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Cassandra Casbah; ovvero Gianluca De Col

III. Il mondo delle drag queen: famiglia, lavoro, mimes

1. I luoghi e i personaggi 1 I local

1.2 Lo spazio della performance

1.3.2 Cassandra Casbah; ovvero Gianluca De Col

Ho conosciuto Cassandra Casbah, all’anagrafe Gianluca De Col, grazie a Loren- zo, che me l’ha presentata alla fine della prima Gaudenzia cui assistetti. Gianlu-

8 Con il termine resident si intende una drag queen che diventa l’immagine e presenza fissa di una serata che può avere scadenza settimanale o mensile. È un ruolo di prestigio nell’ambiente lavorativo dei performer in drag perché è la cosa più vicina a un contratto a cui si può aspirare: è un guadagno assicurato per un periodo più o meno lungo e dà molta visibilità.

9 Per la questione delle famiglie, delle “madrine” e delle “novizie”, si veda il capitolo relativo nella corrente sezione.

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ca, in borghese, era quasi irriconoscibile. Era sempre magrissimo e altissimo, teneva i capelli rasati molto corti e i suoi occhi erano di un azzurro brillante. Portava una giacca di pelle nera un po’ corta, un paio di jeans e un maglione di lana morbida. Ci salutammo ed entrammo veloci in un bar.

Appena seduti ordinammo da bere e Gianluca mi raccontò di sé con il suo tono. Originario di Belluno, viveva a Milano da parecchi anni dove frequentò la scuola Paolo Grassi. La storia del suo diploma era legata a quella del suo inizio nel mondo del travestimento. Fu durante le prove, infatti, del testo che aveva scelto per il saggio finale, intitolato Io sono come tu mi vuoi:

i protagonisti erano due transessuali – un uomo diventato donna, una donna di- ventata uomo –, un barista e un travestito […] avevamo ipotizzato che ogni sera ci saremmo scambiati i ruoli per cui io dovevo fare il barista, la sera dopo dovevo fare il travestito. Per cui avevamo messo in prova questa cosa, e funzionava tantissimo, tantissimo. Ma poi questa cosa non è mai stata realizzata, è stata realizzata solo la versione in cui io facevo il barista, però avevo capito che c’era qualcosa di interessan- te nel travestimento. E poi, da lì è cominciato questa... indagine sul travestimento che all’inizio era molto basato su una ricerca intorno all’identità di genere – l’uomo travestito da donna. (Intervista a Gianluca De Col, p. 313)

Da lì, con un amico mise in piedi una serie di spettacoli in drag usando il nome Pasifae, poi abbandonato quando l’amico, che sul palco si faceva chiamare Za- rathustra, si innamorò e partì per l’America. Gianluca non demorse e continuò a fare spettacoli in drag fino a che non si trasferì nel quartiere tra Sant’Ambro- gio e Sant’Agostino un tempo chiamato la Casbah di Porta Cicca, dove si trova anche il Cicco Simonetta. E così nacque Cassandra Casbah.

Il quartiere era famoso perché ospitava l’Alexander, il locale più famo- so di Milano per gli spettacoli di travestite e transessuali “prima ancora che a Milano si usasse la parola drag queen” (p. 313), ma in precedenza era anche stato il quartiere della mala milanese. Alla storia affascinante della zona, Cas- sandra aveva dedicato un ciclo di spettacoli in cui ne ricostruiva, decennio per decennio, gli sviluppi e per ogni tappa sceglieva un locale diverso del quartie- re. In questo periodo, il suo fare performance si costituiva principalmente di “costume, il trucco, il play back, il ‘numero’, che doveva essere più spettacolare

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possibile” (p. 314). Piano piano, la sua formazione teatrale si fece sentire e gli spettacoli si evolsero,

approfondendo l’interpretazione, strutturando il personaggio come si struttura un personaggio teatrale. Gli spettacoli, hanno mantenuto i numeri in playback ma poi hanno visto a poco a poco comparire testi, letti, detti, recitati, testi scritti da me, o testi di autori. E il collegamento fra i numeri in play back e i testi era – ed è - l’im- provvisazione col pubblico. (p. 314)

La presenza dei testi, una delle caratteristiche peculiari della serata Gaudenzia che io ho seguito, la poneva in una posizione “anomala” rispetto alle drag que- en di stampo più tradizionale. Anche i modi di definirsi si evolsero con le per- formance: da “Cassandra drag queen”, passò a “Cassandra la prima drag queen intellettuale, che rifiuta l’appellativo di drag queen per farsi chiamare operatrice

culturale en travesti”, ma il personaggio era ancora in evoluzione ai tempi dell’in-

tervista. Tuttavia, per semplicità, Gianluca diceva: “Lavoro come drag queen”, anche se oramai “il trucco, il costume sono in secondo piano rispetto all’inter- pretazione” (p. 314).

