'acqui-sto presso il centro commerciale, privi-legiando gli aspetti della comodità e della completezza del servizio sui ri-chiami consumistici (ai quali provvede la stessa disposizione delle merci e de-gli stands all'interno dei centri). Va da sé che un'ampia area di par-cheggio è un'esigenza primaria per un centro commerciale di questo tipo, ed uno sguardo alle schede tecniche può largamente confermare questo dato. L'area che dovrà ospitare un centro commerciale come i quattro che qui ci interessano dovrà dunque rispondere a caratteristiche quali:

— disponibilità di area-pareheggio; — facilità di accesso e circolazione nella zona;

— dimensionamento coerente con le indagini sulla zona di influenza e sulla relativa clientela potenziale. Se infatti nuoce il congestionamento di un centro nato troppo piccolo per l'effettiva at-trazione sul pubblico, neppure le «cat-tedrali nel deserto» giovano molto al-l'attività economica.

A tutto ciò dovrà poi corrispondere un finanziamento adeguato, come già ac-cennato a proposito della promozione dei centri, e si potrebbe qui riflettere, per l'Italia, su tutta la complessa que-stione del credito agevolato al commer-cio, dell'incentivazione all'ammoderna-mento delle strutture, del rispetto dei ritmi fisiologici del mercato.

I CENTRI SVIZZERI: CARATTERISTI-CHE E COSTANTI

Balexert come Avry 4, Tivoli come Emmen sono caratterizzati da un

am-pio spazio dedicato ai punti considerati trainanti per un centro commerciale: grandi magazzini e supermercati (i pri-mi due centri vedono anzi proprio la grande distribuzione fra i promotori, come si rileva anche nelle schede). Lo spazio rimanente è stato suddiviso fra operatori specializzati, che hanno aper-to negozi-stand. Gli spazi di vendita vengono generalmente affittati dagli operatori, mentre la gestione del com-plesso (manutenzione, pubblicità, ecc.) può essere curata dalla stessa società che ne ha curato promozione e realiz-zazione (è il caso di Emmen), o da as-sociazioni fra gli operatori (come av-viene a Balexert e ad Avry 4). L'individuazione della tipologia mer-ceologica da presentare nei centri è ge-neralmente operata attraverso prelimi-nari indagini di mercato sull'area di potenziale influenza del centro. Trove-remo così, per esempio, che a Balexert, situato nella zona ovest di Ginevra — il cui ampio sviluppo è stato determi-nato dall'aeroporto e da insediamenti industriali — il budget familiare «ti-po» è stato così valutato: alimentari, 19%; abbigliamento e calzature, 14%; casalinghi, 5 % ; farmacia-pettinatri-ce, 3%; ristorazione e vari, 6%; rifor-nimento auto, 5 % \ e gli spazi di ven-dita sono stati ripartiti di conseguenza. Ciascun centro offre una serie più o meno articolata di servizi che vanno dal ristorante al parrucchiere, dal «garden center» agli snacks, addirittu-ra al minigolf di Tivoli. Proprio Tivoli costituisce l'esempio più completo di servizi offerti alla clientela: oltre ai punti di vendita, sui 28.578 metri qua-drati di superficie del centro si possono trovare, infatti, 5 ristoranti, 3 caffè, 1 snack, 2 chioschi per giornali e tabac-chi, 1 banca, 1 ufficio postale, 1 giar-dino d'infanzia, 1 parco-giochi con mi-nigolf, 1 scuola. E ancora: 2 parruc-chieri (uomo e donna), 1 tintoria, 1 punto di riparazione chiavi, 1 discote-ca, 2 agenzie di viaggi, 1 solarium. La grande attenzione all'aspetto promo-zionale e spettacolare cui già si accen-nava, trova qui una conferma: nel 1980 Tivoli ha visto la realizzazione di circa 150 manifestazioni, molte delle quali contemporanee: corsi di prepara-zione e informaprepara-zione (non per nulla a

Tivoli c'è una «scuola»), incontri spor-tivi, folklore, rassegne musicali, ani-mazione per bambini, tornei di giochi di società, incontri con personaggi di richiamo, ecc.

QUALCHE SPUNTO DI RIFLESSIONE

Lasciamo allo spirito investigativo dei lettori il confronto — peraltro evidente — dei diversi dati delle schede, invitan-do a soffermarsi in particolare sul rap-porto fra superficie di vendita e par-cheggio, sulla valutazione del giro d'affari, sull'articolazione dei punti-vendita in rapporto alla superficie (vo-ci, queste, altamente significative per un'analisi dei centri commerciali inte-grati). Riteniamo utile, da parte no-stra, fornire qualche dato in più per una riflessione di metodo, precisando che le fonti sono le stesse organizzazio-ni dei centri, in particolare quello di Tivoli.

