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Le principali eccezioni sono rappresen- rappresen-tate:

Nel documento Cronache Economiche. N.003, Anno 1982 (pagine 85-89)

a) dall'istituzione di un fondo inter-bancario di garanzia alimentato dalla trattenuta dello 0,20% sui finanzia-menti garantiti, che assiste la totalità dei mutui di miglioramento e i prestiti di esercizio agevolati, se concessi a cooperative agricole, a coltivatori di-retti e ad altre meno importanti cate-gorie;

b) dall'istituzione, presso il suddetto Fondo, di una sezione speciale che concede fidejussioni, in carenza di al-tre garanzie, a fronte dei finanziamenti concessi in attuazione delle direttive CEE;

c) dall'introduzione del conto corrente agrario (art. 11 della legge n. 403/77).

È uno strumento ancora inadeguato ri-spetto alle esigenze dell'imprenditore agricolo e alla dinamica aziendale.

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Nel mondo agricolo è ormai diffu-sa l'esigenza di modificare l'attua-le normativa, soprattutto perché essa non valorizza, come dovrebbe, il fatto-re «capitale» nel processo tecnologico, secondo le necessità via via manifesta-tesi con il progresso tecnologico. Oggi l'agricoltura è caratterizzata da un for-te impegno imprenditoriale che richie-de robusti investimenti, attuabili prin-cipalmente mediante il credito agrario a tasso agevolato.

In verità, tale credito deve rispondere alle necessità di sviluppo dell'agricoltu-ra; pertanto va erogato in quantità suf-ficiente e ad un costo sopportabile per l'azienda. Il settore assorbe annual-mente il 4-5% del credito totale, men-tre esso concorre nella misura del 12-14% alla formazione del prodotto lordo nazionale; si tratta di uno squili-brio troppo vistoso che va superato al più presto, mettendo a disposizione delle aziende agrarie.uno quota del cre-dito totale ben superiore all'attuale, al-meno pari al peso che il settore detiene nell'economia nazionale.

Che il credito agrario venga erogato a tassi agevolati è un fatto su cui nessu-no discute, anche perché l'agricoltura è attività sostanzialmente «povera»; ben difficilmente potrebbe soddisfare diret-tamente la propria domanda di capitali e pertanto deve ricorrere a finanzia-menti da parte di istituti di credito. Ma un conto è che il credito sia agevolato, con un contributo integrativo pubblico nel pagamento dei tassi di interesse, e un conto è che esso sia concesso a tassi irrisori, talvolta puramente simbolici in tempi come gli attuali.

Un tale sistema di tipo «assistenziale» è quanto di più negativo possa pesare sull'attività agricola, perché viene ad assumere un significato diseducativo oltre che antieconomico.

Sarebbe preferibile dunque che siano elevati di qualche punto i tassi minimi per poter fruire, a parità di fondi stan-ziati, di un maggior volume di credito e quindi per far si che siffatti interven-ti diveninterven-tino ancora più produtinterven-tivi.

Il problema del livello dei tassi, assie-me ad altri che attengono, ad esempio, al sollecito delle procedure burocrati-che, costituiscono i «nodi» di fondo che vanno quanto prima sciolti per ammodernare la stessa politica agraria del nostro Paese, di cui il credito di-venta uno strumento di estrema impor-tanza operativa.

Ora, che il credito agrario in Italia venga ammodernato, risulti più abbon-dante, snello e di rapida acquisizione da parte del richiedente, sicché possa raggiungere i livelli quali-quantitativi che lo contraddistinguono in altri paesi europei, è un fatto da molti auspicato e raggiungibile nella misura in cui si attui finalmente la riforma dell'ordina-mento in vigore, senz'altro superato dai tempi e nei suoi principali caratteri strutturali.

Di riformare il sistema del credito agrario si parla da troppi anni, tanto che più di un osservatore esprime forti dubbi che esista una effettiva volontà politica di realizzare il cambiamento. È pur vero che negli ultimi mesi l'ini-ziativa dei vari gruppi politici per por-tare in porto la riforma si è un poco ravvivata, con il tentativo di unificare i quattro distinti progetti in uno solo, ma tutto ciò non appare sufficiente, giacché non si è riusciti finora a trova-re la necessaria convergenza attorno ad un unico testo. In verità, le esigenze innovatrici si trovano imbrigliate nelle pastoie burocratiche e nella ricerca di una perfezione di soluzioni quasi im-possibile da raggiungere, sacrificando cosi l'efficacia di interventi tempestivi e risolutori per il momento emergente che mette in forse la sopravvivenza in numerose aziende.

