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Cronache Economiche. N.003, Anno 1982

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(1)

3

CROMICHE

ECOnOflIMCHE

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fu proclamata auto dell'anno, con ampio margine

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nella media cilindrata, con il vantaggio di una

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cilindrate di lusso. Era difficile renderla ancora

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(6)

CALENDARIO DELLE FIERE E MOSTRE

IN PIEMONTE - 1982

ottobre - novembre

21 Fiera di Sant'Orsola Stroppiana (Ve) 1-14 466" Fiera di S. Carlo Nizza Monferrato (At) 22-1/11 AGE 1982 - 5" Mostra mercato delle atti- 2 Fiera del 2 novembre Buttigliera Alta (To)

vità artigianali, gastronomiche ed enologi- 2 Fiera di novembre Gavi (Al)

che del Biellese e della Val Sesia Gaglianico (Ve) 2 Fiera dei Santi Luserna S. Giovanni 23 Fiera autunnale Cesana (To) (To)

23 Fiera di ottobre Ormea (Cn) 2 Fiera autunnale Volvera (To) 23-24 2" Mostra fotografica «Trofei Famija 4 Fiera di S. Carlo Arquata Scrivia (Al)

Trunsaneisa» Tronzano V.se (Ve) 4 Fiera autunnale Avigliana (To) 24 Fiera d'autunno Cannobio (No) 4 Mostra mercato - Rassegna zootecnica Quincinetto (To) 24 Sagra della castagna Montaldo di Mondovì

(Cn) 5 Fiera del bue grasso Nizza Monferrato (At) Sagra del marrone

Montaldo di Mondovì (Cn)

5-7 3" Mostra bovini da allevamento di razza 24 Sagra del marrone Roccavione (Cn) 5-7

piemontese Cuneo 24 Fiera di Ognissanti Scopello (Ve)

6-14 3" Tuttomele Cavour (To) 24-1/11 Orti e fiori in piazza - Mostra

del crisantemo di Moncalieri

mercato

Moncalieri (To) 6-14 3" Mostra commerciale di S. Martino Chieri (To) 25 Fiera autunnale del fagiolo Rocca de' Baldi (Cn) 7 Fiera di S. Carlo Cambiano (To) 25 Fiera autunnale Strambino (To) 7 Mostra fotografica sull'artigianato locale

Livorno Ferraris (Ve) 25 Fiera autunnale Strambino (To)

e Mostra contemporanea di pittura Livorno Ferraris (Ve) 25 Fiera di S. Orsola Valfenera (At) e Mostra contemporanea di pittura

Buronzo (Ve) 25 Fiera di S. Orsola

Monfer-Valfenera (At)

8 Fiera dei Santi Buronzo (Ve) 25-28/11 Mostra mercato del tartufo del Monfer- Fiera dei Santi Buronzo (Ve)

rato Asti 8 Fiera di S. Martino Ciriè (To) 26 Fiera di ottobre Biandrate (No) 8 Fiera di S. Martino Front (To)

26 Fiera autunnale Castagnole Piemonte 8 Fiera autunnale San Germano Chisone 26

(To) (To)

28 Fiera di S. Simone Bubbio (At) 8 Fiera di S. Carlo Tagliolo M.to (Al) 28 Antica fiera di ottobre Ghemme (No) 8 Fiera autunnale Virle Piemonte (To) 28 Fiera di S. Simone Ovada (Al) 8-13 Fiera di novembre Novara

28 Fiera di ottobre Perosa Argentina (To) 9 Fiera autunnale Almese (To) 28 Fiera di ottobre Premosello Chiovenda 9 Fiera di novembre Bardonecchia (To)

(No) 9 Fiera del bestiame di S. Martino Canelli (At) 28 Fiera autunnale Vigone (To) 9 Fiera di S. Martino - Mostra zootecnica Chieri (To) 29 Fiera dei porri Bene Vagienna (Cn) 9 Fiera di S. Martino Cuneo 29 Fiera autunnale Rivarossa (To) 9 Fiera di S. Martino Gattinara (Ve) 29-2/11 Fiera di Ognissanti Vercelli 9 Fiera di novembre Sale (Al) 29-7/11 10" Rassegna provinciale dell'artigianato

Asti 9 Fiera di S. Martino San Giorgio C.se (To) «Asti artigiana in vetrina» Asti

10 Fiera d'autunno Cavaglià (Ve) 30 Fiera autunnale Moncalieri (To) 10

Fiera di S. Martino

Cavaglià (Ve) 30 Fiera autunnale Moncalieri (To)

10 Fiera di S. Martino Cuorgnè (To) 30 Fiera autunnale Rueglio (To) 10

Fiera di novembre

Cuorgnè (To) 30 Fiera autunnale Rueglio (To)

10 Fiera di novembre Melle (Cn) 30 Fiera autunnale Tavagnasco (To) 10 Fiera di novembre Melle (Cn) 30 Fiera autunnale Tavagnasco (To)

11 Fiera di S. Martino Casteldelfino (Cn) 30 Fiera autunnale Valle Mosso (Ve) 11 Fiera di S. Martino Casteldelfino (Cn) 30 Fiera autunnale

tecnica

Valle Mosso (Ve)

11 Fiera di novembre Chiomonte (To) 30-7/11 32° Salone internazionale della tecnica Fiera di novembre Chiomonte (To) 30-7/11

Tecnica '82 Torino 11 Fiera di S. Martino Garessio (Cn) 30-14/11 7a Fiera d'autunno Torino 11 Festa patronale di S. Martino Orsara Bormida (Al)

31 Sagra della castagna Sagra della castagna Montaldo di Mondovì 11 Fiera di S. Martino Rocchetta Ligure (Al) (Cn) 11 Fiera autunnale di S. Martino Settimo Vittone (To) 31 Fiera di S. Orsola Poirino (To) 12 Fiera di S. Martino Montaldeo (Al) 31 Mostra dell'agricoltura Villar Dora (To) 12 Fiera di S. Martino Serravalle Scrivia (Al)

• * • 13 Fiera di S. Martino Casanova Elvo (Ve)

1 Fiera autunnale Azeglio (To) 13 4" Mostra provinciale ovi-caprina Domodossola (No) 1 Fiera di novembre Casalborgone (To) 13 Fiera di S. Martino Fontanetto Po (Ve) 1 Fiera autunnale Druento (To) 14 Fiera dei 4 Incoronati Boves (Cn) 1 Fiera di novembre Pont Canavese (To) 14 Fiera del porro Cervere (Cn) 1 Fiera dei Santi Vinadio (Cn) 14 15" Fiera del tartufo nostrano Murisengo (Al) 1 Fiera autunnale Volpiano (To) 1 14-16 Fiera di Santa Caterina Acqui Terme (Al)

REGIONE PIEMONTE

ASSESSORATO ALL'ARTIGIANATO E COMMERCIO

(7)

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Ciardi di m

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Commerciali

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atermi-ci, lunotto termico,

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"1300" da 75 CV-DIN,

ve-locità 155 km/h. Consumo

per 100 km: 7 litri a 90

al-l'ora e 9,3 litri a 120 alal-l'ora.

Motore "1600" da 97

CV-DIN, velocità 170 km/h.

Consumo per 100 km: 7,2

litri a 90 all'ora e 9,5 litri a

120 all'ora.

Fiat 131: auto di valore.