Situato nella zona ovest di Zurigo, Ti-voli esercita la sua influenza su un'area che è stata determinata in base alla di-stanza coperta dai clienti (in termini di tempi di percorrenza in auto) nel modo seguente:

— il 45% dei clienti compie al massi-mo dieci minuti di tragitto in auto da casa al centro commerciale;

— il 27% percorre circa venti munuti in auto, ed è costituito da clienti pro-venienti dal centro di Zurigo;

— il 16% compie circa quarantacinque minuti di viaggio-auto;

— il 10%, infine, impiega più di 45 minuti.

Il 50% della clientela complessiva è co-stituito da donne. Un'analisi delle fa-sce d'età consente poi di suddividere i clienti del Tivoli in quattro classi: 18-19 anni (29%); dai 30 ai 39 anni (29%); dai 40 ai 60 anni (32%); oltre i 60 anni (10%).

Quest'ultimo dato è di per sé solo in parte significativo, se considerato fuori contesto: la valutazione dovrebbe tener conto dell'età media della popolazione della zona d'influenza e di altre

carat-teristiche sociometriche che ci porte-rebbero, però, piuttosto fuori strada. Vi sono poi alcuni altri dati, sempre riferiti a Tivoli, che dimostrano inequi-vocabilmente un rapporto di propor-zionalità diretta fra il numero delle au-to che visitano annualmente il centro commerciale e la produttività del cen-tro stesso: si tratta di una considera-zione che, al di là delle cifre assolute, ha carattere generale, a dimostrazione del fatto che una struttura di questo genere vede ridursi decisamente il nu-mero di chi entra «per farsi un'idea» ed esce senza avere acquistato nulla". Si tratta solo di sapiente strategia di vendita, di pressione psicologica dell'e-norme spiegamento di forze commer-ciali? Difficilmente questo dato è la so-la causa: diremmo, anzi, che si tratta di un effetto del ruolo che svolge il centro commerciale integrato, e che abbiamo delineato fin qui. L'offerta di una pluralità di opzioni in una unità di luogo (per quanto necessariamente va-sto e articolato), con un corredo gene-ralmente completo di servizi al pubbli-co e addirittura un potente aspetto ri-creativo-culturale parallelo all'attività commerciale (cfr. nota 4), costituisce di per sé un polo d'attrazione capace di modificare le abitudini d'acquisto dei consumatori, i quali sono poi ulte-riormente incentivati a non andarsene a mani vuote proprio dallo «spiega-mento di forze» cui si accennava.

PER UNA CONCLUSIONE

L'esperienza svizzera non è isolata, fuori dal mondo: essa si colloca in un preciso filone evolutivo del commercio internazionale legato strettamente ai modi di sviluppo, che determinano poi le differenze nazionali e, addirittura, regionali: anche qui, non è un caso che l'Italia segni ancora il passo, né del re-sto avrebbe alcun senso accelerare arti-ficialmente i tempi, «drogare» il mer-cato attraverso pressioni di qualsiasi ti-po per modificare le strutture commer-ciali in una determinata direzione. È questo, in effetti, il nodo del dibattito sulla riforma del commercio, alla

ricer-ca del difficile equilibrio fra le tenta-zioni dirigistiche e il più umile tentati-vo di individuare le linee di etentati-voluzione del terziario nel nostro Paese.

Sulla scorta di questa considerazione, si possono, in conclusione, avanzare o riprendere alcune riflessioni ispirate dai quattro centri di Balexert, Avry 4, Ti-voli ed Emmen.

In primo luogo, il ruolo dell'ente pro-motore (quale che sia la sua natura) non si può «ridurre» (si fa per dire) al finanziamento dell'iniziativa: c'è un importante ruolo di coordinamento fra le esigenze dei vari operatori, di orga-nizzazione degli studi preliminari e dei progetti, dei rapporti con l'amministra-zione pubblica.

In secondo luogo, la costruzione che ospita un centro commerciale deve ispirarsi alla facilità di percorso da parte del consumatore, che deve poter concentrare tutta la sua attenzione (e le sue energie: non è questo, infatti, un modo di fare acquisti esente da sforzo fisico e psicologico) sulla pluralità di offerte, senza disperdersi in stressanti «strategie di percorso».

Ancora, e lo si è visto, conta molto il tipo di assortimento merceologico, an-che se si tratta di un obiettivo difficile da raggiungere senza un'efficace coor-dinamento. Rientra in quest'ottica an-che la giusta valorizzazione della con-correnza fra punti vendita simili, pur-ché l'estensione del centro lo consenta e di reale concorrenza si tratti, e non di semplice e «piatta» convivenza, che agli occhi del cliente diviene pura e inutile ripetizione (a scapito di altre, chissà quali!, occasioni).