In generale, i progetti di legge in corso di esame puntano ad ampliare le possi-bilità di ricorso ed utilizzo del credito, evidenziando particolarmente il concet-to e la definizione di legge-quadro nel-l'ambito della quale le Regioni sono stimolate ad individuare sicuri punti di riferimento per finalizzare ed indirizza-re i provvedimenti e le incentivazioni che loro competono.

Per quanto riguarda i tempi ed il rag-gio d'azione, si punta sull'esigenza che la nuova disciplina dia luogo ad inter-venti globali che realizzino la sintesi

dei processi di produzione, trasforma-zione e commercializzatrasforma-zione a vantag-gio dell'agricoltura; cosi come consen-tono di organizzare la domanda attra-verso lo sviluppo delle forme associati-ve e la promozione di cooperatiassociati-ve di credito agrario, favorendo una sorta di autofinanziamento delle categorie agri-cole. In genere, i vari progetti di rifor-ma di cui qui ci occupiamo presentano tra gli obiettivi centrali lo stimolo e l'incentivazione alla diffusione dell'as-sociazionismo agricolo in forma coope-rativa e, subordinatamente, in altre forme.

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1 progetti di riforma presentati co-me proposta o disegno di legge al Parlamento sono quattro e precisamen-te:

— disegno di legge n. 548 del PCI, comunicato alla presidenza del Senato il 6 dicembre 1979;

— proposta di legge n. 941 del PSI, presentata alla presidenza della Came-ra dei Deputati il 15 novembre 1979; — disegno di legge n. 1025, presentato dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste di concerto con i Ministeri di Grazia e Giustizia, del Tesoro, del La-voro e della Previdenza Sociale alla presidenza del Senato il 18 luglio 1980; — disegno di legge n. 409, presentato dal CNEL alla presidenza del Senato il 30 ottobre 1979.

Appare prematura ogni previsione rela-tiva alle decisioni che adotterà il Parla-mento, per cui riesce difficile stabilire quali potranno essere le linee generali della nuova disciplina.

Senza entrare nel merito specifico delle proposte di riforma contenute nei quattro progetti, sembra opportuno in ogni caso puntualizzare alcuni dei prin-cipali caratteri peculiari che si desumo-no dalla lettura dei singoli testi. Di particolare rilievo risultano alcune « innovazioni » che qui di seguito elen-chiamo.

— La funzione del credito agrario è sancita nel suo complesso, per cui sono state omesse norme per disciplinare, anche in forma prioritaria, l'accesso ad esso da parte delle diverse categorie di beneficiari.

Su questa linea potrà essere impostata l'attività legislativa regionale per age-volare taluni richiedenti.

— Dovrà essere determinata ogni an-no, dal Comitato interministeriale per la programmazione economica di con-certo con quello per il credito e il ri-sparmio, la quota di credito da desti-nare al settore agricolo, tenendo conto della sua partecipazione alla formazio-ne del reddito nazionale.

— Viene scisso il credito peschereccio, ormai tutt'altra cosa da quello agrario; viene però considerata attività agricola l'acquacoltura.

— Le operazioni di credito agrario, compatibilmente con lo scopo, potran-no essere perfezionate mediante sconto di cambiale agraria o apertura di conto corrente.

— Si sanziona un migliore trattamento fiscale per le operazioni di esercizio, abbassando l'attuale aliquota dell'im-posta di rivalsa (legge n. 388 del 24 luglio 1978) dallo 0,50% allo 0,25%; finalmente si elimina una evidente spe-requazione dell'onere a carico del bre-ve termine, ora trattato alla pari del medio e lungo.

Si conferma che gli onorari notarili per le stipulazioni relative ad operazioni di credito agrario sono ridotte a metà del-la tariffa vigente.

— Sono previste e codificate le opera-zioni di prefinanziamento, sinora non ammesse dall'ordinamento vigente, re-centemente solo in parte tollerate dal-l'organo di vigilanza della Banca d'Ita-lia.