(11)

RIVISTA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI TORINO

S O M M A R I O

3 Finestre sul commercio:

esterni di bottega, interni di città A n d r e a J o b - Luisa Laureati - A l f r e d o R o n c h e t t a - Chiara R o n c h e t t a 19 Evoluzione della struttura del sistema tributario italiano

dall'esercizio 1934-35 all'esercizio 1980 Costanza C o s t a n t i n o

23 Le trasformazioni della pubblica amministrazione P. C l e m e n t e

26 Il Piemonte e i cinque continenti Bruno C e r r a t o

33 Per vendere in Cile e in Nigeria Giorgio Pelliccili

41 Commerciare con il Giappone Giuseppe C a r o n e

47 Le zone franche come fattore di sviluppo Riccardo R i c o t t a

51 Venti anni di Carta sociale europea A l f o n s o Bellando

57 Tempo libero e spazi a verde (2a parte) G i a m p i e r o V i g l i a n o

71 L'esperienza svizzera dei centri commerciali integrati Giorgio A g a g l i a t i

75 Aspetti della riforma del credito agrario A d a l b e r t o N a s c i m b e n e

79 Visita al Museo di storia naturale « D o n B o s c o » di Torino Eddi Bellando

85 Economia torinese

92 Camera commercio notizie

94 Tra i libri

101 Dalle riviste

In copertina:

Enrico Reycend,

Campagna canavesana, 1892. (Torino, Museo Civico).

Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni debbono essere indirizzati alla Direzione della rivista. L'accettazione degli articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati o siglati rispecchiano soltanto il pensiero dell'Autore e non impegnano la Direzione della rivista né l'Amministrazione camerale. Per le recensioni le pubblicazioni debbono essere inviate in duplice copia. È vietata la riproduzione degli articoli e delle note senza l'autorizzazione della Direzione. I manoscritti, anche se non pubblicati, non si resti-tuiscono.

Editore: Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino. Presidente: E n r i c o Salza

Giunta: Domenico Appendino, Mario Catella, Renzo Gandini, Franco Gheddo, Enrico Salza, Alfredo Camillo Sgarlazzetta, Liberto Zattoni.

Direttore responsabile: G i a n c a r l o B i r a g h i Vice direttore: F r a n c o A l u n n o

Redattore capo: B r u n o C e r r a t o Impaginazione: S t u d i o S o g n o

Composizione e stampa: Arti Grafiche V , B o n a - Torino

Pubblicità: P u b l i Edit Cros s.a.s. - Via Amedeo Avogadro, 22 - 101 21 Torino - Tel. 531.009 Direzione, r e d a z i o n e e a m m i n i s t r a z i o n e : 10123 T o r i n o Palazzo d e g l i A f f a r i -Via S. Francesco da Paola, 24 - T e l e f o n o 57161.

(12)

Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura e Ufficio Provinciale Industria Commercio e Artigianato

Sede: Palazzo degli Affari

Via S. Francesco da Paola, 24,

Corrispondenza: 10123 Torino

Via S. Francesco da Paola, 24. 10100 Torino - Casella Postale 413.

Telegrammi: Camcomm Torino. Telefoni: 57161 (10 linee). Telex: 221247 CCIAA Torino. C/c postale: 00311100. Servizio Cassa:

Cassa di Risparmio di Torino. Sede Centrale - C/c 53.

Borsa Valori

10123 Torino

Via San Francesco da Paola, 28.

Telegrammi: Borsa. Telefoni: Uffici 54.77.04 Comitato Borsa 54.77.43 Commissario di Borsa 54.77.03. Borsa Merci 10123 Torino

Via Andrea Doria, 15.

Telegrammi: Borsa Merci

Via Andrea Doria, 15.

(13)

FINESTRE SUL COMMERCIO:

ESTERNI DI BOTTEGA,

INTERNI DI CITTA'

Andrea Job, Luisa Laureati,

Alfredo Ronchetta, Chiara Ronchetta.

La ricerca, di cui il presente articolo costituisce una delle prime comunicazioni, è condotta nell'ambi-to di una convenzione con l'Assessoranell'ambi-to all'Arredo Urbano della Città di Torino, sul rilievo sistemati-co degli elementi dell'arredo urbano. Essa tratta in partisistemati-colare delle strutture per il sistemati-commercio: vetrine, chioschi, bacheche e tutto il sistema di oggetti ad esse connesse.

In questo articolo gli autori impostano una prima sistematizzazione del problema di una classificazio-ne tipologica degli arredi risalenti alla seconda metà dell'800, ancora ampiamente presenti classificazio-nella città con oggetti di valore talvolta eccezionale, analizzandone al contempo i rapporti con l'ambiente urbano e l'architettura.

LO SPAZIO DI RELAZIONE NELLA CITTÀ

La città è il luogo della concentrazione delle attività umane e la sua struttura testimonia le connessioni tra funzione e funzione, indica la gerarchia delle di-verse parti e rivela la stratificazione storica che ha portato alla sua attuale immagine.

La città è quindi fondamentalmente il luogo delle relazioni, private e colletti-ve. Gli spazi urbani più interessanti so-no quelli esterni, quelli per la gente: le strade, le piazze, i portici, le gallerie, i luoghi in cui avvengono gli incontri, in cui la gente può sostare, in cui può ignorare o sottrarsi, anche solo tempo-raneamente, al grande feticcio dell'au-tomobile.

Percorrere a Torino i principali assi porticati può chiarire molto bene il va-lore ed il significato di uno spazio col-lettivo di ampie dimensioni, estrema-mente articolato e variaestrema-mente attrezza-to, costruito in momenti storici diversi. Ed in questa passeggiata si incontrano anche quegli spazi particolari rappre-sentati dalle gallerie; due in ferro e ve-tro di fine secolo, una in cemento e vetro legata alla ricostruzione della via Roma ed una assai recente.

Paragonabili per certi aspetti al foro, per certi altri alla «villa» del meridione d'Italia, sono state e potrebbero anco-ra ridiventare luoghi d'incontro tanco-ra i più vivaci della città. La Galleria di Milano ha infatti rappresentato, per oltre un secolo, proprio uno degli spazi di relazione più ricercati dagli abitanti. Mark Twain cosi le descrive: «Blocchi di edifici nuovi del tipo più sontuoso... le strade tra un blocco e l'altro coperte da un tetto di vetro a grande altezza, la pavimentazione tutta di marmo liscio e variegato, disposto in raffinati disegni. Tavoli ovunque su queste strade di

marmo, gente seduta a mangiare, bere e fumare. Folle di persone che passeg-giano, questa è la Galleria. Mi piace-rebbe viverci tutta la vita.

Le vetrine di sontuosi ristoranti sono aperte e facendo colazione si gode lo spettacolo dei passanti»'.

Ma non solo a Milano la strada com-merciale coperta ha avuto importanti espressioni; tutt'ora ha diffusione in molti paesi europei ed orientali. I «passages» del XIX secolo in ferro e vetro parigini, la Burlington Arcade a Londra, e la galleria Louise a Bruxelles sono note ed illustri2.

Una grande parte della città è dunque de-stinata alle funzioni collettive; questi spa-zi sono chiamati a trasmettere messaggi qualificati culturalmente ai loro fruitori. Nasce la necessità di abbellirli, di do-tarli di strutture di servizio, di oggetti che si inseriscano armoniosamente nel-l'ambiente e contribuiscano loro stessi alle forme e alla composizione dello spazio. È cioè necessario arredarli, uti-lizzando la definizione che di arredo urbano dà Francesco Bandini, con «quell'insieme di sottoinsiemi comuni-cativi che legano con precisi rapporti... piazze, strade, spazi e giardini, slarghi e monumenti, che caratterizzano il di-segno urbano nel suo contesto classico, che è struttura in quanto esprime nelle sue idee e linee generali maestre la vir-tualità della condizione presente e le possibilità di godimento culturale che le sono implicite»3.