Senza Cassandra non ci sarebbe stata Gaudenzia, ma raramente Cassan- dra lavorava alla Gaudenzia da sola. Quasi tutti gli ospiti chiamati nacquero durante i laboratori sulla creazione di personaggi en travesti tenuti da Gianluca e rivelatisi nel corso degli anni dei sorprendenti bacini di scouting. Gianluca li aiutò a creare un loro personaggio e, più tardi, li chiamò a prendere parte alla sua serata. Cassandra stessa, a suo tempo, ebbe una madrina d’eccezio- ne: Lady O, una performer dell’Alexander che qualche volta prendeva parte alla Gaudenzia. Gianluca la conobbe nel periodo della sua (ri)nascita artistica nelle vesti di Cassandra Casbah. La Gaudenzia ha una storia piuttosto nomade: nacque nella Casbah e cambiò più volte sede nel quartiere fino a ad arrivare al Cicco Simonetta. Il fatto di stabilirsi in un locale come il Cicco, peculiare nella Casbah perché dotato di palco, fece sì che alcuni ospiti (ad esempio Ladalgisa e in parte Lady Violet) si sentissero a loro agio per potersi esibire e rendere la

Gaudenzia quello che era nell’immaginario del pubblico. Uno spettacolo cora-

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le vacanze, portava la Gaudenzia in tour in Veneto e riproponeva, in versio- ne ristretta, lo spettacolo originale. Nell’ultimo anno, però, la Gaudenzia in tour vide anche la partecipazione di Huma/Niccolò, compaesano di Gianluca. Non mancavano fugaci Gaudenzie in locali milanesi diversi dal Cicco, a cui parteci- pavano anche Lady Violet e Ladalgisa (sempre che ci fosse un palco).

Ciò che contraddistingue Cassandra è la sua peculiare fisicità, longilinea e asciutta, che viene esaltata dalla scelta di abiti quasi sempre lunghi e molto accollati, ricoperti di lustrini e dalle maniche sempre coperte, in puro stile anni ‘20 che la fanno sembrare un personaggio uscito da un quadro di Art Nouveau. Cassandra è elegante, sicura e calma. Ha un’incredibile presenza scenica e una particolare abilità nell’interpretare canzoni in playback. Con pochi gesti delle mani e poche mosse del corpo sa rendere il senso di una canzone o stravolgerlo. Ha dei momenti di forte riflessività, specialmente quando legge i testi da lei o da altri autori scritti, ma sa essere anche molto spigliata e non teme il confron- to con il pubblico. Ci scherza e a volte lo rimprovera urlando persino, quando disturba le sue letture. È ironica, sarcastica e trae enorme divertimento dal leg- gere con aria innocente status a sfondo marcatamente sessuale tratti dal sito di incontri GayRomeo con un effetto esilarante sul pubblico e anche su lei stessa, che scoppia a ridere quando le cade lo sguardo sullo status successivo.

I testi che Cassandra leggeva durante le sua serate erano molto vari: si andava dai suddetti annunci a testi di poeti più o meno noti, a un poema epico scritto da Gianluca sul tema dell’amore come battaglia intitolato Mime-

tica, alle Quartine Geometriche che parlavano d’amore e di geometria, a testi da

recitare che trattavano di vita quotidiana narrati con uno sguardo disincan- tato e cinico, fino a un poema farsesco in endecasillabi sulle disavventure di Cassandra in un mondo fiabesco scritto da un’amica di Gianluca e intitolato

Poema di Cassandràs.

Interpretare Cassandra era uno dei lavori di Gianluca, che di lavoro faceva proprio l’attore. Per lui non c’era divisione tra lavoro diurno e notturno: i suoi lavori erano tutti attorali, ma si dividevano in base al grado di travestimento: in borghese, come Cassandra o come un altro personaggio. Le sue performance, però non si fermavano ai locali e ai teatri. Fu protagonista anche di altre per-

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formance, sempre con il personaggio di Cassandra, che si tenevano all’aperto e di giorno, ma che con il playback nulla avevano a che fare.11

Seppur “anomala” come drag queen (così si definì Gianluca) e pur distan- ziandosi in maniera abbastanza marcata dal tipo di drag queen rappresentato da Fellatia Addams, Cassandra non rappresenta un modello completamente eccentrico rispetto all’immagine dominante del performer in drag. Infatti tra i suoi numeri non mancano mai i playback di repertorio “classico” come Mina e Dalida, personaggio che imita esplicitamente. Ciò che la differenzia è la sua evidente capacità recitativa, che gli ha permesso di elaborare e approfondire un personaggio molto ben costruito e sfaccettato, e la lettura dei testi come performance.