Tali erogazioni sono possibili: a) per la «dotazione», la cui durata è estesa a 10 anni solo se a fronte di operazioni che possono fruire del contributo in conto interessi della Pubblica Ammini-strazione; b) per il «miglioramento», la cui durata è stabilita in 20 anni più 11 preammortamento fino ad un massi-mo di 5 anni. P u ò essere prefinanziato anche il contributo in conto capitale erogato da CEE, Stato e Regioni. — Un'ampia casistica di scopi riguarda il credito agrario di miglioramento: fra i beneficiari sono compresi anche i proprietari non conduttori.

ol-tre che per la formazione o l'arroton-damento della proprietà coltivatrice, da parte dei tecnici (laureati in agraria, veterinaria o periti agrari) che si impe-gnino alla conduzione diretta e diano vita ad imprese agricole efficienti. — Un'innovazione assoluta è, poi, l'ammissione al credito agrario di do-tazione delle operazioni di locazione fi-nanziaria, più generalmente note come operazioni di leasing.

Nei quattro progetti in parola si trova-no itrova-noltre i seguenti punti qualificanti una nuova disciplina del credito agra-rio.

— Concessione da parte delle Regioni di garanzie fidejussorie per agevolare l'accesso al credito a imprenditori agri-coli, singoli ed associati, cooperative e loro consorzi, associazioni di produtto-ri e loro unioni.

Il «Fondo interbancario di garanzia» si trasforma, modificando la propria natura ed assorbendo il «Fondo nazio-nale di garanzia per il credito agrario», istituito ai sensi della legge n. 153/75. — È confermato l'attuale carattere pluralistico degli enti operanti nel set-tore, sia per porre al servizio dell'agri-coltura una più diffusa e capillare rete di organismi operativi, sia per attrarre al settore il massimo volume di credito possibile.

— Nei diversi progetti sono contenute anche norme regolanti l'applicazione dell'intera materia, per cui l'operatività della legge non è subordinata all'ema-nazione del regolamento, esecutivo, che richiede inevitabilmente ulteriori tempi di elaborazione. Inoltre, esiste una norma che abroga la legge fonda-mentale e il relativo regolamento, oltre a tutte le altre disposizioni di carattere legislativo in materia di credito agrario che siano in contrasto con lai nuova di-sciplina.

— Viene altresì sancito che alcuni pre-stiti possono essere utilizzati nella for-ma dell'apertura di credito in conto corrente agrario. È confermato lo stru-mento introdotto con la legge n. 403/77, ma esso non è stato modifica-to o ammodernamodifica-to secondo quanmodifica-to l'e-sperienza dei primi tempi di

applicazio-ne avrebbe dovuto suggerire. Uno degli elementi limitanti l'utilizzo dello stru-mento in parola è che non possono es-sere effettuate tutte le normali opera-zioni consentite in un conto corrente bancario. Il titolare del conto — ad esempio — non può avere saldi credi-tori salvo che in via transicredi-toria, mentre gli assegni devono portare specificata-mente che si tratta di c/c agrario; la durata poi del contratto è a tempo de-terminato anziché illimitata.

Inoltre, se il c/c viene utilizzato a fronte di prestiti che possono fruire di contributi pubblici in conto interessi, tenuto conto che il contributo stesso è commisurato alle risultanze dell'estrat-to condell'estrat-to, tale forma di erogazione del prestito rischia di trasformarsi in qual-cosa di simile allo sconto cambiario, che invece avrebbe dovuto parzialmen-te affiancare.

— Si propone, infine, l'abolizione del-lo schedario regionale, oggi tenuto da-gli istituti a ciò abilitati, che sarebbe sostituito da uno schedario provinciale curato dalle rispettive sedi della Banca d'Italia.

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Esaminando i dati relativi alla do-manda di credito agrario espressa dagli agricoltori nel più recente venten-nio si osserva che:

a) l'indebitamento delle aziende agri-cole nei confronti del sistema bancario si è accresciuto nel frattempo di ben 15 volte;

b) si è verificata una rilevante varia-zione qualitativa nelle forme di utilizzo del credito, con un forte accrescimento di quello di esercizio (40% nel 1961; 58% nel 1980) a svantaggio di quello di miglioramento.