RUOLO DELLE STRUTTURE COMMERCIALI: I NEGOZI COME ELEMENTI DI ARREDO

(14)

im-1.2.3. Immagini di ambienti commerciali: via Garibaldi, i portici di Piazza Carlo Felice, ia galleria Subalpina.

(15)

Dove l'attività commerciale si stabilizza, dove nascono il negozio e la bottega, il commercio abbandona la forma polare del mercato e si struttura su linee e percorsi che utilizzano gli spazi di transito, le strade, come luogo di esposizione delle merci e di scambio.

La forma della bottega artigiana unisce le fun-zioni; qui io vivo, io produco, e qui io vendo. Estende la relazione sociale, e quindi anche la relazione di scambio, a tutto lo spazio urbano, finendo necessariamente per usarlo ai propri fini, ma nel contempo per valorizzarlo. In essa la funzione di transito è evidentemente secondaria, ed è la funzione commerciale il principale fattore di determinazione dell'imma-gine urbana.

Il tessuto urbano che ne deriva, e il medioevo è ricco di questi esempi, è necessariamente tortuoso, involuto, viscerale: il massimo di svi-luppo nel minimo di superficie.

A Torino occorrerà l'intervento urbanistico sei-settecentesco per riequilibrare le funzioni della strada, transito e scambio, col raddrizza-mento degli assi e la pianificazione degli am-pliamenti.

A questo punto è la seconda funzione a segui-re la prima: là dove è il transito, maggiosegui-re è la densità dello scambio. Il principale attraversa-mento della città diventa cosi, nell'ottocento, il principale percorso commerciale, il più son-tuoso, il più ricco, il più salottiero.

Il percorso urbano si arreda di vetrine, di de-vantures, di dehors di caffè, e nel contempo il commercio trova il suo arredo più glorioso, e il suo decoro, nelle strutture dei percorsi della città: le vie di passeggio, su cui il commercio si apre incontrastato fino all'avvento della car-rozza prima e dell'automobile poi, i portici, spazi protetti, atrio ideale allo zoccolo com-merciale degli edifici, le gallerie, vere intrusio-ni nel corpo costruito della città, dove la sen-sazione di esterno si attenua fino a scomparire e il salotto borghese arriva a realizzare il suo equivalente urbano più compiuto.

magine, qualificandola a volte anche in modo inquinante, fa emergere come l'aspetto della città appaia, a chi la percorre, fortemente caratterizzata dal succedersi ininterrotto dei negozi e del-le loro vetrine. Sono segnali visivi sti-molanti, molto differenziati: luminosi, colorati, decorativi, aggressivi o dolci. La presenza di strutture commerciali nelle strade trasforma la loro immagi-ne: si riempiono di gente, si illumina-no, si ornano di segnali colorati in continua trasformazione.

Intervengono nella città a completa-mento del ruolo e dell'immagine dello spazio pubblico aprendo al percorso luoghi, ambienti e visioni del tutto pri-vate che traggono però il loro valore e la loro potenzialità proprio dall'uso collettivo.

Ecco allora la necessità di differenziar-si, di emergere nel continuum urbano con oggetti di arredo stimolanti e di-stintivi. I negozi diventano cosi gli ele-menti più forti nella caratterizzazione dell'ambiente e oggetti di arredo urba-no tra i più significativi. Le strutture commerciali sono inserite nelle facciate delle case, sono collocate sotto i portici con i criteri progettuali più disparati, sono realizzate con i materiali e le tec-nologie più diverse, rispecchianti l'epo-ca di costruzione. Sono segni che si so-vrappongono agli altri lasciati prece-dentemente nella formazione della cit-tà, alcune volte contradditori ed irrive-renti nei confronti delle preesistenze; rappresentano sempre un significativo documento del gusto e della cultura del momento della loro realizzazione. Nel panorama torinese emergono come fat-ti parfat-ticolari, le vetrine, le bacheche, i negozi costruiti e collocati nelle attuali posizioni tra la metà del secolo scorso e la prima guerra mondiale, ed assu-mono valore e significato sia per nu-mero che per qualità di disegno e di esecuzione.

La loro conservazione assume quindi un duplice significato: quello ambien-tale, volto a mantenere quegli oggetti che accostati l'uno all'altro caratteriz-zano uno spazio urbano con una pre-senza di valore storico e di costume; e quello documentario, di testimonianza di tecniche costruttive e di abilità di vere e proprie scuole artigianali.

Da queste considerazioni ha preso così avvio all'interno della facoltà di Archi-tettura un'indagine sull'archiArchi-tettura per il commercio a Torino. Il rilievo siste-matico nella città e la conseguente schedatura organica del copioso mate-riale raccolto, ormai quasi completa, ha interessato anche la Città di Torino che ha inserito tra le voci dell'arredo urbano anche quella delle strutture per il commercio.

GLI SPAZI PER IL COMMERCIO NELL'800 A TORINO

Il campo di ricerca prescelto ha dei li-miti territoriali ben precisi che deriva-no da quelli croderiva-nologici prescelti:

1850-1915. Considerazioni di ordine urbanistico-economico oltre che sulla qualità degli oggetti hanno determinato tale scelta; infatti nel periodo conside-rato il processo di terziarizzazione del centro urbano e la crescente importan-za dell'architettura per il commercio (conseguenza del maggior peso nell'e-conomia torinese dell'attività commer-ciale stessa) sono tra i fattori determi-nanti l'assetto e l'immagine del centro urbano, che è fondamentalmente anco-ra l'immagine attuale.

Già dal Settecento si assiste a processi di ristrutturazione di luoghi di centrali-tà urbana che spesso coincidono con luoghi di centralità commerciale (in funzione anche delle attività del com-mercio già insediate, come ad esempio per via Garibaldi); le nuove forme di arredo commerciale ottocentesco vi si vengono tuttavia a sovrapporre in pro-porzioni massicce e spesso in modo violento nei confronti dell'impianto ar-chitettonico originario.

È l'Ottocento comunque che opera quelle trasformazioni nell'assetto urba-no, attraverso la grande viabilità peri-ferica, il sistema delle piazze, la ristrut-turazione viabile della città quadrata, che danno alla distribuzione del com-mercio i caratteri fondamentali ancora oggi rilevabili.

(16)

acquisi-Tav. 2. I progetti dell'arredo commerciale ottocentesco

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È con l'Ottocento che si assiste alla prima for-mulazione delle forme di arredo della strada commerciale destinate a permanere, seppure con ovvie trasformazioni formali e tecnologi che, come elemento di connotazione funziona le del percorso.

La larga diffusione di questi oggetti è dovuta alla concomitanza di una serie di fattori: il ge-nerale clima di riordino della scena urbana prò prio del primo Ottocento e il conseguente irri gidimento della normativa riguardante l'occu-pazione del suolo pubblico da un lato, il decol-lo sociale della classe dei commercianti e quindi nuove esigenze di rappresentatività dal l'altro, trasformano il disordinato aspetto della strada commerciale in una sequenza di arredi che ne sfruttano, compatibilmente con la nor ma limitatrice, ogni spazio disponibile. I mo-delli delle «devantures» desunti dall'architet-tura o dall'arredamento, prerogativa fin verso la metà del secolo di attività particolarmente qualificate e rintracciabili nelle forme decisa mente auliche di alcuni elementi più antichi, si estendono a un gran numero di attività c o n merciali più o meno specializzate. La qualità formale e l'uso dei materiai in questi manufatti manifestano una stretta relazione con il grado di specializzazione funzionale. Il progetto, a secon da dei casi, viene affidato ad architetti di fama, o i viene eseguito direttamente dal costruttore, se non dal proprietario stesso della bottega. La distribuzione nella città di questi arredi, di cui è conservata presso l'Archivio Storico del Comune una ricchissima documentazione (più di 2 3 0 0 progetti, datati tra il 1852 e il 1896) mostra una forte concentrazione lungo alcuni assi di consolidata specializzazione funzionale, nel quadro di una geografia del commercio molto prossima a quella attuale.