1.3.3 Rovyna Riot; ovvero, sorella di LaZelma, figlia adottiva di Nancy, cugina di Fosca e compagna di merenda di Alice Cimini

Sin dal primo scambio di e-mail, Rovyna si dimostrò più che disponibile, anche se con qualche dubbio, a condividere la sua storia con me. Ad attirarmi verso Rovyna e la sua storia, era stata appunto la sua esperienza in politica con il col- lettivo Rovyna una degli altri durante le elezioni regionali del 2010 in Lombardia, e non appena mi avevano parlato di lei ero corso a cercare informazioni, articoli, foto a riguardo. Ed era principalmente quell’episodio di Rovyna ad interessar- mi, ad essere sincero, e le avevo chiesto di vederci per “un caffè e due chiacchie- re” perché me ne parlasse in modo esteso.

Aveva un aspetto diverso da come me lo ero immaginato, anche perché tra il trucco con gli occhi da panda e la parrucca leonina sfoggiato durante la campagna elettorale, lo spazio lasciato all’immaginazione era ben poco. Era biondo, occhi chiari, alto poco meno di un metro e ottanta, di corporatura leg- germente sopra la media, un viso pulito e uno sguardo gentile. Vestiva bene, con un maglione girocollo di lana scuro, una camicia bianca e un paio di jeans. Aveva proprio l’aspetto di uno studente di Economia, e in effetti lo era.

11 Delle classificazioni delle performance dei miei informatori parlerò più in dettaglio nel capitolo relativo in questa sezione.

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In borghese, Rovyna mostrava di aver riflettuto a lungo sulla sua espe- rienza e sul significato che dava al suo fare-performance in drag. Non pareva interessata allo show, ai numeri in playback in sé e per sé, alla modalità di esibi- zione dominante che Fellatia Addams, d’altro canto, pareva incarnare. Rovyna non si esibiva in locali mainstream come il Borgo o i Magazzini Generali, famosi per le loro dimensioni e per il volume della loro clientela e per la musica squi- sitamente commerciale che passano. A quelli preferiva locali magari più piccoli di Milano, come il Toilet o il Sottomarino Giallo, ma che a suo dire avevano una loro storia e personalità e dove quindi era in grado di costruire delle serate che seguissero i suoi gusti (e quelli delle sue colleghe) sia in fatto di musica che di andamento delle serate.

Il suo posizionare sé e i performer con cui lavorava al di fuori di una mo- dalità di fare serata considerata dominante (grandi locali con più sale, musica

commerciale, performance in drag unicamente come “animazione”12 sul palco

senza grande interazione con il pubblico) permetteva a Rovyna e le sue colle- ghe di avere uno sguardo critico proprio su di esse. Ne parodiarono ad esempio le lotterie ad estrazioni, che di solito regalavano ai clienti magliette e gadget firmati, quando proposero una lotteria di regali di Natale impacchettando e offrendo come premi le cianfrusaglie che ognuno aveva raccolto dalla propria cantina. Allo stesso tempo, permetteva loro di dialogare più liberamente con altri ambiti performativi come quello dell’arte, riproponendo in chiave parodi- ca performance celebri quali The artist is present di Marina Abramović.

Dovetti aspettare fino alla fine del mese di marzo per vedere Rovyna Riot in azione durante lo Squat di Pasqua. Rovyna sembrava un’altra persona rispet- to all’intervista: era chiassosa, occupava tutto lo spazio possibile ed era gioco- samente cattiva con le altre, mentre in borghese era pacatissimo e contenuto nei modi. Intimava a tutte di non provare a rubare oggetti dalla sua valigia e continuava a truccarsi a oltranza. La vita di Rovyna, dal punto di vista lavorati- vo, procedeva su due binari ben distinti: di giorno lavorava per una multinazio- nale americana; le sere in cui vestiva i panni di Rovyna, invece, faceva la DJ in

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drag, anche se cominciò facendo semplicemente animazione durante le serate, e organizzava serate, spesso in collaborazione con altre colleghe. La stagione originale di Squat è un esempio. Venne ideata da Rovyna e da altre tre DJ in drag, la ospitò il Set, a Milano, fino a quando non venne chiuso durante l’ondata re- pressiva della legislatura Moratti. Correva l’anno 2009. Ed era sulle sue ceneri e in suo ricordo che due anni e mezzo dopo era (ri)nato lo Squat del Toilet. Un altro esempio di serate organizzate da Rovyna fu la stagione intitolata Ignorantia e tenuta al Sottomarino Giallo, dove Rovyna si occupava anche dell’animazione, mentre a fare da DJ erano Nancy Posh, LaZelma e Erik Deep. Anche questa sera- ta venne chiusa nel 2010, sempre per mano dell’ex-sindaco Moratti.