È un segno che gli imprenditori agrico-li hanno orientato le loro scelte verso gli impieghi a breve, fors'anche perché le scelte di lungo periodo, oggi, si sono fatte vieppiù incerte e difficili da pro-grammare.

Ma ciò contrasta con gli obiettivi di una politica che vuol essere innovativa, anche su scala comunitaria, con riguar-do alle strutture produttive, di trasfor-mazione e mercantili.

Un altro fenomeno evolutivo che va

evidenziato riguarda le operazioni ef-fettuate a tasso non agevolato, in fase espansiva; siffatta situazione va atten-tamente seguita perché non solo la do-manda di credito viene frenata, ma an-che perché rischiano di venire infirmati gli stessi principi istituzionali del credi-to agrario, basati sull'incentivazione pubblica.

Ora, se le innovazioni previste nei pro-getti di riforma venissero accolte, la domanda di credito agrario potrebbe subire notevoli modificazioni. Con la nuova impostazione normativa, l'at-tuale generica domanda di credito si trasformerebbe in domanda qualifica-ta, dal momento che il finanziamento in parola permetterebbe all'imprendito-re di conseguiall'imprendito-re nella propria azienda un risultato produttivo rientrante negli obiettivi di uno sviluppo agricolo pro-grammato. Nessuna proposta è formu-lata, invece, a proposito della quantità di mezzi da reperire per l'esercizio del credito stesso. E pensare che il capitale sociale, lo sconto cambiario e le antici-pazioni degli enti partecipanti agli isti-tuti speciali regionali siano fonti ade-guate ai fabbisogni è puramente illu-sorio.

Si rende quindi opportuno dotare gli istituti di credito di uno strumento molto importante, qual è il «buono fruttifero», anche per soddisfare in modo adeguato la domanda a breve, sull'esempio dell'analoga esperienza della Cassa Depositi e Prestiti, che fi-nanzia gli enti locali con il risparmio postale.

A tutto ciò deve, però, accompagnarsi una decisa volontà politica di dare al-l'agricoltura un congruo volume di in-centivi, diminuendo nel contempo le attese e assicurando costanza e regola-rità di flussi di capitali.

Quanto alle forme tecniche di eroga-zione, le proposte di riforma non por-tano novità di rilievo. L'idea che tende ad eliminare la cambiale agraria e il credito in natura non è accettabile, perché, in tal modo, si verrebbe soltan-to a privare il setsoltan-tore di due forme tec-niche di erogazione che in molti casi servono all'imprenditore per motivi di economia o di semplicità operativa. Il credito in natura, in particolare, as-sume crescente importanza nel mondo

cooperativo, in quanto i soci possono beneficiare di sensibili risparmi con gli approvvigionamenti collettivi. Dal can-to suo la cambiale agraria è uno stru-mento utile per snellire le operazioni di erogazione del credito, eliminando la necessità di stipulare atti, rilasciare quietanze ed altri documenti ammini-strativi e contabili. Quanto al terzo strumento di erogazione, il c / c agrario, va detto che esso è indispensabile nel-l'agricoltura moderna perché consente di realizzare un risparmio di tempo e di spese nelle procedure necessarie per ottenere il credito.

Occorre, però, che il c/c agrario pos-segga taluni requisiti e cioè:

à) sia a tempo indeterminato; b) il titolare abbia possibilità di impie-gare i fondi disponibili in maniera con-tinuativa, di utilizzare gli assegni, di ottenere prefinanziamenti su domande in istruttoria;

c) le Regioni possano erogare incentivi entro i limiti della normativa nazionale e comunitaria.

Un altro aspetto importante delle pro-blematiche affrontate nei progetti di ri-forma riguarda i rapporti tra credito agrario ed ente Regione.

Nella realtà dell'agricoltura moderna si deve partire dal convincimento che og-gi il soggetto del credito agrario non è più la proprietà fondiaria ma l'impre-sa, che per questo motivo ha bisogno di un maggiore investimento di capitali e quindi di un più accentuato ricorso al finanziamento creditizio. Pertanto, in prospettiva, la funzione creditizia, nella moderna economia dell'azienda agraria, si amplifica ed assume un'im-portanza pari a quella che detiene negli altri settori economici.