Alla fine del secolo è evidente la supremazia del settore tra piazza Castello e la stazione di Porta Nuova, con un lieve declino conseguen-te dell'asse delle vie Garibaldi e Po.

Altri elementi sono distribuiti un po' dovunque nell'area del centro storico, con qualche spora-dica presenza nei borghi Po e Dora e lungo l'at-tuale via San Donato. Nelle aree esterne alla zo-na centrale si tratta però perlopiù di arredi di tipo «povero», localizzato anche nella città qua-drata lungo assi commerciali in decadenza. La permanenza di questi arredi nella città at-tuale è legata al declino, nella prima metà del secolo, di alcune strade commerciali, e al con-seguente rallentato ritmo di rinnovo delle rela-tive strutture di arredo.

Casi a sé stanti sono ovviamente quegli og-getti di dichiarato valore eccezionale, nonché il caso dell'intera via Roma, radicalmente ri-strutturata in epoca recente.

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to, ha oggi una immagine ambientale legata ai canoni e all'ideologia che hanno orientato la sua realizzazione. Le strade commerciali hanno dunque completato nell'Ottocento la loro fun-zionalità precisa, attrezzandosi con pa-vimentazioni sia per il passaggio dei pedoni che per quello dei carri e suc-cessivamente delle automobili; i negozi si sono dotati di ricche insegne e vetri-ne completate da elaborate e ricche tende che proteggono le merci e i pro-dotti dai raggi solari e contribuiscono a rendere vivace, vario e colorato il percorso pedonale.

I sistemi porticati, che collegano in una larga passeggiata coperta il centro urbano e le gallerie, vere e proprie strade coperte, vedono insediarsi le at-tività più ricche e più qualificate del commercio. I bei negozi torinesi, i caf-fè, le liquoristerie, le gioiellerie, le con-fetterie, rinnovano in quegli anni i loro arredi e le loro facciate per adeguarsi all'immagine complessiva di decoro e di efficienza che la città a poco a poco si è venuta creando.

Molto efficacemente Franco Rosso de-scrive il clima di lavori di restauro del-la città intorno all'inizio dell'800, «sbrindellata, piena di puntellature che contraffortano da tempo immemorabi-le vecchie dimore in rovina; case scro-state e slabbrate; cornicioni cadenti. Si procede nei lavori a brani e bocconi... si rappezzano e imbiancano frazioni scrostate, si aggiungono balconi, si di-latano aperture ai piani terreni per la formazione di nuove botteghe. E in questo frenetico sforzo di riforma della città si inserisce anche un nuovo ele-mento: al colore viene finalmente rico-nosciuto un ruolo di capitale importan-za»4 e a metà secolo si può supporre che la città abbia già assunto un'im-magine complessivamente organica di colorazione e che si stia avviando verso quell'aspetto pieno di decoro e di omo-geneità documentato dai fotografi e dai cronisti di fine secolo.

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Tav. 3. Le tipologie dell'arredo commerciale: le strutture a portale

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1. Portale neoclassico in marmo di farmacia, piazza Vittorio Veneto.

2. Macelleria, via della Rocca.

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La classificazione tipologica delle strutture commerciali progettate e costruite tra la se-conda metà dell'800 ed i primi decenni del ' 9 0 0 è stata operata in base ad una serie di considerazioni, prima tra queste la compresen-za in tutti i manufatti commerciali di una serie di caratteri ricorrenti; il prevalere di uno o di alcuni caratterizza una classe tipologica dal-l'altra.

Tra queste costanti ve ne sono alcune legate alla funzione d'uso, esposizione e accesso, al-tre alla rappresentatività, alal-tre a considerazio-ni di carattere formale (arredo-mobile, scultu-ra), altre infine alla funzione segnaletica della «devanture» (individuazione merceologica ed insegna).

Va inoltre sempre rilevato lo stretto rapporto tra alcune tipologie e la relativa categoria mer-ceologica e la rispondenza della tipologia con la sua distribuzione nella città.

La tipologia «a portale» può essere considera-ta come prima considera-tappa dell'invenzione di ele-menti strutturali o arredi che segnalino l'in-gresso alla bottega.

Nel primo ' 8 0 0 il commercio rientra negli spazi privati e la bottega non è più usata come laboratorio e deposito della merce, spa-zio complementare ad una forma di vendita svolta sulla porta. La «devanture» si sostitui-sce agli elementi mobili esterni, come segna-lazione della presenza di un'attività non più evidente.

Il portale, evidenziazione architettonica della funzione d'accesso agli edifici ed ai cortili, viene ripreso per sottolineare l'ingresso di ne-gozi e gallerie, creando un'indicazione di tran-sito importante che sottintende un interno particolare, una attività commerciale privile-giata.

L'uso del portale è strettamente legato ad al-cune categorie merceologiche; è la tipologia caratteristica di attività commerciali altamente specializzate, oppure di attività commerciali non specializzate per le quali l'uso del marmo è consueto, come nelle macellerie.

Diamo in questa tavola una sequenza di porta-li, elaborazione di uno stesso modello architet-tonico: il portale neoclassico, che viene poi arricchito da fregi, sculture, decorazioni. Si espandono e si decorano i suoi elementi strut-turali, venendosi cosi a creare delle «devantu-res» particolarmente ricercate, che abbiamo definito «cornici decorate», che dei portale mantengono solo il carattere rappresentativo, mentre viene esasperato il carattere formale fino a trasformarle, in alcuni casi, in vere ope-re di scultura, pezzi unici che emergono e si differenziano notevolmente dalle altre tipolo-gie dell'arredo commerciale.

L'evoluzione estrema della cornice estende la decorazione alla superficie circostante dell'edi-ficio, avvalendosi dell'uso particolare della pie-tra e del marmo tipicamente «Art Nouveau». Siamo di fronte ad una esasperazione degli aspetti formali e scultorei in strutture com-merciali importanti, dove è dominante il carat-tere rappresentativo legato ad uno status di privilegio.

LA LOCALIZZAZIONE DEL COMMERCIO

A dimostrare questo clima di rinnovo e di efficienza troviamo, conservati nel-l'archivio storico della città, i progetti dei negozi: 11 cartelle con circa 2350 disegni a partire dal 1850. Essi hanno un notevole peso sia per quantità che per qualità.

L'analisi della loro distribuzione nella città permette di fare alcune considera-zioni sulla localizzazione degli assi commerciali anche in relazione ai prov-vedimenti urbanistici per la città; e di verificare la coincidenza delle localizza-zioni dei nuovi progetti e di quelli di rifacimento proprio lungo gli assi com-merciali storici.

La prima mappa riporta la localizza-zione degli assi commerciali, portici e gallerie sul supporto della cartografia del 1915 (Tav. 1, Fig. 4). Di norma ad ogni sezione storica corrispondono tipi edilizi sufficientemente omogenei da conferire all'asse viario una forte con-notazione (se non si tratta addirittura di complessi urbani uniformi) che ne determina, oltre all'immagine ambien-tale, anche diversificazione delle strut-ture commerciali o quantomeno un di-verso rapporto tra queste e l'architet-tura.

Gli assi commerciali e la loro immagi-ne ci sono pervenuti in forma presso-ché integrale, con l'eccezione di via Roma e adiacenze, radicalmente ri-strutturate durante gli anni '30. Queste strade infatti, risalenti al secondo am-pliamento della città avvenuto nel pri-mo Seicento5, hanno subito continui rimaneggiamenti, dalla ricostruzione della fascia tra le vie XX Settembre e via Lagrange, ai più recenti danni di guerra, ad un notevole aumento del grado di terziarizzazione, specie per le vie S. Teresa e XX Settembre. Esse ci giungono quindi prive dell'immagine ambientale derivata dal tipo edilizio preminente.