La partecipazione politica al collettivo Rovyna una degli altri fu un’altra fetta importante delle occupazioni del personaggio Rovyna Riot ma quella parentesi, aperta nel febbraio del 2010, si chiuse un anno dopo. Al momento non si è ancora riaperta, ma Rovyna non mette paletti alla provvidenza. Oltre a queste attività, Rovyna teneva un blog in cui riversava tutti i suoi pensieri e scriveva canzoni in coppia con la collega LaZelma. E, come Fellatia, anche Ro- vyna aveva in progetto di girare un mediometraggio dalla trama apocalittica, ambientato in un mondo governato dalle travestite. Al momento della mia ricerca, collaborava principalmente con il Toilet per la serata Squat e l’associa- zione Gaia 360°.13

Rovyna, come Cassandra Casbah, non lavorava esattamente da sola. Da quel che mi disse, poteva capitarle di essere chiamata a mettere i dischi per una serata a cui non lavoravano anche le sue colleghe DJ in drag Nancy Posh, LaZelma ed Erik Deep/La Fosca, ma molto più spesso, nelle serate dove metteva dischi era coinvolta lei stessa anche a livello organizzativo. Rovyna era inoltre, come si definì lei stessa, “figlia adottiva di Nancy (perché la Nancy è troppo giovane per avere una figlia della mia età)”.14 Mi disse durante l’intervista che

13 “Gaia360° è un’associazione nata nel 2005 che si occupa dell’ideazione e realizzazione di eventi, dall’entertainment puro a quello ad impronta sociale e culturale, per donne gay e per un pubblico friendly” (in http://www.gaia360.com/gaianewgeneration/gaia360%C2%B0/chi-siamo/).

14 I termini sono tra virgolette perché tratti da una conversazione su Facebook dove ho chiesto ai miei interlocutori con che nome desideravano apparire nella mia tesi.

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il personaggio di Rovyna “nasce […] come un gioco, una scommessa” (p. 315), durante un viaggio a New York con Nancy Posh:

Eravamo in giro per... così, a comprare stronzate. […] Tra le varie stronz[ate], c’era una parrucca, quindi avevamo deciso di comprare la parrucca, e io gli avevo promes- so: “Ok, facciamo ‘sta roba e vengo una volta”. Da lì si è […] innescata una cosa che ancora non si è mai fermata. (Intervista a Rovyna Riot, p. 315)

Da subito, però, Rovyna ha tenuto a precisarmi come il suo stile di performance

en travesti non sia collegato all’immaginario dominante della drag queen: Però l’idea di base, lì, nasceva dal fare un omaggio, fare un omaggio a un certo tipo di cultura, quindi, […] eravamo tutte figlie di Nina Hagen, quindi era […] un omaggio […] musicale ma attraverso l’aspetto visivo, quindi eravamo […] molto punk, molto rock molto punk, quindi non la drag queen mezza nuda. Io non mi sono mai depilato una gamba, […] sto sempre coi leggings, piuttosto che... E quindi, diciamo che quel tipo di gioco nasceva dall’idea di fare un omaggio a una cultura che ci piaceva e che non c’era più. (p. 315)

Con la sua madre adottiva Nancy Posh e sua “sorella”15 LaZelma Rovyna condi-

vide un orizzonte iconografico e musicale ben definito, la scena punk rock degli anni ‘70 e ‘80, e icone di riferimento quali Nina Hagen. In questo si discostavano dall’orizzonte iconografico dominante delle altre drag queen. Lo stesso termine

drag queen (e le modalità performative e le manipolazione a scopo performativo

del corpo ad esso legate) era usato da Rovyna con cautela e problematizzato in modo critico e attento.16

Non solo le icone di riferimento e l’orizzonte storico-musicale di Rovyna erano distanti dal mondo in cui sembrava lavorare Fellatia, ma anche le stesse modalità di lavoro di Rovyna la distanziavano dall’immaginario più tradiziona- le della drag queen, seppur la avvicinassero al mondo lavorativo di Cassandra Casbah. Oltre a fare animazione, Rovyna organizzava le serate in cui si esibiva, anche in veste di DJ – due cose che Fellatia non faceva. Così pure Cassandra,

15 Ibidem.

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che organizzava e gestiva da sé le serate in cui si esibiva, e non si limitava a performance in playback e all’animazione, ma spaziava in un ambito più pret- tamente teatrale e di arte performativa.