Ecco dunque perché le proposte di ri-forma a f f r o n t a n o il problema di un cambiamento delle forme di erogazione passando da operazioni conformate sulla proprietà ad operazioni confor-mate sull'impresa. Un esempio tipico, al riguardo, è dato dal ruolo che nel « n u o v o » sistema creditizio verrebbe assegnato al c/c agrario. Se il « n u o v o » credito non si fonderà più su operazio-ni da tempo modellate in base alle ca-ratteristiche dell'esercizio della proprie-tà agricola bensì sulle capaciproprie-tà

impren-ditoriali del richiedente, si determine-ranno diverse conseguenze sulla strut-tura giuridico-istituzionale dello stesso. Oggi le Regioni hanno notevoli potestà di legiferare ed operative in materia di agricoltura, con l'esclusione del credito in base a quanto disposto dall'art. 47 della Costituzione (la materia è di per-tinenza statale); tuttavia, un aggancio tra credito agrario e potestà regionale si attua sia a livello di agevolazione sul tasso sia per quanto riguarda l'uso del credito erogato.

L'innovazione dovrebbe incentrarsi, al di là delle modifiche tecniche, sul fatto che attraverso il credito i pubblici po-teri regionali potranno orientare ed in-dirizzare con i loro interventi le scelte gestionali delle singole aziende agrico-le. Le quali, in quanto beneficiarie di incentivazioni pubbliche, dovranno con-formare i loro obiettivi di sviluppo tenendo conto dei contenuti della pro-grammazione regionale.

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Appare di estrema importanza un altro rilievo.

Indipendentemente da valutazioni di merito, lo sforzo preponderante di tut-ti i progettut-ti è teso ad incanalare il maggior flusso di credito a favore della cooperazione. Ma a più di trent'anni dall'approvazione della Costituzione repubblicana, che all'art. 45 detta i principi informatori della cooperazio-ne, si è tuttora in attesa di una com-piuta regolamentazione di tale istituto. I termini fondamentali di riferimento restano ancora oggi le norme del Codi-ce Civile, il D.L. del 14 diCodi-cembre 1947, n. 1577, e la legge 17 febbraio 1971, n. 127, conosciuta meglio come «pic-cola riforma» della cooperazione. Nel complesso, la normativa oggi in vi-gore, oltre a non rappresentare un mo-dello di armonia legislativa, regola il settore in maniera inadeguata, in con-siderazione anche del sempre più am-pio peso, economico e politico, da esso assunto.

In attesa della riforma generale della cooperazione, più volte annunciata e sinora non attuata, gli articoli 2511-2548 del Codice Civile continua-no a regolare gli schemi entro cui de-vono agire le società cooperative agri-cole.

È evidente che se si vogliono superare i limiti propri della vecchia cooperazio-ne, occorre varare un provvedimento che superi la concezione mutualistica ancorata alle origini, mentre si impon-gono criteri di efficienza economica; ciò richiede la riduzione del numero minimo dei soci, l'aumento delle quote di sottoscrizione, la distribuzione di di-videndi più elevati. Occorre, in sostan-za, investire nel modo più produttivo possibile le poche risorse disponibili e superare la debole struttura finanzia-ria, dovuta all'insufficiente apporto di capitale di rischio da parte dei soci, che condiziona la vita di molte società cooperative.

Concludendo, dal mondo agricolo pro-viene in misura crescente la richiesta di una profonda revisione della legge fon-damentale sul credito agrario, princi-palmente — come si è detto — per due ordini di motivi: si mostra incapace di gestire la grande fetta del credito «age-volato» cosi come si è venuto configu-rando negli ultimi lustri; appare supe-rata ai giorni nostri perché concepita per un contesto socio-economico com-pletamente diverso dall'attuale, essen-do oggi il punto di riferimento dell'at-tività produttiva rappresentato dall'im-presa anziché dalla terra.

Inoltre due «esigenze» di rilievo emer-gono ancora nel mondo agricolo e cioè che si aumenti il flusso del credito de-stinato all'agricoltura e si migliorino i meccanismi della sua erogazione, sem-plificando in primo luogo le proce-dure.

Ma considerati i tempi dell'iter parla-mentare, si cominciano ad avanzare se-ri dubbi sull'effettiva volontà politica di realizzare l'auspicata riforma.

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Nel documento Cronache Economiche. N.003, Anno 1982 (pagine 85-89)