I sistemi porticati6 corrispondono ge-neralmente ad assi di elevata intensità di uso, come conferma il raffronto con la mappa che localizza progetti di strutture commerciali reperiti all'Archi-vio Storico del Comune (Tav. 2, Fig. 4).

Indici di elevata intensità d'uso, alle ri-spettive sezioni storiche, sono anche le ristrutturazioni urbanistiche della città quadrata. Gli assi non coinvolti in pro-cessi di ristrutturazione urbanistica nel nucleo più antico corrispondono ad as-si commerciali già decaduti all'inizio dell'Ottocento, ma in cui sopravvivono attività commerciali e artigianali di ti-po essenziale, cui fanno riscontro arre-di otto-novecenteschi del tipo più po-vero.

Gli addensamenti più significativi di progetti si hanno proprio lungo gli assi di via Garibaldi, via Po, via Roma, via Lagrange e nelle piazze Castello e Car-lo Felice, e zona limitrofa a Porta Nuova.

È tuttavia rilevabile come a quest'epo-ca si sia già innesquest'epo-cata una forma di depolarizzazione degli assi di più anti-ca specializzazione commerciale (via Palazzo di Città, ma anche le stesse via Garibaldi e Éo) a favore di via Roma e delle sue adiacenze, conseguenza del-l'insediamento della Stazione Centrale e della rapida urbanizzazione del setto-re sud-orientale (e successivamente sud-occidentale) della città nel secondo Ottocento.

Al di fuori del centro storico si hanno solo rare presenze di arredi commercia-li nei borghi.

IL RAPPORTO CON L'ARCHITETTURA

Il controllo a livello edilizio della pia-nificazione urbanistica ha seguito crite-ri che hanno imposto per le vie tipi architettonici sufficientemente omoge-nei e spesso addirittura uniformi con-ferendo agli assi viari un'immagine ambientale fortemente caratterizzata dalle cortine continue degli edifici, for-temente ritmate dalle regolari scansioni orizzontali e verticali.

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l'assolu-Tav. 4. Le tipologie dell'arredo commerciale: il monoblocco

«Casa del Caffé », piazza Cario Felice.

Nella pagina seguente «Les Lunettes», corso Vittorio Emanuele II.

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Definiamo questa tipologia «a monoblocco», perché la struttura viene costruita fuori opera e successivamente applicata alla facciata del-l'edificio. Tutte le funzioni si riuniscono in un unico oggetto che assume il carattere formale di «mobile». La superficie espositiva, a segui-to delle rinnovate esigenze del commercio, si allarga, invadendo la facciata, e nello stesso tempo risponde all'esigenza di differenziarsi dalla sequenza continua delle strutture com-merciali per imporsi all'attenzione del passan-te. La «devanture» si amplia e si arricchisce dotandosi di richiami pubblicitari: insegne, pannelli, scritte. Lo spazio interno fuoriesce all'esterno invadendo non più il suolo pubblico ma il supporto architettonico e lo adatta a vol-te violenvol-temenvol-te alle sue esigenze.

Gli elementi costitutivi di questa tipologia ri-mangono pressoché invariati nei loro caratteri strutturali e subiscono un lento processo di modificazione solo nei caratteri formali, in adattamento a diversi materiali ed a diversi requisiti funzionali.

È il caso degli elementi del «monoblocco» in ghisa, trasposizione più tarda di elementi tipo-logici e decorativi del legno che compaiono negli ultimi anni dell'800.

L'immediata diffusione dell'uso della ghisa è dovuta a un'economia nei costi, specie di ma-nutenzione, e alla maggiore disponibilità di su-perficie espositiva conseguenza dei minori in-gombri strutturali. Va però rilevato il carattere

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-generalmente dimesso di queste strutture, concentrate di norma in settori urbani commercial-mente marginali e comunque connesse con attività commerciali di tipo corrente.

La facciata della «Casa del caffè» (foto grande a sinistra), situata in piazza Carlo Felice, è un tipico esempio di struttura a «monoblocco» in legno particolarmente significativa, risalente al 1895. Singolari le decorazioni in legno dorato: i rosoni ai lati dell'insegna, i capitelli delle finte colonne, elementi di diretta derivazione dai modelli architettonici ma utilizzati in forma puramen-te decorativa.

Nel negozio di ottica «Les Lunettes» la struttura esterna rappresenta un significativo esempio di «monoblocco» in ghisa dei primi decenni del ' 9 0 0 .

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Tav. 5. Gli elementi ricorrenti nel monoblocco

In alto: serie di fregi laterali all'insegna, imitazione di soggetti mitologici, floreali e sacri.

Al centro: serie di mensole di raccordo con il portainsegna.

In basso: serie di basamenti nella parte inferiore dei montante.

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Il «monoblocco» in legno è un manufatto arti-gianale, opera di intagliatori e falegnami con carattere di unicità; è dunque accentuato il carattere formale di «mobile». Molto spesso lo stesso artigiano realizza anche gli arredi in-terni, usando gli stessi materiali ed il medesi-mo disegno della devanture; il «medesi-monoblocco» diventa parte dell'arredo esterno, arredo della via come continuazione dello spazio 'interno. Rileviamo quindi una ricorrenza di elementi compositivi e costruttivi dell'oggetto, ogni volta tra loro differenti.

Gli elementi strutturali del «monoblocco» in ghisa sono gli stessi di quello in legno e ne ripetono le forme e le funzioni, ma a differen-za di questi ultimi, gli elementi del «monobloc-co» in ghisa sono manufatti di serie. Quest'ul-timo è infatti ricavato dall'assemblaggio di multipli prodotti industrialmente e la differen-ziazione formale e funzionale è ottenuta dalla diversa aggregazione dei suoi elementi.

In alto: ippogrifo in legno, singolare mensola sulla «devanture» del negozio «Moda del Guanto», via S. Teresa.

a destra: montanti in legno della profumeria «Tina», via Sacchi.

to disinteresse dei progettisti a conside-rare l'edificio sottostante, le linee ar-chitettoniche fondamentali e le apertu-re papertu-redeterminate per il commercio. I disegni, a volte molto accurati e pre-cisi, hanno sovente come oggetto la so-la struttura commerciale senza accen-nare neppure allo schema architettoni-co della facciata su cui sarebbero stati inseriti.

L'unico interesse sembra essere quello di una maggior funzionalità commer-ciale e della rappresentatività dell'og-getto progettato. Con grande elasticità vengono cosi utilizzati per il commer-cio edifici e facciate totalmente diffe-renti sia per caratteri formali che fun-zionali adattando sulle facciate delle vere e proprie architetture sull'architet-tura.

Assistiamo cosi ad un inserimento libe-ro dei diversi tipi di «devantures», con una gamma d'adattamenti vastissima: nelle difficili e fatiscenti cellule di im-pianto medioevale, sotto i portici sei-centeschi, ed addirittura nel palazzo nobiliare. È solo a partire dall'ecletti-smo che la funzione commerciale viene di norma pensata e sottolineata all'atto della progettazione dell'edificio, come già accadeva in epoca neoclassica nei complessi urbani più importanti. Si ha in questi casi un uso commerciale e non un «riuso» e di conseguenza il rapporto fra i due elementi si ribalta. Spesso i risultati sono eleganti, di dise-gno architettonico incisivo e non su-scettibile di nuovi adattamenti: la so-vrastruttura commerciale si viene allo-ra a limitare al solo disegno del serallo-ra- serra-mento, talvolta progettato in forma unitaria per tutto l'edificio, altre volte unico segno distintivo di un'attività commerciale.