Non mette neppur più conto soffer-marsi sull'importanza dei parcheggi, per i motivi già visti, e connessi diret-tamente all'evoluzione del costume, delle abitudini d'acquisto.

L'esperienza di Tivoli, in particolare, mostra poi come sia indispensabile una corretta politica promozionale, che tenda (cfr. anche la nota 4) a rendere almeno formalmente autonomi il mo-mento commerciale e quello spettacola-re e ricspettacola-reativo in genespettacola-re, da un lato, e che realizzi, dall'altro, una pubblicità multimediale che evidenzi l'articolazio-ne delle offerte riconducendole ad una unità di riferimento (il nome, il

simbo-lo, la grafica, ecc.). In tutti e quattro i centri è stata poi sottolineata la sensi-bilità dei clienti verso forme di promo-zione che comprendano agevolazioni sul costo della benzina: dato, certa-mente spiacevole, di crisi, ma proprio per questo elemento da non sottovalu-tarsi in un tipo d'acquisto basato sul-l'uso del mezzo privato.

Riveste infine un ruolo fondamentale, com'è naturale, un rapporto costrutti-vo con gli enti pubblici, che non sem-pre sono pronti a cogliere l'innovazio-ne in tutti i suoi aspetti. Ma è questo un terreno in cui le valutazioni politi-che ed economipoliti-che si intrecciano stret-tamente, e dove, veramente, quasi ogni località ha una propria storia, fatti sal-vi gli indirizzi generali di politica eco-nomica e del territorio. Il che fornisce, comunque, la misura di quanto, da un lato, sia necessaria un'elaborazione a livello centrale dei criteri per la pro-grammazione purché, dall'altro, questa sia effettuata a livello locale, con at-tenzione alla specificità delle diverse si-tuazioni nel tempo e nello spazio.

S c h e d e dei c e n t r i e s a m i n a t i

A. Balexert (Ginevra)

Data di apertura: 2 ottobre 1971 Superficie terreno: mq. 6 6 . 7 1 2 Superficie di vendita: mq. 2 0 . 5 0 0 Giro d'affari 1980: 192 milioni di F.S. Promotori: Migros + Au Grand Passage Punti vendita specializzati: 20 Grandi magazzini: 2 (Migros e Jelmoli) Area parcheggio: mq. 4 7 . 9 4 4

Posti auto: 1.649 (più 2 5 0 riservati al personale)

B. Avry 4 (Avry-sur-Matran, Friburgo) Data di apertura: 1 973

Superficie terreno: mq. 1 2 0 . 0 0 0 Superficie di vendita: mq. 2 4 . 5 0 0 Promotore: Migros

Punti vendita specializzati: 22 Grandi magazzini: 2 (Migros) Posti auto: 1.000

C. Tivoli (Spreitenbach, Zurigo) Data di apertura: 10 ottobre 1974 Superficie di vendita: mq. 2 8 . 5 7 8 Giro d'affari 1980: 145 milioni di F.S. Punti vendita specializzati: 29

Grandi magazzini e supermercati: 2 (Migros e Big Store)

Posti auto: 2 5 0 0

D. Emmen (Emmenbrucke, Lucerna) Data di apertura: 1975

Superficie terreno: mq. 5 7 . 0 0 0 Superficie di vendita: mq. 2 4 . 0 0 0 Giro d'affari 1980: 133 milioni di F.S. Punti vendita specializzati: 50 Grandi magazzini e supermercati: 2 Posti auto: 2 5 0 0

N O T E

1 Istituto di ricerca e consulenza sui problemi del com-mercio e del turismo, di Torino.

2 Precisamente quelli dì: Balexert, zona ovest di Ginevra Avry 4, di Avry-sur-Matran (Friburgo) Tivoli, di Spreitenbach (zona ovest di Zurigo) Emmen, di Emmenbrucke (Lucerna)

3 A questo proposito gli esperti che hanno visitato il centro notano come «la percentuale degli alimentari in Italia dovrebbe essere del 30%, poiché la donna italiana dedica una cura maggiore alla cucina, mentre negli USA, dove vengono venduti principalmente i Fast-Food, la percentuale scende al 13%».

4 Un'ipotesi (e niente più che un'ipotesi): la stessa auto-nomia del momento spettacolare e, in generale, ricreati-vo, che trova a Tivoli pieno sviluppo, non costituisce un ostacolo, ma anzi un incentivo all'acquisto. Se, in-fatti, il momento promozionale è molto «forte», rischia di prendere la mano nel rapporto fra centro e cliente, ove sia direttamente legato all'offerta di beni. Renderlo formalmente autonomo e «parallelo» alla vendita, a cui si ricollega per il luogo e l'ente promotore (il centro stesso), conferisce invece al centro un ruolo di punto

Nel documento Cronache Economiche. N.003, Anno 1982 (pagine 81-85)