Discorso diverso per gli edifici portica-ti. Nella progettazione di tali edifici, come la stessa grafia dei progetti lascia intendere, il sottoportico viene già con-siderato un elemento interno e come tale trattato, mentre l'attenzione viene portata sulla facciata, che termina con il portico, considerato sua naturale conclusione.

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por-Tav. 6. Le tipologie dell'arredo commerciale:

il serramento in luce

Nelle immagini: «Ghio», corso Vittorio Emanuele II. Esempio tipico di struttura a «serramento in luce» in legno, del 1889. Particolarmente interessante la decorazione dello zoccolo e la presenza, in altre aperture della casa, di strutture commerciali uniformate.

Abbiamo cosi definito quelle strutture esterne che si identificano con il solo ser-ramento, inserito nelle aperture ai piani terreni degli edifici.

Serramenti e relative cornici vengono spesso progettati e realizzati in forma uni-taria come parte integrante dell'architettu-ra dell'edificio, come frequentemente av-viene nelle tipologie architettoniche dell'e-clettismo.

Altre volte essi sono inseriti in occasione del riallineamento della foratura parietale esterna di edifici preesistenti.

Si tratta comunque dell'arredo più sempli-ce, della meno ricercata tra le tipologie costruttive ma forse la più rispettosa del-l'immagine architettonica complessiva dell'edificio.

Il serramento è costituito da pochi ele-menti strutturali: lo zoccolo, il serramento vero e proprio, con o senza vetrina fissa, e l'insegna, spesso inserita nell'imposta o applicata al di sopra della cornice esterna. Legno e ghisa sono i materiali più fre-quentemente impiegati.

Il serramento in luce, se da un lato è la soluzione più elementare al problema della chiusura del vano commerciale, è in altri casi la più evoluta espressione di un affi-namento culturale, quella che maggior-mente recupera il decoro proprio della cit-tà e della strada come decoro della fun-zione commerciale stessa.

tici degli elementi commerciali, negozi, bacheche, chioschi assume di solito va-lore di vero e proprio arredo più che di alterazione dell'architettura.

Nello stesso modo ci si comporta per le gallerie che restano l'espressione ar-chitettonica più completa di strada commerciale.

Possiamo concludere che le architettu-re per il commercio ed il loro rapporto con l'architettura erano già nell'otto-cento sulle posizioni attuali: già nel se-colo scorso infatti la violenza, lo stac-co deciso, erano ricercati per esaltare la presenza di una funzione che, per sua natura, esige segni fortemente di-stintivi; era tuttavia utilizzata anche la mimesi, più raffinata e sottile, che ten-deva al medesimo obiettivo valendosi del dettaglio come segno connotante.

LE TIPOLOGIE

Nella città è possibile individuare delle tipologie di architetture per il commer-cio in relazione a schemi compositivi fondamentali, alla ricorrenza delle tec-niche costruttive e all'uso di alcuni ma-teriali. In effetti non si tratta di tipolo-gie indipendenti l'una dall'altra ma piuttosto di un'evoluzione di alcuni criteri fondamentali di progettazione da un lato e di rapporto con l'utenza dall'altro.

La bottega medioevale, e successiva-mente quella barocca, non aveva strut-ture architettoniche esterne: il commer-ciante «arredava» con la sua attività e con i suoi prodotti la strada, invaden-do lo spazio pubblico, avvaleninvaden-dosi al più di strutture mobili.

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l'esposizione della merce. Nel primo caso il vano disponibile venne assimila-to ad un porassimila-tone d'ingresso e decoraassimila-to con lesene, colonne, capitelli, trabea-zioni e fregi proprii dell'architettura neoclassica.

In negozi di «status» e di importanza economica rilevante, come nelle farma-cie ad esempio, queste decorazioni in marmo, pietra ed intonaco erano ab-bellite da stemmi e medaglioni in bron-zo o in stucco.

L'immagine che ne deriva è di estrema sobrietà, ma di corretto rapporto con l'architettura sottostante.

Questa tipologia si mantiene per tutto il periodo considerato con un'evoluzio-ne del disegno e dei materiali: il mo-dello neoclassico, puro e semplice, vie-ne arricchito in epoca eclettica di fregi e decorazioni sempre più complesse. Questa tipologia è da noi indicata co-me «Cornice decorata» e raccoglie i progetti e le realizzazioni più «architet-toniche» dei negozi la cui evoluzione passa dall'impianto a portale d'ingres-so di derivazione neoclassica, ad inter-pretazioni assai libere di decorativismo scultoreo, come in alcuni casi della via Roma vecchia, oggi purtroppo perduti ma documentati da fotografie d'archi-vio, o della farmacia Bosio di via Gari-baldi.

Parallelamente a questa tipologia ricca si rileva un modello di negozio assai frequente, meno costoso, che troverà in periodo eclettico, come già notato precedentemente, la sua definizione compiuta.

Si tratta del «Serramento in luce»-, la porta-vetrina inizialmente in legno, poi anche in ferro e ghisa, viene inserita nel vano architettonico senza alcuna particolare aggiunta.

Gli elementi pubblicitari del negozio sono rappresentati dalla merce stessa; a volte compaiono insegne esterne ap-pese alle pareti, asportabili, che non costituiscono ancora una trasformazio-ne tipologica pur indicandotrasformazio-ne la dire-zione.

Ma la tipologia più significativa e più diffusa a partire dalla seconda metà dell'Ottocento è rappresentata dal «Monoblocco». Struttura costruita in-teramente fuori opera in materiali di-versi, dapprima in legno e

successiva-Tav. 7. L'arredo del sottoportico

Percorsi commerciali per vocazione, gli assi porticati sono da sempre oggetto di un uso intensivo, anche nella loro area pubblica, da parte delle attività commerciali.

Nell'Ottocento questa invasione si traduce in forme di arredo che ne sfruttano razional-mente ogni possibile spazio utile, in modo diversificato a seconda dei caratteri propri dell'impianto architettonico.

Nei casi di forte concentrazione commerciale ogni spazio non usato dal flusso di percor-renza viene riutilizzato: angoli morti, sfondati, interpilastri delle colonne binate, tutto viene recuperato mediante strutture destinate alla vendita o all'esposizione. Viene cosi accentuato quel carattere del portico di elemento intermedio tra la strada e la galleria vera e propria, con un rapporto più stretto tra spazio esterno e spazio interno.

Stuttura architettonica e norma limitatrice generano singolari forme di arredo, parassitario e complementare al contempo, funzionale allo sfruttamento di spazi minimi.

Nelle immagini:

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Il rapporto formale tra i manufatti dell'arredo commerciale e i relativi supporti architettonici è generalmente conflittuale. Ciò è dovuto alla natura stessa di questo tipo di arredo, che tra-duce in forma di elemento architettonico, pun-tuale e differenziato, la necessità di individua-zione propria della funindividua-zione commerciale. L'inserimento della «devanture» prescinde or-dinariamente dalla considerazione della qualità formale della superficie del continuum edilizio, anche se sovente l'omogeneità della tipologia edilizia (e dei suoi caratteri decorativi) conferi-sce una forte specifica connotazione ad assi o settori urbani.

A Torino forse solo nel caso del Borgonuovo, zona di forte omogeneità funzionale in senso residenziale, si riscontra una certa tendenza alla mimesi da parte della sovrastruttura com-merciale, nei confronti dei caratteri architetto-nici delle residenze borghesi del secolo scorso. In altri casi il rapporto è totalmente casuale, essendo unicamente la massima funzionalità dell'oggetto il fattore che ne determina i ca-ratteri formali. Talvolta si tratta dell'adatta-mento della stessa struttura edilizia alle esi-genze commerciali, spesso con la modificazio-ne di caratteri tipologici: è il caso del riuso di strutture obsolete di impianto medievale, o del cambiamento di destinazione di spazi di archi-tetture auliche in zone di forte valenza com-merciale, dove viene sfruttato al massimo l'af-faccio sul percorso pubblico. La tendenza alla differenziazione è particolarmente evidente lungo gli assi commerciali ad architettura uni-formata, come documentano le immagini di via Garibaldi. Riplasmata in forma unitaria (per isolato) nel secondo Settecento come via commerciale per eccellenza, la strada viene totalmente ricoperta durante il XIX secolo da-gli arredi commerciali, che si sovrappongono in modo massiccio al disegno ripetitivo delle pur eleganti aperture settecentesche, oggi pressoché invisibili.

È forse il primo caso, a Torino, in cui i caratteri formali degli spazi destinati al commercio ven-gano già in sede di progetto improntati a carat-teri di rappresentatività. Tuttavia l'uniformità di questa superficie viene «rimodellata» dalla stessa funzione ospitata, tesa alla ricerca del discontinuo, dell'emergente, dell'eccezionale. In generale queste sovrastrutture, che singo-larmente possono anche essere considerate superfetazioni, costituiscono nel loro insieme un sistema che dà al percorso una forte imma-gine propria, svincolata dall'architettura del complesso urbano. Un'immagine seconda, se cosi vogliamo definirla, da valutare tuttavia con molta attenzione, se ne consideriamo l'in-cidenza sull'immagine complessiva de)la città, e, soprattutto, l'immediatezza con cui viene percepita e memorizzata dal fruitore.

Nelle immagini: stralcio di rilievo settecentesco dell'isolato di S. Alessio in via Garibaldi (da Istituto di Architettura Tecnica del Politecnico, Forma urbana e architettura nella Torino barocca, Torino, UTET, 19681 a confronto con l'immagine attuale della strada.

mente anche in ferro e ghisa, è appli-cata alla facciata dell'edificio spesso senza alcuna considerazione dell'am-piezza originaria delle aperture o della coerenza con gli elementi architettonici della facciata.

In un periodo di espansione dell'attivi-tà commerciale questa struttura rispon-de alle esigenze di più ampie vetrine e di spazi espositivi fissi e più evidenti. La sua caratteristica principale deriva dalla sua esecuzione fuori opera di tipo artigianale: sono artigiani i falegnami che ne curano la progettazione, il dise-gno degli elementi e l'assemblaggio, adattando questa tipologia ai vari usi specifici spesso con opera da abili mo-bilieri.

Indubbiamente il riferimento formale è l'architettura; vengono proposti schemi a portale che riprendono gli ordini classici: trabeazioni, fregi e decori di-scendono direttamente dai modelli di architettura, ma la flessibilità del mate-riale e l'abitudine del mobiliere a risol-vere i piccoli problemi di spazio e di efficienza trasformano il monoblocco in una struttura flessibile, perfettamen-te funzionale all'uso. Il suo schema or-ganizzativo è composto dal serramento vetrina contornato dall'insegna supe-riore collocata orizzontalmente e da elementi laterali, con funzioni pubblici-tarie ed espositive.

L'insegna, collocata sulla trabeazione, è spesso eseguita con lettere dipinte su vetro, altre volte con lettere di metallo dorato applicate sul fondo ligneo. In epoca più tarda il portainsegna diviene il contenitore dei meccanismi di chiu-sura dell'avvolgibile. I laterali possono essere solo pannelli decorati con scritte e disegni o diventare piccole vetrine, «le gioielliere», per l'esposizione di prodotti di ridotta profondità.

Vetrine, gioielliere, serramenti, insegne e zoccolo sono combinati tra di loro in modi diversi formando tuttavia una struttura complessiva unitaria e com-patta: progettata. È anche possibile ri-trovare un uso parziale degli elementi del monoblocco: solo l'insegna; l'inse-gna e i laterali; l'insel'inse-gna, i laterali e ii serramento.

I modelli di riferimento di questi og-getti a conoscenza degli artigiani pro-vengono d'oltralpe: infatti per tutta la

seconda metà dell'Ottocento giungono dalla Francia manuali e dispense con illustrazioni, destinate ai falegnami e alle scuole professionali, con disegni d'insieme di «devantures» arricchite di particolari costruttivi che documentano progetti, tipi, tecniche costruttive, ma-teriali e particolari7.

Possiamo però constatare che le realiz-zazioni sono libere interpretazioni di quei modelli e che i nostri esempi nulla hanno da invidiare alle proposte fran-cesi, anzi rispecchiano una autonomia nel gusto e nella tecnica.

Più tardi, verso la fine degli anni '80, la stessa tipologia viene eseguita in fer-ro e ghisa, con un uso di questo mate-riale che riprende gli schemi formali delle strutture in legno.

Il minor costo di esecuzione, dovuto all'uso di prodotti di serie, la diminu-zione dell'ingombro delle strutture a vantaggio delle superfici espositive, la maggior robustezza e quindi i minori costi di manutenzione contribuiscono alla sua rapida diffusione.

Questo tipo di vetrine raggiunge rara-mente livelli di rappresentatività para-gonabili a quelli dei monoblocchi li-gnei; restano tuttavia alcuni esempi di notevole valore documentario della tec-nica costruttiva e dei profilati in ferro utilizzati nel montaggio. L'interesse maggiore è però rappresentato dagli elementi decorativi realizzati con pezzi di fusione in ghisa: i montanti laterali eseguiti con colonnine semplici o a tor-ciglione, terminano con piccole men-sole che reggono il portainsegna; la cornice dell'insegna è spesso ornata da fregi laterali, formati da riccioli, da grifoni, da testine di angeli e di fan-ciulli, mentre al centro si eleva con ric-che decorazioni ric-che incorniciano la parte principale dell'insegna.

La produzione di questi pezzi decorativi è demandata ai piccoli fonditori che operano intorno alla città e che fornisco-no ai fabbri costruttori delle carpenterie delle vetrine i pezzi di fusione da inserire sulle singole parti trasformando dei duri e scarni serramenti in preziosi e raffinati oggetti di arredo urbano.

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Particolarmente interessante la soluzio-ne funzionale adottata per i chioschi collocati nel portico a pilastro o colon-na bicolon-nata; i due pilastri vengono fa-sciati da una struttura poco sporgente, attrezzata con «gioielliere» sui tre lati verso il portico e nella zona libera; tra i due elementi portanti è aperto un pic-colo vano che può essere anche desti-nato alla vendita. Siamo in presenza di uno studio accurato dell'uso dello spa-zio commerciale: massima raspa-zionalizza- razionalizza-zione nello sfruttamento dello spazio che porta a contenere gli ingombri en-tro le dimensioni dei pilastri.

Questi arredi possono essere strutture di completamento di assi commerciali, come in via Po e in Piazza Carlo Feli-ce, o anche strutture commerciali auto-nome in strade e in aree di minor inte-resse commerciale, come in via Nizza. La tipologia scelta per l'esecuzione dei chioschi e delle bacheche è una traspo-sizione in dimensioni minori del mono-blocco; si ritrovano bacheche e chio-schi in legno ed in ghisa eseguiti con la stessa cura e la stessa ricchezza di par-ticolari e di materiali usati per le più ricche vetrine della città.

Le strutture commerciali sono dunque elementi di arredo urbano tra i più for-ti e i più dinamici, essendo per loro funzione soggetti ad un rinnovo fre-quente.

Le vetrine e gli arredi ottocenteschi to-rinesi che sono giunti fino a noi rap-presentano sia per qualità che per quantità un fatto eccezionale nel pae-saggio italiano. Sono però spesso con-siderati obsoleti dai commercianti che ne auspicano la loro trasformazione, se non la loro demolizione, e la città per-de cosi a poco a poco un importante elemento di qualificazione dello spazio urbano.

La conoscenza del loro valore cultura-le, storico e documentario può essere il primo contributo verso la loro salva-guardia.

N O T E

1 cfr. P . R U D O W S K Y , Le strade per la gente, Laterza,

discute ampiamente il significato della galleria come spazio di relazione per eccellenza, documentandone molti tra i più significativi esempi europei.

1 C f r . ROBERT D O I S N E A U e B E R N A R D DELVAILLE,

Passa-ges et Galleries du 19' siècle, Paris, 1981.

' Cfr. F R A N C E S C O B A N D I N I (a cura di), Firenze, Alinea, Firenze, 1981.

' Cfr. G. B R I N O , F. ROSSO, Il piano del colore, Idea

Editions, Milano, 1980.

' C f r . V E R A COMOLI M A N D R A C C I , P . GIORGIO T O S O N I ,

La città ineguale..., in «Centro Storico, Città,

Regio-ne», Fr. Angeli, Milano, 1979.

' Cfr. A D E L E S C R I B A N I , 1 portici a Torino, in

«Crona-che Economi«Crona-che», 1/2, 1978.

7 Nelle ilustrazioni vengono riprodotte alcune tavole di

un volume a dispense edito in Francia e indirizzato pro-prio agli artigiani falegnami: N. G A T E U I L e C. D A V I E T ,

Recueil de menuìserie pratique, Paris, 1833-4.

(*) Tutte le fotografie dell'articolo sono dello Studio Saroglia.

(29)

EVOLUZIONE DELLA STRUTTURA

DEL SISTEMA TRIBUTARIO ITALIANO

DALL'ESERCIZI01934-35 ALL'ESERCIZI01980

Costanza Costantino

A nove anni dall'entrata in vigore della riforma tributaria può apparire interes-sante raffrontare la presente struttura del nostro sistema tributario con quella che esso aveva negli anni meno pertur-bati seguenti la prima guerra mondiale, con quella degli anni difficili seguenti la seconda guerra e con quella imme-diatamente precedente la riforma. L'e-voluzione è stata profonda.

T a b e l l a 1. G e t t i t o a s s o l u t o e r e l a t i v o dei s i n g o l i g r u p p i di t r i b u t i n e l l ' e s e r c i z i o 1 9 3 4 - 3 5 Percentuale del gettito di

„ . . . , 5 , T ° Jn ' ciascun gruppo di entrate

Gruppi dei principali cespiti di entrate tributane di lire di ciascun r i s p e t t o a, g e t t i t o g|o b a|e d e i

gruppo di entrate g m p p j d j e m r a t e c o n s i d e r a t i

Imposte dirette 4 . 5 3 7 , - 3 3 , 4 Tasse sugli affari 2 . 9 8 0 , 3 2 2 ,

-Imposte di fabbricazione 1.250,6 9,2 Dogane e diritti marittimi (escluso il dazio sul grano) 1.732,8 12,7 Tabacchi, sali e lotto 3 . 0 6 7 , 1 22,7 Totale dei gruppi di entrate considerati 1 3 . 5 6 7 , 8 100,0

1. STRUTTURA

E CARATTERISTICHE DEL SISTEMA TRIBUTARIO ITALIANO PRIMA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

L'Italia aveva, come oggi, tributi diret-ti ed indiretdiret-ti. I primi rappresentavano un ben ammagliato insieme di imposte sul reddito la cui divisione — come scriveva il De Viti De Marco' — «è una classificazione che risponde abba-stanza bene alla presente divisione del-le attività produttrici e dei gruppi pro-duttori ed offre una trama soddisfa-cente al sistema vigente delle relative imposte».

Dal 1° gennaio 1925 si era aggiunta un'imposta complementare sul reddito globale di ciascun cittadino.

I rapporti di interdipendenza fra i vari elementi di ogni sistema sociale trova-vano nel nostro sistema tributario pie-na conferma2.

La struttura e i lineamenti del sistema tributario del tempo3 possono desu-mersi dai gettiti assoluti e relativi dei singoli tributi. Avendo a disposizione i dati degli esercizi finanziari 1933-34, 1934-35 e 1935-36, per brevità riportia-mo soltanto i dati dell'esercizio 1934-1935, quale anno centrale del triennio citato.

Dalla Tab. 1 si rileva come fra tutti i gruppi di imposte, quello delle imposte dirette aveva dato, in valore assoluto, il gettito di gran lunga maggiore. Ma siccome i gruppi erano numerosi, cosi il suo gettito non rappresentava che il 33,4% del gettito globale. Ora tutti gli altri gruppi di tributi, eccettuato quello delle tasse sugli affari, comprendenti le

imposte di fabbricazione, le dogane e i proventi dei monopoli erano in sostan-za imposte sui consumi, che davano un gettito che globalmente rappresentava il 44,6% del totale. Quindi, tutto som-mato, può dirsi che il sistema italiano delle imposte erariali anteriore alla se-conda guerra mondiale era un sistema tributario a base di imposte indirette sui consumi e di imposte dirette con prevalenza delle prime, e in cui le

imposte sulla circolazione della ric-chezza (tasse sugli affari), pur essendo rilevanti, occupavano però rispetto alle altre due una posizione di secondo piano.

Passando poi ad esaminare il gruppo delle imposte dirette basterà, per rile-varne le caratteristiche principali, dare uno sguardo alla Tab. 2.

Delle sei imposte di questo gruppo, tre, e precisamente la terreni, l'imposta fabbricati e l'imposta di ricchezza mo-bile erano le imposte classiche del siste-ma tributario italiano; classiche perché esistenti pressoché dalla fondazione del Regno d'Italia. Le altre tre erano im-poste più recenti. Le tre imim-poste classi-che erano imposte reali a scala propor-zionale; le altre personali a scala pro-gressiva. Quindi, avuto riguardo alle imposte dirette, può dirsi che il nostro

sistema tributario contemperava, prima della seconda guerra mondiale, il prin-cipio della realità con quello della per-sonalità, con netta prevalenza del pri-mo — 80,7% — rispetto al secondo — 19,3% —. Infine, sempre nel seno del-le dirette, appena il 10,7% fluiva allo Stato dalle due imposte immobiliari, contro il 70% da quella di R.M.; le due imposte immobiliari se avevano perduto importanza per lo Stato, l'ave-vano però aumentata notevolmente, ri-spetto al periodo precedente la prima guerra mondiale, per gli enti locali, e ciò grazie all'ordinamento della loro fi-nanza, che accordava agli enti medesi-mi la facoltà di sovraimposizione sui tributi erariali fondiari. Tutto ciò con-feriva all'intero sistema una struttura corrispondente ai requisiti di un razio-nale sistema tributario".

T a b e l l a 2 . G e t t i t o a s s o l u t o e r e l a t i v o d e l l e i m p o s t e d i r e t t e erariali n e l l ' e s e r c i z i o 1 9 3 4 - 3 5

Titolo delle imposte Gettito in milioni di lire

Percentuale rispetto al gettito totale

del gruppo

Imposta sui terreni 151,2 3,3

Imposta sui fabbricati 3 3 5 , 9 7,4

Imposta di ricchezza mobile 3 . 1 7 5 , 8 7 0 , -Imposta complementare sul reddito globale 3 4 1 , 5 7,5

Imposta sui celibi 167,4 3,7

Imposta straordinaria sul patrimonio 3 6 5 , 2 8,1

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